Nadiya Zaytseva XIX

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1Nadiya tirò la coperta fino al mento e abbassò la testa sul guanciale, mentre Stefan camminava avanti e indietro per la stanza. Era ancora debilitata per la ferita. O, perlomeno, cercava di convincersi che la causa della debolezza fosse la perdita di sangue. Altrimenti come spiegare il tremore alle mani e i brividi gelati?
Non intendeva ammettere che le spiacevoli sensazioni fossero dovute al pensiero di un triste avvenire, senza la compagnia di Stefan.
Giunto di fronte alla finestra, lui si voltò di scatto e tornò al letto.
“E cosa vi aspetta a San Pietroburgo, a parte vostra madre?” la interrogò scrutando dall’alto il suo volto pallido.
Lei represse un sospiro di frustrazione. Perché doveva renderle la vita così difficile?
In cuor suo desiderava fare il possibile per rimanere con lui, ma la logica le suggeriva che sarebbe stato disastroso assecondare i sentimenti.
Cosa le offriva il Duca di Huntley, a parte il probabile scandalo? L’attrazione fisica, certo. Ma cos’altro? Un fuggevole sentimento?
La vita le aveva insegnato che gli affetti erano inaffidabili e, per giunta, costavano caro.
Lo dimostrava la situazione insostenibile in cui si ritrovava a causa dell’amore per la madre.
“Se non vi dispiace, ho una vita piuttosto piena: frequento molti amici e finanzio varie istituzioni benefiche” lo informò con forzata freddezza. “Inoltre, essendo tornato Alessandro Pavlovich, io verrò invitata a molti ricevimenti al Palazzo d’Estate.”
“Credevo non li apprezzaste più di tanto.”
“Non rappresentano il mio modo preferito per trascorrere le serate, ma devo svolgere il mio dovere.” Sostenne con determinazione il suo sguardo. “I duchi non sono i soli ad avere delle responsabilità.”
“E se la contessa o l’imperatore decidessero che è giunto il momento di trovarvi marito?”
Lei sbatté le palpebre, confusa dalla domanda inattesa. “Lo hanno già stabilito da anni, ma per fortuna la decisione finale spetta a me.”
“E avete concluso che non vi serve uno sposo?” Il suo bel volto era duro, illeggibile.
Nadiya tacque un istante, senza capire dove volesse arrivare. Stefan pareva irritato dall’idea che i suoi genitori tentassero di combinare un matrimonio e ancor più innervosito dal suo rifiuto di lasciarselo imporre.
Che uomo impossibile!
“No. Credo solo di non conoscere ancora un gentiluomo in grado di convincermi a rinunciare all’indipendenza per condividere la vita con lui” gli rispose in tono piuttosto acido.
Lui percorse con gli occhi la sua sagoma snella, nascosta dalla coperta.
“Dunque considerate le nozze alla stregua di un sacrificio?” insistette lui.
“Voi no?”
Questa volta fu lui a esitare per un lungo istante, cercando una risposta adeguata.
“Com’è ovvio, dipenderebbe dalla futura sposa.”
Nadiya sentì una fitta al cuore al pensiero di Stefan insieme a un’altra. Di sicuro un’inglese, una dolce debuttante educata sin dalla culla ad assecondare la vanità degli uomini, oltre che bella e delicata come una rosa.
“È una conversazione priva di senso” decretò.
Stefan serrò la mascella, ma accettò di cambiare discorso. “Quindi torniamo alle questioni più importanti.”
“L’unica cosa che conti è ritrovare le lettere.”
“Non vi permetterò di distrarmi, Nadiya.” Si sedette sul bordo del letto con un lampo minaccioso negli occhi. “Non ho attraversato l’Europa per tornare da solo in Inghilterra.”
Nadiya sentì la gola secca. Non poteva ignorare l’emozione per la sua vicinanza.
Le era alquanto difficile resistere all’impulso di raggomitolarsi contro il suo forte petto e abbandonarsi al conforto del suo abbraccio.
5Tuttavia rammentò a se stessa che non era una smidollata, bisognosa di un uomo che decidesse per lei.
“Allora temo che resterete deluso.”
