“Voi, Isabella?”, chiesi contento.
Trovarmela vicina, mi fece balzare il cuore in petto; sembrava volesse scappare via.
“Da piccola mi volevo fare monaca; mi sarebbe piaciuto“. Rise.
Anch’io risi e incoraggiato da quella scioltezza familiare le confidai: “Spesso penso a voi”.
Di nuovo rise piano.
Ho ancora nelle orecchie il suono della sua risata.
Breve, brevissima, come se cercasse di respingere qualcosa di repugnante o come se fosse trafitta da qualcosa d’insoffribile.
Eppure, empiva la corte con i suoi modi cortesi e la schietta esuberanza dei suoi sedici anni.
Lo sapeva ma, penso, che risentisse dello strano vivere dei cortigiani: ipocrite alleanze, tradimenti, congiure. Il fatto accaduto mi venne riferito, soltanto, l’ultimo giorno delle festività pél carnevale di quel 1624.
Odoardo, mio cugino, mi raggiunse presso il camino dove ardevano i pezzi di una quercia intiera. Senza essere reticente o riluttante datosi che era abituato a vedere, in cancelleria, approssimarsi quelle umane tempeste più o meno sconvolgenti, mi disse: “La nipote del duca, la leggiadra Isabella, va in sposa al vecchio conte Vincenzo“. Fu un pugno nello stomaco che mi lasciò boccheggiante. Poi lo sentii seguitare: “Non che al nostro Duca faccia difetto l’umanità ma, la ragione politica conta anche per lui, se non su tutto e su parecchie cose. Questo matrimonio sarà di grande prestigio e onore per il suo casato; quindi non si corruccerà proprio se dall’unione non ne deriverà una stirpe leonina“. Così quando le note dei liuti e dei flauti iniziarono a diffondersi nell’ampio salone dei balli, la voglia di danzare si era allontanata da me. In quell’attimo, però, entrò Isabella. Abbagliato da sì tanto splendore, restai a lungo immobile. Tornai al presente soltanto quando, Odoardo, stringendomi il braccio disse: “Tutti hanno notato chi guardi. Domani non si parlerà che di voi due“.
Poi ammonendomi, aggiunse: “Stai in guardia! Hai dalla tua l’irruenza dei tuoi anni, ma la potenza del Duca …“.
Sospirando, mi riscossi da quell’incantamento, e nello scompiglio provocato dalla rumorosa caduta della porta, (per un cedimento dei cardini) la persi di vista.
Benché discreti, i preparativi diffondevano solo malumore a corte e il lamento d’Isabella si coglieva nel suo sguardo.
In un giorno di maggiore afflizione mi rivelò sconsolata, mentre il suo sguardo si posava dolcemente sul mio: “Sognavo le nozze con un giovane, invece mi attende una vita di tristizie da fare invidia ai morti“.
I pensieri che affollavano la mia testa m’impedirono di dormire.
Dopo aver affondato, più volte, il viso nel cuscino, mi destò brusco un incubo di facce e di tanti occhi. Mentre andavo alla finestra, avevo la sensazione di essere in un mondo stregato e sottilmente malefico.
Notai, dunque, un gruppetto di persone che guardava nel fossato.
Dai lunghi capelli biondi e dalla veste avevo inteso, come un’illuminazione repentina: era di una femmina il corpo che stavano raccogliendo dall’acqua, ma ero troppo alto per poterne vedere i lineamenti. La sensazione maligna che si era impossessata di me, mi seguì anche giù per le scale. Arrivato, che fui, sul ponte levatoio la vidi bene: si trattava di Isabella.
Sparsero la voce che era scivolata, ma io so che non è vero. Non mi è stato d’aiuto respirare i forti odori dell’estate anzi, ad ogni stagione, diventa più feroce la mia amaritudine e il mio dolore.
Tre giorni dopo.
Dicono che i grandi spazi aiutino a superare le passioni, dato che ne sottolineano l’esiguità.
