Nadiya Zaytseva VIII

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1Rimasta sola nel padiglione dei bambini, Nadiya andò alla finestra che dominava il lago.
Una parte di lei sapeva che avrebbe fatto meglio a rientrare in casa per continuare le ricerche mentre Stefan era impegnato al ponte, tuttavia era ancora alquanto scossa dalla ventata di passione.
Le occorreva qualche minuto per tornare in sé, prima di dedicarsi ai suoi compiti. Per giunta non era sicura che le gambe tremanti l’avrebbero sorretta.
Mentre contemplava i cigni che scivolavano sull’acqua, sentì un rumore di passi leggeri. Sorpresa, si voltò e guardò l’ombra che si profilava sulla soglia.
“Stefan…”
Si interruppe allarmata vedendo entrare un robusto sconosciuto, dal viso brutale e dagli occhi piccoli e duri. Si addossò istintivamente a una parete, guardando con diffidenza la camicia di lino grezzo e gli sdruciti calzoni di lana.
Era un dipendente di Meadowland? Improbabile. Negli ultimi giorni aveva fatto conoscenza con quasi tutto il personale e non aveva mai notato un individuo simile.
Non poteva nemmeno essere un fittavolo: nessuno si sarebbe permesso di fissare un’ospite del duca con un interesse così volgare.
Reprimendo un brivido di paura, Nadiya valutò disperatamente la possibilità di scansarlo con uno spintone e raggiungere la porta.
Come se avesse intuito i suoi pensieri, l’uomo continuò ad avanzare con un sorriso di scherno sulle labbra.
“Miss Zaytseva” la chiamò con un accento che la colmò di terrore. Era russo, e di sicuro non si trattava di un incaricato di sua madre. “Aspettavo l’occasione giusta per parlare da solo con voi.”
“Chi siete?”
“Diciamo che mi manda un conoscente comune.”
6Dandosi un contegno, lei lanciò un’occhiata sprezzante ai suoi miseri indumenti.
Era in trappola. Quale altra scelta aveva oltre ad affrontarlo con spavalderia?
“Non credo che frequentiamo gli stessi ambienti.”
Un sorriso malvagio gli storse le labbra. “Vi credete migliore di me?” la provocò. “Anche se avete soldi e bei vestiti, siete una bastarda qualunque. Proprio come me.”
“Basta che urli e una decina di domestici accorrerà in mio aiuto. Volete salire su un patibolo inglese?”
“Oh, non griderete.”
“Come potete esserne certo?”
“Perché in questo caso dovreste confessare al vostro amante il vero motivo per cui siete venuta.”
Lei si sforzò di mantenere un’espressione altezzosa, nonostante il panico crescente. Doveva essere un complice di Nikolas Babevich. Chi altri poteva conoscere i suoi obiettivi nel Surrey?
Ma perché l’aveva seguita in Inghilterra? E, cosa ancora più importante, che intenzioni aveva?
“Sono qui per rendere visita a Lord e Lady Summerville” affermò con falsa sicurezza.
“Niente di così innocente. Siete venuta a rubare le lettere.”
“Non so…”
“Non sono stupido” ringhiò lui. “State cercando la corrispondenza della contessa. Cosa che mi risparmierà la fatica di farlo io stesso.”
Rinunciando finalmente al maldestro tentativo di finzione, Nadiya si concentrò sull’involontaria ammissione.
“Dunque sono qui” notò alzando il mento. “Questo significa che chi sta tentando di ricattare mia madre mente nell’affermare di averle in mano. La Contessa Karkova sarà ben felice di saperlo.”
“Non per molto tempo” la mise in guardia lo sconosciuto, muovendosi con una velocità straordinaria per la sua mole.
Senza lasciarle il tempo di reagire, estrasse un pugnale bene affilato e glielo puntò alla gola.
“Siete pazzo?” ansimò lei, indignata quanto impaurita. L’uomo puzzava di sporcizia e disperazione.
“Troverete le lettere e me le consegnerete.”
“Altrimenti? Mi ucciderete?”
“Dopo essermi divertito per qualche giorno a farvi pentire di avermi deluso” la minacciò con un sogghigno. “Magari vi piacerà anche. A una russa non basta un damerino inglese: tra le gambe ha bisogno di un toro siberiano.”
