Sadness

Sadness

Sarebbe bello se l’infelicità si potesse comprare al supermercato. Mi immagino un angolo un po’ riparato, appartato dal resto dei corridoi rumorosi e scaffali colorati, arredato in modo da ricordare l’idea che hanno le persone di una bottega di speziale. Uno spazio elegante e raffinato e vecchio stile, per intenditori e clienti affezionati, con un bancone in finto legno e finto marmo su cui sono esposti i vari ingredienti, ordinati nelle loro vaschette, e gli strumenti per dosaggi di precisione. Dietro al bancone degli scaffali con boccette, flaconi, bottigliette, provette, alcune piene di fluidi e polveri colorate, altre vuote. Il padrone di questo spazio è una via di mezzo tra il sommelier e lo speziale, vestito con un abito nero, elegante, e un ampio grembiule bianco e immacolato, come i suoi guanti. Un’aria di superiorità annoiata e arrogante perennemente stampata sul volto, mentre guarda i clienti passare, senza curarsi di nessuno di loro.
Potremmo separarci dalla folla vociante e avvicinarci al sommelier dell’infelicità, nel suo angolo rarefatto e silenzioso. Gli chiederemmo un po’ di infelicità. Quanta? Non so, abbastanza per una serata, così, per cominciare, per provare. Annuendo, il sommelier poserebbe sul bancone una ciotola di rame o ottone e ci verserebbe dentro un liquido trasparente, preso da un flacone alle sue spalle. L’etichetta è scritta a mano. E’ una bella immagine, il flacone con l’etichetta scritta a mano, dà l’idea di antico distillato, del frutto di una lunga esperienza, di studio, ricerca, esperimenti. Ci dà una sorta di senso di conforto, di rassicurazione. Non si tratta di un prodotto mercificato, fatto in serie, senza anima, anonimo. E’ fatto per noi, con cura. Saremmo contenti di aver deciso di comprare un po’ di infelicità. Dopo aver riempito con attenzione la ciotola, il sommelier la prenderebbe delicatamente in mano e con un morbido gesto del polsoSenza ricordi farebbe ruotare il liquido, una, due volte. E poi allungherebbe la ciotola verso di noi, per farci ammirare… Cosa? La densità? La consistenza? L’odore? Non lo sappiamo, non siamo esperti. Nel dubbio, annuiremmo soddisfatti, non sapendo bene di cosa, e lui annuirebbe di rimando, con un’occhiata di intesa. Maschererebbe il fatto di essere perfettamente a conoscenza della nostra ignoranza, come noi fingeremmo di credere di avergli dimostrato una competenza che non abbiamo. La nostra sicurezza verrebbe spazzata via dalla sua domanda successiva. Cosa ci mettiamo? La domanda ci irriterebbe. Cosa ci mettiamo, penseremmo, sei tu l’esperto, se lo sapessi fare da solo non verrei da te! Ma nasconderemmo questo pensiero e invece fingeremmo di concentrarci su ciò che cerchiamo. Cosa ci mettiamo, ripeteremmo, fingendo di cercare le sensazioni e atmosfere che desideriamo in un patrimonio di pensieri confusi. Forse, suggerirebbe lui, venendoci incontro, consapevole del nostro imbarazzo, potremmo provare con un po’ di rimpianto.
Rimpianto, ripeteremmo noi, sì, rimpianto.   Lui annuirebbe, prendendo con un cucchiaino, giusto la punta, un po’ di polvere gialla da uno dei recipienti in mostra sul bancone e la verserebbe nella ciotola di rame o di ottone. Se posso permettermi, continuerebbe lui, le consiglierei una miscela un po’ nostalgica, una morbida infelicità per riempire la serata. Qualcosa di non molto forte, capisce, per palati fini. Colpiti dalla sua perspicacia annuiremmo, rispondendo che sì, infatti, è quello che avevamo in mente. Con un sorriso compiacente, gesti precisi e misurati, una voce calda e bassa, il sommelier preparerebbe la nostra mistura, spiegando le sue scelte. Il primo ingrediente da aggiungere, spiegherebbe, è proprio una goccia o due di nostalgia. La prenderebbe da una provetta, con un contagocce di vetro lungo e sottile, un liquido denso e grigiastro. La farebbe cadere nella ciotola e, mescolando delicatamente con una bacchetta di vetro, continuerebbe a elargirci la sua conoscenza. Non è la nostalgia di qualcosa in particolare, è la nostalgia in sé. Poi ci pensiamo noi ad aggiungere il cosa, pescandolo dai nostri ricordi. Riempirebbe poi un piattino di coccio con dei granelli violastri, presi con un cucchiaio di legno da un vaso alle sue spalle. Con infinita cura peserebbe i granelli sulla bilancia in bella vista sul bancone. Toglierebbe qualche granello, poi qualcuno ancora. Poi, finalmente soddisfatto, li pesterebbe con delicata decisione con un pestello di legno e li aggiungerebbe alla miscela. Speranza. Direbbe complice. La speranza diluisce l’infelicità, quindi bisogna ammorbidirla, mascherarla, nasconderla, dimenticarla per un po’. Non farla sparire, no, altrimenti avremmo disperazione e abbiamo detto che per stasera non vogliamo qualcosa di troppo forte, no? Qualcosa di morbido e gustoso, da sorseggiare distrattamente, mentre leggiamo un libro o guardiamo la televisione, no? Qualcosa che non colpisca allo stomaco, ma il cui sapore persista piacevolmente, a lungo, sul palato.
Annuiremmo.
Sui piatti di una bilancina di precisione misurerebbe della polvere blu. Dopo una serie di aggiunte e sottrazioni, gli aghi della bilancia si sifiorerebbero e il suo viso si illuminerebbe di soddisfazione. Ricordi tristi. Cos’è un ricordo triste? No, non solo il ricordo di un evento spiacevole, direbbe, prevenendo la nostra risposta, ma anche il ricordo di eventi piacevoli perduti, finiti. I ricordi piacevoli sono i peggiori, no? Annuiremmo, di nuovo. Lui verserebbe con cura la polvere nella ciotola, mescolerebbe ancora con la sua bacchetta di vetro. Sa cosa manca? Sussurrerebbe, costringendoci a sporgerci sopra il bancone, per sentirlo al di là del rumore del supermercato alle nostre spalle, costringendoci per un attimo ad annusare il penetrante odore dei vari ingredienti disposti davanti a lui. Sa cosa manca? Un pizzico di colore, una frivolezza, se vogliamo. Va bene così, direi, ma, se posso permettermi, io aggiungerei ancora un ingrediente, qualcosa che dia un retrogusto che possa essere apprezzato da un intenditore come lei. Ci incuriosirebbe. Rimpianto, nostalgia, mancanza di speranza, ricordi tristi. Cosa ancora? Che altro potremmo aggiungere per rendere completa la nostra infelicità? Delusione. Delusione? Sì, delusione, sorriderebbe lui. Delusione nei confronti delle persone che abbiamo intorno, quelle che ci sono vicine. L’amara considerazione che non possono capirci, non possono aiutarci. E magari, abbondando, ma solo di un pizzico, la dose, la constatazione del fatto che l’idea che avevamo su di loro è sbagliata. Che, alla fine, sono deludenti come tutti gli altri.
Delusione, ripeteremmo ancora noi.
Sì, giusto un pizzico, la ciliegina sulla torta, risponderebbe lui, sottolineando il concetto baciandosi la punta delle dita. Va senza vocebene, diremmo noi, titubanti. Va bene, ripeteremmo più sicuri. Il sommelier prenderebbe un recipiente da sotto il bancone, piccolo, di vetro scuro. Sviterebbe con cura il tappo, lo sviterebbe con studiata lentezza. Dentro il contenitore potremmo vedere una sostanza arancione, simile a fili o corti spaghetti. Ne prenderebbe due con una lunga, sottile pinzetta e li depositerebbe con cura sulla superficie della nostra dose di infelicità. Poi un altro. Si fermerebbe per un momento a contemplare la sua preparazione, cercherebbe con lo sguardo un nostro cenno di approvazione, che ci sentiremmo in dovere di dare, e poi poserebbe le pinzette, richiuderebbe il recipiente di vetro scuro e lo poserebbe di nuovo sotto il bancone. Poi, con cura e delicatezza, prenderebbe la ciotola di rame o ottone con dentro la nostra infelicità, farebbe ruotare il contenuto con uno, due colpetti del polso e l’annuserebbe compiaciuto.
Con una frusta di metallo, con movimenti esperti e decisi, mescolerebbe la mistura nella ciotola, a lungo, concentrato. Poi prenderebbe da una delle mensole alle sue spalle una bottiglia di vetro sottile, dal collo lungo e stretto che si apre in un’ampia fiasca. Scruterebbe la bottiglia controluce con aria critica, poi, con un imbuto e infinita attenzione, vi verserebbe dentro la miscela. Scenderebbe lenta e densa. Prenderebbe la bottiglia, annuserebbe il contenuto, la nostra infelicità, e con un sorriso compiaciuto la tapperebbe con un tappo di sughero. Ce la porgerebbe, tenendola con due mani, come una cosa delicata e preziosa. Unica. La nostra infelicità. Imitando la sua cura, i suoi movimenti lenti, prenderemmo la bottiglia. Ammireremmo, cercando di convincerci di una sua qualche bellezza, il liquido denso e verde che contiene. Seguiremmo con lo sguardo le curve di scie di colore viola e arancione, reprimendo l’immagine di due grasse lumache che si stanno sciogliendo lentamente.
Ringrazieremmo. E poi, titubanti, accenneremmo una domanda, a cui lui risponderebbe prima che possiamo formularla. Deve versare il contenuto in una brocca dalla bocca ampia, circa un’ora prima di consumarla. In modo che si ossigeni eNinni Raimondi che possa spargere il suo profumo nell’aria. E’ quasi impercettibile, ma lo sentirà. Contribuisce a creare l’atmosfera. Suggerisco di sorseggiarlo lentamente, a piccole dosi, magari in una stanza con luci soffuse. In solitudine, ovviamente. Ovviamente. Ringrazieremmo ancora. Poseremmo con delicatezza la nostra bottiglia di infelicità nel carrello, in mezzo alle altre merci, incastrandola in modo che non si rompa, il vetro sembra così sottile e fragile. Quasi vergognandosi, il sommelier ci porgerebbe lo scontrino, imbarazzato da quel gesto volgare, chiedere soldi quando, si sa, il denaro non compra l’infelicità. Ma in questo mondo gretto e meschino, purtroppo, ogni cosa ha un prezzo. Prenderemmo lo scontrino. Guarderemmo il prezzo prima di sfuggita, poi con più attenzione, reprimendo il moto di sorpresa davanti alla cifra che ci sta costando l’infelicità. Guarderemmo il sommelier con un mezzo sorriso, volendo intendere che no, alla fine è economico. Ci sorriderebbe. Sapremmo entrambi che la cifra è altissima, spropositata.
Ce ne andremmo, con la nostra bottiglia di infelicità.

