Il colloquio!

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Il colloquio

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“E’ innegabile”, iniziò Eugenio F., “che il corso degli eventi del passato, con i suoi resoconti reali, destini  senza sosta e senza interruzioni, abbia manifestato i suoi inutili sforzi per raggiungere la propria stabilità, proprio come un corso di pensieri filosofici. Allo stesso modo possiamo parlare del colore Il Milorddella vita, raggiungibile in un’altra forma e che è dato dal proficuo utilizzo della poesia rispetto agli usi di un popolo. Ecco. Proficuo utilizzo in quanto, è quasi impossibile interpretare la realtà della poesia poiché, tutto questo, appartiene esclusivamente alla fantasia. In ogni caso, ci vuole  una certa abilità che non tutti hanno, e senza la quale, se non ci fosse una fresca vitalità ci si troverebbe dinanzi. “E guardava di sbieco, una incolore apparenza di vita“. Io conosco, perché so di conoscere. Poesie, specie di donne, in cui è facile intuire come, in ogni momento, l’artista attinga in quel certo barattolo di colori e alla fine non mette fuori niente altro che un arruffato pastrocchio di strisce colorate, mentre era partito con l’idea di dare “un vero quadro di vita”. “Ti do pienamente ragione”, disse Ninni R.. “E difatti, dopo aver scorso, di sfuggita, un certo romanzo di una donna, per il resto abbastanza quotata, ho concluso che, pur avendo intinto ripetutamente il pennello in quel barattolo di colori, manca di originalità e di ogni vena poetica e per questo motivo, presto, verrà  dimenticato. Voglio aggiungere: che proprio l’abilità di cogliere realtà e verità storica è proprio quello che contraddistingue l’opera di un poeta. Da molto tempo, ormai, questo è dimenticato. Alludo all’inglese Walter Scott. Ho letto recentemente il suo Astrologo: ma, ex ungue leonem. Il romanzo è fondato su usanze scozzesi, su costumi propri di quel paese: però, anche senza conoscerli, si è subito presi come per incanto dalla fresca vivacità di piccole immagini e l’esposizione è così magistrale che si può dire davvero che, quasi per un colpo di bacchetta magica, ci si sente trasportati in media res. Mi servo ancora una volta dall’espressione latina, dato che non ci sono tra noi delle signore. Per di più, Scott, possiede una rara forza nel fissare le sue figure con pochi tratti, per cui sembra quasi di vederli uscire dalla cornice di un quadro, con tutta la loro vitalità e muoversi con le loro particolari caratteristiche. Scott è davvero una meravigliosa figura della letteratura inglese: tanto vivo, quanto Smollett, ma più classico e più nobile; secondo me, però, gli manca il fuoco del vero humor, che traspare invece dalle opere di Stern e di Swift “.
“La penso proprio come te, caro Ninni”, disse Enrico M. “Anch’io ho letto l’Astrologo di Scott e anch’io sono stato molto colpito dalla originalità di questo romanzo, e il suo metodico svolgimento potrebbe paragonarsi a un gomitolo sdipanato con calma, ma fatto con un filo resistentissimo e filato da una mano ben salda. Una cosa, per conto mio, sarebbe da biasimare, ma che forse corrisponde al tenore di vita inglese, ed è che le donne, se ne togli la figura della zingara, veramente2 spaventevole, quasi fosse un fantasma, sono piatte e slavate. Le due ragazze dell’Astrologo richiamano alla mente quelle certe ragazzine delle incisioni a colori inglesi, per l’appunto tutte uguali tra loro, ossia altrettanto graziose quanto insignificanti e di cui si sa bene che non saranno capaci di metter fuori dalla loro boccuccia a punta niente più di un “sì” o un “no”, perché tutto il resto potrebbe comprometterle. La venditrice di latte di Hogarth è il prototipo di queste creature: mancano del vero spirito, del soffio divino e animatore”. “Ma non ti pare che sarebbe anche desiderabile che pure le donne del nostro ingegnosissimo poeta, specie quelle della prima epoca, avessero un po’ più di corpo, dato che spesso a guardarle si ha l’impressione che si disfino come l’immagine della nebbia?”, chiese Francesco M. “Ciò nonostante, vogliamo onorare sommamente tutti e due questi poeti, perché entrambi sono capaci di creare cose vere e sublimi”. “La cosa strana, però, è che quasi contemporaneamente a Walter  Scott, comparve un poeta inglese che, come tutte le altre tendenze, dette vita a cose veramente grandi”, continuò Francesco M. “Intendo parlare di Lord Byron, che mi sembra molto più vigoroso e robusto di Thomas Moore. Il suo Assedio di Corinto è un capolavoro di scene vivissime e di trovate geniali. Notevole la sua tendenza alle tinte tetre, addirittura raccapriccianti e paurose ed è per questo che non ho mai letto il suo Vampiro, perché la sola idea di un essere maligno e notturno, se l’ho interpretata come si deve, mi fa venire addosso i brividi gelati.
Per quanto ne so, un Vampiro non è altri che un morto che riprende vita e succhia il sangue ai vivi”. “Oh oh”, esclamò Ninni R. ridendo. “Un poeta come sei tu, caro il mio Francesco M., dovrebbe conoscere a menadito tutte le possibili storie di magia, di stregoneria e roba del genere ed intendersene, un po’, perché si tratta di un materiale che può sempre 3servire in un lavoro poetico. Per quanto, poi, riguarda il vampirismo , perché tu possa subito avere una prova di tutta l’infinita varietà di genere che ho letto in proposito, vorrei citarti un lavoretto divertente, perché offrirà l’occasione di istruirti nel modo più esauriente su questa oscura materia. Il titolo completo dell’operetta è  Magister Rauft, Diacono di Nebra – Trattato sul “rivoltolìo” dei morti nelle tombe – dov’è rivelata la vera natura del vampiro ungherese, succhiatore di sangue. Basterà questo titolo a convincerti di come questa operetta sia esauriente e ne potrai dedurre che un vampiro altri non è che un tipaccio maledetto, che si fa sotterrare come fosse vivo rispuntando su dalla tomba, per succhiare il sangue ai dormienti, i quali, a loro volta, diventano vampiri per cui, secondo informazioni pervenute dall’Ungheria e riportate qui da Magister Rauft, gli abitanti di interi villaggi si sono trasformati in pericolosi vampiri. La lettera dell’Ufficiale che mi informava era, all’incirca, così:
“Caro Milord,
in un villaggio di nome Kinklina, due fratelli erano tormentati da un vampiro, per cui uno aveva deciso di fare la guardia all’altro. A un tratto la porta si spalancò, come se ci fosse un cane famelico e con la rabbia e che alle loro grida scappò via. Dopo questo episodio i due si addormentarono. Di lì a un momento, uno di essi aveva una macchietta rossa sotto l’orecchio destro ed entro tre giorni era già morto”.
L’Ufficiale concludeva così la sua lettera:
“Se ne parla qui come di una tragedia o malìa incredibile e quindi io faccio umile appello alla sua opinione per chiederle se una cosa del genere possa essere ascritta all’effetto di spiriti simpatetici, diabolici o astrali. Con grande stima, mi segno ecc. ecc. …”.
Eugenio F. rispose: “Può darsi che tutto questo assuma, nell’opera del Magister Rauft, un carattere avventuroso o4 addirittura pazzesco, ma se ci si attiene soltanto alla cosa in sé, senza curarsi dei commenti, il vampirismo appare come una delle idee più paurose e raccapriccianti: direi anzi, che quello che di paurosamente orrido è racchiuso in questa stessa idea, degenera in una sensazione di spavento e di ripugnante ribrezzo”. “Eppure, a onta di tutto questo”, lo interruppe Ninni R, “da questa idea può derivare un materiale che, in mano a un poeta ricco di fantasia e non privo di senso poetico, desterà quei brividi di pauroso raccapriccio celati nel nostro intimo; i nostri sensi, a contatto con l’ elettricità di un oscuro mondo di spiriti, saranno scossi, anche senza essere sconvolti e sarà proprio il ritratto del poeta a impedire che l’orrido non degeneri nel ripugnante e  nel nauseante; in genere appare sufficientemente pazzesco per marcare, sia pure nel pur breve effetto, l’animo nostro. Perché, dunque, non dovrebbe essere concesso al poeta di muovere la leva della paura, del raccapriccio e dello spavento? Forse perché qua e là ci può essere qualche anima sensibile e incapace di sopportare qualcosa del genere? Come dire che a tavola non si dovrebbero mai servire piatti troppo piccanti, perché potrebbe esserci qualcuno di costituzione debole o di stomaco malato”?
Dunque, amici miei, all’opera: abbiamo creato il Vampiro e con esso il vampirismo!
 .
Cordialità

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140 pensieri su “Il colloquio!

  1. Cielo Ninni Milord. Ho letto questa disquisizione ben distribuita tra amici (due li conosco) con tantissimo interesse. Sei riuscito – credo ci stessi lavorando da tanto tempo – a prendere la mira sul problema: La poesia vampirica è plausibile?

    Ricercare dei temi, così volatili, ma così invitanti, è difficile.
    Addirittura in un passaggio del colloquio sembra, quasi, che siate tutti coevi di Scott o Lord Byron, per riportarci, immediatamente nel presente. Il “velato” maschilismo, poi, che conduce alle due strade di questa letteratura. Donne hanno creato il mostro del Dott. Frankenstein e coì via. Con un dialogo che mi indirizza alla riflessione, ho letto del “Magister” e dell’ Ufficiale e le sue paure.
    Chissà cosa potrebbe pensare il Conte Dracula, se fosse stato una figura vera e reale.

    Bello e affascinante.
    E’ probabile, come di solito faccio, che lo rileggerò (l’ho letto due volte).
    Affascinante.

    Ciao

    Hilde

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    • Forre e crepacci spettrali nei cui abissi
      scintillano i selvaggi torrenti di magma;

      vulcani numerosi come canne d’organo
      lanciano verso i cieli di Malva e Zafferano

      selvagge Sinfonie Blasfeme…

      Tempeste e diluvi senza fine
      sferzani la Terra ancora ribollente

      di vapori sulfurei e magma rovente;

      dove il vapore esplosivo di mille e mille Tuoni
      si riversa ulla terra scossa da tremiti convulsi,

      in un lontano miraggio di un lontano Armaggeddon.

      Il mare, scuro come la pece
      urla lanciandosi sulle taglienti rocce

      e ribolle sotto la sferza incessante della pioggia
      che viene giu’ dalle nubi scure e dense.

      Ed in alto, tra le nubi, appena d’intravede
      l’occhio d’oro del Sole che gia’ sorge.

      Allora salgo sul sommo di un alto monte aguzzo
      ed unisco la mia voce
      al canto primordiale della Terra.

      Dalla mia Dannazione eterna….
      da questa Non Vita…

      in questa Non Morte….
      in questo amore di fuoco dannato….

      Grazie

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  2. Io me lo sono stampato, Milord (era pure finita la carta e sono dovuto andare a chiederne al mio vicino che fa il grafico).
    Quanto mi mancavano i discorsi fatti così.
    L’ho letto con piacere e devo dire che leggendo la Si.ra Strauss ho, pure, riflettuto su quanto nascostamente mettete, caro Milord.

    Un pezzo sopraffino. E ho intenzione di tornare perché su carta, come adesso, lo leggo meglio.

    Un saluto per tutto e un arrivederci.

    Salutamme dalla partenope Capitale.

    Dudù

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    • Scintillano le tue mille guglie
      sotto il cielo australe, Ahmbrhant,
      e le stelle, sparse pazzamente nel creato,

      danzano come fuochi ancestrali
      nei riflessi di giada ed ametista
      e nelle strade di opale intarsiate di marmi e granati.

      Ahmbrhant non riposa mai
      nemmeno quando la notte sboccia
      nel velluto nero del suo cielo immenso.

      Quando il sole cala dietro ai monti,
      accendendo di turchese il tempio dell’Antica Razza,
      le strade si riempiono dei mercanti di piacere
      e strane porte, incrostate d’iscrizioni rilevate,
      si schiudono nei viottoli stretti e polverosi.

      Ahmbrhant, dove i desideri proibiti sussurrati nel buio della notte,
      diventano torbida realtà ai primi fuochi delle stelle.

      Ahmbrhant, dove il puro merletto dei minareti
      intarsiati di zaffiri e rubini scintillanti,
      nasconde i più folli e blasfemi culti depravati,
      dove in cupe sale sotto terra,

      tra i fumi degli incensi d’oltremare
      e delle noci drogate delle terre di Dahar,
      inquiete larve di un’umanità dimenticata
      consumano sè stesse nei sogni brucianti
      di un tramonto senza fine,
      inseguendo il miraggio dell’aurora.

      Poco distante, Ulther riposa
      abbandonata, molle presso il mare immenso.
      Le onde la cullano con un morbido sciacquio,
      e, al primo sorgere dell’alba,
      le purpuree nebbie del mattino
      vibrano cristalline all’abbraccio tiepido del sole.

      Un suono d’arpe eolie e d’eburnei flauti
      si desta dalle nebbie profumate di spezie
      e di altre primavere…

      È l’alba, Ulther si desta,
      e dalle lunghe navi nere,
      cariche di velluti e di damaschi scintillanti,
      sbarcano mercanti incappucciati
      carichi di monili e vesti ricamate,
      di idoli di giada e maschere d’avorio.

      Di tutto ciò con cui i sogni incantatori
      riempiono gli occhi grigi e vellutati
      delle tenere fanciulle dalle braccia bianche come neve.

      Attirano a bordo con un bracciale a foggia di serpente,
      con un diadema di agate e corniole,
      con un pendente di purissimo rubino
      e poi ripartono incuranti dei singhiozzi

      e del grido disperato delle madri,
      verso paesi strani e tenebrosi
      dove ancora vagano in silenzio
      i resti d’altre razze troppo antiche.

      Grazie

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  3. Il vampiro

    Tu che t’insinuasti come una lama
    Nel mio cuore gemente; tu che forte
    Come un branco di demoni venisti
    A fare, folle e ornata, del mio spirito
    Umiliato il tuo letto e il regno-infame
    A cui, come il forzato alla catena,
    Sono legato; come alla bottiglia
    L’ubriacone; come alla carogna
    I vermi; come al gioco l’ostinato
    Giocatore, – che tu sia maledetta!
    Ho chiesto alla fulminea spada, allora,
    Di conquistare la mia libertà;
    Ed il veleno perfido ho pregato
    Di soccorrer me vile. Ahimè, la spada
    Ed il veleno, pieni di disprezzo,
    M’han detto: “Non sei degno che alla tua
    Schiavitù maledetta ti si tolga,
    Imbecille! – una volta liberato
    Dal suo dominio, per i nostri sforzi,
    Tu faresti rivivere il cadavere
    Del tuo vampiro, con i baci tuoi”!

    (da “I fiori del male”, Charles Baudelaire)

    Mio piccolo Ninni…
    Un salotto di foggia vittoriana, luci soffuse di candele, quattro amici …. Poesia, letteratura
    Una storia da raccontarsi e da raccontare.

    Ti lascio una chicca: un pò del mio nuovo articolo.

    ………..

    IL VAMPIRO DI VENEZIA.

    Emilia di Roccabruna intervista l’Antropologo forense Dott. Matteo Borrini.

    Il Vampiro nelle leggende dei popoli è sempre stato descritto come una piaga, una malattia misteriosa che si espande come un morbo mortale. Il Vampiro è l’incarnazione del Male; E’ il Vento freddo che rapisce la vita nel sonno. E’ la morte orrenda che si ciba della linfa vitale dei vivi, della verginità di giovani fanciulle. Il risultato di queste leggende, nel tempo, diventa terrore puro, scaturito, anche, da superstizioni farcite di ignoranza, atte ad espandersi in una vera e propria psicosi collettiva. La leggenda dei vampiri è mutata con il passare degli anni, modificando i comportamenti e l’aspetto di questa magica creatura per meglio adattarlo alle necessità di coloro che vi credevano, e così il Vampiro dal cadavere non decomposto che massacrava le sue vittime è diventato l’eroe giovane e romantico che si nutre del sangue dell’amata mortale, non per farne sua vittima, ma per farla diventare la sua sposa per l’eterno.
    Da ciò che ci racconta Matteo, le cose non stanno proprio così. La storia dei vampiri rimarrebbe relegata nell’immaginario collettivo, e la realtà sarebbe molto più semplice di quello che crediamo.

    E dunque… aggiungo qualcosa in più su Michael Ranfitus. Fu lui nel 1725, ad occuparsi dell’argomento Vampiri Natzcher.-masticatori…. (ne parla ampliamente il professor Borrini nell’intervista…) Scrisse “Masticatione Mortuorum in Tumulis”, e propose due teorie: prima una spiegazione razionale, suggerendo che i rumori tra le tombe e la diffusione della peste fossero da ascriversi alla febbrile attività dei ratti, quindi dava una supposizione sovrannaturale: “L’esistenza di un’anima vegetativa che aleggiava intorno al morto, causando la crescita dei peli e delle unghie ed a volte in grado anche di danneggiare i vivi. Le testimonianze dell’epoca sono frutto di una scorretta interpretazione dei dati tanatologici,
    le conoscenze sulle modificazioni cadaveriche erano infatti limitate a un breve periodo successivo al decesso, che comporta il raffreddamento del corpo e la rigidità muscolare lasciando tutto sommato intatte le fattezze del deceduto. Gli stadi successivi erano invece occultati dalla sepoltura, che veniva generalmente riaperta dopo anni, consentendo un secondo contatto con il cadavere solo quando era divenuto scheletro. Ciò fece identificare il morto o in un corpo rigido e freddo o in un mucchio di ossa sbiancate”.

    ………… che dire Ninni… Il conte Dracula deve aver paura di quattro loschi individui e una vecchia signora in giallo, quali noi siamo…

    Chapeau a te, a Enrico, Eugenio, Francesco

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    • Qui nel profondo immerso in un oceano di gelido silenzio attendo, immobile, spezzato ma non sconfitto…

      Mai vinto, mai piegato, precipitato in un volo senza fine e senza tempo, angelo ribelle rubato al cielo, scacciato dalla luce in questa tenebra dove i millenni sussurrano antiche storie di gloria perduta.