Lei non ebbe bisogno di fingere per esprimere il profondo ribrezzo.
“Siete ignobile.”
“Vi concedo fino a domani per portarmele” dichiarò lui, premendole la lama sulla pelle. “Vi aspetterò alle dieci dietro le scuderie.”
“Ma…” Si interruppe, sopraffatta dal panico. “Non so dove siano.”
“Allora fareste meglio a concentrarvi sulle ricerche, invece che giocare con l’uccello del duca.”
Lei ignorò la volgarità e rimandò a più tardi l’orrore per la scoperta che quell’essere spregevole aveva spiato lei e Stefan.
“E se non le trovassi?”
“Allora taglierò la gola alla vostra cameriera e vi porterò in un posto isolato. A quel punto…” Sorrise con crudeltà. “Ebbene, sparirete nella maledetta nebbia che avvolge sempre questa campagna; una vera tragedia.”
“Se scomparissi, lo zar non si darebbe pace: scoverebbe i colpevoli in capo al mondo.”
“Un rischio che sono disposto a correre. Trovate quelle lettere.”
Lei deglutì per alleviare il nodo in gola. “Non tradirò la Russia.”
“Invece temo di sì” ridacchiò. “La lealtà diventa un lusso quando si ha un coltello alla gola.”
“E voi cosa sapete della lealtà?” sibilò Nadiya.
L’uomo storse i lineamenti in una maschera d’odio.
“Credete che debba essere devoto a un imperatore i cui soldati hanno stuprato mia madre, per poi lasciarla morire in mezzo alla strada? Oppure alle puttane che mi hanno adottato allo scopo di darmi in pasto a nobili depravati, appassionati di ragazzini?”
Nadiya avrebbe potuto dimostrare un po’ di compassione nei suoi confronti, se non avesse avuto un’arma puntata al collo.
“Siete fedele a chi vi ha ingaggiato?” domandò invece.
“Finché paga.”
“Io ho soldi. Vi posso offrire una lauta somma.”
“Ammetto che mi tenta, ma purtroppo il mio capo non è il tipo da accettare tradimenti” ammise con un lampo di terrore negli occhi.
“Potreste dileguarvi nel nulla” azzardò lei con disperazione. Era disposta a rinunciare al suo intero patrimonio pur di liberarsi di quel criminale. “Come potrebbe rintracciarvi?”
“Mi troverà, invece. E mi spingerà a invocare la morte.” Scosse la testa, agitando i capelli untuosi. “No. Resterò con lui.”
“Ma…”
“Basta” sbottò lui, ruotando la lama in modo da premere la punta sotto il mento. “Tornate in casa e recuperate quelle dannate lettere.”
“D’accordo” sussurrò Nadiya. Per il momento non poteva fare altro che acconsentire. Quell’uomo pareva pazzo quanto violento: una combinazione assai pericolosa. “Ci andrò.”
Lui strizzò gli occhi. “E, Miss Zaytseva… Che non vi sfiori l’idea di confidarvi con il duca, se non volete che venga trovato morto nel lago.”
“Non osereste.”
“Poche cose al mondo mi darebbero piacere quanto affogare uno smidollato gentiluomo inglese. Cosa sarebbe2 senza le sue proprietà e i suoi domestici?” Sputò a terra. “Un misero omuncolo che merita solo di morire: ricordatevelo.”
Nadiya rabbrividì. Stefan assassinato da quella lurida carogna? Il suo fascino bruno distrutto per sempre?
No.
Avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.
In preda alla disperazione, Nadiya corse verso casa e recuperò Sophy, che stava civettando in cucina con un giovane stalliere.
Sbalordita com’era, la trascinò su per le scale, le riferì in fretta e furia dell’incontro con il furfante russo e le spiegò quanto fosse urgente portare a termine il compito. Il che significava che non c’era più tempo per la discrezione.
Condusse Sophy nelle camere della duchessa, invece di chiederle di restare di guardia, e le ordinò di cercare una cassaforte segreta o un pacchetto di carte che parevano importanti. Fidandosi della sua discutibile fortuna, si augurò che i domestici fossero impegnati altrove.
Stranamente la sorte le sorrise, almeno per quanto riguardava la servitù.
Purtroppo, però, non vide traccia della corrispondenza.