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Anche l’uomo più sano e più sereno
può risolversi per il suicidio,
quando l’enormità dei dolori e della sventura,
che si avanza inevitabile,
sopraffà il terrore della morte.
(Arthur Schopenhauer)

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45 pensieri su “Sadness

  1. Ninni, carissimo e dolcissimo amico mio.
    Un pezzo encomiabile e traboccante antichi sentimenti e per converso nuove “situazioni”.

    Hai sempre un posto fermo e forte nel mio cuore e nel nostro cuore collettivo.
    Bella l’edea e il racconto: eco la marcescenza della nostra società.
    Grande, sul serio.

    Un abbraccio.
    Ti voglio bene

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  2. Ti attendo da tanto e da tanto spio il tuo Blog.
    Si farà vivo, pensavo.
    Si farà vivo!

    Ecco, ho letto il tuo pst, bello, meraviglioso come sempre e come sempre non di facile lettura.
    Si può essere felici anche stringendo il proprio dolore.
    Si può essere felici anche assaporando il dolore “confezionato”.
    Ci rende più vicini, umani e soprattutto uomini.
    Stringi le mani e accarezza le vene: questo è quanto “chi” ti conosce può offrirti.
    Un pezzo superlativo, mio Signore.
    Superlativo.

    Con l’affetto di sempre…

    Annelise

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  3. Preg.mo Dottore,
    questo suo pezzo, molto meditato e sofferto è ralmente forte.
    Lei ha messo il “dolore” il “ricordo” e la “nostalgia” come denominatori comuni.
    Ecco cosa unisce l’uomo: non la cieca stupida allegria, scanzonata e perversa.
    Il dolore ci accomuna rendendoci uguali e fratelli nel contempo.
    Pezzo notevole da gustare con gioia, nelle limitazioni degli ingredienti.

    Buona serata, Milord.
    La seguiamo “cordialmente”.

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  4. Un articolo delicato Milord.
    Un articolo che fa pensare.
    Ci accomuna, purtroppo, il dolore e quello stesso dolore, alcune volte, è necessario respirarlo.
    La nostalgia, la delusione, fanno parte della nostra vita e se condivisi, la rendono più viva e più vera.
    La rendono umana.

    Buona giornata, scappo

    Eleonora

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  5. Come un vaccino.
    Un dolore, assume un altro dolore e lo risolve.
    Un pezzo degno della tua penna, caro Ninni.
    Un abbraccio

    (Un po’ forte, però: Tra le parole mi è sembrato di percepire una “vena” molto molto triste.)

    Ciao

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  6. In un ambiente povero e squallido, un’esistenza triste e altrettanto squallida, fatta di rassegnazione, vede improvvisamente sbocciare un timido fiore di speranza. Il malcontento e la frustrazione, fino ad allora ingoiati come bocconi amari, ma sopportabili, vengono illuminati e alleviati dal sogno d’amore, impossibile ma condiviso.
    Lo scontro tra la poesia del sentimento e la prosa della dura e sconcertante realtà non lascia però scampo, per il quale la felicità resterà sempre una mera illusione.