      Io il più grande tra gli angeli, io che parlavo a tu per tu con le stelle e con l’universo ora rimugino con incessante rimpianto per la luce proibita e rievoco la mia eterna rovina…

      Scagliato nel profondo, strappato al cielo, affondo le mie unghie di giada nelle pareti di basalto che mi imprigionano da evi interminabili, scruto con i miei occhi di diamante la tenebra dell’abisso sopra di me, lontani ed indistinti lamenti di un’umanità dolente, echeggiano nell’aria immobile, lontani bagliori di fiamma che a tratti rischiarano con fosco purpureo nitore quell’abisso che io stesso ho scavato con la mia rovina…

      Mai sconfitto, mai! Per orgoglio, orgoglio della mia lealtà, per fedeltà alla parola data ho subito questa condanna, non per sconfitta, mai…

      Non ho rinnegato la parola data, nè la fedeltà al mio creatore ed ora sconto in eterno la mia ribellione…
      Mai sconfitto mai! Sulla mia fronte di cristallo scintilla il pentalfa, come una runa scavata da quelle stelle che ora mi sono negate…

      E questo furore e questo grido che erompe come cupa disperazione, questo furore che risuona per le pareti, che rimbalza per gli anfratti, questo grido che a stento trattengo non è disperazione, perchè nella mia condanna è la mia eterna grandezza, sì…

      angelo ribelle, ribelle per non rinnegare un giuramento di fedeltà al mio creatore, ho odiato con tutte le mie forze quell’umanità che è la causa della mia caduta, quell’umanità inerme ed indifesa, in balia degli eventi e di un cupo universo che la rifiuta, ma poi l’ho amata, protetta, ho donato ad essa quella luce di conoscenza da cui era forse per scherno tenuta lontana…

      Esacrato, condannato, negletto, dilegiato in mille modi, maestro di ogni menzogna e di ogni inganno, io… il ribelle…

      Questo furore che mi squassa che mi tormenta cupo, questo furore nato dall’ingiusta condanna, mi travaglia, mi rende pesante subire quest’eternità di silenzio…

      Scacciato… io… fedele e leale fino all’olocausto della mia stessa potenza, più grande della intera corte di serafini, più potente della corona di arcangeli, io… il primo… io che sono stato l’orgoglio del mio creatore ora sono abominio ed il mio nome maledetto echeggia come monito per tutte le creature…

      È questo il premio? È questa la giustizia? Cosa importa…. ho accettato tutto questo per amore, per quella fedeltà che mai avrei rinnegato…
      Mai sconfitto mai… maestro degli inganni… oh no… questo no, non ho ingannato, non ho mentito, non io…

      Un’eternità di dolore, un’eternità senza redenzione, per me non vi sarà redenzione… perchè non vi fu colpa!

      Scacciato dalla luce e quella luce io la porto in me!
      Io porto la luce! La luce nelle tenebre dell’ignoranza…

      Ma questa luce non mi rischiara, imprigionato nel buio io la dono a quell’umanità che ora amo…
      Sì… amo chi fu causa della mia rovina e maledizione… perchè quell’umanità è a sua immagine ed attraverso essa rivedo Lui…
      Ribelle sì… sconfitto mai!

      Questa condanna l’ho subita, accettata… per amore…
      E non è mai sconfitto chi per amore non rinnega un giuramento di fedeltà…

      Per questo guardo verso l’alto il buio immenso che mi sovrasta con orgoglio, scintillano i miei occhi di diamante, orfano della visione del mio creatore, cerco nella tenebra un raggio di luce… che mai verrà…

      Mai sconfitto, mai… scacciato ma non piegato, perchè io Lucifero, il più grande degli angeli, ho compreso che anche questa condanna ha un significato… redenzione.. per un’umanità troppo fragile ed indifesa…

      Io Lucifero, ribelle per amore, attendo quella redenzione che mai verrà….

      Grazie

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  4. “Il Signore soccorra chi va per le strade di notte,
    quando ulula il lupo,
    quando il topo corre a rifugiarsi nella fogna,
    quando tremano le foglie degli alberi,
    quando la luna gronda sangue.
    Ogni viandante può essere lo spettro del Vampiro,
    e tu guardati dall’incrociare il tuo sguardo col suo.
    Può succhiarti il sangue fino all’ultima stilla;
    battendo l’ali del suo mantello nero,
    il maledetto figlio del Demonio,
    che non riposa in pace nella sua tomba”.

    (Canto popolare della Transilvania)

    Chi è – o che cosa è un vampiro?
    E’ fondamentale dare una risposta a questa domanda, prima d’intraprendere qualsiasi studio sull’argomento.
    Massimo Introvigne osserva come numerosi studi, che promettono di trattare di vampiri, non siano affatto fedeli al loro titolo. Essi parlano di spettri, lupi mannari, criminali necrofili che devastano le tombe e di morti che appaiono in varie forme: nessuna di queste figure corrisponde, propriamente, al vampiro.
    Lo studioso prosegue fornendo una sua definizione di vampiro, atta a restringere il campo d’indagine sull’argomento. Egli definisce il vampiro “una persona umana morta, che appare ai viventi col suo corpo, e si sostiene con il loro sangue”.

    Roxana Stuart riassume le caratteristiche della creatura, pur con le dovute eccezioni, nel seguente schema:

    1. Il vero vampiro è un corpo morto, non un fantasma, né uno spettro o un demone.
    2. I vampiri possono essere vittime di una epidemia o di una malattia infettiva, o appartenere ad una razza distinta da quella umana; non sono necessariamente connessi con Satana e le forze degli inferi.
    3. Essi possiedono forza sovrannaturale, e sono molto potenti soprattutto di notte.
    4. Essi si nutrono del sangue dei vivi.
    5. Sono praticamente immortali.
    6. Possono comandare agli animali inferiori, e possono mutarsi in lupi e pipistrelli.
    7. I vampiri vivono nelle tombe e sfuggono la luce.
    8. Benché già “morti”, essi sono molto difficili da eliminare.

    Per quanto esauriente, questo schema non è applicabile a tutti i vampiri.
    Lord Ruthven, per esempio, uno dei vampiri più famosi del XIX sec., non si potrebbe qualificare come vero vampiro, in quanto non beve letteralmente sangue. Così, molti vampiri “moderni” non rientrano in una o più delle caratteristiche sopraelencate.
    Il vampiro Louis, intervistato dal reporter Daniel Molloy, ride alle sua domande sulla sua presunta paura dei crocifissi e dei pioli di legno, negando al contempo di avere la facoltà di assumere una qualunque forma diversa dalla propria. D’altra parte, i vampiri di Anne Rice hanno, in certi casi, la facoltà di volare, e, come già il Dracula di Stoker, se abbastanza antichi, di aggirarsi di giorno, quando il cielo è nuvoloso, senza essere ridotti in cenere .
    Fin dal suo apparire nella letteratura, il mito del vampiro è stato trattato con la massima arbitrarietà, come metafora poetica e, in quanto tale, aperto ad infinite modificazioni.
    (Ho tratto spunto da:
    Massimo Introvigne, La stirpe di Dracula: indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Milano: Mondadori, 1997, pp.13-14;
    Fabio Giovannini, Il libro dei vampiri: dalla leggenda alla presenza quotidiana. Bari: Ediz.Dedalo, 1985
    )

    Lei, caro Dott. Raimondi, è riuscito a distrarmi dalla mia pur pesante quotidianità, facendomi immergere, per quasi un’oretta, dentro il tema da lei proposto e come sempre qualificante.
    Forse sarebbe piaciuto anche per me un colloquio o almeno partecipare, presso il Suo salotto, ai temi letterari che in un modo o nell’altro ci coinvolgono nel quotidiano. Mi riferisco, in particolare ai media, Cinema, televisione e teatro.
    Abbiamo, infatti, un’esplosione di Buffy, Twilight e seguenti.
    La ringrazio per avermi fatto iniziare bene il mio quotidiano.
    Le auguro i migliori successi salutando, nel contempo, i Suoi attenti lettori.
    Buona giornata.

    PicWick

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    • Questa notte mi avvolgerò
      nel bianco candido delle tue pagine.

      Bacerò l’ardore del tuo respiro
      il silenzio fra le righe

      nelle linee senza punti di ritorno.

      Perderò il senso delle frasi
      e del destino

      camminerò perso
      nel linguaggio

      ed afferrando l’inchiostro
      dipingerò corpi
      follemente innamorati.

      Ma non ti troverò.

      La fame non divora
      il desiderio di riempirsi,

      ricorda solamente l’esistenza
      delle membra,

      il sangue che circola e
      ferma il corpo.

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  5. Mi ero un po’ disabituata ai tuoi spunti Milord.
    Ed eccomi sveglia.
    Un brano bello e che fa riflettere. Ho imparato che quando l’argomento è posto con semplicità, quasi con ironia, almeno con te Milord, allora bisogna fare attenzione.
    Mi piace, ma lo devo rileggere e soprsttutto devo leggere alcune biografie. 🙂

    Cordialità 🙂

    Un caro saluto per tutti.
    Un saluto anche a te milord.

    Eleonora

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    • Berrò il sangue,
      mentre potente il pentacolo
      scorre la sua energia infernale.

      Danzerò mentre la luce
      della luna volteggia
      nelle campagne e nei boschi,
      sarò ogni animale,
      ogni metro del buio fiume,
      ogni radice della terra.

      E sentirò ogni palpito
      del tuo cuore giovane,
      la tenerezza della pelle
      e le vene che pulsano
      di sesso e d’amore.

      Sarò anima e foco,
      fra le tue gambe dischiuse,
      sarò vento e natura,
      piacere senza fine.

      Grazie

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  6. .

    Se il “Dracula” fu e rimane tuttora Il Romanzo Di Vampiri, non si deve però pensare che fu il primo, né tantomeno (immaginiamoci..) l’ultimo. Anzi, se il “Dracula” uscì nella forma attuale fu anche grazie alle sollecitazioni, dirette e indirette, che esercitò sul portato stokeriano tutta la precedente letteratura “vampirica”.
    Già dall’antica Grecia infatti circolavano storie di vampiri, ma allora si trattava soprattutto di vampiri femminili, cioè di Empuse o Lamie che succhiavano principalmente il sangue (e con esso la vita) dai dormienti e dai bambini. Le storie vampiriche più note sono due: la prima ci viene narrata da Flegone, un lidio del II sec. d.C., nei suoi “Mirabilia”, la seconda da Filostrato nella “Vita di Apollonio”. Ma per vedere il sorgere di una più specifica letteratura vampirica occorre aspettare il XVIII secolo, quando, nell’Europa dell’Est, si svilupparono vere e proprie epidemie di vampirismo che furono all’origine da una parte di trattati “scientifici”, dall’altra di opere in cui tutto questo veniva ridicolizzato: era il secolo dei Lumi… In conseguenza di ciò scoppiò una sorta di “vampiromania”, che portò i vampiri del folclore nei versi dei più quotati poeti tedeschi come Bürger, la cui “Lenore” (1773) sarà d’ispirazione per tanti poeti successivi (ma anche Stoker usa un suo verso: “poiché i morti galoppano veloci”), o Goethe, che nel 1797 con la sua ballata “La sposa di Corinto” riprenderà da (molto) vicino l’antica Empusa di Flegone che torna da una morte prematura per consumare il suo pasto d’amore. Nello stesso anno Coleridge scriveva la sua “Christabel”, uno splendido cammeo, incantato e struggente, su una ragazza-vampiro. D’altra parte in quegli anni i vampiri sono rintracciabili un po’ ovunque: nei poemi di Robert Southey, John Stagg, Walter Scott, Keats, solo per citare alcuni nomi.

    Ma il vero e proprio anno di nascita del vampiro letterario affonda le proprie origini in una piovosa giornata di giugno del 1816, a Villa Diodati sul Lago di Ginevra. Quel giorno si svolse quello che qualcuno ha definito “uno dei più pazzi tea party all’inglese della storia di tutti i tempi”: Shelley e la sua futura moglie Mary, Byron e il suo segretario personale Polidori per passare il tempo decisero di inventare delle storie di fantasmi. Da quella giornata uscirono l’idea del “Frankenstein” e quella de “Il vampiro”, un romanzo ancora oggi poco noto, il cui autore fu William Polidori, ma che, all’origine (nel 1819), fu pubblicato con la firma dell’inconsapevole Byron. Goethe arrivò persino a complimentarsi col dissoluto rubacuori, dicendo che quello era il miglior romanzo che avesse scritto: bello sbaglio! Nacque così il prototipo del vampiro: bello, aristocratico, crudele e spietato, libertino e irresistibilmente affascinante. Insomma questo vampiro era un po’ la “vampirizzazione” di Byron stesso, tant’è che aveva nome Lord Ruthwen, lo stesso nome cioè che in un precedente romanzo aveva attribuito proprio a Byron una sua ex amante particolarmente vendicativa. Dopo quel momento le più significative presenze del vampiro in letteratura si trovano nella novella “Vampirismus” di E.T.A. Hoffman del 1828, in cui il tema del vampirismo vira piuttosto verso la necrofagia, in “Lord Ruthwen e i vampiri” di Nodier che, sotto pseudonimo, si propone di continuare le gesta del vampiro vagabondo (una sorta di Casanova vampiro), nel racconto “Il Vij” di Gogol e nello splendido “La morta innamorata” di Gautier, nei quali si continua a parlare di donne vampiro; ma si trovano anche esplicite o accennate entità vampiriche in Poe, Dumas (padre), Tolstoj, Beaudelaire e nelle opere delle due sorelle Brontë. Arriviamo così agli anni 1845-1847, in cui uscirono le 220 dispense settimanali di “Varney il vampiro, o il banchetto di sangue”, un feuilleton orrorifico che, benché concepito per un pubblico di massa, divenne ben presto una rarità editoriale. Varney introduce tanti degli archetipi che caratterizzeranno il vampiro in letteratura (molto più del Ruthwen di Polidori) e, soprattutto (nelle ultime puntate), il tipo del vampiro malinconico e addolorato, forzatamente costretto alla solitudine.

    Oggi si tende a considerarne gli autori un gruppo di scrittori, i più importanti dei quali furono T.P. Prest e J.M. Rymer. Nel 1872, nell’antologia “In a Glass Darkly” viene pubblicata “Carmilla” di J.S. Le Fanu, un racconto lungo (o un romanzo breve), che fu motivo d’ispirazione per quello che doveva essere l’inizio del “Dracula” di Stoker, ma che fu successivamente eliminato dall’autore: “L’ospite di Dracula”. Da quel momento il vampiro inizia il suo lento cammino verso la cima dei più gettonati soggetti letterari e troverà la sua massima espressione proprio nel “Dracula” di Stoker, nel 1897. Da cento anni a questa parte la letteratura (solo quella riconosciuta “minore”) pullula di succhiatori di sangue. Ma, per concludere questa breve rassegna letteraria, non possono essere dimenticati due nostri contemporanei che, fra latri, meritano la “fatica” della lettura: lo splendido romanzo di King “Le notti di Salem” (del 1975), che trova una sua appendice nel racconto “Il bicchiere della staffa” (nella raccolta “A volte ritornano”), e la trilogia della moderna “regina dei vampiri” Anne Rice: “Intervista col vampiro” (1976), “Scelti dalle tenebre” (1985) e “La regina dei dannati” (1988). Eppure, per l’esperto vampirologo, ovunque si annidano vampiri, perché loro sono tra noi… E allora, che la caccia al vampiro cominci!

    Caro Ninni Milord,
    inutile dirtelo: era un bel pezzo che mi stavo preparando, dopo il tuo avviso.
    Anzi, ti ringrazio per tutto “il materiale” fornitomi. Come ringrazio la nostra comune amica “Melissa T.”.

    Che dire, l’avermi piacevolmente coinvolto mi ha reso più allegro del solito. In questi tempi di “magra”, forse è per me un “toccasana”.

    Ti lascio una immagine come cappello.

    Saluto tutti rinnovando i miei auguri di un felice 2013 e prometto che andrò a leggere, con calma, la Sig.ra Emilia di Roccabruna, che tanto ci ha dispensato e regalato. Mentre mi fermo ammirato, come sempre del resto, di quanto scritto dal Sig. PicWick, sempre in formissima e sempre molto appropriato.
    Un abbraccio a te, amico mio e un grande in bocca al lupo.

    Grazie per tutto e buona serata.

    Francesco (Spillo)

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    • Sto qui accovacciato sulla battigia, seduto con le gambe rannicchiate, con i gomiti puntellati sulle ginocchia ed il viso raccolto nella coppa delle mani, contemplo un’isola là in mezzo alle acque di questo strano mare color cenere.

      Vedo una villa silenziosa ed abbandonata, forse in rovina o forse solo immersa in torpida attesa, la sua architettura stravolta, i festoni di rampicanti dagli abbaglianti fiori purpurei… È lontana ed al tempo stesso vicina, potrei toccarla con una mano se solo la protendessi verso di essa.

      Il silenzio è assoluto, lo stesso sciabordio delle onde leggere del mare cinereo è senza suono, in cielo non vi sono nubi, nè cirri leggeri come trine, solo una calotta soffocante di luce ramata, ed è questa luminosità immobile ed irreale che mi tormenta, per quanto roteo il capo non vedo il sole da nessuna parte, potrebbe essere l’alba o il tramonto, è lo stesso, la luce riempie il cielo ma non vedo l’astro che la irradia, e l’isola di fronte a me riempie il mio campo visivo con la sua villa elicoidale, con la sua funerea muraglia di immobili cipressi neri…

      Sulla destra, in fondo all’ansa della baia posso scorgere una rupe scoscesa ed un faro piantato su di essa, un faro antico di pietra ed una porta rugginosa col batacchio a foggia di testa di leone, non so come possa distinguere questi particolari a così gran distanza ma per qualche inconoscibile motivo se guardo in quella direzione i dettagli diventano vividi ai miei occhi morenti.

      Rimango immobile, incrisalidato sulle rive del mare antico, cercando un suono una qualsiasi vibrazione nell’aria immobile, allora reclino la testa all’indietro ed urlo verso il cielo ramato, non un suono erompe ma un torrente di pallide larve spettrali che a milioni come iridescente pulviscolo si dissolvono nell’aria spessa ed immobile.

      Le onde del mare cinereo lambiscono i miei piedi lasciando sulla sabbia umida inconoscibili rune come antichi versi di dimenticati aedi ed il cielo ramato dona a sua volta alle torpide acque riflessi dorati, mutevoli ed ipnotici come un sogno ingannatore…

      In fondo oltre l’isola, oltre la villa, intagliata nel cielo e nelle acque del mare scorgo una porta, a tratti indistinta tra la lontana nebulosità dell’aria immobile, una porta oltre cui fuggire da questa stanza dove il tempo si cristallizza in questo eterno crepuscolo ambrato, sì vorrei dischiudere quella porta, recarmi oltre questo eterno tramonto, ma non conosco l’arte del delfino, nè tanto meno posso incamminarmi lungo il sentiero dell’airone, così non posso neppure esplorare la villa che sempre più spesso attira il mio sguardo.