Dopo ben quattro ore di ricerche inutili, Sophy emise un sospiro e si guardò attorno con la stessa frustrazione che tormentava Nadiya. “Sostengo ancora che dovreste permettermi di impugnare la pistola e sparare all’individuo spregevole che vi ha minacciata” borbottò.
Inginocchiata accanto allo scrittoio di palissandro che aveva appena ispezionato in cerca di un cassetto segreto, Nadiya si scostò un ciuffo ribelle dalla guancia. “Se sapessi dove trovarlo, gli sparerei io stessa.”
“E se non riuscissimo…”
“Dobbiamo, Sophy” la interruppe con fermezza. “Continuate a cercare.”
“Ma dove? Ormai abbiamo perquisito ogni angolo.”
Non aveva torto. A quel punto, infatti, avrebbero dovuto scovare persino il nascondiglio migliore.
“Eppure sono qui” affermò Nadiya, per rassicurare se stessa quanto Sophy. Non aveva altra scelta che trovare le dannate missive. Scosse la testa e guardò accigliata la cameriera. “Dove conservate i vostri valori?”
“Non ne ho molti” le rispose con una stanca alzata di spalle. “In genere ripongo le poche monete e le calze migliori sotto il letto.”
Lei sospirò. Aveva già controllato una dozzina di volte sotto il grande letto a baldacchino. E a parte qualche ragnatela sul pregiato tappeto…
All’improvviso si illuminò in volto.
“Oh!”
“Cosa?”
“Mi sono ricordata che una conoscente di mia madre ha fatto inserire una cassaforte nel pavimento.” Scattò in piedi e iniziò a sollevare il tappeto. “Aiutatemi.”
Insieme, riuscirono ad arrotolarlo verso il centro della stanza, esponendo alla vista il vecchio parquet. La maggior parte del tappeto era bloccata dai mobili, ma fu possibile scostarlo fino a rivelare i contorni di una botola, dotata di una piatta maniglia d’ottone.
“Eccola” mormorò Sophy.
Si avvicinarono in fretta e furia e Nadiya tirò la maniglia. Dopo qualche inutile strattone, si accorse della minuscola serratura che forava il legno.
“Maledizione” imprecò. “Ci serve la chiave.”
“Qui non c’è” borbottò la cameriera.
Col cuore in gola, Nadiya si levò in piedi. Negli ultimi giorni aveva frugato in ogni locale di Meadowland, compresa la camera di Stefan: una frettolosa perlustrazione che aveva suscitato una curiosa mescolanza di rimorso e di innegabile curiosità per la sua vita privata.
“Forse so dove si trova” annunciò con un certo disagio.
“Dove?”
“Venite con me.” Prese per mano Sophy e la condusse fuori dalla camera e in fondo al corridoio. “Dovete stare di guardia.”
“Certo” acconsentì la ragazza, ma sussultò di spavento quando Nadiya si fermò davanti alla porta del duca.
“Restate qui e avvisatemi se si avvicina qualcuno.”
“È una pessima idea.”
Nadiya represse una risatina isterica. L’intero soggiorno in Inghilterra poteva essere definito in quei termini.
“Avete ragione, Sophy, ma lo devo fare.”
“Immagino di sì” concesse lei con un sospiro.
“Farò più in fretta possibile. Non vi muovete.”
Si asciugò sulla gonna le mani sudate e si costrinse ad aprire il battente.
La prima volta che era entrata in quella stanza l’aveva colpita il suo carattere maschile. I mobili erano di massiccio legno di quercia, con inserti di raso ocra pallido, mentre le tende erano di pesante velluto verde. Alle pareti, una collezione straordinaria di quadri e accanto all’alta finestra si elevava fino al soffitto una libreria dalle ante di vetro, carica di preziosi volumi.
Nadiya ebbe un fremito riconoscendo il profumo di Stefan, che le rammentò i suoi baci e le sue carezze. Subito, però, si riprese e si diresse alla scrivania, quasi sepolta da pile di manuali di agricoltura e libri mastri rilegati in pelle.
Aveva davanti a sé parecchi anni per ricordare quell’uomo affascinante e i sentimenti che aveva risvegliato in lei, ma al momento non poteva indugiare in fantasie.
Senza esitare, tirò il primo cassetto e ne estrasse il grosso mazzo di chiavi che aveva notato durante la prima ispezione. Forse una sarebbe entrata nella serratura.