    Vivere non è altro che desiderare ciò che non si può avere.
    E’ svegliarsi, giorno dopo giorno, e dover sopportare le conseguenze di aver fatto una scelta sbagliata; è scoprire di essere rimasti intrappolati in un’eterna prigionia, rispetto alla quale i sogni e le speranze non sono che dolci ma vane chimere.
    Se si crede troppo nei sogni, se si cerca di realizzarli, o soltanto di raggiungerli, si è destinati a soccombere, o a soffrire ancora di più.
    L’amore è una lontana illusione, che quanto più fa male tanto più è lontana, e che si avvicina solo per ferire spietatamente.

    Sono molte le persone che si trovano in questa situazione, che ogni giorno sopravvivono trascinando il proprio peso, sapendo di non avere una via d’uscita.
    Descrivere una situazione di sofferenza più che mai realistica, che tanti si trovano a vivere, urlando di dolore nella propria mente ma tenendo le labbra strette, i pugni serrati che vorrebbero schiudersi in una carezza per un lontano quanto inafferrabile oggetto d’amore, e si ritrovano invece a colpire la liscia superficie del muro di casa.
    Sempre in silenzio e per amore dei una terz<a persona.

    Lei, Dottore, colpisce oltre che per la sua rigogliosa vena poetica, anche per quel senso umano e divino che, in noi, ci accarezza finquando l'incomprensione non distrugge tutto.

    Le auguro ogni bene

    PickWick

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  7. “Il dubbio è la disperazione del pensiero. La disperazione è il dubbio della personalità”.
    Quando piombi nella disperazione più cupa, ti si offre l’opportunità di scoprire la tua vera natura. Proprio come i sogni prendono vita quando meno te lo aspetti, così accade per le risposte ai dubbi che non riesci a risolvere. Lascia che il tuo istinto tracci la rotta per la saggezza, e fa’ che le tue paure siano sconfitte dalla speranza.

    Un abbraccio, caro Ninni

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  8. Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore
    Ed egli rispose:
    La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera.
    E quello stesso pozzo che fa scaturire il vostro riso fu più volte colmato dalle lacrime vostre.
    Come potrebb’essere altrimenti?
    Più a fondo vi scava il dolore, più gioia potete contenere.
    La coppa in cui versate il vostro vino non è la stessa coppa cotta nel forno del vasaio?
    E il liuto che addolcisce il vostro spirito non è lo stesso legno intagliato dal coltello?
    Quando siete felici, se scruterete il vostro cuore, troverete che è ciò che vi ha fatto soffrire a darvi ora la gioia,
    E quando siete afflitti, guardate ancora nel cuore, e scoprirete che state piangendo solo per ciò che vi ha reso felici.
    . . . . .Alcuni di voi dicono, “La gioia è più grande del dolore” e altri dicono, No, il dolore è più grande”.
    Ma io dico a voi che sono inseparabili.
    Essi giungono insieme, e quando l’una siede a tavola con voi, ricordate che l’altro dorme nel vostro letto.
    In realtà, oscillate tra il dolore e la gioia come i piatti d’una bilancia.
    Solo se vuoti, state fermi e in equilibrio.
    E quando il tesoriere vi alzerà per pesare il suo oro e il suo argento,
    allora la gioia o il dolore dovranno per forza sollevarsi o cadere.
    (Kahlil Gibran)

    Mi creda Dottore, non saprei come manifestarle, in modo ulteriore la mia stima.

    Buona serata

    Amedeo

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  9. Oggi non racconterò nessuna storia, nè scriverò nessuna poesia.
    E’ che, a volte, la realtà è più strana della fantasia.

    ...

    Conosco bene quel negozietto di cui parla Ninni.
    A volte ci passo davanti con aria indifferente.

    A volte mi metto in un angolino nascosto alla vista del gestore, e sbircio con curiosità dalle vetrine opache. Guardo le bottiglie colorate riposte in ordine sugli scaffali immacolati. Immagino il profumo di quel posto. L’atmosfera rarefatta e profumata di cielo bagnato che mi riporta alla mia infanzia. Non ho mai avuto il coraggio di entrarci.
    Molte volte ho rovistato nella borsa, nelle tasche del cappotto, trovandovi solo poche monete argentate. Troppo poche per poter comprare un pò di quella miscela.
    E me ne sono sempre andata, con un sospiro di rimpianto e con il desiderio di possedere un pò di tristezza diversa dalla mia.

    E poi …

    Sapete che cosa faccio appena rientro a casa, tra le mura candide del mio piccolo appartamento? Mi preparo un surrogato cioccolatoso di tristezza. Una torta al cioccolato in tazza. Una piccola piccola torta soltanto per me. Ci metto pochi attimi; pochi ingredienti.

    In una Mug:
    4 cucchiai di farina 00
    8 cucchiai di cacao amaro
    Un pò di zucchero secondo i gusti
    3 cucchiai di latte
    Un pò di burro
    1 uovo

    Tre minuti di microonde alla massima potenza e il gioco è fatto.

    ...

    In quei tre minuti, il profumo del cioccolato amaro riempie la stanza, inebriando i sensi. E’ come un rito. Come qualcosa di sacro.
    E in quei momenti, penso all’uomo triste del negozio. Lo immagino solo e annoiato a spolverare quei recipienti pieni di polveri colorate. E so che un giorno, non troppo lontano, invece di preparare un solo dolcetto in tazza, ne preparerò due.

    Porterò un dolcetto al negozio.

    Lui saprà: Prenderà il dolcetto triste, e in cambio, mi regalerà un pò della sua tristezza.

    Quella che tiene nascosta sotto al bancone. Quella che non vende, ma che tiene lì per le occasioni speciali. Sarà uno scambio senza prezzo; uno scambio equo. Rimarremo seduti fianco a fianco, senza calcolare il tempo. Avremo esaudito i nostri desideri, condividendo un pò di tristezza; Lui avrà la mia e io la sua. E poi me ne andrò senza aver bisogno di dir nulla. Senza cerimoniali antiquati o saluti reverenziali.

    Sapremo di esserci colmati.

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  10. Emilia di Roccabruna

    Senza di te tornavo, come ebbro,
    non più capace d’esser solo, a sera
    quando le stanche nuvole dileguano
    nel buio incerto.
    Mille volte son stato così solo
    dacché son vivo, e mille uguali sere
    m’hanno oscurato agli occhi l’erba, i monti
    le campagne, le nuvole.
    Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
    della fatale sera. Ed ora, ebbro,
    torno senza di te, e al mio fianco
    c’è solo l’ombra.
    E mi sarai lontano mille volte,
    e poi, per sempre. Io non so frenare
    quest’angoscia che monta dentro al seno;
    essere solo.

    (Pier Paolo Pasolini)

    Ninni, Ninni… Nipote amato mio, ho ancora “quella” bottiglia da aprire.