“No.” Stefan si chinò su di lei e le puntò le mani ai lati del corpo. “Non sono il tipo da rassegnarmi.”
“La scelta è vostra. Io tornerò a San Pietroburgo e niente mi potrà fermare.”
“Non vi conviene provocarmi. Preferirei che veniste di vostra spontanea volontà, ma non mi dispiacerebbe nemmeno convincervi, facendovi assaggiare i piaceri che ci aspetterebbero durante la traversata per l’Inghilterra.”
Lei fu contenta di irritarsi per tanta presuntuosa sicurezza: la ferita all’orgoglio rendeva più facile ignorare il desiderio di smarrirsi tra le sue carezze.
“State forse minacciando di imprigionarmi?”
“Non avrei bisogno di trattenervi a forza.” Stefan le sfiorò con le labbra la gola. “Sappiamo entrambi che l’unico motivo per cui mi resistete è la paura di uno scandalo.”
Lei mascherò il brivido di piacere e gli premette i palmi sul petto.
“Arrogante!”
“No, determinato.”
“Arrogante, invece. Mi rammentate Sir Charles.”
Stefan si rialzò di colpo, offeso.
“Mi paragonate a quella lurida canaglia?”
Lei si rifiutò di sentirsi in colpa. Si era già lasciata convincere troppe volte da lui. Non poteva farsi attirare in Inghilterra, dove l’aspettava una sicura catastrofe.
“Anche Sir Charles mi teneva prigioniera e mi costringeva a obbedirgli. Dov’è la differenza?”
“Quel criminale ricattava vostra madre ed era pronto a tagliarvi la gola” le rammentò a denti stretti.
“Il punto è che non sono un bene in attesa di un padrone. Sono perfettamente in grado di decidere per me stessa.”
Lui rimase per un istante immobile.
“Dunque non esitereste ad allontanarvi da me senza alcun rimpianto?”
Senza rimpianti? Lei soffocò una risata isterica.
“È meglio così.”
“Per voi, oppure per me?”
“Per tutti e due.”
Stefan si avvicinò al punto di accarezzarle il viso con il fiato e la fissò negli occhi, ingaggiando un muto scontro tra opposte volontà.
Accorgendosi che era combattuto tra il desiderio di baciarla e quello di caricarsela in spalla e portarla via con sé, Nadiya trasse un sospiro di sollievo quando si aprì la porta e comparve Sophy con un vassoio di legno.
“Ecco. Pane fresco e stufato di coniglio.”
Stefan borbottò un’imprecazione e scattò in piedi.
“Resterò di guardia, così potrà mangiare anche Pyotr” annunciò in tono brusco. “La conversazione non è finita.”
Uscì come una furia dalla camera e richiuse il battente con un colpo secco.2
Con un sorriso enigmatico, Sophy si avvicinò al letto e, dopo avere atteso che si fosse messa comoda, lo depose sulle ginocchia di Nadiya.
“Vi posso chiedere quale conversazione ho interrotto?” si azzardò a chiederle.
Lei spezzò il pane con maggior energia del necessario.
“Il Duca di Huntley è insopportabile.”
“E quale uomo non lo è?” osservò la cameriera. “Sono sempre persuasi di sapere cosa è meglio fare e non accettano che una donna pensi con la propria testa.”
“Esatto.” Mentre assaggiava un boccone di carne, Nadiya si accorse di quanto fosse affamata.
“Sono ancora più intollerabili quando hanno torto, ma si rifiutano di ammetterlo.”
“Dubito che possano concepire l’idea di sbagliarsi.”
Sophy si affrettò a sistemare la coperta e i guanciali con una risatina divertita.
“Tuttavia sono capaci di tener caldo durante la notte.”
Nadiya sbuffò. Non voleva figurarsi Stefan accanto a lei nel letto.
“Anche una buona coperta.”
La ragazza si rialzò con un sorriso malizioso. “Inoltre si rivelano utili in caso di rapimenti.”
Lei finse di concentrarsi sul cibo.
“Non se intendono sequestrarvi a loro volta.”
“Il duca vuole rapirvi?”
“Ha minacciato di trascinarmi a Meadowland, che io lo voglia o meno.”
“Davvero?” Dopo una breve pausa, Sophy scoppiò a ridere. “Bene, bene.”