Richiuse il cassetto, corse fuori e sussurrò all’orecchio di Sophy: “Continuate a sorvegliare le scale…”.
Senza lasciarle il tempo di protestare, sollevò l’orlo della gonna e si lanciò per il corridoio. Entrò nella stanza della duchessa, si chinò sulla botola e, con dita tremanti, iniziò a provare le numerose chiavi.
3Il suo respiro ansimante risuonava nel silenzio, insieme al raschio metallico della serratura. Infine udì uno scatto e, con il cuore impazzito, aprì lo sportello.
Leccandosi le labbra secche, spiò nel piccolo vano. All’inizio non riuscì a vedere altro che un diario dalla copertina impolverata. Lo sollevò con grande cura e trovò una scatoletta ornata di perle, contenente ritratti in miniatura di giovani gentiluomini di bell’aspetto: senza dubbio omaggi di antichi spasimanti, ricordati con affetto dalla duchessa. Appena estrasse lo scrigno, Nadiya trattenne il fiato: sul fondo del nascondiglio c’era un fascio di lettere, legate da un nastro rosa.
L’afferrò e lo guardò alla luce della finestra. Con il cuore in gola, riconobbe sulla prima busta la calligrafia fluida di sua madre.
Santo cielo: le aveva trovate!
Un infinito sollievo percorse le sue membra tremanti. Sua madre era salva e, agendo abbastanza in fretta, sarebbe stato al sicuro anche Stefan.
Per un istante la gioia fu adombrata da una fitta di pena, ma preferì ignorarla. Rimise a posto scatola e diario e chiuse a chiave la botola. Era appena riuscita a sistemare il tappeto, quando la porta si aprì di uno spiraglio e Sophy infilò la testa nella camera.
“Sbrigatevi. Ho appena sentito dire da una cameriera che il duca sta rientrando.”
“Ho finito.”
Dopo avere controllato con una rapida occhiata che tutto apparisse in ordine, afferrò le chiavi con una mano e, con l’altra, nascose le lettere tra le pieghe della gonna. Subito corse fuori dalla stanza.
Mentre Nadiya si rifugiava in camera sua, la voce di Stefan echeggiò nell’atrio e su per le scale. Con una stretta al cuore, lei tirò il catenaccio.
Era fatta.
Ormai contava soltanto escogitare un piano di fuga.
“Avete trovato quello che cercavate?” le domandò Sophy in un sussurro nervoso.
Nadiya prese la sua cassetta dei gioielli, infilò le lettere tra le collane di perle e di ambra e chiuse la piccola serratura. Non avrebbe resistito a un serio tentativo di scasso, ma per il momento andava bene.
“Credo di sì” confermò voltandosi.
“Consegnerete le carte a quell’uomo?”
“Di sicuro no.”
“Ma…”
Nadiya afferrò le mani di Sophy e la fissò in volto con estrema serietà.
“Mentre sarò a cena, voglio che prepariate i vostri bagagli e che, assicurandovi di non essere vista, corriate alle scuderie di Hillside a recuperare la carrozza.”
“Non vi lascerò sola” protestò lei con determinazione.
“Soltanto per poco. Dobbiamo inventare un pretesto…” Nadiya si morse il labbro inferiore in cerca di una bugia plausibile. “Magari dite ai domestici di Lord Summerville che vostra madre si è ammalata e che vi ho accordato il permesso di tornare in Russia per curarla. Così non si insospettiranno per la partenza improvvisa.”
“Non capisco…”
“Una volta uscita da Hillside, chiedete a Pyotr di portare la carrozza dietro il filare di alberi oltre il lago, stando bene attenti che non si scorga dalla strada.”
Sophy non pareva ancora convinta. “E voi?”
Nadiya esibì una sicurezza che non provava. Magari, se avesse finto di credere nell’efficacia di quel piano improvvisato, si sarebbe davvero convinta del suo valore.
“Devo presenziare alla cena e aspettare che tutti vadano a letto” affermò con una smorfia. Le pareva imprudente sparire di punto in bianco. “Me ne andrò solo quando sarò sicura di passare inosservata. Più tempo trascorre prima che venga notata la mia assenza, meglio è.”
Sophy indietreggiò di un passo, sgranando sbalordita gli occhi.