      Rimango immobile, per ore, forse giorni, forse eoni di tempo immisurabile sulle rive dell’antico mare di ardesia, poi alla fine mi scuoto, mi alzo in piedi di scatto e con gesto rapido e crudele estirpo gli occhi dalle mie orbite e li offro in dono al cielo ramato ed al mare di ardesia ed a questo immutabile tramonto senza fine.

      Grazie

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    • Non so perché mi trovo in questa antica villa, né se ne sono io il proprietario ma so che ha una storia terribile e poetica: Nel giardino, dentro un piccolo gazebo in muratura chiuso da un cancello arrugginito, vi è un cespuglio secco, inaridito dagli anni, che sorge dove secoli prima per gelosia fu uccisa una contessa ed il suo amante.

      Sosto a lungo davanti a quel cespuglio e nel sogno ricordo di averlo fatto tante e tante volte prima d’ora, ma adesso vi è un motivo diverso e più triste, di tutta l’antica storia vogliono fare qui un ridicolo sceneggiato e già sento arrivare le macchine della troupe.

      Io non voglio ma non so come impedirlo o forse non ho il coraggio di farlo, così mi rivolgo al cespuglio dicendo che non è giusto che una storia così bella diventi solo un’insulsa telenovelas. In terra c’ è una rosa secca, la raccolgo e con gesto affettuoso la pongo su un secco ramo del cespuglio ed esso muta.

      Sotto i miei occhi diventa una mano guantata di lucente raso azzurro e la rosa secca si rianima e diventa un piccolo, delizioso bocciolo dall’intenso color rosso sangue. La mano mi offre la rosa rinata ed io la colgo e l’appunto al bavero della mia giacca mentre la mano ridiventa un secco ramo in attesa.

      Non sarà facile ma farò a meno del denaro della produzione. Troverò in altro modo una via d’uscita, ma il cespuglio non dovrà mai più esser minacciato da ridicole trasmissioni televisive, le antiche storie d’amore son troppo preziose per esser date in pasto ad un pubblico incolto e annoiato.

      Così, carezzando il bocciolo purpureo, mi avvio a scacciare gli intrusi dal nostro giardino.
      ………

      È straordinaria la capacità dei sogni di creare un passato all’azione sognata.

      La brevissima sequenza del sogno è interamente costruita su una serie di fatti che nel sogno sono noti pur non facendone parte: La storia dell’antico delitto, le difficoltà economiche per mantenere l’antico edificio, la scelta non gradita di consentire le riprese di uno sceneggiato che narri al grosso pubblico l’antica storia; l’arrivo della troupe che nel sogno non si vede ma di cui si avverte la presenza.

      Una serie enorme di fatti per dare un significato al ramo che si trasforma in una mano guantata per offrirmi rinata la rosa inaridita che avevo posto su esso.

      Una sequenza breve, magica ma intensa e il sogno si conclude così, semplicemente, mentre carezzando il bocciolo vado a scacciare “quella gente” che io stesso per bisogno avevo chiamato.

      Credo che tutta la scena nella sua brevità sia più eloquente di tanti lunghi sogni fatti in passato.

      Grazie

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  7. .

    Ho visto passare la vita
    lenta
    come un treno a vapore
    che non ho mai preso;
    ero già al capolinea
    con i miei sogni
    pieni di incubi
    con nuvole nere
    nel cielo di anime mute

    …..silenzio….

    Mi videro figlio
    mi condannarono a vivere
    col ricatto del loro pianto

    Legarono i loro cuori
    col filo sottile ai miei denti
    e dovetti sorridere
    sempre
    con le farse alla bocca
    per le gioie degli altri
    mentre io trascinavo i pensieri
    morti alle spalle
    e chiedevano riposo
    stremati nel parlare al silenzio

    I miei amori
    se ne erano già andati
    allo specchio
    si amavano troppo
    io giravo il volto ai cadaveri
    incollati al bacio di terra
    e cercavo me stesso.

    Sento
    ancora i cani abbaiare
    alle ombre sinistre di luna
    che mi aiutarono a cercare
    i fantasmi di quello che fui
    senza mai vedermi

    Ora li vedete due fiori
    alla distanza degli occhi:
    sono solo due lacrime
    sfuggite alla sete.
    Si prostituiscono al ventre di api
    per l’ultimo volo di miele
    al consumo

    Saluto dagli inferi
    il mio ultimo ciclo
    offerto in dolce
    sgradito ricordo

    A voi
    il fastidio
    o la paura di leggermi
    con l’angoscia
    di tenervi da me

    lontani!(n.r.)

    Buona giornata

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  8. Ecco che appare, come per incanto, un colloquio rivolto più che agli amici, alla nostra coscienza.
    L’analisi c’é tutta: I significati, i parallellismi, l’introspezione e l’ironia.
    Dove si può toccare con mano la poesia dell’Uomo nell’incanto della letteratura.
    bello molto Milord.
    Torno dopo (sono un po’ indaffarato) per leggere gli interventi-articoli. Ma già ho visto qualche “firma” e mi sono tranquillizzato.
    Scappo.

    Buona giornata

    Luis

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    • Quasi sempre,…alcune volte. Si volta di scatto e sparisce fra le tenebre dell’accampamento…

      Un pierrot che danza sul mondo,
      affronta il palcoscenico stanotte,
      chino sul divelto suo bastone,
      di gesso il viso, di pece la lacrima.

      Un carillon d’acciao risuona,
      avvitato dentro il diafano petto,
      un cuore stonato e metallico,
      singulti ossidati nel pianto.

      Come arcigna bava di ragno,
      fini fili legan mani e piedi,
      inconsulta la danza del tempo,
      spinta decomposizione del legno.

      Il caldo giaciglio d’una teca,
      nelle indistinte notti d’inverno,
      tra le lenzuola il maestrale,
      araldi di tenero suicidio.

      Il ritorno all’innocenza tarda,
      tra sogni di zucchero e ciliege,
      si spegne in un tramonto d’ingenuità,
      la pantomima e la sorda solitudine.

      Quasi sempre…alcune volte…

      Grazie

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  9. PREGHIERA

    Mio oscuro Signore,
    sovrano delle tenebre…
    Offuscate il mio cuore,
    confondete la mia mente,
    ma vi prego,
    ritemprate in eterno
    il mio corpo assetato di sangue.

    Giovanna Amoroso

    Bello molto il nuovo “vestito” del blog, con cromaticità “Rosso Sangue”…

    Adorabili le scarpe rosse e il tubino nero…

    Serena giornata

    Giò

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    • Giovanna Rosa puerpera… ne ha da dire… ma le è sfuggita la bordata del Milord sul suo ultimo parto; il pessimo scritto che lei sbandiera a 1.99 cent.
      Altro che recensioni melensi; lei, Rosa è tutto fumo e poco arrosto. Da stroncare !
      Le lascio le mie più vive “cordo”glianze.

      Dott.Raimondi, scusi l’intromissione.
      Cordialità

      Sir JAN BLAKE DE BIASE

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    • Corridoi senza fine si snodano ovattati e senza tempo.
      Celati miraggi dietro pesanti cortine di velluto, bassi ed inquietanti cunicoli dove i passi affondano in morbidi tappeti lanosi.
      Pareti damascate a tratti interrotte da icone di ricordi, piccole immagini indecifrabili nella luce azzurra ma che destano il polveroso eco di perdute primavere e di un’altra dolorosa estate.

      Sfioro ad una ad una le immagini indistinte leggendo con la punta delle dita la trama dei volti ed i sogni prendono vita come fumo filtrando tra le mani, sabbia sfuggita alla clessidra dei miei anni.
      Non odo il suono dei miei passi.

      Il suono è rimasto imprigionato in altri corridoi troppo a lungo attraversati.
      Ora solo il morbido e silenzioso velluto di un tappeto smarrito nella luce troppo lieve che accoglie il mio cammino.
      E questa luce azzurra, accovacciata, come un ragno in attesa sopra i miei ricordi incorniciati si trasfonde ad essi, sogno dentro sogno, e le icone della memoria si tingono dei colori di una perduta aurora.

      Lontano e flebile il pianto di un bambino, da qualche parte nell’interminabile labirinto di corridoi.
      Scivola sulle pareti vellutate, echeggia azzurro alla luce sparsa come grani di un rosario sopra i frammenti di un’intera vita.

      Filo tintinnante, guida i miei passi verso un’immensa sala dove l’elica brunita di una chiocciola di gradini s’immerge nello sconosciuto sottosuolo.
      Scendo, gradino dopo gradino, seguendo l’eco di quel pianto, e poi ancora corridoi gessosi, dove i passi risuonano vibranti, sino ad un armadio nero con le ante spalancate come uno sbadiglio.
      Dentro l’armadio su un ripiano solo una conchiglia, un murice ancora umido di mare.

      Relitto sfuggito ad un’ altro sogno e ad un’ altro luogo, e sul fondale una cavità oscura attraverso la quale trovo un varco per raggiungere, quel bambino morto, che implora sepoltura.
      Non vivra’ piu’, ma non riposera’ nemmeno tra le braccia della “Signora”.
      Costretto alla dannazione senza tempo.
      La notte ha udito i pianti, miei … e di quel bambino.
      L’Alba dona il silenzio della trasformazione, del passaggio.

      Sono qua’!

      Grazie

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  10. Complimenti un racconto molto bello e significativo.
    Ero in un campeggio estivo con la mia classe di seconda liceo .
    Era notte, eravamo seduti intorno al fuoco. La guida ci disse :è tardi andate a letto e chiudete bene le tende; perché quando il fuoco si spegne arrivano i vampiri. Eravamo impaurite,
    Lo stesso accade nel nostro cuore non riuscivamo a dormire e commentavamo che
    a volte il fuoco per ciò che facciamo si spegne, ed è per questo che arrivano i predatori. Cioè i sentimenti negativi. Le cose distruttive. Le demotivazione. Il disfattismo. La rinuncia a perseguire i nostri sogni.
    Ed è questo forse che porta il vampirismo.
    Buon Pomeriggio Milord.
    1 Saluto anche a tutti quelli che passano di qui.
    ♥ vany

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    • Ancora non si e’ spenta la eco del suono, frenetico, dei Bordharan, delle Arpe e delle Cornamuse…per la Notte di Sàmain! A grandi passi giunge verso le alte Scogliere che, urlanti nel vento ed alla luce della Luna, danno, con fiducia, le spalle al Castello in Trionfo tra le Nebbie ed i Fuochi. Con il volto sereno, osserva le onde dell’Oceano infrangersi contro le rocce e sulla “Culla” del suono ormai lontano delle Cornamuse inizia a declamare….

      A Voi che sapeste toccarmi nel profondo, con poche parole…vergate, quì, sul mio cuore…

      Vidi il riso timido divenir sorriso e poi risata,
      e il pianto che lento nasceva sulle guance
      del pensier mio naufragato nei nostri ricordi
      già dal primo triste partire dai tuoi mondi.

      Lo specchio riflette la lacrima che solca
      la terra come un aratro nel mio cuore,
      il fiore ha lasciato l’estate per fuggire nel freddo
      già del primo triste autunno perso d’amore

      Tu, il sole caldo nella brina del mio gelo,
      sei come stella: sognata di notte fra le nuvole
      già del primo triste pensiero coperto da un velo,

      e distante di terre e fiumi sei viva e vicina
      quando mi fermo e sembro perso pensando a te
      già dal primo triste dolore, nel saperti… lontana.

      Grazie

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    • Il lento cadenzare del passo ed il rumore delle foglie secche, annunciano il mio arrivo presso l’accampamento. Tanti giorni tra i monti, tanti giorni a colloquiare con la Luna…troppi giorni con le urla di un nero passato. Mi siedo e osservando, lentamente la vallata circostante….inizio a ricordare…

      Sera di Luglio tra i silenzi.
      Sera tra un ricordo sbiadito
      in un tempo,
      inesistente.

      Il volto,
      riflette la Luna
      e quel sorriso
      freddo.
      sensuale e voglioso…
      mi rapiscono.

      Non dormo…
      ormai non piu’ palpebre,
      ne sorrisi.

      Solo Tu
      e il Tuo ricordo,
      nei profumi
      di quelle nebbie
      e il Tuo sangue,
      ormai freddo
      tra le mie labbra.

      Con un sorriso, quasi assente e gli occhi rivolti all’infinito buio squarciato dalla Luna, estrae la lunga Spada e…la conficca, pesantemente, nel terreno!
      Un urlo disperato… poi soltanto “il Nulla” traversato e trafitto da quell’ Ululato “Alla Luna”!

      Grazie

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  11. In effetti hai proprio colto il punto, mio caro Milord. Descrivere la realtà dei fatti, dell’amore per qualsiasi cosa, o i propri sogni, in modo semplice e comprensivo tanto da sensibilizzare chi ti legge senza distrarlo da altri colori è la vera poesia. Il Monocromatismo insomma, darebbe un colpo mortale al Vampiro “Policromatico”. Hai saggiamente descritto la vera essenza di uso proficuo della Poesia, una, e sola. Il Vampirismo è la conseguenza della morte letterata di molti in una poesia.
    Magnifico post, Buona serata a tutti.
    ( Il Vampiro mi ricorda una persona, da te descritta in un altro post….)

    Euferr

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    • Osserva, viandante, la bellezza di questi luoghi! Vedi le scogliere come parlano e urlano la loro fedelta’ alla Luna? Ed il Castello, che svettante tra i boschi offre, in questa notte silente, testimonianza della amica e calda tenebra senza Tramonti o Albe. Ascolta, solo per un’attimo, il suono dei Bordharan e delle Cornamuse che fanno un sereno contraltare tra l’orizzonte e le deserte strade. fermati, solo un momento, Viandante e senti come tra il pensiero che mi rimane e quello che realmente mi e’ rimasto, questa notte sia reale compagna e amica…

      Si siede e osservando il Fuoco inizia, pensieroso, a parlare…

      Ferma il tuo cammino, notte,
      perché io possa guardarla ancora una volta.

      Ferma il tuo passo e riposa,
      perché io possa sentire il suo respiro,
      perché io possa contemplarla
      mentre dorme
      placida.

      La notte mi porterà via,
      mentre è immersa nei sogni
      che mi consegneranno all’alba.

      Stai quieta,
      lasciala riposare:

      E’ stanca.

      E che non senta il mio spirito
      aleggiarle accanto
      per proteggerla
      e non mi veda nella schiuma del mare
      che ogni giorno
      e ogni notte,
      le accarezzerà i piedi.

      Solleva lo sguardo e tristemente si allontana ..dirigendosi verso le scogliere illuminate dalla Luna

      Grazie

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  12. .
    .

    Cavalchiamo, Immortali Signori
    di antiche nebbie e di oscure e scarlatte profezie,
    Attraverso i Mondi e le Ere,
    attraverso i sogni e gli incubi dei mortali.
    Siamo la Stirpe Oscura, siamo i Figli del Primigenio,
    siamo i Custodi delle Porta della Notte,
    siamo i Neri araldi delle Ombre,
    siamo i Guardiani del trono della Dea Luna,
    siamo i Figli di Caino.

    Come Lui dissetiamo le nostre labbra dal Calice Scarlatto,
    oscuro Graal dei Figli della Notte Eterna.
    Come Lui nutriamo le nostre anime immortali con l’essenza degli umani.

    Siamo temuti, adorati, invidiati, odiati, cacciati…
    Guerrieri, Necromanti, Oscuri Angeli, demoni…

    Siamo Coloro che gli umani temono… o desiderano, in fondo ai loro cuori tremebondi.
    Siamo la Stirpe di Caino.



    A Te Milord, che iniziasti tanti di noi facendoci accomodare nella “Camarilla”, diventando Cainiti, come tu ci insegnasti. Tenendoci per mano, fra i Cainiti, ci accogliesti nel Clan dei Ventrue nel quale ci riconoscemmo.
    A Te Milord, che dalle pagine del GB, scrivevi, lasciando la strada aperta per il Castello del Clan:

    “Tra questi silenzi e echi di passi nel nulla e dal nulla venienti, sovviene un lontano ricordo; lontano, invero, proporzionalmente alla distanza che la perduta anima (se mai n’ebbi) triste e solitaria al pensiero ch’el primo e ultimo sorriso pose.
    Osserva, Viandante, le ultime vestigia di una razza fiera: il figlio di Caino!
    Rinvieni, altresì, i falsi sospiri che queste umide mura e oscuri locali regalano copiosamente a chi, tra queste nebbie, si perse.
    …China il capo e avvicinatosi alle braci quasi spente, osserva il Castello ergersi nel pallore delle due lune…..
    Osserva le macerie e a passi lenti si dirige verso la bruna sagoma. Ecco il Castello che, come una Grande Madre, tutto avvolge e sopisce ai bordi di una luna quasi spenta. Ultimo pensiero”.

    (puoi colorarmi il tuo ingresso di rosso, per favore, così com’era fra i Cainiti del Clan Ventrue? Grazie).

    Ecco che, i Figli del GB, divennero, anche, i figli di Caino: i Cainiti.
    Ecco che conobbi il tuo cuore, vasto, immenso e generoso.
    Ecco che tra i molti, tanti divennero famiglia. Chiusi in un patto di sangue e liberi, per mano nel GB.

    (China il capo e lentamente si avvia verso l’enorme portale di queste stanze. Solleva lo sguardo e un sorriso, quasi accennato le sfugge davanti il verde sguardo del Milord. Si stringe al mantello e tristemente esce,)

    La tua cosa bellissima, Ninni, è che sei talmente trasparente e pulito che la tua nobiltà d’animo, quella dei Ventrue, è sempre rimasta uguale. Sia dai tempi del GB, dolce ricordo che mi strazia il cuore, sia adesso. Tutto come allora. Tutto come adesso … e come deve essere.

    Esser stati, a fianco a fianco a scrivere quotidianamente di poesie, racconti, letteratura, notizie, ironia, satira e qualche volta duro sarcasmo fino allo scontro frontale! memorabili le tue liti con Ulisse. Da accapigliarsi, da fare a pugni – quante volte ve le siete promesse? Eppure, nel GB, tu eri il Re e lui il prim’attore.
    E alla fine restammo i migliori, prima della tragedia, dello scioglimento forzato, dello straziante fallimento delle nostre vite. Quanti pezzi di vita abbiamo lasciato nel GB… Ogni tanto ci penso. Ok, sono onesta: ci penso spesso! E passo, passeggio e mi soffermo presso quelle antiche pagine dove, quotidianamente eravamo riuniti nella scrittura e l’amore per l’arte del Pensiero.
    Mi manca tanto.