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  11. Prima si affonda e poi … si ritorna a galla!
    C’é tanto da riflettere su tutto.
    Anche sugli apporti molto belli e quelli un po’ meno (sembra, quasi, che certe persone attendano il “là” per imbastire dei fiaschi che con i “fischi” non hanno nulla a che spartire).
    E mi riferisco, in questo frangente, senza offendere la persona, a Lucifera.
    Lei è, sicuramente Signora Lucifera, una persona estremamente sensibile, ma devo sottolineare che certi interventi schiaffeggiano tutti quelli che qui hanno scritto e tentato una analisi al gustosissimo pezzo di Ninni.

    La percezione è che non si voglia comprendere (soprattutto le ultime arrivate) quanto tesoro prezioso, per noi poveri naufraghi di internet, rappresenti questo Blog e il suo proprietario.

    Grande ammirazione e consapevolezza della macerazione fisica e intellettuale che hanno prodotto questo articolo.

    Perdonami Milord, ma ho letto e riletto e ho dovuto fare questo intervento dopo i pregevolissimi pezzi che ho letto in questo luogo.
    Mi riferisco a partire dal Sig. Pickwick e giù giù sino alla Signora di Rocca Bruna.

    Qui si fa letteratura!
    Io lo so da anni, ormai. Questo silenzio assordante del Milord mi fa intuire di assumere un “doloroso” silenzio o un compassionevole lavoro di comprensione.

    Scusami Ninni.

    Dalla partenope Capitale

    Dudù

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  12. Lei, Sig.ra Lucyfera ha tutta la nostra esecrazione.
    Lei non comprende le norme più elementari del convivere civile.
    Se avesse bisogno di “ferormoni”, io sono sicura che il Milord potrrebbe OFFRIRGLIENE, ma senza le motivazioni che Lei, cara Signora, adduce.
    Adesso vado, perché io LAVORO!
    Stia TRANQUILLA ANCHE SE NON ABBIAMO COMPRESO.
    Convengo ed approvo quanto scritto dalla Sig.ra Emma Vittoria.. Semplice e delicata, una vera artista.

    Ce ne fossero ….

    Hilde

    (Perdonami Ninni)

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  13. Per lei, sig,ra Luycifera , non ho che compassione,
    Ne ho parlato con i miei genitori ed è venuto fuori che anche lei potrebbe avere dei motivi ….. ?!
    Il Milord, e ci perdoni (parlo a nome dei miei genitori) ha altri, sicuramente letterari, motivi per estrinsecare il proprio pensiero.
    Lo lasci scrivere e rimarrà stupita e colpita dall’umanità di un uomo.

    Ops

    Buona notte Milord
    Eleonora

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  14. La Via dell’Infelicità è lastricata di Attimi Irrinunciabili e piccoli frammenti di Noi; sembra perdersi nei meandri di Antichi Sapori, eppure resta chiusa dentro di sé e nel Cuore stesso delle gocce che cerchiamo di asciugare.

    Quando assaggi la Tristezza per la prima volta, sembra quasi espandersi nella bocca; come quando il sapore della menta o dell’eucalipto bruciano, talmente tanto; da rendere ogni cosa gelata al solo sfiorarla con la lingua … ci metti un po’ ad abituarti e gli occhi cominciano a lacrimare e la mente si ribella alla sensazione intensa … poi, tutto si placa e ricominci a respirare.
    Subito dopo, ecco che ti assale quella nota di Amaro profondo e lo senti scendere giù fino al limite del palato, te ne vorresti liberare; ma quel gusto persistente è più forte della volontà stessa di resistere al sapore che ti piange nella gola. Cominci a pensare che forse, non avresti dovuto cedere alla tentazione di sentire che effetto ti avrebbe fatto e che, in fondo, non è che adesso … conoscendone il sapore … potrai evitare di ricordare che Fa Male, quando sei l’artefice di ciò che hai scelto di assaggiare.

    Quando assaggi il Dolore, invece, è tutto più Immediato, Rapido e senza Attese.
    In un Istante è come se avessi ingurgitato il fuoco stesso e tutta la pioggia che sei riuscita a piangere … in silenzio, la notte … senza che nessuno si accorgesse che raccoglievi le lacrime per non perdere i ricordi. Il Sapore del Dolore è Unico … come quando ti alzi nel cuore dei Sogni, con quella sete che non conosce ostacoli … hai solo in mente il frigorifero e quella bottiglia che ti darà finalmente quel sollievo cui desideri … con una sola, piccola, decisiva differenza; la consistenza non è mai quella che ti aspetti, ed ecco che sembra olio denso che scivola giù lentamente, senza dissetare, attaccandosi vischiosamente alle pareti del tuo corpo, come una carezza che vuoi respingere ed invece si insinua dolcemente e con tutta la crudeltà della lentezza esasperante dei liquidi densi.
    E ne senti l’Aroma, in tutto il suo percorrerti, lo senti scivolare come una corrente sottile e dorata, vorresti ingoiare, ma già la nausea ti dice di fermare il respiro per quel tanto, da permettere al Dolore di non rendersi conto di quanto faccia male. Eppure Fa Male … e sei Tu che hai deciso di non poterne fare a meno … non per quella notte … non per quel momento.

    Quando assaggi la Vita, puoi scegliere la maggior parte delle volte … e devi pagare il Prezzo pieno delle scelte che fai … anche se con la nostalgia tipica dell’infanzia, ripercorri i passi di ieri per ritornare … almeno con la memoria … ad assaggiare la dolcezza Unica e Meravigliosa delle Persone che hai Perduto lungo la strada … il sapore Frizzante delle Emozioni e dell’Amore Condiviso … il Piccante del Non-Detto … Il Miele dei baci … il Salato delle Lacrime … l’Amaro del Silenzio … l’Aspro dell’Assenza.
    Così deve Essere.
    Ogni Anima ha un Sapore … e non si può Dimenticare.
    ___
    Milord,
    ciò che avete scritto è Pura Emozione.

    Un Caro saluto per Tutti

    I Miei Rispetti
    Ni’Ghail

    Slàn

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  15. Non amo la poesia comune e odio
    la strada aperta a chiunque.
    Odio un amante goduto da tutti
    e non bevo ad una pubblica fontana.
    Odio ogni cosa divisa con altri.
    Certo, Lisània è bello! Bello! E ancora
    non l’ho detto che un’eco già ripete:
    “E’ anche d’un altro.”

    Cara Luce ferruta
    Cambi zona, parli di tutt’altro. Parli dei sui amanti, che immagino più giovani essendo lei una Toy girl.
    Qui si parla di vita.
    Non le interessa?.
    Bene, altri lidi l’aspettano per farsi “fare” come preferisce.
    Qui siamo tra persone per bene.
    Persone che conoscono il valore di un sentimento e non manifesterebbero sindromi da pedofilia cercando di stringere il Milord fra le gambe e non sulle gambe.
    Rimanga dove stà. Non si muova: i conati sono forti e se non dovesse capirli, se ne faccia una ragione.
    Avevo una GRANDE interlocuttrice “Giovanna”, ma … lei …. era MOLTO INTELLIGENTE.
    c’ERA SPAZIO PER amabili discussioni e anche per giochi letterari.
    Lei, Piccola Lucifera, sa, a stento, scrivere il suo nome
    Quasi quasi rimpiango la povera Gerania: era ignorante, ma diretta.