“Dunque intendete iniziare il viaggio di ritorno questa notte stessa?”
“Non ho altra scelta, Sophy. In questo modo i nemici seguiranno me e lasceranno in pace il duca.”
La cameriera serrò le labbra in segno di disapprovazione. “Mi preoccupo molto più per voi. E se quel criminale stesse sorvegliando la casa?”
Lei ebbe un brivido gelido. La semplice idea di affrontare quel bruto nelle tenebre la faceva tremare di paura.
“È chiaro che sta appostato qua attorno” mormorò. “Proprio per questo non voglio aspettare fino a domattina. Dobbiamo agire al buio per non farci vedere.”
“Non mi piace questa faccenda” protestò la ragazza.
“Neanche a me, ma devo portare le…” Si interruppe. Se non avesse imparato a frenare la lingua, non sarebbe mai riuscita a ingannare Stefan, men che meno gli inseguitori. “Carte a mia madre prima che cadano nella mani dei traditori.” Deglutì, rammentando la tremenda sensazione della lama affilata contro la pelle. “O peggio.”
Con un sospiro rassegnato, la cameriera si avviò alla porta. “D’accordo.”
“Sophy?”
“Sì?”
“Avvisate Pyotr che potrei arrivare piuttosto tardi. Non voglio rischiare di essere sorpresa.”
“E le vostre valigie?”
Lei alzò le spalle. “Prenderò ciò che riesco e lascerò il resto. Senza dubbio il duca si divertirà a gettare alle fiamme i miei vestiti.”
Come d’abitudine, dopo cena Stefan si ritirò nel suo studio privato con l’intenzione di esaminare i resoconti trimestrali in previsione dell’incontro mattutino con il segretario. Quel locale disordinato gli aveva sempre comunicato un senso di pace. Tra le sue quattro pareti poteva sorseggiare il brandy senza temere interruzioni, attorniato da piacevoli reminiscenze. Ricordava con affetto quando il padre lo teneva sulle ginocchia e gli spiegava i rudimenti della contabilità, oppure quando contemplava dalla finestra i vasti terreni che un giorno avrebbe dovuto amministrare.
Tuttavia quella sera a dominare i suoi pensieri non erano le memorie infantili né i manuali di agricoltura appena arrivati per posta.
No: l’onore spettava a Miss Nadiya Zaytseva.
E al suo insolito comportamento a tavola.
Non era stata soltanto silenziosa. Sebbene fosse una delle donne più intelligenti e argute che lui avesse mai conosciuto, era di natura riservata. Proprio come lui, preferiva rimanere sullo sfondo piuttosto che richiamare l’attenzione su di sé.
Ma durante l’intera cena aveva pronunciato a stento una decina di parole e aveva mantenuto un’espressione assorta, come se un peso l’avesse oppressa.
Cosa diavolo le passava per la testa? Per quale motivo lui non riusciva a reprimere l’istinto di cercarla e… E cosa? Esigere spiegazioni che rifiutava di fornirgli? Offrirle un conforto che non meritava? Portarla a letto e porre fine alla tortura?
Con un lungo gemito, Stefan sbatté il bicchiere sullo scrittoio, senza curarsi delle gocce di liquore che4 ricadevano sul legno lustro. Quindi ruotò sui tacchi e uscì dallo studio. Era inquieto e tormentato dall’impressione che la sua vita metodica fosse stata sconvolta in maniera irreparabile.
Tutto per colpa di Nadiya Zaytseva.
Ancora immerso in quell’ordine di pensieri, spalancò la porta della camera da letto e sorprese la donna delle sue fantasie che richiudeva un cassetto dello scrittoio.
Un calore selvaggio gli percorse le membra alla vista del suo corpo snello, appena velato da una leggera camicia da notte, e dei capelli d’oro sciolti sulle spalle. Era voltata in parte verso di lui e il bagliore delle candele rendeva l’indumento trasparente, rivelando la perfezione delle forme.
Santo cielo!
Senza quasi rendersene conto, Stefan chiuse in silenzio la porta e girò la chiave.
Appena entrato in camera, non aveva saputo come reagire. Ma ormai gli era diventato ben chiaro. Si avvicinò a passi felpati e parlò solo quando le fu accanto.