    Mi sono dilungata, vero?
    Beh, questa notte rileggerò dei Cainiti e … del GB e per ringraziarti, per avermi commossa (solo chi era con noi può comprendere a cosa mi riferisco leggendo il tuo articolo) di dedico questa pagina.

    Leviamo i calici e brindiamo, canini al vento, a noi e al mistero di questa vita, che non è vita e della nostra quotidiana morte che non è morte.
    Non vita, non morte: I Cainiti del Clan Ventrue, i più nobili vampiri e i più temuti.
    Ti voglio bene Ninni. Tienilo a mente.

    Buona notte GB!

    Isy

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  13. Caro Milord,

    masticando ogni giorno lacrime inseguendo un po’ di fortuna e di salute, leggere questo brano mi da sollievo. Sollievo dalle brutture del mondo e dalla delusione che questo 2013 è uguale al suo compagno, il 2012. Ricordo, al liceo, che non ho potuto terminare per gravi ristrettezze di famiglia, mi dicevano: buttati, perché si vive una volta sola.
    Meno male, dico io.
    Perché un’altra vita come questa … non la sopporterei!

    Non potrei sopportare di farmi vampirizzare da un destino che mi si accanisce ogni giorno senza potere vedere una fine, se non quella fisica, quando sarà. E mi perseguita, questo vampiro che mi succhia ogni notte, grazie agli incubi tremendi che subisco, il sangue, la speranza e la voglia di poter arrivare al mattino. E al mattino quella di poter arrivare alla sera.
    Ecco che, nel buio e al silenzio di questa misera casa e con un PC che va a manovella, leggere qualcosa che, durante le mie giornate non avrebbe assolutamente senso. Ma che la notte e soprattutto adesso prende la forma di un palo di frassino che tenta di uccidere i miei vampiri che mi aggrediscono appena scendono le ombre della sera. Un quadro oscuro il mio, Milord, ma che si illumina leggendo il tuo brano che mi ha fatto ‘non pensare’ per quasi tre quarti d’ora. Un brano che mi ha fatto rallentare i battiti di questo povero cuore, sperando che i vampiri potessero essere scacciati dalla mia mente.
    Di questo, di tutto questo, Lord Ninni, te ne sono grata.

    Ti sono grata, come sono grata della tua amicizia che mi sostiene, come di quella di tanti amici qui che ho sempre trovato premurosi e che leggo, come adesso e che mi sollevano dandomi la visione che esiste un mondo dove si pò parlare senza aggredire o essere aggredita. E vi ringrazio di essere nella mia vita.
    Forse un giorno, vorrei poterti scrivere una lettera come quella dell’Ufficiale e descriverti qualcosa dall’esterno. Ma questa sera, questa notte, almeno, hai ucciso con un gesto ironico e con la bellezza della poesia, il mio vampiro notturno.
    Grazie e mi accomodo in quel salotto per servirvi una tazza di tè.
    Quanto zucchero?
    Un abbraccio, se ci riesco, e un caro saluto a tutti.

    Vostra Elena Simonin

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    • E’ una paura che non ha colore,
      una paura che non si sente,
      una paura che non ha odore,
      chiamala se vuoi mente.
      Puoi tentare di fermarla,
      tentare di farla ammutolire,
      lei con te non parla,
      e mai si farà ghermire.

      Crea i mostri nel tuo interno,
      li sfiori con il cuore,
      nell’anima solo inverno,
      e nel profondo tutto muore.

      La lacrima corre sul viso,
      il trucco cola copioso,
      nella maschera non un sorriso,
      un sol sguardo, invidioso.

      Credere di sognare nella notte,
      con nelle mani le coperte,
      poi sentir sensazioni bigotte,
      e capir che non ti diverte.

      Speri uno giorno sia pulita,
      nulla, non un pensiero,
      ma lei severa ti addita,
      lei il fantino, tu il destriero.

      Grazie

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  14. .

    Buon giorno, Milord.
    Prima di recarmi a scuola vorrei lasciareun grande saluto alla mia amica e credo do tutti, Elena che voglio bene, augurandole tanta serenità.
    Ho riletto tante volte il tuo articolo, Milord, come adesso, imbarazzata, sto leggendo tutti gli altri e ho strappato, per la millesima volta, quello che volevo scrivere e non certo all’altezza di voi tutti.
    Leggo quello che ha scritto la Signora Emilia di Roccabruna, come quello del Sig. Pickick, la Sicnora Strauss, il Sig. Spillo, la Signora Ozieri, la brava Simonin e mi vengono i brividi perché quello che avevo preparato non si avvicina lontanamente alla vostra preparazione.
    Uno stimolo in più per approfondire e approfondirmi.

    Ma, più di ogni cosa, ho letto la tua poesia Milord (quella tra l’intervento del Sig. Spillo e quello del Sig. Gianluigitop).
    Sbaglio o è un fantasma quello che parla?
    O almeno un vampiro che è ritornato suo malgrado?

    Bellissima e affascinante come le tue poesie.

    Torno più tardi. Adesso scappo.
    Un bacio eun abbraccio, Lord Ninni e un grande saluto a tutti.

    Eleonora

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    • Il volto tuo nella mente mia,
      cade la lacrima sulle mie gote,
      sibila il cuore in questa privazione,
      dell’animo sostanziale interdizione.

      Le pagine scorrono come sangue,
      angoscia lenta m’infesta le vene,
      questa mancanza mi distrugge,
      la mano stringe il cuor che strugge.

      Lontana da me ne son consapevole,
      in cuor mio è solo momentanea,
      questa situazione dolorosa,
      che lascia mente, tempestosa.

      Sorella mia di follia e tenebra,
      da indifferente a conoscente tramutata,
      in breve tempo ci siamo assimilati,
      in amore puro e sincero,senza postulati.

      Un lamento per te,per me,per noi
      per non dimenticarci,per invogliarci,
      affinchè sia sempre qualcosa di nuovo e speciale,
      amaro e dolce, ma pur sempre eccezionale.

      Grazie

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  15. Una pratica di letteratura, quella gotica che, un po’ per mia mancata predisposizione, rimane ostica ai miei occhi. Tuttavia devo rilevare che il suo articolo, Dott. Raimondi è pieno, completo e scritto molto bene.
    Di questo sono furi dubbio.
    Ho letto qualche commento e sono stupito dalla preziosità i questi apporti.
    Le auguro una buona giornata.

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    • Ecco tra il tuonare delle onde, il vento contro le montagne…..ecco a Te Viandante che passando, nel Tuo cammino verso il Castello, osservi questi labari…questi vessilli…queste cornamuse! Ferma l’attimo del Tuo incedere ed osserva come … non sempre un appuntamento puo’ esser gradito.

      Dedicated…..

      Io esisto da migliaia di anni,
      … da sempre
      e adesso tu dici…
      che devo morire?!
      … morire?

      Non ne ho nessuna voglia,
      Io!

      Io che conosco i tanti nomi
      …dell’ Essenza.

      Io che ho esplorato a fondo
      luoghi oscuri a chiunque.
      Che ho dominato il materiale
      …e l’immateriale.

      Io che ho vissuto senza i limiti
      imposti all’uomo,
      io che ho la potenza di un Dio,
      quando tutti gli dei
      sono ormai dimenticati.

      Io,
      … io devo morire?
      No!
      Non e’ possibile!

      Disse questo ed iniziò a muovere le mani ed a cantilenare: “Jabbash Toth Soem Rejah’ Ym” con una voce simile ad un lontano ruggito di altri mondi.

      Dalle sue mani esplose una gran luce blu, poi viola, poi rossa, poi gialla.

      I colori si susseguirono velocemente e si avvolsero come nastri colorati attorno alla sua figura, ormai indistinguibile, immersa nella nebbia emanata dal suo stesso corpo.

      Protese le braccia verso l’interlocutore per colpirlo con tutta la potenza dell’incantesimo che stava pronunciando, ma la figura dinanzi a lui disse, sorridendo gelidamente e sottovoce: Vieni a me!

      Il turbine di colori sparì e la nebbia si dissolse immediatamente.

      Dell’uomo non c’era più nulla.

      La figura ripose la falce, prese un’altra clessidra dal suo sacco e la osservo’ :

      …..Qualche altro istante e toccherà a te!

      Grazie

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  16. Le vampire, mon amour

    Il seduttore, l’affascinatore, l’ipnotizzatore, non gli si può resistere a meno che non si abbia la volontà di tenere lontane le tentazioni, (per poter entrare in una casa, deve essere chiamato, invitato).
    La sua seduzione implica il consenso della vittima. Infatti, nel momento in cui il Vampiro le affonda i denti nella gola (momento dell'”amplesso“), prova un piacere molto intenso, in cui è facile trovare l’allusione all’orgasmo.
    Sempre in auge i vampiri.
    Sempre presenti.

    Il tuo lavoro, mon chér, è brillante e pieno. Soltanto dopo averlo letto due volte e dopo essere tornata sui miei passi mille volte ancora, ho sentito le voci, in quel salotto, che parlavano della cosa più bella del mondo.
    Non di motori, donne, avventurette o sport.
    Ma del mondo, il pensiero e l’analisi dei comportamenti.
    Abbiamo così tanto poco dalla vita, con una vita che dura poco per tutto quello che le diamo! Rinfreschiamoci la mente! Apriamoci il cuore. Sentiamoci le vene: il nostro sangue scorrerà nelle vostre vene come una madre ama una figlia.
    Mi hai rapita.
    Molto altro tempo l’ho passato a leggere i commenti che sono alla pari con il tuo articolo, Milord. Questo è un luogo bello e tu sei sorprendente.

    Lascio un caro saluto per tutti.
    Un saluto a Hilde (ogni tanto ripenso a quel pomeriggio, qui a Parigi, che ci siamo riconosciute grazie a Milord e siamo rimaste a parlare di Milord per ore).
    Nighail, la mia cara amica.
    La brava Emilia di Roccabruna.
    La tenera Giovanna, mia preziosa, oscura, fremente e focosa amica (Mia cara, quando inizia la menopausa, così diceva mia madre, dovresti prendere qualcosa che calmi i tuoi ormoni ardenti. Un abbraccio affettuoso).

    E tu Milord accompagnami nelle notti velate di luna, scaldandomi con il profumo dello sguardo.
    Bisous, mon trésor.

    Annelise
    Paris, il ya 17 Janvier, 2013

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    • MUNDO DEMERGENTE, SURGET IS
      QUI TENEBRAS FUNDET,
      AMOREM ET LUCEM AFFERET
      IN HOMINUM FINES, SAPIENTE IMMOLANTE
      Solo al crepuscolo, sorgerà colui
      Che sconfiggerà le tenebre,
      Amore porterà e luce splendente,
      Sulle terre degli uomini,
      Guidato dal sacrificio di un savio

      Ninni ritornò alla sua casa d’infanzia, dove aveva lasciato la sua famiglia. Ritrovò tutti gli amici che lo avevano sempre aiutato, e rivide Eika. Era una magnifica donna: Il fisico formoso, era coronato da un viso splendido. Il naso dritto; i suoi occhi profondi; i capelli che ricadevano, in ciuffi mossi, sul collo bianco; le labbra morbide ed invitanti.

      Era stata lei a far nascere in lui il desiderio di diventare mago, poiché desiderava conquistare il suo cuore. Ma, studiando magia, presto si era dimenticato dell’Amore, e nella sua mente c’era stato spazio solo per il Potere e la Conoscenza.

      Ora era tornato, forte, vigoroso ed adulto. Non gli servì alcun incantesimo per avere il cuore della sua amata, ed il desiderio di potere scomparve dal suo cuore, sospinto via dal vento, assieme al ricordo del Maestro, sacrificatosi per il mondo e da lui dimenticato.

      Quel vento, che era stato caldo per tutto il giorno, adesso era gelido, facendo vorticare le pagine del pesante libro che Mhanlyus leggeva. La carta era pesante e le parole vergate con una calligrafia elegante ed aristocratica .
      Il sole già al tramonto indicava che quei momenti di pace erano ormai giunti al termine…
      …da un momento all’altro sarebbe arrivato l’Anziano Maestro Ninni…

      China il capo e si allontana, tristemente verso il bosco…

      Tutti siamo stati …apprendisti…. tutti!

      Grazie

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  17. Sinistro d’ameno inganno
    all’Eterno sospiro
    di Non-Vita,
    fulgida stella nera
    che s’adombra
    nell’ora più vicina
    alla Fine.

    Urlano i quadri
    alle pareti spoglie
    e visi
    e disincanti,
    come riflessi
    di più cupi Pensieri.

    Artigli s’intravedono sotto la pelle
    e d’Alabastro Fluente
    scorre il sangue, Vergine del mondo
    e piange,
    si dispera,
    pare un bimbo addormentato
    nella Nebbia di un Incubo
    di livida Giada.

    Prorompi suono dell’Anima,
    evoca il Fantasma
    dal Luogo proibito,
    Esanime e Ferito
    egli giace
    e nel luminoso nascondiglio
    della Notte
    Vermiglio è il Suo passo,
    Pallida la sembianza
    di Antiche ferite.

    Bevi,
    disseta l’Avorio meraviglioso
    che cela i tuoi sospiri,
    Bevi,
    ormai l’Orgoglio è fonte
    d’inesauribile Destino,
    Bevi
    e ristora l’Ombra che ti affligge.

    Che mi resta se non
    l’onda dell’Oscura Amica.
    Vissuto così,
    tra le onde della Sete,
    par che il fluire
    di Non-Vita
    sia Canto e Veleno
    allo stridere
    del gelido Abbraccio
    e par di scorgere
    un Effimero Tramonto
    oltre il sentiero segnato,
    un Sonno
    senza via d’uscita.

    E senza una Lacrima.
    ___

    Milord,
    Che DirVi … la figura del Vampiro è il Simbolo stesso del percorso accidentato che l’Anima di ognuno tende a percorrere negli angoli bui e poco frequentati … attirata e timorosa di quello stesso Abisso che Affascina e Confonde. C’è molto più del Sangue e delle Ferite. C’è l’Immortalità … del Dolore e del Respiro … una Prigione, entro cui si dibatte il Desiderio stesso di ricucire le fila di un’Eternità … che è Solitudine e Memoria.
    Il pezzo è veramente Bello, da leggere e rileggere. Un Dono All’Eterno Veleggiare d’Ombra.

    Un Caro saluto per Voi, Milord e per Tutti.
    ___

    … Un lume nell’Ombra
    accenna un Riflesso,
    lo Specchio
    annega d’immagini
    fra le perdute Cose.

    Nera
    la Melodia

    Eterna la Dannazione ed il Fuoco dell’Unico.
    ___

    I Miei Rispetti

    Ni’Ghail

    Lunga Notte

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    • Il Peso del Potere

      L’Imperatrice d’Oriente,
      al suono di quell’Arpa
      nella Luce del Cielo,
      coperta dal manto
      della Stella,
      viaggiava verso l’incontro…
      verso il Suo il Destino.

      Oh Comneni di Bisanzio
      che aveste parole cosi belle,
      i Vostri palazzi hanno aperto
      ai Mendicanti,
      ..a chi urlando,
      chiedea Pieta’..
      e qualche briciola..
      per ristorar la propria Vita.

      Sia compiuto il Destino
      fatale…
      …in questa dolcezza
      arresa al sentimento.

      Lunga notte

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  18. @ AFFETTUOSO MESSAGGIO PER JAN BLAKE DE BIASE

    Caro lettore, (mi perdoni se mi rivolgo a lei con questo tono confidenziale, ma per criticare un testo si presume che lei l’abbia letto, giusto?)
    considero le critiche costruttive un buon incentivo per migliorarsi. Certo, solo quelle “costruttive”, non gli insulti gratuiti.
    Fermo restando che un testo può piacere o meno… DE GUSTIBUS, come si usa dire. Secondo me una critica “seria” va motivata per essere presa in giusta considerazione. Altrimenti come ribadisce lei, è solo “tanto fumo e niente arrosto”. O mi sbaglio?

    Riguardo alla “bordata” del Milord, tengo per buono il suo commento sulla pagina dell’editore di Rose Rosso Sangue:

    http://www.epubblica.com/ebook/rose-rosso-sangue-65.aspx

    Grazie per il tempo che ha dedicato alla lettura del mio ebook.

    Giò

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    • Udii una voce potente, come di tromba,
      che gridava dietro di me:

      “Ciò che vedi,
      scrivilo in un libro
      e manda il libro alle sette chiese.”
      (Apocalisse 1, 10-11)

      Erano i primi di giugno del 1764, Bernardette sedeva sotto un grande albero per ripararsi dai raggi del primo sole estivo.

      Sciolse i lunghi capelli neri che ricaddero dolcemente sulle spalle e prese a pettinarseli con amore mentre i suoi grandi occhi scuri tenevano sotto controllo il gregge che pascolava tranquillo.

      Ben presto, complice il turchese di quel cielo limpido e infinito, i suoi pensieri presero a vagare e un innocente sorriso le riempì il volto mentre le stelle brillavano nel suo sguardo e lei sognava Francois, alto, bello, forte. Il più bel ragazzo del paese, tra due settimane si sarebbero sposati.

      E lei immaginava il giorno del matrimonio, usciva dalla chiesa, col vestito che la madre aveva preparato apposta per lei, poi lui la prendeva tra le braccia forti, piene di calore, la sollevava e la portava nella loro casa e poi nella camera da letto, la adagiava lentamente sul lenzuolo e si chinava sulle sue labbra, le sue mani, dolci ma decise, si muovevano gentili sul suo corpo e poi… e poi la realtà. Stava succedendo qualcosa di strano intorno a lei, di molto strano.

      Il gregge aveva iniziato a belare terrorizzato e correva di qua e di là, apparentemente senza alcun senso. Sembrava che volesse fuggire da qualcosa, ma da cosa? Bernardette si guardò intorno. Non c’era nulla. Poi si accorse che non erano solo le pecore, ma tutta la natura.

      Non riusciva ad udire nessun altro suono oltre i lamenti delle bestie, nulla, nè un grillo, nè un uccello, nulla, neanche il silenzio, solo il nulla. Il cielo iniziò ad oscurarsi, un temporale estivo, pensò, ma si dovette subito ricredere perchè non c’era alcuna nuvola, ma stavano calando le tenebre e allora capì.

      Non era il cielo, ma il sole.
      Il sole si stava per spegnere….

