Fiore di pesco

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La bestia irrequieta, indomita, sfrenata.
L’Incontinenza, che si abbandona cecamente
agli istinti, non ha mai pace, né la dà.

1 Fiori di pesco

Un po’ di tempo fa mi trovavo presso le rovine di un antico tempio pagano e assieme a Ibn, parlavo della caducità delle opere umane e dell’inutilità dell’arte.
1“È vero – annuì – nulla resiste all’abbraccio del tempo e tutto ciò che l’uomo crea già reca in se i germi del declino e dell’oblio. Questo tempio è stato eretto moltissimi anni or sono, ed ora nessuno può più dire quale falso dio vi ricevesse omaggio. Delle sculture e dei bassorilievi restano solo pochi frammenti erosi dal vento e dalle sabbie e tra altrettanti anni neanche questi resti affioreranno dalle sabbie e del tempio stesso anche il più vago ricordo si sarà dissolto eppure questo tempio ha un suo scopo, forse ignoto all’artista che l’ha eretto, se queste pietre potessero parlare forse direbbero noi fummo erette affinché nel momento del declino due poeti potessero riposarvi accanto per parlare della caducità dell’arte, leggendo nelle nostre pietre corrose il segno che nulla di ciò che è umano resiste al tempo, se l’opera umana si concentra solo sulla pietra essa è solo un segno tracciato sulla polvere e null’altro, poiché la pietra è polvere e di tornare polvere è il suo destino”.
Raccolsi un ciottolo che ancora recava tracce di smalto e lo mostrai ad Ibn.
“Allora perché creare, produrre opere nella vana speranza di sconfiggere il tempo se esse già recano in se il germe della morte, a che serve dunque essere artisti”?
“L’artista che incide sulla pietra il suo messaggio lo affida alla polvere, non così il poeta o il filosofo, poiché il loro messaggio germina in altre menti e si perpetua col trascorrere del tempo, la carta è più fragile della pietra, il calamo più leggero dello scalpello, l’inchiostro più labile dello smalto, ma la parola o il pensiero che fissano cavalcano gli anni impetuosi e se pure l’artista è dimenticato, quei pensieri riappaiono riportati da altri poeti che in essi ritrovano se stessi. Il pensiero e la parola viaggiano per il mondo, come polline recato dal vento2 producono altre piante ed altri fiori, ma questa scultura è immobile e non può deliziare che pochi pellegrini che a malapena descrivere sanno ciò che i loro occhi hanno veduto. Guarda questa pietra, essa durerà mille anni e poi sarà polvere, guarda questa pianta, vivrà forse dieci o cent’anni e poi anche essa sarà polvere, eppure da questa pianta nasceranno altre piante chissà dove, non è la stessa, dirai, è vero, ma in quelle altre piante tramanderà se stessa, la sua essenza, sfidando il tempo più potente della pietra. Così è l’arte: l’arte che vuole sfidare il tempo e cerca per sostegno una pietra o un nobile metallo è solo pietra e null’altro, ma la poesia o la filosofia è la pianta, più effimera forse, ma non sterile, essa dopo millenni darà ancora frutti, anche se la pianta madre è stata ormai negletta. Affida dunque alla fragile carta i tuoi pensieri, Ninni, e non cedere alla lusinga della pietra, il tuo nome forse sarà dimenticato, forse le tue parole col tempo cambieranno, potresti dire che questo pesco assomiglia al suo antenato? Ma ciò che conta è che esso è qui e sazia i nostri corpi, così le tue parole, anche mutate, sazieranno un domani altre anime, riperpetuandosi su altri papiri ed altre pergamene, trascritte con amore da uomini che mai vedrai e loro stessi pur ignorando il tuo nome, si smarriranno in quei pensieri ritrovando in essi la loro stessa anima. La scelta è facile, Ninni, tu sei valente artista e dolce sognatore, se vuoi che il tuo nome sia ricordato per mille anni, scegli la pietra e popola le sue fibre di immagini scolpite, imprimi il tuo nome, ma tra mille anni esso sarà polvere come le immagini del mondo che hai sognato, se invece vuoi che siano i tuoi pensieri, i tuoi sogni e la tua poesia a vivere, dimentica la pietra e affida alla carta la tua anima, ma non illuderti, il tuo nome presto sarà storpiato e poi dimenticato, altri faranno loro i tuoi pensieri, le tue massime, le tue visioni, ma esse vivranno finché l’uomo sarà su questo mondo, esse cavalcheranno gli anni, perché saranno impresse su qualcosa che non avrà mai fine, l’animo umano, ed il vento della notte le recherà fino alle stelle che fredde osservano i nostri giorni; le nuvole le recheranno a spasso per il cielo; i sogni le ridesteranno nell’animo dei puri. Esse vivranno sempre ed in loro, dimenticato, vivrà un po’ di te che le hai seminate nell’animo dell’uomo”.
Un altro mese è trascorso e ieri ho appreso che Ibn si è spento nel sonno, in quel sonno in cui aveva riposto la sua stessa vita. A lui dedico quindi tutti i miei pensieri ed i ricordi che serbo delle sue parole, oh sì, la pergamena è fragile, ma come il fiore del pesco invia il suo polline oltre le montagne, anche questa germinerà nel tempo e nello spazio e poco importa se il nome mio un giorno sarà dimenticato.
Sono tornato proprio oggi sul sentiero del fiore di pesco.
L’albero non c’è più.
Un fulmine lo ha incenerito, ma intorno alle rovine vi sono altri alberi e altri ne ho scorti nella vallata.
Così sento che le mie parole vivranno, anche se anch’io presto sarò polvere, come quell’albero alla cui ombra, io e Ibn, abbiamo tante volte conversato.
Cordialità

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21 pensieri su “Fiore di pesco

  1. Forse è proprio nelle ultime parole che l’esistenza, chiamandosi tale, si sviluppa.
    Lasciamo un ricordo delle noste azioni? Forse, ma forse no.
    Morirò con il sogno nel cuore e la certezza nel desiderio.
    Oltre quel ramo di pesco, il cui profumo mi è ancora ignoto.