E se fosse vero?
Decisi: parto.
M’imbarco, per le Indie, sulla Leòn y Castilla ma prima ho voluto riempire di scritti queste carte, che presto o tardi qualcuno leggerà.
E mi firmo Francisco Alfonso Felipe Mendez de Maquedonez Ansa y Cienfuegos, escrita en, el año del Señor, 6 Enero 1630.
Narrano le cronache di come, la Leòn y Castilla, nave dorata dai mille cannoni, trovatasi entro un fortunale tremendissimo, affondò al largo di Tangeri, con tutto il suo carico di Umanità e di Speranze.
Come ho scritto di recente in una poesia – perdona l’autocitazione, caro Lord Ninni: “Come divide il fiume/ le sue due sponde/ ugual per le donne/ a sinistra un cuore/ a destra un altro/ Ma in seno il dispetto,/ unico figlio non abortito”.
Un racconto romantico, in perfetto equilibrio con la moda – in realtà mai morta del tutto – che fu tipica dello Sturm und Drang. C’è “tempesta” e “impeto” in questa narrazione. Ma forse è giusto che Alfonso naufraghi con il suo amore, come in una sorta di suicidio camusiano, perché il sospetto, leggendo questa breve narrazione, è che Alfonso imbarcandosi altro non ricercasse che la morte e non un’altra vita al di là del mare, nelle lontane Indie, terre selvagge, ancora poco esplorate. E quand’anche fosse arrivato a destinazione, non è affatto detto che la sua vita si sarebbe accomodata; è invece più probabile che sarebbe morto, per qualche malattia, fra stenti e patimenti, così come accadeva a moltissimi in quei tempi sì lontani.
I miei complimenti. Sei una grande penna, ma forse non c’è bisogno che sia io a dirtelo.
caro amico mio, come sempre, in due parole hai affrontato l’argomento prendendo il toro per le corna.
Si, Alfonso doveva morire. sarebbe stata una storia piatta, insulsamente immatura.
Qua, però, ho romanzato un avvenimento accaduto “quasi” sul serio.
Il duca Francisco Alfonso Felipe Mendez de Maquedonez Ansa y Cienfuegos è morto sul serio sulla Leòn y Castilla, affondata al largo di Tangeri.
Una storia, come tante, che ci giunge da un passato remoto ormai archiviato.
mi piace la tua scrittura, caro Ninni, in quanto hai una mano felice nel ricordare tutto il passato per meglio proiettarci nel futuro.
Bello, per esempio, il tuo pezzo sul massacro di Wounded Knee.
sei proprio una garanzia. non ti fermi al fatto, ma ne componi una narrazione.
Bello.
Giunge da un passato remoto e questo è vero.
Giunge carico, però, sempre con il suo insegnamento.
La libertà di decidere del proprio destino è fondamentale.
Spero si sia compreso.
Bellissimo questo verseggiare antico Lord Ninni, un verseggiare che io ho sempre amato molto.
La ringrazio di tutto cuore per questa storia piacevolissima, che senza tanti fronzoli è ugualmente avvincente e che si legge con estremo piacere. Mi complimento con Voi, bravissimo.
Ossequi. Patrizia
Milady mia signora, nel ringraziarvi del vostro passaggio e firma, questa storia che emerge dalle cronache oscure della nostra storia, continua a portare il suo messaggio di libertà individuale.
Che nessuno la opprima. Sia esso un duca, o un marchese, sia esso un jahidista o terrorista.
Grazie per esserci.
Sei riuscito a trovare, anche in questo racconto, caro Kompagno, gli estremi per una lotta di classe traslata al passato.
Beh, gli estremi, forse, sono un po’ sorpassati.
Cordiality
Amabilidad
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Esta historia de amor, les dejo la huella de mi paso.
Más allá del más allá!
Vívido amabilidad
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Una storia bella e delicata, soltanto come voi, milord, sapete fare.
Un bacio
LMR
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La maga rossa
Grazie milady.