      Cordialità
      (Esiste il Luogo delle chiacchere)

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  19. Eccomi qua. Scusate il ritardo.
    Intanto vorrei ringraziare Ninni per la gentilezza e l’acume con cui ha condotto l’articolo, sotto il profilo filosofico, per smontarlo tramite la poesia. Bravo, come sempre.
    Il disegno del “Cappello”: lo si vede chiaramente che trattasi della tua mano! Inconfondibile!
    Spillo: anche se sei un orso, devo dire che riesci abbastanza bene a rendere in concetto, caro il mio plantigrado.
    Poi ho letto dei pezzi molto belli, ma non li citerò per non differenziare gli apporti.
    Poi, Vi chiederei che chiudeste un attimo gli occhi. A me un bacetto, Milord.
    Ecco, potete riaprirli!

    Lascio un caro abbraccio per tutti e un saluto con stima per te, Milord.
    PS: Elena Simonin, cara amica mia. Molti, in questi giorni fanno i professori in cattedra e magari non si rendono conto della sofferenza reale di chi sta ad ascoltarli.
    Oggi, Ti ho letta e la tua lezione di vita è veramente grande, forte e salvifica.
    Un abbraccio anche a te.

    Melissa

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  20. Buonasera Milord,
    Buonasera a tutte la anime irrequiete che approdano su questi lidi sulfurei…

    Ormai si è detto tutto e di più sui “non morti“. La figura evanescente e oscura del vampiro, evoca prepotentemente nella nostra fantasia immagini particolari, tali da suscitare un fascino misterioso, un’attrazione non disgiunta da un atavico terrore. Fascino, lussuria, sangue, non ci sono freni inibitori, non esistono paure ancestrali, non esiste il dolore; Un vampiro difficilmente proverà dolore; un Vampiro non proverà mai sentimenti… amore. Il vampiro, infatti, vince la morte rimanendo condannato a un’esistenza crepuscolare. Ma allora? A che cosa serve l’immortalità vampirica se riduce un essere umano a diventare una bestia randagia?
    Non vivo, non morto… ma un maledetto condannato a una misera esistenza, nonostante sia eterna. Si narra che il primo “non-morto” potrebbe essere stato un essere umano che, dopo essersi appropriato di un qualcosa di divino: il sangue appunto della propria vittima ed abbia subito poi la maledizione divina che lo abbia dannato al punto di vivere eternamente con la condanna di procurare morte. La religione non accetta che l’uomo uccida il suo simile, non si capisce perchè abbia dato proprio ad un assassino la condanna di uccidere ancora.

    Forse l’essere che si fosse macchiato di un tale crimine, riconducibile come gravità soltanto a quello di Adamo ed Eva dell’aver mangiato il frutto della conoscenza del bene e del male, fosse gettato nell’oscurità. Che non potesse più sopportare la luce del sole o dell’acqua pura o del fuoco, tutti simboli divini. Se il sangue contiene l’anima e l’essenza di un essere umano e della sua ascendenza, il vampiro è come se si nutrisse della “conoscenza“. Le “punizioni” divine sono state narrate sin dagli albori ma erano l’allontanamento dalla vista della divinità, Adamo ed Eva scacciati dal giardino dell’Eden, Lucifero scagliato negli inferi ed il vampiro? Al vampiro fu data la notte, l’oscurità. Come l’essere umano fu dotato di capacità di decisione del bene o del male, scegliendo però l’amoralità, qui i paragoni con Adamo ed Eva si fanno molto stretti come loro morsero la mela per avere la conoscenza anche il vampiro “morde” le sue vittime. Dopo aver letto i vari apporti, ma sopratutto quello di Elena, mi viene in mente una cosa. E mi faccio, virtualmente un esame di coscienza…I vampiri chi sono? Cosa sono?
    Non so che risposta darmi.

    Vedo i vari “vampiri politici“, che succhiano le nostre forze, i nostri sacrifici, i nostri soldi, le nostre speranze. Lo stesso vale per chi immeritatamente ci vive accanto o per chi ci da lavoro. Doveri, pretese… Siamo esseri umani con una data di scadenza stampigliata da qualche parte. Ma allo stesso tempo abbiamo la facoltà di autotrasformarci in vampiri. Ci autofagocitiamo, ammorbati da una miriade di piccole cose; inflitte o autoinflitte esse siamo. Solitudine, disamore, delusioni, sofferenza. Ci fanno tirare a campare… e a volte, ci rimane, solamente, la speranza che un vampiro in stile Twilight ci venga a salvare. Ci venga a proteggere.. ad amare.
    Lottare contro la noia, l’indifferenza, l’insofferenza, contro tutto quello che ci fa male, non è forse conquistare la vita eterna, senza contare quanto tempo ci manca alla fine?
    Non so che dire… meglio un giorno da vampiro o mille da umano?

    Nel frattempo condivido con voi una grande opera della PFM: DRACULA, per l’appunto.

    Cordiali saluti a tutti…

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    • Meglio l’Inferno

      Operar delle scelte dobbiamo….nel disegno di questa non vita possiamo!
      Nel pensiero di questa non morte facciamo, ma…cosa, cosa causò tal menzogna? Cosa fu donato a questo cuor…se non la gogna? Cosa mi fa viver di morte una non vita, quand’anche senza vita morte dovea esser? Chi guardare, chi ringraziare con l’odio e la millenaria tortura, per questo regalo? Nulla chiesi, il nulla era! Chi creò dal nulla questa Tenebra che, offesa dalla Luce, vive in questo cuor di morte intriso? Ascolta questo mio grido, Viandante,….ascolta!

      Se anche fossero vere
      le sciorinaggini di quella
      che di tanti è la fede,
      anche se vero fosse

      che non vi è alcun lume
      nella umana ricerca,
      anche se vero fosse
      che solo quelle divine
      son le giuste mosse,

      anche se vero che dopo ogni morte
      il paradiso o l’inferno
      conclude la sorte,
      anche se vero che un padre celeste
      potesse cibarci e donarci la veste,

      anche se vero che una mente serena
      si ottenga con fede
      e chiedendo in preghiera,

      comunque e sempre continuerei la mia strada,
      comunque scaverei a fatica la mia propria via,
      sperando che mai la mia mente

      si pieghi ad alcuna fede splendente,
      schifando ogni dio ed ogni aldilà
      che falciano il pregio dell’Uomo
      e della vita aldiquà!

      Preferisco l’inferno,
      bruciarmi nella dannazione
      perdermi nella foresta stregata
      della disperazione,
      ardere nella follia,

      distruggermi e consumarmi
      in una bieca agonia,
      e desolato nella nebbia perdermi
      pur di dovere mai arrendermi
      ad ogni retrivo, despota, enfio,
      seppur sdolcinato, e falso dio!

      Grazie

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  21. Ciao Ninni.
    Leggo adesso (sono impegnatissima) il tuo brano appaiato, a quanto sembra, con altri e ne conosco tre.
    L’antro della strega raccontato con gli occhi di un bambino, disilluso dal mondo perché lo conosce e che vuole parlarne con la poesia.
    Incredibile.
    Ti risponderò più appropriatamente, sono veramente impegnata.
    Bello il pezzo di Emma Vittoria, Nighail, Emilia di Rocca Bruna e Pickwick. (almeno sono questi quelli che mi hanno colpita nell’immediato.
    Il pesso di Isabella Ozieri, invece, mi ha accartocciata l’anima. leggendolo mi sarebbe venuta voglia di far parte di questo GB che varie volte ho letto qui e che per motivi definiti sempre “dolorosi” non esiste più.

    Mi sarebbe piaciuto sul serio.
    La vita, questa stranezza!
    Un bacio Milord e un caro saluto per tutti.

    Ciao

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    • E così facemmo…
      Ci gettammo in campo aperto,
      una furia folle spingeva le nostre braccia,
      le nostre asce e martelli uccisero
      una gran quantità di uomini…

      troppi uomini.

      Camminavamo su un letto di cadaveri:
      uomini e donne giacevano insieme.

      Ed è lì che fui colpito.

      Non sentii dolore,
      ma i suoni sparirono,
      i colori sbiadirono,
      gli occhi dell’uomo
      che mi aveva colpito…
      mi fissavano malvagi.

      Iniziai allora a temere:
      Sarei morto così presto!

      Mi dispiacque,
      volevo combattere ancora;
      provai ad alzare un braccio
      ma l’uomo abbattè l’ascia sul mio petto:
      Dopo fu il buio.

      Ora mi sveglio,
      in questa torre elica,
      con altri miei compagni
      e scopro ciò che voi già sapete.

      Arrivaste infine!

      Coi vostri archi
      uccideste molti uomini
      ed altri andarono in rotta.
      Prendeste i nostri corpi
      e per farvi perdonare il ritardo
      resuscitaste me.

      Adesso son solo,
      in questo mondo
      ostile.
      Vengo dalla morte
      e non c’e’ ritorno:
      Non per me!

      Condannato a non vivere,
      costretto a non morire:
      Io vi maledico
      dal profondo di quest’Inferno;
      dalle fredde pareti
      di questo pozzo.

      Qua’ io vi osservo,
      amo
      e furiosamente esisto:
      Qua’ vi aspetto,
      nel mio Regno sconfinato,
      eterno;

      qua’ conoscerete
      la liberta’ di chi odia
      e la schiavitu’
      di chi ama.

      …prendi la mia mano: Il mio Regno nasce con Te e finira’ nel profumo di questi petali
      che cadono dalle mie mani…

      Grazie

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  22. Sebbene egli fosse ricco e stimato, non era felice.
    Troppi lutti, troppe lacrime inghiottite dal vento. E notti oscure come l’Inferno, e venti glaciali, oceani gelidi e ostili, guerre immotivate e stragi, corpi dilaniati, sangue, l’odore acre della paura, risvegli affannati e buie ore prive del conforto di buoni sogni.
    Tuttavia, egli era forte.
    E seppe risorgere.
    Radiosità, Milord.

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    • Viandante, tanto tempo fa, anch’io sorridevo…tanto tempo fa! Rimane un ricordo, l’ultimo, quello che mi accompagna ed accompagna le mie notti al suono delle cornamuse. Osserva, ascolta, Viandante…..questa, forse e’ una storia vera!….

      Il tramonto porta sempre le tenebre
      e sfonda il cuore con spade di stelle.

      Un uomo fuggiva nell’ombra della sera.
      “Perché scappi cavaliere?” chiese la Notte.

      “Porto la mia luna nei dolci
      cipressi della mia fanciulla;
      busserò in queste ore di morte
      alla sua finestra
      e ci perderemo in infinite orge” rispose.

      “Sai d’amore nascosto, cavaliere;
      una profonda tristezza
      imprigiona il tuo cuore”.

      “Taci demone notturno!
      Le tue parole mi sanno d’assenzio;
      lasciami andare dal mio angelo di miele
      e dai suoi semi di cristallo spento e rosa nera”.

      Il tramonto porta sempre le tenebre
      e sfonda il cuore con spade di stelle.

      “Dove fuggi cavaliere dell’ombra?” chiese il Vento.

      “Lontano dal tuo sporco soffio,
      in una stanza d’oro e d’avorio
      dove colmerò di luce
      l’immenso gorgo della mia anima”.

      “Vedo la morte che gioca col tuo sonno
      e lo frantuma
      con orologi di vetro”.

      “Invidioso vento, potessi tu viaggiare
      nel buio della mia dama
      che odora di campi di grano e favole del crepuscolo!”.

      Il tramonto porta sempre le tenebre
      e sfonda il cuore con spade di stelle.

      “Quando tornerai cavaliere dei sepolcri?” chiese una Sorgente.

      “Quando mi stancherò delle tenebre
      dei suoi occhi e i miei baci
      peccheranno di dolcezza;
      mai continuerei
      se non riuscissi più a bere
      il sangue delle sue labbra
      e ad addormentarmi
      al calore dei suoi seni”.

      “Fermati qui, triste cavaliere
      e accontentati di quest’acqua di seta;
      troppo breve sarà la vostra storia
      e troppo falsa”.

      “Sparisci nei tuoi freddi abissi
      e calati in questa tomba oscura,
      lascia che le rocce siano il tuo sepolcro
      e scorri morta tra le gole della valle”.

      Il tramonto porta sempre le tenebre
      e sfonda il cuore con spade di stelle.

      Arrivò il cavaliere dalla sua fanciulla
      e si amarono tra candele e lampade
      nel silenzio della stanza.

      Il giorno,
      affinché fossero coperti i giochi dei due amanti
      e si nascondessero agli occhi della morte,
      fermò la notte che stava per sparire
      e calò profonde tenebre.

      Il sole li colse tra bianche coperte:
      Sapevano di rose e di garofani.

      Il cavaliere, per non essere scoperto,
      da quella luce
      fuggì via.

      Bevve le lacrime della sua fanciulla
      e strinse la sua bocca rossa
      come una mela…
      poi scomparve nel vento.

      Il suo posto
      fu preso dal sapore
      di un sogno svanito!

      Porta, per un’attimo le mani al volto, ma l’istinto del pianto lascia posto al deserto delle lacrime che, da secoli ormai, non escono piu’! Osserva la grande Croce Celtica, svettante contro le stelle….li’ sul promontorio e lentamente si avvia verso il bosco, svanendo tra le ombre della notte!

      Grazie

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  23. Vieni di nuovo tra queste braccia
    E distendi il tuo corpo
    Il ritmo di questo cuore tremante
    sta battendo come un tamburo

    Batte per te – Sanguina per te
    Non sa qual è il suo suono
    perché è il tamburo dei tamburi
    E’ la canzone delle canzoni…

    Una volta ho colto la rosa più rara
    che si sia mai degnata di sbocciare.
    Il crudele inverno ha gelato il bocciolo
    e ha portato via il mio fiore troppo presto.

    Oh solitudine – oh disperazione
    nel cercare i limiti del tempo
    perché non c’è nel mondo
    un amore più grande del mio.

    Amore, oh amore, oh amore…
    Ancora scende la pioggia… (ancora scende la pioggia)
    Amore, oh amore, oh, amore…
    Ancora cala la notte…

    Amore, oh amore, oh amore,…
    Sii mio per sempre.…
    sii mio per sempre
    Amore, oh amore, oh amore….

    Permettimi di essere l’unica
    che ti protegge dal freddo
    Ora il pavimento del paradiso si trova
    tra le stelle più brillanti

    Brillano per te – brillano per te
    Bruciano perché tutti le vedano
    Vieni di nuovo tra queste braccia
    e libera questo spirito

    ….
    Vi amo.

    Vostra sempre…
    Erzsébet Báthory

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  24. .



    Ecco che, in questo accampamento immerso nei silenzi
    di una notte infuocata, Vi vedo e mi vedo tra le ombre.
    So che siete qua, sento il profumo della Vostra pelle…
    sento il respiro ansimante di quel collo che vuole un bacio.
    Al freddo, tra le mie braccia Vi donero’ Nuova Vita,
    a Voi che immortale diveniste,
    proprio il giorno della Vostra morte.
    In questo desiderio, scrivo sulle Vostre pergamene,
    quello che la Luna ci dettò:



    Poi che il mondo non crede
    che in me, d’amor mercede, ogni mal sia,
    e ogni ben ne’ la nimica mia,
    o empio re de le perdute genti,

    e tu Dio degli Dèi,
    questa grazia vorrei:
    ch’un togliesse a le fiamme, ai mostri e al gelo
    la più tormentata alma;

    e l’altro, la più alma
    agli angeli del Cielo;
    e la mal nata stesse una ora meco,
    e la beata seco.

    Son certo che la rea a ognun direbbe,
    fuggendo i miei lamenti:
    “Io ho del fallir mio minor tormenti”.

    E la buona contenta non vorrebbe,
    presa dal volto adorno,
    lassù far più ritorno.

    Perché in me è un più crudele inferno,
    e un paradiso in lei più sempiterno.


    Ovunque sei e sarai …






    Vlad III Drăculeşti

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    • …Est iste?!
      Iste EST!

      Uniti da un invisibile anello, per l’eternità osserveremo il tempo, lento e mellifluo scorrerci addosso, negati da una divina concezione, uniti dal nostro essere corpo e spirito in una sola essenza.

      Grazie

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  25. Certo qui si tratta un tema non facile e non di primo impatto.
    Devo dire che hai brillantemente risolto il Colloquio condotto magistralmente.
    Il tema è accattivante, e ci si può girare intorno per esorcizzarlo.
    Un po’, leggendo, come hai fatto un più in su, assumendo l’identità del Conte Dracula.
    Sono d’accordo, anche, sulle parole che mi hai messo in bocca.

    Ti auguro una serena domenica e un saluto a chi conosco.
    Ciao

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    • Incertezza…

      Casa silente,
      un buio pomeriggio,
      nella mia stanza,
      solo a giocare
      e a fare i compiti,
      dopo il mattino
      nell’inferno scolastico!

      Fuori il balcone il cupo cielo d’inverno,
      sento dalla porta filtrare
      la voce di film e spettacoli
      della tivù che vede mia madre!

      Accompagnato da solitari giochi,
      a stento la gioia di vivere
      e la freschezza acerba
      della giovinezza
      ricopre il senso
      d’una oscura amarezza!
      Amarezza del viver quotidiano
      in un grigio e caotico mondo!

      Questa è la mia infanzia!

      Tesa su un filo
      tra una blanda allegria
      ed un buio interiore!

      Questa è la mia infanzia!

      Addolcita dall’amore dei cari,
      da una casa serena e accogliente,
      ma resa amara da una cappa interiore,
      che tiene l’anima in ostaggio
      come le nuvole grigie oscurano
      l’azzurro del cielo,
      come un oscuro presagio!

      Questa è la mia infanzia!

      Sospesa tra la gioiosa scoperta
      ed un’insistente e perdurante ansia!

      Questa è la mia infanzia!

      Ed ora che la pallida luce
      dell’età matura,
      tenta di squarciare le tenebre
      di un’infanzia oscura,
      presto sovviene il cupo nembo
      dell’incertezza futura!

      Grazie

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  26. E’ la bellezza della bruttacopia di quella bella copia del mondo.
    Hai scavato tanto che, minimalizzando, sei riuscito a superare le fuffe della monotona creazione: creiamo il vampiro e il vampirismo. Accontenteremo le ultime masse amorfe, con i residui slanci di poesia.
    Ma saranno tenebre.

    Un bacio Ninni.

    Ciao a tutti.

    Sony

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    • Sotto tonnellate di macerie
      di cupo sconforto,
      sotto la pioggia fitta
      di oscuri presagi,
      di fronte al vento impazzito
      che schizza negli occhi
      schegge d’odio e di morte,
      avanza tenace e strisciando latente,
      scavando la via con fatica
      con l’energia della sua forza vitale
      della voglia di vita!

      Speranza, amata speranza,
      avanza a fatica col passo felpato!

      Speranza, agognata speranza,
      speranza sanguinolenta
      che scava un canale,
      tra possenti pietre
      di un mondo in macello!