    Scusami Ninni ma ti offro VERITA’

    Bonne nuit mon tresòr …
    Bisousssss

    Annelise pour toi

    PS: Nighail: Sei speciale fin dai tempi dei servizi del Milord dalla Striscia di Gaza.
    Ti voglio bene.

    Annelise pour toi, mon cheri Ninni
    Bisoussssss

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    • Annelise, ma douce amie … merci pour les mots que vous avez réservés pour moi.
      Certaines émotions n’ont pas besoin d’être dit.
      Ne pas être laissé comme nourriture pour tous.
      Je sais que vous me comprenez.
      «Le cœur d’une femme est un océan profond des secrets.”

      Je vous embrasse avec affection et une profonde estime.

      Emma

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  16. L’infelicità non è solo l’assenza della luce.
    Quella è insoddisfazione, è apatia, è mediocrità.
    L’infelicità è come l’odio, che non è solo assenza d’amore.
    E’ percezione della morte, della propria inutilità, logoramento continuo.
    E’ sofferenza, dolore vivo, tagliente, sangue caldo.
    Lacrime.
    “Come dovete essere infelice…” ripetono in continuazione a Isabel di Ritratto di signora.
    Non dicono triste, né insoddisfatta. Dicono infelice.
    L’infelicità la riconosci. Sai distinguerla dalla comune (umana) tristezza,
    dal dolore passeggero.

    E allora spero con De André. Perché è l’unica cosa che resta.

    Chi mi riparlerà di domani luminosi
    dove i muti parleranno e taceranno i noiosi…
    quando riascolterò il vento tra le foglie
    sussurrare i silenzi, che la sera raccoglie?
    Io che non vedo più che folletti di vetro
    che mi spiano davanti, che mi ridono dietro
    Come potrò dire a mia madre che ho paura?

    Buongiorno a Tutti!! 😉
    vany

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  17. La tristezza può diventare un’esperienza di grande arricchimento. Devi lavorare su di essa. È facile sfuggire alla tristezza – e tutte le relazioni di solito sono dei modi per scappare. Così continui a evitarla, ma una corrente sotterranea è sempre lì presente. Può scoppiare tante volte, persino all’interno della relazione. Allora uno tende ad attribuire la responsabilità all’altro, ma questo non è il punto vero. La solitudine è tua, la tristezza è tua. Non sei ancora riuscito a trovare un modo di vivere con loro, quindi continueranno a riemergere.
    Puoi sfuggire buttandoti nel lavoro. Puoi sfuggire impegnandoti in qualche occupazione o relazione o nella società, in questo e in quello, nei viaggi, ma non se ne andrà, perché è parte del tuo essere.
    Ogni uomo nasce da solo – nel mondo, ma da solo. Arriva attraverso i genitori, ma da solo. E ogni uomo muore da solo, di nuovo quando esce da questo mondo lo fa da solo. E tra queste due solitudini, continuiamo a illuderci, a ingannare noi stessi. Bisogna farsi coraggio ed entrare in questa solitudine. Per quanto all’inizio possa apparire duro, difficile, i risultati sono straordinari. Quando hai trovato un modo di conviverci, quando inizi a goderne, quando non la percepisci come tristezza ma come silenzio, quando comprendi che non c’è modo di sfuggirla, ti rilassi.

    Non ci si può fare nulla, e allora perché non godersela? Perché non andarci in profondità e provarne il gusto, vedere che cos’è? Perché temerla senza alcuna necessità? Esisterà comunque, è un fatto, esistenziale, non accidentale. Allora perché non trovare un accordo? Perché non esplorarla e scoprire che cos’è?
    Quando ti senti triste, siedi in silenzio e permetti che la tristezza emerga; non cercare di evitarla. Diventa più triste che puoi. Non evitarla – questa è l’unica cosa da ricordare. Piangi, singhiozza…provane tutto il gusto. Piangi fino a morirne… buttati giù e rotolati per terra; lascia che se ne vada da sola. Non costringerla ad andarsene; se ne andrà, perché nessuno può rimanere permanentemente nello stesso stato d’animo.
    Quando se ne andrà, ti sentirai alleggerito, del tutto liberato, come se la forza di gravità fosse scomparsa e potessi volare, privo di peso. Questo è il momento di andare dentro di te. Ma prima fai emergere la tristezza. La tendenza comune è quella di non permetterlo, di trovare tutti i mezzi per poter guardare da un’altra parte; di andare al ristorante, in piscina, di incontrare gli amici, leggere un libro o guardare un film, suonare la chitarra; di fare qualcosa, in modo da rimanere occupati e mettere l’attenzione da qualche altra parte.

    Devi ricordare questo: quando ti senti triste, non mancare questa opportunità. Chiudi la porta, siediti, e sentiti il più triste possibile, come se il mondo intero fosse solo un inferno. Vai in profondità…affondaci dentro. Lasciati penetrare da ogni pensiero, animare da ogni emozione di tristezza. Piangi, singhiozza e dici cose – le puoi dire anche ad alta voce, non c’è nulla di cui preoccuparsi.
    Per prima cosa vivi la tristezza per alcuni giorni, e nel momento in cui l’energia della tristezza se ne va, ti sentirai molto calmo, pieno di pace come ci si sente dopo una tempesta. In quel momento siediti in silenzio e goditi il silenzio che arriva per proprio conto. Non sei stato tu a crearlo; tu hai portato la tristezza. Quando la tristezza se ne va, nella sua scia, arriva il silenzio.
    Ascolta quel silenzio. Chiudi gli occhi. Sentilo… sentine la struttura, la fragranza. E se ti senti felice, amala e ti abbandonerà…

    Piccole riflessioni spicciole, caro Milord, per ricordarti che la “tristezza” è in noi e con noi.
    Non la butti, né la cerchi.
    Alcune volte potrebbe essere lenente scabiare la propria con quella altrui, oppure crerne una ad hoc.
    Per una sera soltanto.

    Le altre sono destinate, naturalmente, al gusto delle proprie.

    Ho apprezzato, moltissimo gli interventi del Sig. Furio:

    […]Lei ha messo il “dolore” il “ricordo” e la “nostalgia” come denominatori comuni.
    Ecco cosa unisce l’uomo: non la cieca stupida allegria, scanzonata e perversa.
    Il dolore ci accomuna rendendoci uguali e fratelli nel contempo.[…]

    E questa è una verità ineludibile.
    Ma nello svolgimento del concetto stesso, leggo, ilo pur bravissimo Sig. Pickwick che scrive, testualmente:
    “Vivere non è altro che desiderare ciò che non si può avere.
    E’ svegliarsi, giorno dopo giorno, e dover sopportare le conseguenze di aver fatto una scelta sbagliata; è scoprire di essere rimasti intrappolati in un’eterna prigionia, rispetto alla quale i sogni e le speranze non sono che dolci ma vane chimere.
    Se si crede troppo nei sogni, se si cerca di realizzarli, o soltanto di raggiungerli, si è destinati a soccombere, o a soffrire ancora di più.
    L’amore è una lontana illusione, che quanto più fa male tanto più è lontana, e che si avvicina solo per ferire spietatamente.