    Bello caro Milord.
    Un bel brano.
    Buona domenica

    Elena

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    • Elena Simonin

      Lady Elena, la vostra presenza, presso queste umili pagine, gratifica ed innalza l’umile spazio web a noi dedicato.
      Lasciammo, fra le vostre mani, mia signora, la nostra cordialità più sentita.

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  2. Milord, mio signore,
    la caducità stessa della vita ci porta a esprimerci, se non con cinismo, almeno con circospezione.
    Hai scritto bene le tue cnsiderazioni.
    Ibn, però, con la sua morte ha sottolineato e ti ha fatto sottolineare quanto le parole possano rimanere per sempre nel cuore.

    Bello tutto questo.

    Giorgia

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    • Giorgia Mattei

      La caducità, mia signora, questa sconosciuta.
      Da come ‘l’essere umano si comporta sembrerebbe che non abbia, ben capito, che siamo mortali.
      Mah.

      Abbiate le nostre migliori cordialità

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  3. Non siamo padroni del tempo, che ci sfugge e non riusciamo a controllare, che non passa mai quando ci annoiamo, che non riusciamo a fermare per nemmeno per un attimo quando stiamo facendo qualcosa d’importante.

    “Il tempo che è possibile avere; il tempo che può scarseggiare, il tempo della fretta e della noia”. Il tempo rievoca il presente, l’oggi, il momento, l’attimo… ma anche la tristezza, la sfiducia, la mancanza di risposte del passato”.
    E la speranza, l’impegno, il possibile del futuro: “Accanto al mondo concreto della cosiddetta realtà sociale, vi è un mondo invisibile e quindi solo immaginabile, ma non di meno importantissimo, per la comprensione del precedente: il mondo del possibile”.
    Qua ho letto, questo pomeriggio, uno dei mondi del possibile dalla mirabile penna del milord.

    Mi inchino a tanta saggezza.
    Bacio.

    M.

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  4. C’é un profondo insegnamento che deriva dall’esperienza milord.
    Le pietre, il sasso, anche se nobilitato dal ricordo del mondo, se lanciato può colpire e fare male.
    Alcune volte, pur di evitre le perle ai porci è bene distruggerle o mangiarsele.

    Sei bravo Ninni, come sempre.
    (Stavolta di più)

    Bacio.

    Lilly

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  5. Una bella riflessione sulla caducità dell’Arte, anche quando si parla di Arte con la “A” maiuscola, sia essa incisa sulla pietra o con più delicatezza sulla carta. E però – perché queste tue riflessioni in forma di racconto, appartengono anche a me e a chiunque faccia dell’arte -, penso che la vita della/sulla Terra per l’infinito che è l’Universo, sono niente. Domani o posdomani la Terra sarà di certo cancellata dallo spazio; e l’Universo, nel suo apparente Caos, neanche se ne accorgerà. Migliaia di poeti, dopo di noi, scriveranno e lasceranno le loro opere a beneficio delle generazioni future, nella speranza che queste possano servire a migliorare l’umanità e a farla sentire meno sola. Tuttavia un giorno anche sulla Terra qualunque forma di vita sarà impossibile. Il pianeta si ridurrà come Marte o peggio, e quando solo la polvere dominerà, senza più traccia alcuna dei poeti e dei milioni di uomini che nel corso delle epoche lo hanno abitato, un giorno la Terra finirà, inghiottita nell’Infinito Universo come mai fosse esistita. E allora perché scrivere, fare dell’Arte, tentare di emulare Dio creando, quando ben sappiamo che tutto quello che faremo e tutto quello che è stato fatto, non resterà? Non si salverà un singolo verso. Dio, o chi per esso, o un bel Nessuno, manco si renderà conto che un pianeta nomato Terra non esiste più. Forse fare dell’Arte è una forma di egoismo e null’altro.

    Un forte abbraccio, con la stima e amicizia che sai

    beppe

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    • – Sto ascoltando: BOB DYLAN, JOHNNY CASH AND THE NASHVILLE CATS
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      * A NEW MUSIC CITY
      ——————–
      – Girl from the North Country (with Johnny Cash)
      – Driftin way of life (with Jeff Walker)
      – Behind that locked door (with George Harrison)
      (Adesso) Beacoups of blues (with Ringo Starr)
      – The night they drove old Dixie down (with Joan Baez)
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      Lady Nadia
      Siete gentilissima, milady mia signora.
      Previsione facile in verità. Un brano scritto durante una dissertazione a posteriori su un grande amico scomparso prematuramente e profondo conoscitore dell’animo umano.
      Rimane quell’amarezza di aver voluto dire o fare e che non si può più.
      Siete lodevole, mia signora ed estremamente sensibile.
      Vi augurammo una serena giornata

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