      Speranza, nostra amica e compagna,
      mai ci abbandona,
      dal primo vaggito
      all’ultimo rantolo,
      ci spinge ad amare,
      e ci guida alla vita!

      Speranza, indefessa speranza,
      nostra eroica inquilina
      che ci anima il cuore,
      forse spesso c’illude,
      ma grande e preziosa è questa magica
      e perseverante presenza!

      Grazie

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  27. Abbiamo combattuto il mondo in nome di quel dio che ci ha divisi.
    Ecco come ci ha ridotto, noi schiavi e servi, il vostro dio.
    Ecco l’atricità e il dolore e i patimenti, immeritati, nel nome di quel signore che promette amore, ma regala solo il dolore nel nome di un amore maggiore che incontreremo all’infinito!
    Morirò dissetandomi del tuo sangue e unendomi a te vivrò la mia non vita, dentro questa non morte.
    Questo è il mio doloroso lamento donato all’eternità.

    (Ninni Raimondi, GB, estate 2004)

    Te lo dovevo, Ninni, per quello che ho letto e per la tua bravura.
    Un abbraccio a tutti.
    Ciao Isy

    Manu

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    • Solitario erro nel mondo, vagabondo,
      prigioniero nella gabbia dorata
      del gretto consumo,
      rinchiuso come tanti
      nello spietato giogo della solitudine!

      Sono un essere che va errando nel mondo
      senza più razza né terra né patria!
      Sul suolo natio la mia indifferenza,
      sopra ci sputo,
      nulla ho avuto,
      nulla mi è permesso di dare!

      Senza razza ormai disgregata e distrutta,
      senza patria ormai dissolta e asservita
      come ogni patria e sogno di gloria,
      senza terra, espropriato ed escluso!
      Senza amici né compagna vago desolato.

      Ogni valore vecchio declina,
      lasciando un vuoto da colmare
      e il mondo dei pochi
      e della massa asservita
      m’indica e punta il suo sasso
      pronti a seppellire
      sotto un oceano di pietre
      la carcassa che trascino
      per il deserto del mondo!

      M’indica la folla dei prodotti di serie
      sputandomi in faccia il marchio affibbiatomi,
      dietro falsi sorrisi e salamelecchi,
      mi dice col suo brandello di mente
      quel ch’io sono e che fiero confermo:
      sono il vostro Dio!

      Grazie

      "Mi piace"

  28. Buon giorno.
    Trovo la poesia, a qualsiasi espressione si possa riferire, densa di significati.
    Sostituisce la parola quando, per parlare di un emozione, si colloqui per immagini.
    In alcuni casi, alcuni vesi di una qualsiasi poesia possono rivelarsi una salvezza per lo spirito oppure una guida per i propri sentimenti.

    Ecco, questo è il mio pwnsiero, rimanendo nei binari tracciati da Ninni.
    Buongiorno a tutti.
    Un grande abbraccio Milord, scappo che sono in ritardo.
    (Ho appena letto LOGOS – ho cliccato sopra a destra, mamma, smbra di parlarti 🙂 )

    Un abbraccio

    Eleonora

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    • Triste o sereno…

      Sconforto, amaro sconforto,
      abisso di fredda e buia sorte
      di un desiderio che nasce già morto,
      di un bieco presagio che di fa forte!

      Sconforto, piccolo grande sconforto,
      freno di vita e d’ogni genuina pulsione
      nave che avanza senza vento e corrente,
      ma con l’alito freddo della disillusione
      che nel baratro oscuro inabissa ogni passione!

      Sconforto, dolce e nudo sconforto,
      sicario spietato della speranza,
      ogni miraggio vasto si fa corto
      e tormenta l’anima che con fatica arranca!

      Sconforto, caro sconforto,
      momento di pausa e riflessione
      che ferma il lavoro di spirito e mente!

      Si sforza l’anima in questa lezione
      affina lo sguardo,
      il suo respiro si fa potente
      e passa sconfitto,
      abbattuto e ritorto
      ogni amaro sconforto!

      Grazie

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    • E pensa, pensa, pensa la pensierosa!
      Sulla panchina della solitudine,
      guarda nel vuoto con sguardo sconfortato,
      grandi occhi lucidi trattengono il liquido,
      s’arrossano e guarda sconsolata!

      Affonda il bel viso tra le candide mani
      e il manto liscio e morbido dei lunghi capelli
      ricopre la scena del dramma!

      Un gesto delicato e frenetico
      delle lunghe dita sottili che asciugano le lacrime
      che tagliano il volto vellutato luccicando!

      Pensa la pensierosa,
      forse ad un litigio con qualcuno poco fa,
      forse alla perdita di una persona cara,
      forse alla crudezza di un mondo freddo ed impazzito,
      o forse alla solitudine di una gioventù
      che spietata miete e brucia le virtù
      carpendo e depredando il vigore immacolato
      gettando nel cestino ogni entusiasmo,
      ogni speranza che diviene presto delusione!

      Grazie

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  29. Buonanotte a te, dolce gattone.
    Nel ricordo dei miei lontani miagolii.
    In questo giorno che non riesco a vederne la luce.

    Sofferenza, dolore e un pizzico di nostalgia.

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    • Ogni sera, prima di coricarsi, il giovane artista faceva visita al suo disegno e portava con se’ la sua matita, per apportare eventualmente qualche piccola modifica.

      Una sera
      ubriaco
      quelle palpebre umide,
      quegli occhi appannati…
      si lessero
      in uno specchio
      di bronzo.

      Nuovi tratti,
      nervosi e tremuli,
      da aggiungere al suo disegno.

      Un’altra sera,
      solo,
      accovacciato vicino al caminetto
      col suo gatto nero,
      poco prima di dormire,
      scorse,
      furtiva,
      la fiamma del genio…

      e un’espressione felina.

      Fu ansioso di riportare
      il suo ritratto,
      senza aver paura
      di cancellare
      altro.

      Lasciò cadere la matita sul tavolo, si alzò con grande fatica -insolita per lui- e accese la lampada.
      Poi si guardò a lungo, molto a lungo pare, anche se in effetti lo sguardo vagò sul suo volto – per pochi minuti – nello specchio e …decise!

      Il sangue, sapore di vita, adesso copriva i vestiti ed il pavimento, mentre da quei polsi due labbra irregolari sussurravano, tra voci liquide, l’addio a quella inutile vita.

      L’ultimo sguardo, ormai spento, sorrideva alle tenebre tanto amate.

      Quella notte l’Inferno aprì i battenti, mostrando due antichi troni di pietra.

      Troverò, un giorno, durante queste Ere Colei che siederà regnando con me all’Inferno!

      Grazie

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  30. Un pezzo, caro Dott. Raimondi che, sotto un periodo elettorale fra i tanti in Italia, colpisce per la veridicità e sensibilità: ” abbiamo creato il vampiro e il vampirismo “.
    Appunto: chi se non noi abbiamo creato i presupposti per questi succhiasangue?

    Le lascio un caro saluto, Dottore.

    G.F.

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    • Dolce cadrà la pioggia,
      forando le nubi dense di vapori atomici
      e di mortali germi artificiali.

      Dolce cadrà,
      mentre mesto si leverà il richiamo del vento
      alle anime del passato…

      Gli ultimi alberi scarni sospireranno,
      orfani del canto degli uccelli,

      intorno ad una casa vuota,
      bruciata dalla furia atomica,
      mentre, su una parete bianca,

      ombre umane, immagini di un passato
      vicino eppur tanto lontano,
      resteranno lì in eterno prive di corpo.

      Dolce cadrà la pioggia
      su questo mondo vuoto.

      Dolce cadrà
      sulle bruciate valli,
      sugli erti monti bianchi
      sugli spenti mari.

      Dolce cadrà la pioggia…

      Resteremo in questo Regno
      io e Te,
      abbraccio senza fine,
      fra i cori dei Dannati.

      Riconoscero’ il tuo sguardo
      tra le pieghe,
      dei petali neri,
      di una rosa ormai morta

      nata dal Tuo sangue
      che e’ mio…

      che e’ nostro…

      In questo mondo di Tenebra,
      di oscena lussuria,
      dove
      al canto delle maree

      saro’ il Tuo Signore
      nell’Immortalita’.

      ………un pò come morire, ma non ricordo…

      Grazie

      "Mi piace"

  31. Sola!…silenziosa nel buio.

    Rifuggo dalla luce,
    Percorro l’oscuro sentiero.
    Sento un suono lontano
    Penso al mondo che ho lasciato,
    Ma non lo rimpiango.

    Sola!…questo è il mio destino.

    Ormai c’è il silenzio,
    La notte è immobile
    Solo un grido si ode.
    La speranza per me,
    brilla lontana.

    Sola!…fuggo via dal dolore.

    La nebbia si chiude,
    è già decisa la strada.
    Ma io cosa posso fare?
    I pensieri della mia mente
    Sono più neri della notte.

    Sola!…ormai in me è il nulla.

    Non c’è vita nei tuoi occhi,
    Intorno a me solo sangue.
    Il mio cuore non batte.
    Non posso più sognare,
    ne potrò amare.

    Sola!…piango lacrime e sangue.

    Urlo vita,
    Grido morte,
    Chiedo amore.
    Ma nessuno risponde.

    Sola…io sono la Notte.

    Buona giornata Milord

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    • Segna e sogna,
      viandante che sosti,
      tra queste nere tende
      al riparo del Sole.

      Segna cosa insegna
      non viver più
      la perduta vita.

      Sogna quel che resta
      senza morte,
      d’un ricordo perso
      nell’oblio, nel nulla!

      Languidi e distorti i sospiri nella notte,
      sussurrato il richiamo della morte,
      spine di rosa forman il giaciglio,
      le coperte intrise di un rosso, vermiglio.

      Mischiate le fragranze della circostanza,
      il dolce profumo ed il pungente puzzo in evidenza,
      decomposizione ed incenso in eterno ad adornare,
      il funereo letto che il sole mai potrà rimirare.

      La pelle lentamente rilascia i fluidi e l’essenza,
      delle sembianze resta solo una parvenza,
      vaga libero lo spirito ora privo di catene,
      corre veloce come il sangue, nelle vene.

      Le marmoree pareti riluccicano d’un candido bianco,
      soffia all’interno il vento, leggero e stanco,
      il silenzio si mesce alla pioggia tamburellante,
      questa sinfonia è piacevole, confortante.

      Tranquilla e sonnolenta lei riposa dentro la fredda bara,
      la sua effimera bellezza a marcire, ignara,
      non vi saran più labbra rosse e corpose come il vino,
      solo una velata presenza, innanzi alla morte, a capo chino.

      Sulla pietra incisa una triste e malinconica epitaffi,
      un’uomo inginocchiato che nell’incredulità si nutre di schiaffi,
      un uomo preso dalla pazzia che non aveva amico alcuno,
      sulla lastra inciso in nero: Qui riposa “NESSUNO”.

      Tal rimane, Viandante che esci allo scoperto, nel vento e nelle Urla, tal rimane l’esangue corpo, nel buio secolo della polvere,… senza ricordo alcuno

      Grazie

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  32. Il respiro affannato di chi la vita la ricorda soltanto.
    L’ultimo barlume di speranza: una eternità rorro rubino, crescere a dismisura nelle vene e nei ricordi.

    Ecco che la poesia, in questa nuova strada, si fa largo.
    Ecco la lirica preziosa di chi sa apprezzarla.

    Bello Milord il pezzo.
    Sembra di esserci.

    Ciao

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    • Osserva,tra le volute argentee della luna crescente, le cime degli alberi che come sfondo offrono quella cornice, luminescente, alle “cose” degli umani nelle terre del “Mondo Accanto”. Cammina lentamente e lentamente spiega una pergamena, vergata con calligrafia grande e regolare…

      Margherita
      dai petali dubbiosi.
      Diamante nero
      dagli occhi di serpente.

      Orchidea delicata,
      che nasconde la luce.

      Nei petali,
      in un attimo eterno.

      Nel viola
      in un cielo bellissimo.

      Come il tuo sorriso.
      Questo.

      …lascia le bianche vallate per svanire tra le ombre dell’Accampamento: A Voi Ilaria ed Arianna; per Voi…e sorridendo si dissolve nelle tenebre odorose.

      Grazie

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  33. Quando la mente non ha limiti,
    Quando lo spirito non si accontenta,
    Quando l’anima non si placa,
    Quando il sangue ribolle,
    Allora sei senza controllo!

    Senza controllo non hai più regole,
    Non sai più che fare e come fare né cosa fai,
    Non sai cosa pensare, se riesci a pensare
    E navighi sperduto nella nebbia,
    Nell’oscura tempesta dei tuoi neuroni,
    Dei tuoi pensieri e dei tuoi impulsi.

    Senti rimbombar la mente
    E un brulichio di frasi
    Ma non sai e sai che non puoi sapere
    Disperato cerchi un’ancora e non la trovi.

    Il mondo fuori scorre inesorabile
    E ti chiedi se ciò che credevi era giusto,
    Se ciò che sapevi era esatto,
    Se ciò che facevi era corretto!

    Ma non hai risposta
    E ti abbandoni all’agonia dello spirito
    E agli istinti dell’oranismo.

    Non riesci più a muoverti
    Né a far nulla, pur facendo tutto,
    Perché ogni azione non ha più senso,
    Ogni cosa è fine a sé!
    Ma perché vivo ancora?

    Perché continuo?

    La vita ti scorre via e ti scivola dalle mani
    Come una viscida anguilla
    E passi i tuoi giorni come un automa scontroso
    Come un leone in gabbia,
    Come un lupo escluso da ogni branco
    Che vaga senza più meta in attesa
    Della morte suprema,
    Che viene come una liberatrice.

    Ma sai che in fondo non cerchi la morte
    Ma la vita,
    E cerchi di aggrapparti ad essa,
    Fai qualunque cosa:

    Ti lasci andare ad ogni tipo di bassezza
    E di meschinità pur di sentirti ancora vivo,
    Ancora esistente,
    Ancora funzionante,
    Ancora palpitante.

    Ti abbandoni ad ogni sensazione,
    Ad ogni inganno che abbia un’apparenza di luce!
    Ma perché vivo ancora, perché continuo?
    Nulla risponde!

    Ma so che nel momento in cui cadrò più in basso,
    Nel momento in cui non avrò più forza,
    In me scocca una scintilla,
    Darò fondo alle riserve di energia,

    Ed una forza e una speranza uscirà fuori
    Da non so dove,
    Una spinta che mi guida e che mi traina
    Fuori dal deserto e dal mare tempestoso
    A continuare la mia ricerca
    Verso la via, verso la vita, verso la verità.

    E intanto il mondo scorre inesorabile
    Senza controllo!

    ...ma non andò così…

    Grazie

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  34. L’Abbraccio…

    Calmo e pacato il piede calca la sabbia,
    La luna in cielo risplende di una luce cupa,
    gli scogli della costa dall’ombra coperti,
    si svelano sotto il languido scrosciare delle onde.

    Un fruscio alle spalle, un’altra presenza,
    una mistica e differente essenza,
    si cela in quel passo felpato e silenzioso,
    l’angoscia di un ricordo, doloroso.

    Le note del vento, leggere e meliflue,
    sollazzano il corpo ghermito al terreno,
    e lasciano volare libero l’animo,
    che d’altro nettare abbisogna.

    Un’istante immortale che pare effimero,
    squarcia la scena come una lama,
    nel cuore, nella mente, nel sangue,
    devasta e lacera, ma non ama.

    Il collo si piega su un lato,
    voglioso d’ accogliere labbra d’avorio,
    mentre l’estatico abbraccio si compie,
    non un gemito, non un urlo,
    solo silenzio, salasso e passione.

    Scorre veloce il purpureo rivolo,
    sul liscio collo mentre la pelle s’intirizzisce,
    uno spasmo composto, le ossa distrutte,
    la carne sussulta, il respiro s’affievolisce.

    La vita che scorre in te sulle dita di una mano,
    puoi quantificarla e calcolarla, senza sbagliare
    cinque litri di pura vita che lenta lasci andare,
    e nel buio addormentare.

    Morirai stanotte, morirai stanotte,
    tutto ciò risuona alle tue orecchie come una dolce,
    pacata ed infantile nenia, un dolce sonno,
    per un nuovo, cieco, risveglio.

    Addormentati, in questo abbraccio, stanotte,
    senza rimpianti, angoscie, rimorsi,
    ho scelto te, sei l’eletta, dell’unione il gancio,
    la vittima, l’innocente, il pasto.

    Una vita, il nostro riposo eterno,
    in questo amore di rosa senza spina,
    sarà sicuro il nostro Inferno
    e per altri cagion di gran rovina.

    Cordialità e buon giorno

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  35. Sei quella lacrima,
    che scivolando non precipita,
    ha bagnato la mia pelle,
    modellandola in uno sguardo.

    Un passato intramontabile,
    come la luna che rischiara,
    sei la luce che ripara,
    la mia anima nomade.

    Il desiderio nelle mie dita,
    l’abbraccio con i tuo capelli,
    inebriami del tuo profumo,
    rendimi finalmente libero.

    Ripenso ai momenti senza te,
    intento a stringere un silenzio,
    che manca di voce,
    e non mi da pace.

    Confinata in un cassetto profondo,
    le mie mani ti cercano,
    ogni carezza alla tua bellezza,
    un nuovo pianto del cuore
    già senza lacrime.

    Dove sei ora ?
    Assapori le mie labbra
    nel nettare di rubino?

    Dove sono io ora ?

    In un angolo buio fatto di sospiri
    e pieno di silenzi.

    Ninni Raimondi

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  36. Buon giorno, buon giorno, buon giorno Milord.
    Ho letto e mi sono fatta una scorpacciata di poesie. sei stato, Milord, coerente con il tuo articolo ben “articolato”, ecco.

    Il brano che mi è piaciuto più di tutti è stato proprio quest’ultimo, sopra di me.
    Belle bello.

    Ti lascio una buona domenica grande quanto una casa.
    E un caro saluto a tutti

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  37. Ho letto i tuoi versi Milord e mi chiedo se ono in grado di meritarli.
    Ho letto dell’amore e del dolore.
    Della disperazione e dei disperati.
    Dell’orgoglio e dell’orgoglio ferito.

    Credo che a questo punto mi manchino le parole oer definirti.
    L’uomo che ognuna sogna e vorrebbe accanto.
    Dolcezza, signorilità e onestà.
    Partecipazione e affetto.

    Un abbraccio veramente sentito Milord.

    Saluto tutte le mie aiche e amici. Almeno voi abbiate una serena domenica.