“Che piacevole sorpresa, colombella” le disse, divertito dal suo gridolino d’allarme mentre si girava a occhi sbarrati. “Sono giorni che tento di attirarvi in camera mia, e vi trovo qui che mi aspettate, come uscita da un sogno.”
Lei si premette contro la scrivania, come se quella breve distanza tra loro avesse potuto proteggerla.
“Perdonate la mia invadenza, io…” Arrossì notando la sua espressione perplessa. “Volevo scrivere una lettera a mia madre e mi occorreva qualche foglio di carta.”
Lui avanzò fino ad assaporare la fragranza di gelsomino.
“Carta?”
“Sì.”
“Per quale motivo, Miss Zaytseva, siete convinta che non vi creda?” mormorò appoggiando le mani sul piano del tavolo, in modo da intrappolarla tra le braccia.
Nadiya si leccò le labbra mentre si sforzava di sostenere il suo sguardo furioso. “Non ne ho idea.”
“Senza dubbio perché è una menzogna.” A quel punto Stefan sfregò la guancia contro la sua, godendo del contatto con la pelle vellutata. Il nervosismo lasciò il posto all’eccitazione. “Come tante altre che vengono pronunciate dalle vostre dolci labbra.”
Lei gli puntò il palmo contro il petto. “Dovete sempre essere così offensivo?”
Senza prestarle ascolto, Stefan la baciò sul collo, immobilizzandola con il corpo contro il mobile e levandosi in fretta e furia giacca e cravatta. Seguirono il panciotto e la camicia.
Se Nadiya voleva toccargli il petto, lui non aveva nulla in contrario.
Posò le mani sulle sue e se le premette contro la pelle nuda. “Preferite i complimenti?” le domandò mordicchiandole il lobo di un orecchio. “Molto bene. Vi debbo dichiarare che i vostri capelli hanno il colore della luce estiva e che i vostri occhi erano di sicuro destinati a un angelo? Oppure vi farebbe piacere sapere che trascorro le notti a sognare di spogliarvi, così da poter esplorare per ore la vostra pelle d’alabastro?”
Con un violento fremito, lei cercò di indietreggiare per sottrarsi alle carezze sensuali.
“Dunque non vi fidate di me e forse mi apprezzate poco, tuttavia desiderate portarmi a letto?”
Stefan posò le labbra alla base della gola.
“Non ho mai affermato di non apprezzarvi. Al contrario, mi piacete molto.” Chinò il capo fino alla profonda scollatura della camicia da notte.
Lei gemette e ripiegò le dita fino a conficcargli le unghie nella pelle. La lieve fitta di dolore lo eccitò ancora di più.
“Fermatevi, Stefan.”
“Per quale motivo?”
“Perché…”
Si interruppe quando lui catturò tra le labbra un capezzolo, attraverso il tessuto sottile.
“Sì?” mormorò Stefan, senza smettere di stuzzicarla.
“Siete troppo sicuro di voi” lo rimproverò lei, e gli appoggiò il capo sull’incavo del collo.
Folle di passione, Stefan tentò con mani tremanti di abbassare la cintura dei calzoni.
“No, sono solo troppo vestito. Aiutatemi.” Perse la capacità di pensare appena lei armeggiò con i ganci e sfiorò con le dita la sua erezione. Si sfilò in fretta le pantofole e lasciò scivolare i pantaloni sulle gambe. “Santo cielo, che cosa mi state facendo?”
“Niente.”
“Bugiarda.” Libero dagli indumenti, Stefan la prese in braccio e si avvicinò al letto. Le appoggiò il dorso sul materasso, poi si inginocchiò sul tappeto, in mezzo alle sue gambe. Per qualche istante si limitò a contemplare il bel volto arrossato, incorniciato come un’aureola dai capelli d’oro. Poi, con delicatezza, iniziò a sollevare l’orlo della camicia da notte. “Non cesso di rimproverarmi perché permetto al desiderio di sopraffare il buonsenso. Ma non ha importanza: non so resistere alla tentazione.”
“Stefan…”
“No” la interruppe lui con voce roca, chinandosi tra le sue cosce. “Non parliamo più. Vi devo possedere, altrimenti io impazzisco.”
Nadiya emise un grido soffocato, aggrappandosi alla coperta sotto di lei, mentre Stefan esplorava la pelle candida, delicata come un petalo di rosa. Il profumo di gelsomino divenne ancora più intenso e inebriante quando lui si avvicinò al centro della sua femminilità.