    Sono molte le persone che si trovano in questa situazione, che ogni giorno sopravvivono trascinando il proprio peso, sapendo di non avere una via d’uscita.
    Descrivere una situazione di sofferenza più che mai realistica, che tanti si trovano a vivere, urlando di dolore nella propria mente ma tenendo le labbra strette, i pugni serrati che vorrebbero schiudersi in una carezza per un lontano quanto inafferrabile oggetto d’amore, e si ritrovano invece a colpire la liscia superficie del muro di casa.
    Sempre in silenzio e per amore dei una terza persona.

    Qui non mi dilungo oltre perché sono (oppure sarei soddisfatto) ma … c’è un ma!

    Leggo l’apporto di Lady Emma Vittoria.
    Proprio l’incipit:
    […]Conosco bene quel negozietto di cui parla Ninni.
    A volte ci passo davanti con aria indifferente.
    […]

    Ecco un segreto che “diventerà”, tra il divenire e l’essere:
    A volte ci passo davanti con aria indifferente

    Chi mai vorrebbe essere “differente” davanti alle proprie tristezze che uccidono il cuore e bloccano un sentimento?

    Quindi il pezzo magistrale, sofferto, meditato, esaminato, analizzato e valutato della bravissima Lady Nighail.
    Quando assaggi la Tristezza per la prima volta, sembra quasi espandersi nella bocca; come quando il sapore della menta o dell’eucalipto bruciano, talmente tanto; da rendere ogni cosa gelata al solo sfiorarla con la lingua … ci metti un po’ ad abituarti e gli occhi cominciano a lacrimare e la mente si ribella alla sensazione intensa … poi, tutto si placa e ricominci a respirare.
    Subito dopo, ecco che ti assale quella nota di Amaro profondo e lo senti scendere giù fino al limite del palato, te ne vorresti liberare; ma quel gusto persistente è più forte della volontà stessa di resistere al sapore che ti piange nella gola. Cominci a pensare che forse, non avresti dovuto cedere alla tentazione di sentire che effetto ti avrebbe fatto e che, in fondo, non è che adesso … conoscendone il sapore … potrai evitare di ricordare che Fa Male, quando sei l’artefice di ciò che hai scelto di assaggiare.”

    Dove il segreto, allora?
    Un umile bancone che, facendoci dimenticare la tristezza e/o ilo dolore profondi, ci porta in un mondo fatato.
    Quel mondo fatto di cose preziose dove un “granello” era pesato e soppesato e addirittura curato come “l’unico prodotto della terra”, ma frutto del lavoro dell’uomo.

    Sarebbe bello, amico mio, se potessimo recarci presso l’angolo più buio di un supermercato e ordinare la nostra “infelicità” da gustare per una sera.
    Avremmo tanto dolore da accantonare e tanta infelicità da “scambiare”.

    Piccola nota:
    Ho letto un po’ di “pollaio”.
    Credo che, ognuno, sia l’artefice della propria vita.
    Le parole, come i colori, dipingono prima quello che abbiamo dentro e dopo le situazioni altrui.
    Parole che vanno e parole che vengono…
    Sempre parole alla rinfusa.

    Questa volta devo convenire con Madame Annelise:
    la “mia” odiata Gerania, almeno nella sua schiettezza, forse avrebbe scritto qualcosa con qualche senso compiuto.

    Adesso scappo: Ho una scaletta da rispettare.
    Un abbraccio, caro Milord

    E.

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  18. Oggi e non solo oggi,ho una gran voglia di piangere ma come sempre mi trattengo, devo trattenermi anche se al momento sono sola in casa !
    Il motivo ……….boh non saprei, forse proprio tutto quello che reprimo da mesi e che penso che sarebbe inutile tirar fuori, le situazioni non si cambiano, si possono solo accettare !!!!!!

    Il 2011 un anno da dimenticare,un anno per lo più bruttissimo con 1 solo raggio di sole ,il mio nipotino nato ad agosto un bimbo bellissimo e solare sorride sempre !

    L’anno sembrava esser cominciato benissimo, mia sorella dopo 2 anni di visite e cure alla prima IUI esito positivo e siamo tutti contenti ……poi nei primi mesi dell’anno ,questo maledetto 2011 , un mio zio fratello di mio padre da una bronchite si scopre una leucemia fulminante,ed è bastato un mese e mezzo perchè Dio se lo portasse via , poi mentre in gran gioia i preparativi per l’arrivo del raggio di sole di mia sorella……..eccolo di nuovo una telefonata ci avvisava che un altro zio ,sempre fratello di mio padre, si era sentito male ……l’hanno trovato su una panchina diciamo svenuto, in seguto si saprà non era svenuto …..era in coma un insolazione, ma si può???????? si può morire per un insolazione????????? ma come si fa???? anche qua nessuna risposta, niente a cui appellarsi..solo accettare !!!!

    Mio padre……un uomo forte ,una roccia ma le cose che dovuto affrontare non so chi gli abbia dato la forza , il fratello era in Liguria per lavoro (noi viviamo in prov. di Belluno) ,è dovuto andare 2 volte lassù,e la seconda era come se il fratelllo lo aspettasse,dopo poco arriv in ospedale se ne è andato!!! Lui la roccia di casa, MIO DIO non so come ha fatto cos’ha dovuto affrontare preparare tutto organizzare tutto per portarsi il fratello a casa…….l’ha accompagnato per più di 10 ore nel suo viaggio verso la sua terra, la sua casa !!!
    Tra un fratello e l’altro altre 3 telefonate ,3 cugini……..senza tregua !!!
    Ad agosto finalmente un pò di gioia,nasce bellissimo,tutto bene tutti felici ma è durata poco 1 settimana circa……..poi l’ospedale chiama avverte il raggio di sole ha la PKU ,e cos’è??????? chi l’ha mai sentita??????? che bestia è ?????????

    Una malattia genetica,non sto a spiegarvi cos’è perch’è ci vorrebbero troppe parole .La malattia si chiama Fenilchetonuria o PKU !
    Bhe c’è di buono che è niente di grave dovrà “SOLO” stare a dieta rigorosa a vita,in compenso è sano e avrà una vita sana e felice e avrà la possibilità di fare tutto ciò che vorrà nella sua vita!!!

    A me è rimasto il terrore di perdere mio padre,che ha leggeri problemi di cuore…….vivo col terrore nello stomaco tutti i giorni e la notte non so come allontanare questa sensazione orribile!!!!
    Ho visto lo strazio dei miei cugini ad affrontare il loro primo natale senza i loro padri,le loro rocce della vita !!
    Come si fa, come si può accettare tanto???????