Nadiya la guardò incredula. “Non capisco perché ne siate contenta. Stefan dovrebbe essere rinchiuso in manicomio.”
“Un gentiluomo fatica a ragionare quando è innamorato.”
“Innamorato?” Il vorace appetito scomparve all’improvviso. “È assurdo” commentò Nadiya con uno strano peso sul cuore, spostando il vassoio da un lato.
“Sì?”
“Certo. Forse il Duca di Huntley mi desidera come amante per un certo periodo. Ma amore e lussuria sono due cose ben diverse.”
“Un gentiluomo non rischia la vita per semplice lussuria.”
“Magari lo fa per orgoglio.” Scosse la testa. “Credetemi, Sophy, il duca vuole da me soltanto una breve relazione.”
“E voi cosa cercate?”
Nadiya appoggiò il capo al cuscino, evitando di soffermarsi sull’insidiosa domanda.
“Pace.”
Stanco e triste, nonostante la bella mattinata di sole, Herrick Gerhardt passò a cavallo accanto agli edifici militari.
Non riposava dal giorno prima, quando aveva ricevuto da Dimitri Tipov un messaggio enigmatico, corredato da una mappa approssimativa, che suggeriva dove cercare Miss Zaytseva. Era andato a casa per cambiarsi d’abito, poi aveva convocato Gregor e insieme erano partiti da San Pietroburgo.
Tuttavia, mentre si avvicinava alla località indicata, aveva prestato ascolto all’istintiva prudenza che l’aveva protetto per tanti anni, nonostante le pericolose trame della politica russa.
Soltanto un idiota si sarebbe fidato alla cieca di Tipov e lui non intendeva cadere in trappola.
Dalla discreta inchiesta condotta lungo il percorso aveva tratto soltanto qualche vaga notizia su un’aggressione in una locanda di campagna e su uno strano inglese che cercava la sua pupilla. Dunque aveva sperato che il comandante del reparto locale gli fornisse qualche informazione più precisa.
Cambiando posizione sulla sella, che diventava sempre più scomoda, Herrick spronò il cavallo ad accelerare il passo e osservò con distrazione le caserme.
3Il suo animo marziale approvava le file ordinate di costruzioni che ospitavano i soldati e le loro famiglie, nonché i campi ben delimitati, coltivati dai militari stessi.
Il suo cuore, però, soffriva un poco per l’atmosfera cupa che aleggiava sull’intera struttura.
Dov’erano i bambini che avrebbero dovuto giocarvi? E le donne che chiacchieravano mentre stendevano i panni? O anche gli uomini che ridevano insieme, scolando vodka?
Alessandro Pavlovich, perché siete così cieco al rancore che avvelena la Russia?
Scuotendo il capo, superò le sentinelle e raggiunse Gregor, che aspettava con pazienza sul ciglio della strada principale.
Herrick si fermò e apprezzò l’agile balzo con cui il suo assistente tornò in sella. Bella la giovinezza! Al momento, lui aveva l’intero corpo indolenzito e gli occhi irritati, come se li avesse sfregati con la sabbia.
Dov’erano finiti i tempi in cui sapeva sostenere una dura battaglia e poi cavalcare per l’intera notte?
“Avevano qualche informazione utile?” si informò Gregor. Come il comandante, indossava un sobrio pastrano nero e pantaloni in tinta.
Herrick voleva evitare di attrarre l’attenzione dei contadini.
“Hanno confermato le voci riguardo a una locanda attaccata dai briganti e a una donna sequestrata” gli rispose, mascherando i timori sotto l’abituale compostezza.
Non riusciva a pensare con chiarezza se permetteva alle emozioni di annebbiargli la mente.
“Sanno dove l’hanno portata?”
“Il comandante assicura che le strade sono sorvegliate e che tutte le carrozze sono state fermate per impedire ai malfattori di passare.”
“Quindi devono essere ancora nella casupola di cui ci hanno parlato.”
“Già.”
Gregor lo scrutò con attenzione.
“Non ne sembrate convinto” notò.
Herrick sorrise con ironia. C’era qualche svantaggio in un soldato dotato di intelligenza, che non si limitava a eseguire gli ordini.