    Vostra Elena Simonin

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  38. Era da tanto che non passavo da qui, Signor Lord.
    L’ultima volta avevo letto un articolo sul presidente del consiglio e questa sera, ma è tanto che volevo passare, ho letto ancora e ancora e ancora quel brano che, serio o ironico che sia, parla di pura poesia. di incanto e di bellezza, disincantandoti.

    Devo dirlo: hai le mani d’oro.
    L’argomento mi è sempre piaciuto e il vampiro affascina proprio per il carattere erotico. Fortemente erotico.
    Ma quello che mi ha incantata è che rispondi ai commenti con altrettante poesie.
    Bellissimo.
    Non avevo mai visto una cosa così meravigliosa.
    (In alcuni Blog, quando girello un po’ qui e un po’ là) basta una delle tue poesie per tenere banco).
    Io la chiamo espressione artistica nel sangue.

    Un morsettino sul collo.

    Rosy

    Questo è il link di una foto che mi ha ispirata leggendo il tuo brano. .

    Ciao 🙂

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  39. Caro Lord Ninni, affascinata dal Vostro Colloquio e dai tanti pregevoli commenti, sono arrivata fino in fondo un po’ stanca ma deliziata.

    Il mio cuore è semplice e l’anima sensibile e al sol parlare di vampiri sento battere i miei denti.
    Vi abbraccio
    Mistral di Ombreflessuose

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  40. Una tematica che offre spunti ampi e qualche volta bizzarri al proprio modo di essere.
    Fai bene a sottolineare, caro Ninni, che tutto è legato – esclusivamente – a una vena poetica.
    Sei bravo.
    Ti dirò, mi ritrovo nelle tue parole e ti ringrazio per avermi messo “in bocca” quanto affermi nel tuo racconto.
    Non avrei potuto trovare di meglio.

    Ciao Ninni e un abbraccio.

    Saluto chi conosco.

    E.

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  41. .

    Già s’avvicina l’ora che trepido ogni fiore
    come un vaso d’incenso svapora sullo stelo;
    solcano effluvi e musiche la sera senza velo;
    malinconico valzer, delirante languore!

    Ogni fiore svapora trepido sullo stelo;
    il violino geme come un afflitto cuore;
    malinconico valzer, delirante languore!
    Come un altare immenso è triste e bello il cielo.

    Il violino geme come un afflitto cuore,
    un mite cuore, ch’odia il nulla vasto e gelido!
    Come un altare immenso è triste e bello il cielo;
    nel suo sangue rappreso il sole immoto muore.

    Un mite cuore, ch’odia il nulla vasto e gelido,
    dei bei giorni che furono raccoglie ogni bagliore;
    nel suo sangue rappreso il sole immoto muore….
    Il tuo ricordo in me brilla come un cimelio.
    (Charles Baudelaire)

    Come può essere bella e fragrante una nota poetica.
    Come esorcizzare il passato e il futuro da chiudere dentro un vampirismo che parla di sangue per suggere vita.

    Ciao mio piccolo Ninni.
    Un salutino dalla Berta e un saluto per tutti, anche dalla Berta.

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  42. Chanson d’après-midi

    Quoique tes sourcils méchants
    Te donnent un air étrange
    Qui n’est pas celui d’un ange,
    Sorcière aux yeux alléchants,

    Je t’adore, ô ma frivole,
    Ma terrible passion !
    Avec la dévotion
    Du prêtre pour son idole.

    Le désert et la forêt
    Embaument tes tresses rudes,
    Ta tête a les attitudes
    De l’énigme et du secret.

    Sur ta chair le parfum rôde
    Comme autour d’un encensoir ;
    Tu charmes comme le soir,
    Nymphe ténébreuse et chaude.

    Ah ! les philtres les plus forts
    Ne valent pas ta paresse,
    Et tu connais la caresse
    Qui fait revivre les morts !

    Tes hanches sont amoureuses
    De ton dos et de tes seins,
    Et tu ravis les coussins
    Par tes poses langoureuses.

    Quelquefois, pour apaiser
    Ta rage mystérieuse,
    Tu prodigues, sérieuse,
    La morsure et le baiser ;

    Tu me déchires, ma brune,
    Avec un rire moqueur,
    Et puis tu mets sur mon coeur
    Ton oeil doux comme la lune.

    Sous tes souliers de satin,
    Sous tes charmants pieds de soie,
    Moi, je mets ma grande joie,
    Mon génie et mon destin,

    Mon âme par toi guérie,
    Par toi, lumière et couleur !
    Explosion de chaleur
    Dans ma noire Sibérie !
    (Baudelaire)

    Au revoir a tout le monde.
    Un abbraccio Sig.ra Emilia.

    Bisous mon cheri Ninni

    Annelise
    Paris, 30/1/2013

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  43. .

    “ORDO AB CHAO”
    In principio c’era il Caos e la Notte e il buio Erebo e il vasto Tartaro;
    non esisteva la terra, né l’aria, né il cielo.
    Nel seno sconfinato di Erebo
    la Notte dalle ali di tenebra generò per prima un uovo pieno di vento.
    Col volgere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio:
    sul dorso splendevano ali d’oro ed era simile al rapido turbine dei venti.
    Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro,
    egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce.
    Neppure la stirpe degli immortali esisteva
    prima che Eros mescolasse insieme ogni cosa.
    Quando l’uno con l’altro si accoppiarono, nacquero il cielo e l’oceano
    e la terra, e la stirpe immortale degli dèi beati…”.

    (ARISTOPHANE,693-702)

    *****

    “PHANES”

    Le scie lontane d’un lunare ingranaggio,
    sono canti d’airone,
    chiavi di volta nello stridio di una canzone.

    Intaglio a scroscio emozioni,
    tra lucori assorti,
    d’un rossore che percuote il volto.

    Affresco di te questo luogo sepolto.
    Vestigia sanguigna di strazio alla deriva.
    Profondo spazio, d’infinito avvolto.

    Luciferino astro,
    che aspro,
    s’inabissa sulla Sua Luna.

    Ti Ho.
    Perchè sei Tutto.
    Tutto ciò che non dovrei aver

    Grazie…
    Con stima.

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  44. Ritrovai un fiore, raccolto per me, da un arco di glicine … non sapevo fosse lì accanto, lo ritrovai dopo tempo e silenzio … nel Luogo dove l’avevo riposto. Non era più di un semplice fiore, reso quasi trasparente dal tempo. Racchiuso in quel lembo di stoffa … aveva atteso … come se i secoli non lo avessero che pallidamente sfiorato, intatto come un quadro che anela a ricondurre il visitatore in certi luoghi quasi dimenticati.

    Volevo piangere e morire fra quei petali leggermente violetti, sentire ancora le parole di quel Dono leggero e delicato.

    Ed ecco stillare una goccia scarlatta di memoria, un tremito ed un battito poco accelerato. Il Ricordo era lì, fermo, quasi sorridente, a cingermi in volto le mani di un calore ormai soltanto immaginato.

    Questa è l’Eternità.
    Racchiusa nel Silenzio di giorni ormai lasciati al tramonto del Cuore … Sospesa, fra le moltitudini di tentativi per non lasciare sfuggire nemmeno una certezza.

    Piccolo è l’Universo di questo fiore … e mi ritrovo a passeggiare ancora nei giardini e nel Tempo immemore del Ritorno.
    ___
    Un Saluto per Voi Milord ed uno per Tutti.

    I Miei Rispetti
    Ni’Ghail

    Slàn

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  45. Ti o ritrobsato lord ninniy. quanto ti o cercato anche con il copiuter del albergo. bello il racconto tuto. ma chi sono o signori che parllano? to trovatoooo … e che mi son l rivoprdata sono adesso e o messo ninin sul compiute e sei apparso. come faccio per mettere la foto mia.. me lo faccio dire. vedo che ci sono sempre i soliti altri belli e brutti e nuovi .ti sono mancata?
    adesso vado che devo finire le stanze.
    ciaor Gerania

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  46. .

    Oltre le ore e i pomeriggi,
    come frecce dentro le carni
    il pensiero si sposta
    a Est.
    Dove sorge il sole.
    Dove la magia
    si nasconde dietro un sorriso.
    Là, dove si ferma il mondo.

    (EVFDA)

    Un caro saluto a tutti e un abbraccio alla mia amica Nighail.
    Un saluto a Milord

    Emma Vittoria

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  47. .

    Un passo dopo l’altro
    un’ora dopo l’altra
    nell’attesa della nuova luna,
    nell’attesa delle tue promess.
    Un silenzio
    è èaura,
    nella solitudine
    dell’alba
    di una notte.

    Buon giorno milord e buon fine settimana.
    Auguro un buon giorno a tutti.

    Eleonora

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  48. Buiongiorno e buona domenica Milord.
    Sembra che, dopo una notte buia e tempestosa, oggi appaia il sole.
    Un saluto a tutti.
    (Ho letto che è tornata la “Signorina” che avevamo lasciato su quell’altra casa: Splinder!).

    Bisousss

    Annelise pour toi

    Paris 3/2/2013

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  49. In una falce che tutto consuma, ma nascosta fra le dita di un racconto.
    Ecco che la sublimazione della poesia si nasconde dietro la volontà di un racconto perfetto.
    Ho letto le tue poesie, caro Ninni.
    E le ho contate anche.

    In altri luoghi, diverso da questo, igni tua poesia sarebbe stata un post.
    Buona domenica. Una domenica che porti tranquillità.

    Un saluto per tutti.

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  50. Serena domenica Milord.
    Non posso fare a meno di leggere, sulla seconda parte, le tue conclusioni e volendole indicare:

    Eppure, a onta di tutto questo”, lo interruppe Ninni R, “da questa idea può derivare un materiale che, in mano a un poeta ricco di fantasia e non privo di senso poetico, desterà quei brividi di pauroso raccapriccio celati nel nostro intimo; i nostri sensi, a contatto con l’ elettricità di un oscuro mondo di spiriti, saranno scossi, anche senza essere sconvolti e sarà proprio il ritratto del poeta a impedire che l’orrido non degeneri nel ripugnante e nel nauseante; in genere appare sufficientemente pazzesco per marcare, sia pure nel pur breve effetto, l’animo nostro. Perché, dunque, non dovrebbe essere concesso al poeta di muovere la leva della paura, del raccapriccio e dello spavento? Forse perché qua e là ci può essere qualche anima sensibile e incapace di sopportare qualcosa del genere? Come dire che a tavola non si dovrebbero mai servire piatti troppo piccanti, perché potrebbe esserci qualcuno di costituzione debole o di stomaco malato”?

    Perché non sfruttare tutto quelo che abbiamo fra le mani?

    Un abbraccio e buona domenica e un saluto per tutti.

    Louis

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  51. Giornate fredde
    cielo grigio, come i tuoi occhi
    il camino acceso, vive
    le mie mani fredde,
    scalda il cuore
    il tuo sorriso,
    tutto è lento
    silenzioso
    l’inverno
    è caldo
    adesso.

    Buona notte piccolo Ninni. Riguardati. Ho dovuto litigare con la Berta: voleva scrivere tutto lei.
    Un saluto a tutti, belli e brutti.

    "Mi piace"

  52. .

    ….e quando credi di aver dimenticato……….

    Triste è l’addio dato,
    ad una persona che mai si rivede
    ad un tempo lontano e passato!

    Allora i ricordi ti sono dentro e vicini,
    ti animano e ti danno speranza,
    riempiono il cuore e la mente!

    Ricordi di ere lontane,
    di antiche compagnie
    spesso rimpiante!

    Ma lungo e infinito è l’addio dato
    a colei che hai a lungo desiderato,
    a chi hai sognato ed amato,
    per cui hai a lungo sospirato!

    Quando la lontananza si pone frammezzo
    non vi sono ricordi che di desideri spezzati,
    come farfalle che sono cadute,
    come frutti acerbi abbattuti!

    E tutto ciò che hai sognato ed amato,
    lascia il posto ad un vuoto mai ricolmato!
    Senza ricordi che scaldano il cuore,
    vaghi disperso nelle nebbie di un mancato amore!

    Lungo è il tormento di un addio senza ricordi,
    di chi ti lascia coi sensi in sospeso,
    di chi rimane nebbiosa chimera,
    di un amaro, difficile che passi!

    C’è qualcosa che ti frulla la testa,
    è come un disco incantato,
    un giro nel vuoto!

    Lungo il tormento, amaro il respiro,
    di un saluto che nemmeno puoi dare,
    il suo nome rimane sulle labbra,

    …e lo pronunci per riempire la mancanza,
    un saluto che dici a te stesso,
    una menzogna che si è vestita di verità
    e ti ha tenuto col fiato sospeso,
    lasciandomi solo con lungo addio senza ricordi!

    Quando un pensiero è tanto forte da divenire un sogno….oppure un ricordo…

    Lunga notte I

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  53. .

    Questa sera…..

    …Liberarsi di un pensiero, di un’ossessione può, delle volte, dare quella illusione di “sazietà” d’essere. Già: Essere! Mai parola rappresentò, come questa, solo pura espressione “verbale”! Osserva, lungamente, oltre le scogliere il mare, oltre la vita e la morte: l’Oltre!

    Questa sera si compie un altro periodo,
    un altro ciclo si chiude,
    di Lei che è ormai lontana
    intravedo un flebile raggio di luce
    che sempre contemplo!

    A sprazzi riempie il mio cuore
    per poi svanire lasciandomi un minuto frammento
    che in me risplende ed ad esso mi aggrappo tenace
    e vivo di un sentimento che dentro mi consuma vorace!

    Parola abusata e corrotta
    che esprime il più intimo bisogno vitale,
    bisogno di carne, viva, reale!

    Questa sera, sera di calma e di riflessione,
    sera di pensieri e di sosta,
    sera che porta alla luce del chiaro di luna
    tutto quello che ho dentro all’oscuro affossato!

    Amore lontano, amore sublime, amore infinito!
    Mi ha visitato e lasciato sfinito!
    Mi lascia un ricordo che scioglie i pensieri,
    mi da un’emozione che sulle altre sovrasta
    e mi obbliga ad arrendermi e fermarmi!

    Ragione e spinta spontanea di vita
    che nasce da dentro e non va ricercata
    ma va liberata!

    In un mondo che tutto dilania e disgrega
    non so dove né quando ho capito di avere il bisogno
    dell’amore più vasto e più sano
    che respira il vento come i grandi aquiloni,
    che si gonfia e sospinge verso un profondo baratro
    per toccare il fondo
    e dal fondo spiccare rapido il volo
    verso le alte vette
    e le incommensurabili altitudini!

    Mi resta vicino,
    anche adesso che più non c’è,
    qui dentro di me!

    Mi evoca un tempo ormai lontano
    che a me pare ancora vicino!

    Mi riporta a momenti
    ancora presenti
    che sembrano
    già tanto lontani!

    Il senso del tempo si storce e deforma
    e si dischiude più forte il bisogno:

    “Bisogno di chi non c’è più
    e di chi ancora tarda a venire quaggiù!”.

    I rumori della notte sembrano essere indistinti tra il crepitare del fuoco e le sorde parole delle tenebre!

    Lunga notte II

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  54. .

    Forse un pensiero. Inizia a declamare alle nubi e ai lupi…

    Rimasi stordito sulla spiaggia
    e tutto quello che percepivo
    era il suono del vento,
    il palpito affannato delle onde
    e il mio dolore.

    Questo ora è tutto quello che ho,
    che mi resta di lei,
    di lei che, sorridendo,
    giace abbracciando la sua forza.

    Ora che lusinga la sua bellezza
    riflessa nell’acqua,
    ora che ha ritrovato la sua anima,
    la sua mente.

    Le aveva smarrite,
    in un attimo passato in fretta,
    tanto velocemente da non farmi capire
    se mi fossi mai addormentato,

    tanto lentamente
    da farle credere
    che mi fossi appena svegliato.

    Lunga notte III

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  55. .

    Nel lento cammino, al di sopra delle nebbie che, odorose di muffa, ricoprono questo accampamento, si svolge il tempo. Quel tempo senza clessidra che Tu, o Viandante, abbracci nel sostare in questo luogo. Osserva, in lontananza, il Castello; ascolta le urla disperata delle onde marine, rabbiose contro le scogliere. Ma soprattutto ascolta quanto, in questa pacata solitudine, ti racconterò. Solo un’attimo, Viandante, poi andrai lasciandomi il silenzio e questa oscurità di attesa…che è soltanto mia!

    Ancora un’altra notte è passata, in silenzio. Ancora un’alba senza stelle illumina un giorno nuovo, senza colori. Sono stanco…
    Siedo sul davanzale della finestra, rientro, poi torno a guardare il cielo… così per tutta la notte. Il sonno ormai non viene mai prima delle cinque, e mi lascia spesso turbato, al risveglio, con i suoi sogni e i suoi incubi. Sono stanco!
    La notte morente canta la sua triste melodia nelle spire del sole nascente, che con lentezza e inesorabile decisione ne scioglie l’accogliente oscurità e ne cancella le mille magie nascoste; i miei occhi si appesantiscono, mi fanno male e bruciano per la luce, ma cerco di non pensaci per continuare invece a contemplare questo spettacolo struggente e malinconico, che ogni giorno si ripete uguale dall’eterno, eppure ogni giorno riesce a sorprendermi e commuovermi come fosse il primo…
    E’ sorprendente, l’alternanza e la ciclicità del tempo: lo scorrere uguale delle stagioni, l‘immutato sorgere e il tramontare di ogni giornata contrapposto alle infinite sfumature delle foglie e dei fiori, alle imprevedibili direzioni del vento…

    Rimango per qualche attimo spiazzato, di fronte a una vastità che la mia mente non riesce a contare e contenere, mentre fili di seta luminosa prendono a correre sulle nubi basse e scure, araldi eterni che annunciano il finale trionfo della luce d’oriente sulle ultime spoglie della notte, ormai confinate in un piccolo e lontano angolo di cielo. E come la grande notte caduta, così anch’io ora, inizio a sentire il forte richiamo dell’oblio, della dissoluzione.
    Il nero mi invita, mi sorride comprensivo…
    Un sole troppo forte mi sta consumando dall’interno, mi scioglie, poco a poco, mentre la mia anima si nasconde e trema nei lontani cieli dell’incoscienza… la sete sta per arrivare.
    So che presto dovrò trovare del sangue, non posso resistere alla voce suadente eppure imperante del mio lato più oscuro e nascosto…
    Tra poco inizierò a stare male, quello che ora è solo un desiderio si trasformerà in un bisogno, un bisogno fisico, un dolore insopportabile di vuoto, fame e rabbia, pronto ad esigere il suo inderogabile tributo…

    La stanchezza si fa più pesante, le mie membra sembrano rigide e fredde, poco controllabili. Mi accorgo di tremare, e mi accorgo anche di non poter più aspettare oltre: …Devo bere adesso, prima che tutti in casa si sveglino e mi vedano, prima che il mondo si riempia di nuovamente di rumori e parole e il torpore mi avvolga ancora, come ogni giorno, rendendomi incapace di sentire e pensare….
    Le mie dita fanno fatica e reggere il coltello, tremano troppo e devo fare uno sforzo per riuscire a tenerlo dritto, ma in qualche modo arrivo a praticarmi tre tagli paralleli proprio sopra il polso sinistro, ai quali appoggio le labbra, confortato dal calore e dal dolce sapore del sangue fresco, che mi scorre lento e buono nella bocca, nella gola, fino a scaldare anche quella piccola parte di me, impaurita dal buio della notte che abbiamo appena attraversato insieme.
    Non avere paura, le dico silenziosamente, mentre la prendo per mano e scivolo con lei nel grigio della calma e dell’abbandono, nel morbido riposo e nel piacere del sollievo…
    Mi lecco le labbra: ne vorrei ancora. Vorrei rimanere nel mio strano e poco poetico paradiso artificiale ancora per un po’, ma non c’è tempo.