    Poi giusto per finire l’anno degnamente,da uno spermiogrammma fatto tanto per……giusto per controllo……la ciliegina sulla torta Oligo-Asteno-Teratospermia,più Anticorpi-Antispermatozoi ,varicocele a sx e dx !!!

    Credevo dopo tutto quello che ho passato,sulla mia salute 6 interventi alle gambe ,5 anni di lotte per lasciare le stampelle e caminare, quello che la malattia mi ha tolto e i limiti che oggi ho!
    Bhe che dire mi sento anche in colpa, io cammino dovrei esser contenta, come molti mi hanno sempre detto in questi quasi 6 anni di medici ………c’è chi sta peggio,chi non cammina ……e io??? in fondo io cammino, si ho dei piccoli limiti come fare peripezie per infilarmi i collant da sola……bhe c’è di peggio……….Ma sapete ho sempre odiato la frase: c’è chi sta peggio…sono egoista e mi sono sentita in colpa per anni,ma io non riesco a pensare agli altri…….penso a me , Io sono io che ho dolore.
    IO che non riesco quasi a tagliarmi le unghie del piede sx.
    IO che ho subito 6 interventi nei quali mi sono stati messi e tolti + di 120 punti di sutura.
    IO sempre IO …..sono egoista lo so ,me che posso farci sarà la mia natura !!!!!

    Dopo tutto ciò, STUPIDAMENTE, credevo che era arrivata l’ora di star bene esser felice,avere ciò che nella vita ho sempre desiderato……..un figlio, e x questo sogno ho lasciato il mio ex perchè dopo 8 anni di convivenza ho realizzato che non voleva figli…….lascia tutto,casa,lavoro, città ecc ecc e ricomincia…..e ora bhe ancora medici….medici, medici !!!

    Come si fa???
    Perchè devo ancora lottare…….ho 39 anni tra poco……comincio a pensare che il mio destino sia senza figli!!!

    Ho voglia di piangere…….ma non lo farò, non voglio farlo devo solo accettare la situazione e sopportarla!!!
    Scusate lo sfogo Milord , ho scritto cose tristi, cose che rattristeranno sicuramente anche voi…….
    Bhe almeno fuori oggi è stata una bella giornata di sole……..

    Grazie grazie per lo spazio , sono contenta di avervi trovato, mio Signore !!!

    Elena.

    Per Lucifera: si prenda quel ca**o di autobus e sparisca umilmente e sottomessa, oppure la smetta. E’ la mia rabbia in corpo, per lei, che mi ha fatto dire tutte queste cose.
    Buonanotte.

    Scusami Milord

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  19. Perdonami Ninni, ma ho un’urgenza.

    @Elena Simonin
    Tesoro posso dirti la mia?
    La frase “c’è chi sta peggio” lasciamola dire a chi parla dei problemi altrui.

    Eh si, è facile essere altruisti quando si deve consolare chi soffre, ma quando siamo noi a stare male le cose cambiano. Questo cara per dirti che non sei egoista, ma una donna che ha sofferto molto e che ora vorrebbe quel briciolo di meritata felicità, o chiamiamola serenità. (Potresti acquistare un po’ di tristezza e pagare con il tuo dolore, magari, al negozio di Ninni. Lui farebbe di tutto per conservare, in formalina, tutte quelle lacrime)

    Ti abbraccio fortissimo, e un abbraccio forte al tuo papà …

    Grazie Ninni Milord per mettere a disposizione uno spazio dove la vita si estrinseca e il senso dell’Umanità, a te molto caro, può venir fuori anche nella tristezza o, come in questo caso, dal dolore.

    Nessun commento Lucyferino.
    Non aggiungerò altro!

    La Manu
    (Buona notte Milord)

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  20. Ecco che ci sei riuscito un’altra volta Milord.
    Ninni, ti adoro!
    (Ma come fai???? Riesci a dare un senso anche al dolore, alla tristezza).

    Per
    @Lady Elena Simonin
    Sono rimasta a bocca aperta…..
    non ho parole…..ti mando un abbraccio e ti auguro con tutto il cuore che il 2012 sia un anno magico per te…
    Apprezzo la sincerità e il coraggio delle tue parole, proprio nel contesto di un articolo, scritto da Milord, non facile e molto profondo.

    Mi dispiace tanto per i tuoi zii, per i tuoi cugini, per il tuo nipotino, per te e per tuo marito.
    Ti mando una mondo di coccole, se puo un po servire e ricorda:

    Chi non e’ morto, e’ gia piu’ forte!

    Ti abbraccio.

    Un abbraccio a te mio Signore, che riesci a focalizzare, come fai da anni, i veri temi della vita. Quelli che ci colpiscono e ci abbattono e dopo ci risollevano.
    Un po’ di tristezza? Sì, grazie, ne voglio anch’io, per scambiarla con il mio dolore, il tuo e quello di tanti, non ultimo quello della brava Elena Simonin.

    Il discorso sui “Demoni caduti” è un altro.
    Dolcezza, umiltà e sudditanza, hanno sempre nascosto ribellione, dolore e calcolo personale.

    Parlo in generale, Mio Signore.
    Un bacio e un abbraccio.

    Sony

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  21. Bonne nuit, mon amour, même si la douleur et la tristesse de couvrir mes yeux de larmes.
    Il n’y a pas de place pour la bonté.
    Il n’ya pas de prière à Dieu pour un sourire.

    Je vous remercie pour vos paroles et celles des autres.

    Je laisse “Lucifer” à l’arrêt des âges.
    Je vous laisse un gros bisou et un câlin qui vous fait sentir ma chaleur.

    Avec une affection sincère …

    Annelise
    PS: Une très bonne nuit à tous mes amis, sauf un!

    Annelise

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  22. Milord, ne vorrei un po’ per me, questa sera, di sana tristezza con una vena di nostalgia
    Né ho, proprio, bisogno.
    Sono triste (forte) e dolorosamente addolorata.
    Giusto per assaggiare.
    Qualcosa di tenue.
    Sono stanca di dolore, dolorosamente, doloroso.
    Grazie.
    (Hai scritto un pezzo fuori dal comune)

    PS: Lucyfera? Sta bene dove stà: all’Inferno!
    Un abbraccio a Lady Elena Simonin: Sei, di prepotenza, tra amici e un amico è sempre più prezioso dell’oro.

    Buona notte Ninni.
    Certo che hai le spalle forti e una intelligenza non comune. Sin dai tempi del GB, sono rimasta, sempre, affascinata dal tuo modo di porti ed interloquire.
    Ti ammiro sul serio.

    Un abbraccione

    Isy

    PS: Un saluto al Sig. Pickwick, il Sig. Vintrix, Lady Emma Vittoria, Lady Annelise Baum e la brava Lady Nighail.
    Che tempi.
    Che brutti tempi.

    Un saluto

    Isy

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    • D’Improvviso, è il tempo per gli istanti che ricordano la pioggia … ed ogni ieri; si stempera nelle Immagini e nelle albe bianche … quasi a trafiggere un Canto, dentro ad un Sogno.