“Il comandante ha accennato a una vettura che, la notte scorsa, è passata di corsa e ha quasi travolto la guardia che tentava di fermarla.” Strinse le dita sulle redini. L’idea di essere vicino a Nadiya, ma di rischiare di lasciarsela sfuggire, gli faceva venir voglia di gridare di frustrazione. “Secondo il militare, a bordo c’era soltanto un passeggero di sesso maschile, ma è impossibile saperlo con sicurezza.”
“Preoccupante” notò Gregor, guardandosi attorno. “Cosa intendete fare?”
“Per il momento non abbiamo altra scelta che proseguire verso la casa abbandonata e pregare che Miss Zaytseva non fosse su quella carrozza.”
“Suggerisco di avviarci in fretta. Non mi piacciono le occhiate che riceviamo dai passanti.”
Con una smorfia, Herrick partì al trotto, guardando oltre la spalla le tristi costruzioni e i campi silenziosi.
“Peccato…” mormorò. “All’inizio i distaccamenti militari sembravano una buona idea per rafforzare l’esercito, permettendo ai soldati di vivere insieme alle famiglie e di coltivare i campi.” Scosse la testa. “Ma sotto Akartcheyeff si sono creati più problemi di quanti non se ne siano risolti.”
Gregor alzò le spalle con filosofia.
“I militari non sono mai bravi agricoltori. Soprattutto se ogni giorno devono sopportare lunghe esercitazioni e abbandonare l’aratro ogni volta che il comandante li convoca.”
“Già. E la severità degli ufficiali non facilita la situazione. Akartcheyeff non capirà mai che è il rispetto, non la paura, a ispirare lealtà.”
Gregor si irrigidì. Aveva sopportato per ben tre anni la crudeltà del generale.
“Si è formato sotto lo Zar Paolo. Forse non è strano che preferisca la dura disciplina a quelle che considera mollezze inutili.”
“Riconoscere la dignità delle persone non è una mollezza…” borbottò Gerhardt.
“So bene che avete ragione” gli rammentò il soldato.
Herrick rallentò l’andatura quando i campi aperti furono sostituiti da un groviglio di biancospini, betulle e cedri, che ostacolava la visuale.
“Ho fatto ciò che potevo e non oso insistere troppo” ammise. “Il mio timore è che lo zar, con la sua abitudine di passare da un estremo all’altro, decida di sostituirlo con un personaggio come il Principe Alessandro Golitsyn.”
Gregor rispose con una breve risata. L’influenza di Golitsyn su Alessandro Pavlovich stava creando serie difficoltà. Herrick si considerava religioso, ma il fervore mistico che si stava insinuando nel palazzo era piuttosto inquietante.
“Non vorrete che le caserme si trasformino in monasteri?” scherzò il soldato.
“E nemmeno che i soldati passino le giornate davanti all’altare, oppure a pregare che i campi diano frutti.”
Gregor rise ancora. “Attento Gerhardt, potreste essere accusato di eresia.”
“Il misticismo ha già prodotto un sacco di danni” borbottò lui. “Perdonatemi. Sono stanco, altrimenti non mi abbandonerei a simili sfoghi” si giustificò.
“Non dovete mai scusarvi con me né temere che riferisca a qualcuno le vostre parole” lo rassicurò lui. “A differenza di altri, sapete ispirare lealtà.”
Herrick gli sorrise stancamente. “Una lealtà su cui faccio affidamento. Ed è uno dei motivi che mi hanno spinto a rivolgermi a voi per questa missione delicata.”
Gregor guardò verso la foresta, sempre più fitta.
“A proposito, abbiamo un piano se Miss Zaytseva è davvero nella casupola?”
“Uccidere Sir Charles e riportarla da sua madre.”
“Credete che sarà facile?”
“Niente finora si è rivelato semplice, ma preferisco aggrapparmi alla speranza. Facciamo attenzione: potremmo essere vicini” aggiunse, estraendo la pistola.
“Più vicini di quanto immaginiate, Herrick Gerhardt” lo avvisò una voce dal margine del bosco.
Lui fermò con calma il cavallo, mentre il suo compagno imprecava e brandiva l’arma. Herrick gli posò una4 mano sul braccio per fermarlo. Conosceva quella voce.