Siete gentile come sempre.
Cordialità
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Una bella penna veramente, Milord.
Avete la poesia fra le mani.
Un pensiero per Alfonso e Isabella
Dalla partenope Capitale
Dudù
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Diadumeno
Grazie per esserci “Miluorde”!
Sautamme
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Come ho scritto di recente in una poesia – perdona l’autocitazione, caro Lord Ninni: “Come divide il fiume/ le sue due sponde/ ugual per le donne/ a sinistra un cuore/ a destra un altro/ Ma in seno il dispetto,/ unico figlio non abortito”.
Un racconto romantico, in perfetto equilibrio con la moda – in realtà mai morta del tutto – che fu tipica dello Sturm und Drang. C’è “tempesta” e “impeto” in questa narrazione. Ma forse è giusto che Alfonso naufraghi con il suo amore, come in una sorta di suicidio camusiano, perché il sospetto, leggendo questa breve narrazione, è che Alfonso imbarcandosi altro non ricercasse che la morte e non un’altra vita al di là del mare, nelle lontane Indie, terre selvagge, ancora poco esplorate. E quand’anche fosse arrivato a destinazione, non è affatto detto che la sua vita si sarebbe accomodata; è invece più probabile che sarebbe morto, per qualche malattia, fra stenti e patimenti, così come accadeva a moltissimi in quei tempi sì lontani.
I miei complimenti. Sei una grande penna, ma forse non c’è bisogno che sia io a dirtelo.
Un forte abbraccio
beppe
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Iannozzi Giuseppe
caro amico mio, come sempre, in due parole hai affrontato l’argomento prendendo il toro per le corna.
Si, Alfonso doveva morire. sarebbe stata una storia piatta, insulsamente immatura.
Qua, però, ho romanzato un avvenimento accaduto “quasi” sul serio.
Il duca Francisco Alfonso Felipe Mendez de Maquedonez Ansa y Cienfuegos è morto sul serio sulla Leòn y Castilla, affondata al largo di Tangeri.
Con stima
Ninni
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Una storia, come tante, che ci giunge da un passato remoto ormai archiviato.
mi piace la tua scrittura, caro Ninni, in quanto hai una mano felice nel ricordare tutto il passato per meglio proiettarci nel futuro.
Bello, per esempio, il tuo pezzo sul massacro di Wounded Knee.
sei proprio una garanzia. non ti fermi al fatto, ma ne componi una narrazione.
Bello.
Ciao e buona giornata
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Spillo
Giunge da un passato remoto e questo è vero.
Giunge carico, però, sempre con il suo insegnamento.
La libertà di decidere del proprio destino è fondamentale.
Spero si sia compreso.
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Una storia che avvince nella sua semplicità, caro dottore.
Quel tipo di semplicità alla quale ci siamo disabituati.
Bene
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PickWick
Si, Direttore, una storia molto semplice e quasi sfiancante nella sua linearità e realtà.
Grazie
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Bellissimo questo verseggiare antico Lord Ninni, un verseggiare che io ho sempre amato molto.
La ringrazio di tutto cuore per questa storia piacevolissima, che senza tanti fronzoli è ugualmente avvincente e che si legge con estremo piacere. Mi complimento con Voi, bravissimo.
Ossequi. Patrizia
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Patrizia M.
Milady mia signora, nel ringraziarvi del vostro passaggio e firma, questa storia che emerge dalle cronache oscure della nostra storia, continua a portare il suo messaggio di libertà individuale.
Che nessuno la opprima. Sia esso un duca, o un marchese, sia esso un jahidista o terrorista.
Grazie per esserci.
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Nikolaij Kuznetsov
Sei riuscito a trovare, anche in questo racconto, caro Kompagno, gli estremi per una lotta di classe traslata al passato.
Beh, gli estremi, forse, sono un po’ sorpassati.
Cordiality
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Questa storia mi ha avvinta e commossa, Milord!
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