Con le dita le scostò le ginocchia e con la lingua iniziò a percorrere le morbide pieghe. Un gemito di piacere echeggiò nel locale, ma per fortuna non abbastanza forte da richiamare l’attenzione dei domestici. Fiero di essere il primo ad assaporare la sua deliziosa innocenza, Stefan continuò a baciarla e stimolarla, fino a farla fremere di godimento.
“Vi prego…” ansimò Nadiya, travolta dalla passione.
Lui la condusse ai confini dell’estasi, poi, con un movimento agile e rapido, la coprì con il suo corpo.
5Lei aveva ancora le gambe divaricate, come pronta ad accoglierlo. Sembrava nata apposta per stringerlo a sé. E forse era vero. Che altra spiegazione c’era per quell’irrefrenabile attrazione?
In quel momento, comunque, non gli importava quale incantesimo avesse praticato per irretirlo. L’importante era alleviare le pene infernali che rischiavano di annientarlo.
Le prese il volto tra le mani e la baciò sulla bocca con ardore selvaggio. Lei gli cinse il busto e, con una leggera esitazione, gli carezzò la schiena. Stefan non aveva bisogno di altri incoraggiamenti. Tutti e due avevano sognato quell’amplesso sin dal loro primo incontro.
Interruppe il bacio e le percorse con le labbra la guancia e la curva del collo. Esplorò con le mani le spalle, le braccia e infine le palpò i seni, stuzzicando i capezzoli con i pollici. Lei gemette e gli graffiò la schiena.
Stefan mormorò un’imprecazione, rendendosi conto di essere prossimo all’orgasmo. Che cosa gli stava succedendo? Con poche carezze, quella donna lo faceva sentire come uno scolaro inesperto.
Spostando un poco il bacino, avvicinò il membro alla sua apertura. Serrò i denti, rammentando a se stesso che era vergine e andava trattata con delicatezza.
Premette piano e lei si irrigidì, respirando a fatica. Stefan si sforzò di trattenersi finché Nadiya non si fu abituata alla penetrazione. Solo quando si accorse che la tensione si era allentata, iniziò a spingersi con un movimento ritmico dentro di lei, accarezzandola intanto con tenerezza.
Mormorandole all’orecchio dolci parole, accelerò il ritmo, finché si sentì avvolto dal suo calore.
Nadiya inarcò il busto, come per andare incontro alle sue spinte poi, con un gemito, si contrasse attorno a lui, rapita dall’orgasmo.
E infine, in uno sprazzo di scintille luminose, Stefan si abbandonò a sua volta alla beatitudine.
(Tutte le immagini sono tratte da opere pittoriche di Giovanni Boldini 1799-1872)
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24 pensieri su “Nadiya Zaytseva VIII

    • Giorgia Mattei

      Grazie per il “divino”.
      povo di raccontare quello al quale ho assistito. Spero, comunque, di averlo fatto al meglio.
      Buon sabato, milady e non dimenticate che domani, tomorrow, ci sarà il capitolo n. 9.
      Hi

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  1. Un passaggio pieno e come sempre, estremamente elegante. Tutto e soprattutto durante le sottolineature intime.
    Sei bravo, soprattutto, per questo.
    Dove qualcun altro avrebbe ceduto il passo alla crudezza, hai dimostrato che si può fare diversamente.
    Bravo

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    • Hilde Strauß

      Le sottolineature “intime”.
      Oddio, milady, non potevate, elegantementem descriverle diversamente. Vi dirò. non credemmo, praticamente da sempre, che per attirare l’attenzione del pubblico (pur nelle pieghe dell’erotismo più fantasioso) ci sia mai avuto bisogno di trascendere in bassezze sul tipo delle descrizioni volgari.
      Volgarizzare ( nel senso di rendere abietto) la natura, non è la nostra, ne fu, massima aspirazione.
      Grazie, buon sabato e … appuntamento a domani.
      Cordiality

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  2. Sai, quello che che mi ha colpito è il senso reale del racconto. Mi spiego meglio. Mi riferisco alla narrazione fine a se stessa. La precisa connotazione di Nadya e il carattere di questo amante sembrano usciti dalla cronaca quotidiana.
    Ti seguo e li seguo.
    Bacio

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