“No, Gregor” ordinò, poi si voltò a guardare l’omone che usciva allo scoperto. “Boris. Non so se mi stupisca di più la scoperta che non vi siete ancora fatto ammazzare da un suscettibile inglese, oppure la vostra presenza in questo luogo. Devo intendere che Lord Summerville si trova nei dintorni?”
“Lord Summerville è in Inghilterra. Sono venuto in Russia con il Duca di Huntley.”
Herrick non nascose la meraviglia. Erano anni che Huntley non si spingeva tanto lontano da casa. Perché lo aveva fatto proprio allora?
“E che motivo lo ha condotto qui?”
“Lo stesso che ha portato voi.”
“Miss Zaytseva è … ” gli domandò allarmato.
“In casa insieme a Sophy” si affrettò a rassicurarlo Boris.
Un profondo sollievo si impadronì di Gerhardt mentre lanciava le redini a Gregor e scendeva di sella. Grazie al cielo, non era arrivato troppo tardi.
“E Sir Charles?”
Con una smorfia, Boris si piantò le mani sui fianchi. “L’ultima volta che lo abbiamo visto, era con un suo accolito in una carrozza diretta a San Pietroburgo.”
Herrick si portò sul ciglio della strada e notò un sentierino tra gli alberi.
La casa abbandonata doveva essere poco oltre.
“Gli avete permesso di scappare?” ringhiò.
Boris sorrise. Non era un tipo molto ossequioso verso le autorità.
“Non illeso. Miss Zaytseva gli aveva conficcato una lama in un fianco. Dunque esiste la possibilità che stia crepando tra atroci dolori.”
Herrick serrò le dita sulla pistola, infuriato dal pensiero che la dolce Nadiya fosse stata costretta a difendersi.
“Lo ha pugnalato?”
“Non capisco perché vi stupiate tanto. Quella ragazza è un’attaccabrighe che fa paura a chiunque abbia un briciolo di senno.”
“Sta bene?”
“È ferita.”
“Maledizione.” Gerhardt si avviò lungo il sentiero, ansioso di ricondurla a casa. “La voglio vedere.”
Con un movimento assai rapido per un uomo della sua stazza, Boris gli sbarrò il cammino.
“Sta già guarendo: non vi preoccupate.”
L’anziano ufficiale si fermò, rammentandosi all’improvviso che non sapeva ancora come mai Boris e il duca fossero in Russia. Non amava i misteri.
“Boris, cercate forse di impedirmi di andare da lei?”
“Miss Zaytseva dorme. Non è il caso di svegliarla.”
“Vi avviso che sono stanco e non ho voglia di giocare. Portatemi da Miss Zaytseva” ordinò con durezza. “Subito.”
Si udì un fruscio nel sottobosco, poi una figura alta e snella, in giacca verde scuro e calzoni beige, apparve sul sentiero.
Herrick strizzò gli occhi, notando che Stefan si era rasato e lavato da poco e che somigliava a Edmond come una goccia d’acqua.
Dunque non era appena arrivato in quel luogo sperduto.
La constatazione lo fece rabbrividire. Il duca sapeva perché Nadiya era andata in Inghilterra? E, in caso affermativo, cosa intendeva fare di quell’informazione?
Il suo gemello aveva lavorato per anni come consigliere di Alessandro Pavlovich, ma Stefan era sempre rimasto fedele al suo re.
Come se avesse percepito i suoi sospetti, il duca gli rivolse un sorriso ironico.
“Non prendetevela con il povero Boris: esegue soltanto i miei ordini…” mormorò.
(Le immagini sono tratte da opere del maestro Giuseppe De Nittis, 1846-1884)

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10 pensieri su “Nadiya Zaytseva XIX

  1. Avevo paura che non ci fosse il capitolo nuovo.
    meno male che mi hai smentita.
    Questo è bellissimo.
    Posso provocarti?
    E rifare, come hai già fatto, un rush di capitoli? Dici che ne scrivi uno in un’oretta.
    Dai dai daiiii
    un abbraccio caro e buona domenica
    🙂

    Annelise

    Paris, 14/6/2015

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