    Il sole ormai ha avuto la sua lotta e la sua vittoria, e noi, figli della notte in fuga, vaghiamo ancora una volta soli, in attesa del suo oscuro ritorno.
    L’epilogo dell’oscuro pasto…

    Lunga notte IV

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    • Lunga notte IV

      Questo brano è bellissimo, Ninni.
      Qualcosa che mi ha inchiodata qui e mi ha fatto rivivere tante cose del mio passato.
      Un passato che, sotto certi aspetti, abbiamo condiviso con l’impegno e l’abnegazione.
      Ogni giorno, noi, eravamo pronti a morire per quello in cui credevamo.
      Io ricordo i bombardamenti su “Baghdad”, E sono sicura che tu li ricordi pure.
      Una comunanza che non può dividere, ma unisce anche nell’espressione della poesia, della letteratura.
      …. anche se non comprendo o capisca le poesie.

      Un abbraccio con tanto, tantissimo affetto.
      (Siamo in molti che ti aspettiamo, sai?)

      L.

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  56. .

    Dentro al nero.

    Benvenuto!

    E mi risvegliai all’alba del sole nero, dopo l’Abbraccio, con tanta sete e tanta immortalità.
    Anche i ricordi stanno sfumando.

    Vivo nella notte, creando il mio giorno.
    E sono felice…..

    Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte…

    Lunga notte V

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  57. .

    Entra a passi lenti, decisi.
    Il silenzio, tra le tende di questo accampamento lungamente solitario è presente e vivo.
    Anche il mare, tra le dita delle lontane scogliere tace.
    L’antica ombra del Castello illuminato dalla Luna, si fa largo tra gli alberi del bosco silenzioso.
    Sembra quasi voglia parlare…
    Percorre gli ultimi tratti del passo, ormai in vista della Tenda Maior.
    Sedendo percepisce gli antichi odori ed i lontani sospiri…

    Ti ho vista.

    Dopo il lungo desiderio
    che durava
    colorato di emozioni
    nel cuore incredulo.

    Eri bella
    ovattata e impalpabile
    e l’acqua suggeriva
    immagini di sogno.

    Il canto bizantino
    di guerrieri lontani
    arrivava con le onde
    che pigre lambivano
    nobili portali.

    Eri li’
    dolce promessa
    mai mantenuta!

    Eri li’
    e gia’ troppa voce
    ti rapiva al casto sguardo
    che ti spogliava
    tremando.

    Quasi sillabando con voce bassa e composta sussurra a quelle ombre:
    Il buon tempo verrà.
    Poi svanisce tra le pieghe delle tenebre…

    Lunga notte VI

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  58. .

    Osserva le macerie e a passi lenti si dirige verso la bruna sagoma. Ecco il Castello che, come una Grande Madre, tutto avvolge e sopisce ai bordi di una luna quasi spenta. Ultimo pensiero.

    Nei tuoi occhi,
    leggo,
    il cuore.

    Sola e immortale.
    Senza tempo e dolci
    cime; una rima fresca
    e chiara
    in un bicchiere d’acqua.

    Lontananze effimere
    e profumo di gelsomino.

    Tra le ali del silenzio,
    quelle pagine,
    dedicate,
    mi regalano un sorriso:
    Il tuo.

    Sere lunghe e inascoltate;
    un sospiro e la ricerca
    di un sorriso,
    quì racchiuso.

    Tanto forte respirava,
    l’urlo libero
    e tranquillo d’una gioia,
    poi repressa.

    Non più tempo di morire;
    della morte siamo indegni;
    nella sorte quì un silenzio,
    tra una mano
    e una carezza.

    Leggo pagine,
    e gole e canti.
    E lacrime
    e parole.

    Nello sguardo,
    vuole dire,
    tra le pagine del libro:
    ecco quì, sto per morire
    tra le braccia del mio inferno.

    Abbandona quei prati e a testa china osserva le ombre che, stese come bandiere morenti sull’erba nera, ammiccano ad una oscurità sempre più estranea, sempre più lontana.

    Lunga notte VII

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  59. Buongiorno Ninni.
    Non ho mai letto tanta letteratura in una volta sola. Si vede che parli con la tua anima, con il tuo spirito. Se tu fossi stato un “venditore”, avresti centellinato tutto come un lento rosario nel corso dei giorni.
    Ecco perché mi piace come scrivi, quando lo fai e “come” lo fai.
    Ti piace, ci riesci e regali delle liriche bellissime.

    Un abbraccio caro.

    Marisa

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  60. Questa volta ho preso proprio nota.
    Le risposte con altrettante poesie quasi come se si fosse in piena competizione.
    Seguire l’onda!
    Questo è bellissimo.

    Buona giornata Milord.

    Dalla partenope Capitale.

    Dudù

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  61. .

    COME FOGLIA D’INVERNO….

    Ricamo con farfalle
    e soffi di vita i capelli ribelli.
    Ramati e vivi come foglie d’inverno.

    Nell’ultimo abbraccio,
    l’anima tua ha lasciato il calore sulla mia pelle;
    marchio a fuoco.
    Destino dipinto con colori di miele.

    Pellegrine mani e sguardi bambini.
    Labbra a labbra.
    Dita superstiti su marosi inquieti.
    Orfana pagina buia, dal dimenticato dolore,
    intrisa di me, di te e dei nostri occhi.

    T’aspetto,
    raccogliendo petali di sole e sorrisi.
    Li spargerò nei metri che ci mancano,
    coprendo oscuri marmi,
    e spasimi azzurro cielo.

    (EVFDA)

    Cordialità…

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      • Madame Hilde, non so se le mie siano poesie. Non mi è mai piaciuto chi le ha definite tali.
        Lascio scivolare la mia anima tra questi pixel bianchi; tra le mani di chi mi legge.
        E lascio, che voi tutti, vi possiate adagiare tra le mie crepe di cuore e le parole.
        Grazie Hilde, con profonda stima e affetto.

        Grazie Ninni

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      • Mia Signora Lady Emma Vittoria,
        Ci associamo – senza alcun dubbio – alle espressioni di Lady Hilde Strauss.

        Porteremo un esempio, non banale:
        Pellegrine mani e sguardi bambini

        sguardi bambini, a nostro modesto avviso, rappresentano l’innocenza, comunque, del nostro vivere che è permeato dall’impossibilità di decidere.
        Tutto è già fatto, compiuto, selezionato.
        Un po’ come, l’assurdo (è soltanto una nostra intuizione, mia Signora, che non vuole coinvolgere alcuno) logico dell’ “Amore” maggiore di Dio.
        Egli è amore; Egli mira, semplicemente, al benessere del Creato; Egli …
        Ecco Milady, ritenemmo che “Egli” si nutra del “male” (non vogliamo offendere nessun sentimento religioso, per carità. Noi siamo “laicissimi”).
        A suffragio: senza la presenza delle espressioni del male, Egli non esisterebbe; Egli non avrebbe le preghiere “accorate” di quanti soffrono.
        Senza il malessere, dunque, Egli sparirebbe.

        (Stiamo trattando di una nostra personale e sconfessante visione su tutte le religioni).

        Proprio nel frangente della Vostra poesia leggiamo il compiersi di qualcosa ogni giorno, ogni istante e momento.

        Grazie

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    • Mia Signora Giovanna Giò di Rosa Oscura.
      Vi ringraziammo per le parole, sempre generose usate al nostro indirizzo.
      Effettivamente alcune di quelle “espressioni” nacquero nell’immediato, altre erano già facenti parte di un nostro, passato, repertorio.
      Segnatamente ci riferimmo a “L’accampamento del cavaliere” un luogo dove scrivemmo per anni per il Clan Ventrue.
      Tanto tempo è trascorso in cui tutta l’acqua che scorre sotto i ponti, dell’antico castello, si fece largo tra gli eventi. Amici, persone, scrittori e poeti che si avvicendavano nella convinzione diurna che il rispetto del prossimo, oltre essere sottolineato dai nostri comportamenti, esigesse le “giuste” manifestazioni esteriori.
      Manifestazioni, comunque, espresse a corollario di quanto asserito.

      La vita, nella forma in cui la conosciamo, merita quella nobiltà d’animo e comportamenti, proprio in quanto tale.

      Nel nostro umilissimo piccolo, dunque, cercammo di onorare – seppur malamente – tutte le persone, come Voi Milady, che lessero e si accorsero di una “particolare” personale visione, diventata uno stile di vita.
      Grazie

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  62. Osservo i giacigli del peregrino andare
    e neve
    e bianchi lidi
    si aprono ai Sipari di ieri.

    Anime di tenui colori, sfilano come in corteo,
    verso l’Isola delle Mele e nello sguardo Oltre l’Orizzonte,
    quasi a raccontare
    di perdute Vele …
    … lasciando al vento un profumo di salsedine.
    Soffia un cielo pallido,
    corrisposto dall’Anello di Nebbia
    che scivola nell’aria
    in assenza di Fragilità.
    Oscilla l’Inferno
    e qualcosa di nuovo; sotto la pelle,
    così come una Lacrima
    al banchetto di un insonne.

    Chiari Abissi si aprono
    in quell’idea di Voluttà devota alla Febbre
    ed all’Anima, cui somiglia;
    in passo lento
    ed antiche Parole.

    Sull’orlo palpita
    un’oscura foresta
    che il Tempo dipana
    con gli sguardi e le immagini perdute,
    nevosa Tenebra
    che si tinge di gelo
    e d’Incanto
    per tutto ciò
    che dal Canto proviene …

    … Vive,
    palpitando di Purezza
    nel giorno
    in cui l’Amato
    lascia dietro di sé
    il Deserto
    per tingere d’Oceano
    l’Eterno della Notte più Lunga.
    ___
    Caro Ninni,
    il Cammino tra le tue parole è come un Incantesimo che lega il Tempo alle mani, ferme sul volto. L’incredulità e la Bellezza di tanto scrivere, dissipano le ombre distratte dal vento e dal rumore del mondo.
    Mi è piaciuto restare ad Ascoltare … un po’ come ritornare sui propri passi e ritrovare le tracce di una Via, sotto la sabbia del silenzio.
    ___
    Un Caro saluto per Tutti

    I Miei Rispetti
    Ni’Ghail

    Slàn

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    • …dissipano le ombre distratte dal vento e dal rumore del mondo…

      Mia Signora Lady Nighail, credete dunque che le “ombre del mondo” servano a nascondere porzioni di luce? La bizzarrìa di questo mondo (forse un po’ meno in quello accanto) è proprio il fatto che, parlando di luce, appaiono immediatamente le ombre.

      Inevitabile, dite?
      Beh, è un po’ come ricostruire alcune foto … dai propri negativi.
      Nessuna visione chiara, aperta, ma, per contrasto, un panorama “induttivo” di quanto si osserva.
      Così, però, la vita permane nei dubbi delle incertezze.
      E’ da dire che, vivere dubitando, ci regala il sale della vita.
      L’incertezza è la padrona del nostro essere.

      Grazie

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  63. ‘Cosa credi che sia un vampiro?’ mi chiese con onestà.
    ‘Io non pretendo di saperlo. Tu sì. Che cos’è?’ domandai. E a questo lui
    non rispose niente, come se avesse intuito la disonestà della domanda, il
    disprezzo. Rimase semplicemente seduto a guardarmi con la stessa
    espressione immobile. Poi io dissi: ‘So solo che dopo averti lasciato
    cercherò di scoprirlo. Girerò tutto il mondo, se necessario, per trovare altri
    vampiri. So che ne esistono, e non ho ragione di non credere che ne
    esistano in gran numero. E sono certo di trovare dei vampiri che hanno
    molto più in comune con me di quanto io non abbia con te. Vampiri che
    concepiscano la conoscenza come la concepisco io, che abbiano usato la
    loro natura superiore per apprendere segreti che tu nemmeno puoi sognare.
    E anche se non mi hai spiegato tutto, scoprirò le cose da me o da loro,
    quando li troverò’.
    Scosse la testa. ‘Louis!’ disse. ‘Tu sei innamorato della tua natura
    mortale! Tu insegui i fantasmi del tuo Io passato. Frenière, sua sorella…
    sono immagini di ciò che eri e che ancora vorresti essere. E nel tuo idillio
    con la vita mortale, sei morto alla natura di vampiro!’
    A questo obiettai immediatamente. ‘La natura di vampiro è per me la
    più grande avventura della mia vita; tutto ciò che è stato prima è confuso,
    annebbiato; sono passato per la vita mortale come un cieco che avanza a
    tentoni da un oggetto all’altro. È solo da quando sono diventato vampiro
    che per la prima volta ho rispettato tutta la vita. Non ho mai un essere
    umano vivente, pulsante, finché non sono stato un vampiro; non ho mai
    saputo cos’è la vita finché essa non mi è sgorgata in un fiotto rosso sulle
    labbra, sulle mani!’ Mi sorpresi a fissare le due donne; la più scura ora
    stava diventando di una terribile sfumatura di blu. La bionda respirava.
    ‘Non è morta! ‘ dissi improvvisamente a Lestat.
    ‘Lo so. Lasciala perdere’ rispose. Le sollevò il polso, le fece un nuovo
    taglio vicino all’altro e si riempì il bicchiere. ‘Tutto quello che dici è
    sensato’ mi disse, bevendo un sorso. ‘Tu sei un uomo d’intelletto. Io invece
    non lo sono mai stato; quello che so l’ho imparato ascoltando la gente
    parlare, non dai libri. Non sono andato mai abbastanza a lungo a scuola,
    ma non sono stupido, e dammi retta perché sei in pericolo. Tu non conosci
    la tua natura di vampiro. Sei come un uomo adulto che, ripensando alla sua
    infanzia, s’accorge di non averla mai apprezzata. Ma non puoi, da uomo,
    tornare nella stanza dei bambini e metterti a giocare coi tuoi balocchi,
    chiedendo di essere sommerso di amore e di cure, solo perché adesso hai
    capito quanto valgono. Lo stesso è per la tua natura mortale. Ci hai
    rinunciato. Non puoi fare ritorno al mondo del calore umano coi tuoi nuovi
    occhi’.
    ‘Lo so benissimo!’ ribattei. ‘Ma cos’è questa nostra natura? Se posso
    vivere del sangue degli animali, perché devo andare per il mondo a portare
    sventura e morte alle creature umane?’
    ‘Sei felice?’ chiese. ‘Vaghi nella notte, nutrendoti di topi come un
    pezzente, poi contempli trasognato la finestra di Babette, pieno d’affanno
    ma impotente, come la dea che venne di notte a guardare Endimione che
    dormiva e non poté averlo. E anche se potessi tenerla tra le braccia, e lei ti
    guardasse senza orrore o disgusto, e poi? Pochi anni per vederla vinta dalle
    ingiurie del tempo e poi morire davanti ai tuoi occhi? Questo ti rende
    felice? Questa è follia, Louis. Vanità. Quel che devi vedere davanti a te è
    la natura di vampiro, cioè quella del predatore. Ti garantisco che se
    stanotte uccidi una donna bella e piena di vita come Babette e le succhi il
    sangue fino a farla cadere ai tuoi piedi, non rimarrà più appetito per il suo
    profilo al lume di candela, o per ascoltare dalla finestra il suono della sua
    voce. Sarai saziato, Louis, come è destino che tu sia, da tutta la vita che
    potrai avere; e quando sarà finita, ti tornerà fame della stessa cosa, ancora,
    ancora e ancora. Il rosso che c’è in questo bicchiere sarà altrettanto rosso;
    le rose della tappezzeria altrettanto delicatamente disegnate. Vedrai la luna
    nello stesso modo, lo stesso tremolio di una candela. E con quella stessa
    sensibilità a cui tieni tanto, vedrai la morte in tutta la sua bellezza, e la vita,
    come la si conosce soltanto nel momento stesso della morte. Non lo capisci
    questo, Louis? Tu solo tra tutte le creature puoi vedere la morte in quel
    modo, impunemente. Tu solo… sotto la luna che sorge… puoi colpire come
    la mano di Dio!’
    Si appoggiò allo schienale della sedia, vuotò il bicchiere, e …

    DA: INTERVISTA CON IL VAMPIRO-Anne Rice

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    • Un’intervista interessante, Donna Emilia.
      Certo, ormai fa parte della letteratura mondiale. Riflettete, però, se fosse legata a un qualcosa di veritiero.
      Credete che, mai, quella intervista possa esser stata , appunto, rilasciata?
      Grazie

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  64. Caro Lord Ninni: ho passeggiato per ore fra questi versi. Leggendoli e assaporandoli uno ad uno.
    questo post è incredibilmente bello, come lo sono tutte le poesie in risposta. Non ho scritto nulla fino ad ora non essendo all’altezza di simile beltà. Posso solo dire che sono orgogliosa della vostra ospitalità in queste splendide stanze che emanano profonda eleganza.
    Accettate, vi prego, i miei più sinceri e affettuosi saluti. Abbiatevi cura.
    Vostra fedelmente Giovanna Scaglione Orofiorentino

    Permettetemi di lasciare un saluto caro a tutti vostri lettori: che ammiro e stimo sinceramente.

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    • Vi ringraziammo, mia Signora, per le espressioni sempre gentili da Voi lasciate al nostro indirizzo.
      Certi di interpretare, al meglio, i sentimenti sei nostri e Vostri amici di questo spazio web, Vi accogliemmo con gioia augurandoVi un felice rientro.

      Grazie Lady Giovanna Scaglione d’Orofiorentino.

      Cordialità

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