      Un caro saluto per Te … Isy
      Ni’Ghail

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  23. [ … Respiro del Silenzio è ansia senza respiro … ]
    G. d’Annunzio
    ___
    Lo schianto dell’Anima ha le mani fredde,
    di una Bellezza non terrena
    e l’Ombra può baciarne, furtiva,
    i lineamenti colmi di lacrime.

    Talvolta è la Vita che conduce alla Morte, come un presagio che si assapora nell’Armonia di una Notte … come un sinistro gioco; che proviene da un’altra lontananza e ci spezza e lacera al pari di una creatura affamata ed insaziabile.
    ___
    Milord,
    nell’eco delle Vostre parole affiora una sorta di smarrimento necessario … un’Ombra dolceamara, che risponde alle tacite domande della Tristezza … chiamando quel Nome da lontano … reinventando un Senso ed un Consapevole Mistero.

    Per Lady Elena,
    un Abbraccio ed un Pensiero che sappia di sincera Affezione. A volte siamo come spezzati da eventi che ci tolgono respiro e speranza … siamo come creature interrotte che bruciano e si agitano per non affogare … ed è qui che il coraggio di Essere, gioca la sua parte migliore, il suo profumo Infinito.

    Un Caro saluto per Voi, Milord … e per Tutti.

    Buon Pomeriggio
    I Miei Rispetti
    Ni’Ghail

    Slàn

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  24. Non ho parole, MIlord, se non apprezzare quanto hai scritto e quanto è emerso da queste pagine.
    La speranza è l’ultima a morire anche nel dolore più profondo, è meglio, alcune volte, sorseggiare un po’ di nostalgia e un po’ di tristezza leggera …

    Bel punto di vista.
    Un saluto per tutti.

    Valerio

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  25. Ora osservo soprattutto i movimenti corporei dei monti, delle acque, degli alberi,dei fiori. Tutto mi richiama alla memoria i movimenti analoghi del corpo umano, i moti analoghi di gioia e di sofferenza delle piante. La sola pittura non mi basta ; so che con i colori è possibile creare qualità intrinseche. Si può presentire intimamente, nel profondo del cuore, un albero autunnale in piena estate ; io vorrei dipingere questa malinconia

    Egon Schiele

    ……….

    Un saluto cordiale a tutti

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  26. Vorrei regalarti una nota musicale mai ascoltata
    vorrei regalarti fondali marini di perle e coralli
    vorrei regalarti una nuvola che prenda la forma che più desideri
    vorrei ragalarti migliaia di galassie ancestrali.
    Se sapessi cosa potrei fare per te
    se tu mi dessi soltanto una meritata opportunità
    allora scopriresti te stesso…
    perchè anche se non faccio parte della vita tua…
    tu sei la vita mia.
    Continua a comportarti come solo tu sai fare
    e potrai essere sempre orgoglioso della persona che sei.

    Grazie a tutti e grazie per lo spazio dedicatomi.
    Una piccolissima nota:
    Signora o Lady Emma Vittoria, leggo le sue parole e i suoi apporti e mi consolo.

    Milord, quando, quando sarete presente nei vostri luoghi?

    Con affetto un saluto per tutti….

    Elena

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  27. E’ difficile, è molto difficile esprimere ciò che la muta anima grida.
    E’ così complicato cercare di dare spiegazioni logiche a pensieri che hanno senso solo nella tua mente.
    Non è possibile poter dare nome a sentimenti ed emozioni sempre provati e mai condivisi.
    E’ tutto così illecito, così astratto, così inappagante, incomprensibile.
    Viviamo in una densa nebbia di lamenti dell’anima.

    Un abbraccio caro Ninni e un saluto per tutti.

    Lilly

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  28. ...
    ...

    La tristezza, a volte, ci offusca gli occhi e il cuore.
    Non sentiamo più niente, se non il rumore del nostro animo sofferente e ferito.
    Abbiamo paura degli altri e di tutto ciò che ci circonda.
    Si ha voglia di piangere, di urlare, di scappare via dalla pesante realtà che grava sulle nostre spalle ed invece rimaniamo lì, immobili a pensare. A pensare ciò che abbiamo perso; ciò che ci aspetta adesso; ciò che potevamo evitare. Eppure l’autocommiserazione non serve, non aiuta e non causa altro che dispiacere.
    Non esiste una cura.

    Ancora non si è trovato il modo per spegnere il dolore che brucia il nostro cuore.
    Dicono il tempo: Forse si.

    Esso rimargina le ferite; cicatrizza le piaghe del nostro animo, ma non può cancellare il ricordo.
    Non può eliminare il passato.
    I nostri momenti vissuti rimarranno per sempre là, in quell’angolo della nostra mente.
    La memoria li conserverà in eterno e anche quando tutto questo tempo sarà trascorso, se mai ci dovesse capitare anche solo per un istante di guardare indietro, essi provocheranno indubbiamente quella lieve fitta al petto a cui tanto eravamo abituati.

    Non servono parole di conforto, le nostre orecchie non riuscirebbero a sentirle.
    Non serve cambiar modo di vivere, il nostro cuore continuerebbe a battere con lo stesso ritmo.
    Non serve evitare di pensare, la ferita sotto continuerebbe a bruciare.

    E’ necessario, solamente, accogliere il nostro dolore; comprenderne tutti i suoi aspetti e così combatterlo e poi vincerlo.
    La nostra forza di volontà è l’unica arma che veramente possediamo, per far fronte a qualsiasi difficoltà.
    Aver paura significa essere uomini!
    Superare le paure vuol dire essere eroi e noi siamo gli eroi di noi stessi che, con il sacrificio e il duro lavoro, combattiamo aspramente i problemi della vita per dare un volto al nostro diritto di essere felici.

    Mai arrendersi; mai chinare il capo per paura di vedere, ma osare, trasgredire e perchè no, violare le regole per il nostro benessere interiore.
    Una vita interiore sana è una vita libera: Libera da ogni forma di sofferenza e violenza.

    Ringraziammo, tutte le Ladies e i Gentlemen per il tempo speso a leggermi, commentarci e sentire con noi quel profumo che inebria:
    La tristezza della solitudine.

    Cordialità.

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  29. Mio Signore,
    attendevo le vostre parole che, isolandomi dalla urla del mondo, mi hanno dato una grande verità:
    Ora più che mai sono convinta di cosa siate veramente.
    Voi meritate amore e di essere amato per il vostro cuore. Mi chiedevo se qualcuno, bigliettaie di autobus comprese, se ne sia mai accorto.
    Voi siete parole, ma siete cuore.
    Tanto bello da sembrare incredibile.
    Quasi impossibile.
    Eppure, le vostre parole, i vostri scritti antichi sono lì a testimoniare e testimoniarvi.
    Vi leggo sempre, come sempre leggo tutti, in questo luogo di riflessione dolce.

    Vi auguro una buona giornata e saluto tutti quelli che hanno scritto.
    A voi un abbraccio sincero.

    Lucy

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