Nadiya Zaytseva XXIV

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1Più tardi, quella sera, Stefan era in camera sua, nella dimora di Vanya Petrova, e contemplava dalla finestra il tramonto sulla città.
Era una vista spettacolare. Le cupole dorate brillavano agli ultimi raggi del sole e le statue degli angeli sembravano pronte a spiccare il volo. Un panorama ben diverso da quello cupo e fumoso di Londra.
Parte della gioia che provava, comunque, era dovuta al generale sentimento di benevolenza verso il mondo.
Sebbene fosse rincasato già da due ore, avesse fatto il bagno e si fosse cambiato d’abito, scegliendo una giacca color tortora, un panciotto argentato e un paio di pantaloni grigi, si crogiolava ancora nella beatitudine.
Mentre giocherellava con il fermacravatta di brillanti, ricordava con tenerezza il pomeriggio trascorso tra le braccia di Nadiya.
Stava rivivendo il piacere del terzo amplesso, quando la porta si aprì ed entrò Boris. Il servitore richiuse piano il battente, attraversò il pavimento lustro e lo guardò con sospetto.
“Avete un’aria soddisfatta” notò. “Immagino che il pranzo sia andato bene.”
“È stato… magnifico” mormorò Stefan, poi si accigliò vedendolo ridere. “Vi sembra divertente?”
“Mi fa sempre piacere notare quell’espressione ebete sul volto di un uomo. Dimostra che non sono il solo a soffrirne.”
“Ebete?”
“Sembra che vi abbiano colpito in testa con una pala” gli spiegò lui con un sorriso, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Prima o poi capita a tutti.”
Lui si rabbuiò. Si era tanto sforzato di fingere che il suo ossessivo interesse per Nadiya Zaytseva fosse di natura passeggera. Non apprezzava il tentativo di Boris di rovinare la sua illusione.
“Non è accaduto altro che un gradevole incontro con una bella donna.”
“Nascondersi la verità non serve a scacciarla” sentenziò il servitore con una smorfia. “Al contrario, aggrava soltanto la situazione.”
“Basta.” Stefan scosse la testa; era ben capace di negare qualunque verità volesse. “Siete riuscito a entrare a casa di Sir Charles, oppure no?”
A quelle parole Boris sorrise divertito, comunque accettò di cambiare argomento.2
“Non dubiterete forse di me?”
“Non essendomi giunta notizia del vostro arresto, ero abbastanza sicuro che l’impresa fosse riuscita. Avete visto quella canaglia?”
“No. Pare che sia assente da settimane. Tuttavia ho scorto almeno una decina di uomini che sorvegliavano l’edificio.”
Non c’era da stupirsene. La contessa doveva avere incaricato i servitori di cercare Sir Charles. Inoltre sembrava chiaro che anche Herrick Gerhardt stava investigando. Insomma, c’era da meravigliarsi che attorno alla dimora del criminale non ruotasse mezza San Pietroburgo.
Il che rendeva ancora più straordinario il fatto che Boris fosse riuscito a intrufolarvisi di soppiatto.
“È normale che abbia evitato casa sua” borbottò Stefan.
“Magari è morto” azzardò Boris a quel punto con un’alzata di spalle.
“Avremmo fin troppa fortuna. Avete scoperto qualche indizio che indichi il suo nascondiglio?”
“Ho trovato una manciata di inviti, ma nessuna corrispondenza privata. O distrugge le lettere personali, oppure non ha nessuno che gli scriva.”
“Maledizione.” Stefan rifletté un istante. “E la contabilità? Frequenta bordelli o ristoranti?”
“C’erano svariate fatture, soprattutto del sarto. Ha molti debiti.”
A dir poco, una delusione.
Come diavolo fare per rintracciare Sir Charles senza avere la minima idea di dove cominciare?
Stefan iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Ricordava vagamente qualcosa. Ma cosa? Gliene aveva parlato Nadiya…
Infine si voltò di scatto verso Boris. “Nadiya aveva accennato a un complice.”
“Ne conoscete il nome?”
“Non ancora” ammise con una smorfia. Sarebbe stato semplice domandarlo a lei, ma preferiva evitare di richiamarle alla mente il crudele Charles Richards. Inoltre si sarebbe messa in agitazione se avesse scoperto che lui lo stava cercando. Occorreva un sistema diverso per ottenere l’informazione. “Avete trovato qualcosa di valore?”
3Dopo una breve pausa, Boris infilò una mano all’interno della giacca, ne estrasse tre piccole borse, ben chiuse da lacci di cuoio, e le gettò sul tavolino.
“Erano nascoste in un cassetto segreto dello scrittoio.”
Stefan aprì la prima e trovò delle carte.
“Documenti falsi. Gli servirebbero per uscire dalla Russia senza venire fermato dalle guardie di Gerhardt.” Afferrò la seconda e ne lasciò rotolare fuori una manciata di monete. “Pochi rubli.” Infine prese la terza borsa, più grande delle altre. Sciolse il legaccio e rovesciò sul tavolo una strana collezione di bottoni, nastri e spille di scarso valore. Studiò perplesso quegli oggetti femminili. Per quale motivo erano tenuti al sicuro? Dovevano avere un significato particolare. Guardando meglio, Stefan si accorse che i nastri erano macchiati. Poi si ritrasse di colpo, disgustato. Sangue. “Diavolo!”
“Esatto” confermò Boris.
“È davvero pazzo.”
“Sì.”
Vincendo a stento la repulsione, Stefan afferrò gli orribili cimeli e li gettò nel fuoco, insieme al passaporto. Con un brivido, immaginò Sir Charles tra le fiamme dell’inferno. Prima vi bruciava, meglio era.
“Nadiya non sarà mai al sicuro finché lui è in circolazione…” borbottò.
“Volete che vada a sorvegliare la casa?”
“Mi sembra che ci stiano già pensando altri.” A passi nervosi, andò a recuperare guanti e cappello. “Scoprirò il nome del complice. Magari lo si potrà convincere a rivelare dove si nasconde il bastardo.”
“Allora attendo indicazioni.” Boris lo guardò infilarsi i guanti. “Un altro ricevimento a palazzo?”
Stefan sorrise. Per fortuna l’orrore era stato sostituito da un gioioso senso di aspettativa. Nadiya gli aveva promesso che sarebbe andata a corte. Anche se avessero trascorso insieme soltanto poche ore, sarebbe stato piacevole.
“Cosa ci posso fare?” scherzò mentre apriva la porta. “A quanto pare, lo zar gradisce la mia presenza.”
“Oppure farà condire il vostro piatto di cicuta.”
Stefan rise. “Grazie, Boris.”
“Sempre al vostro servizio.”
Appena uscito dalla residenza di Vanya, trovò la carrozza in attesa e nel giro di mezz’ora, superato il traffico, raggiunse il palazzo imperiale.
Si soffermò presso l’ingresso a cercare con lo sguardo tra i numerosi ospiti in arrivo.
Di primo acchito non scorse Nadiya.
Era in ritardo, oppure le era capitato qualcosa?4
Con una stretta al cuore, prese in considerazione l’idea di andarla a cercare. Ma poi la folla si diradò e comparvero folti riccioli d’oro.
Nadiya.
Stefan si calmò, ma appena ammirò il suo abito di pizzo bianco, indossato su una sottogonna argentata e completato da una collana di diamanti, si rese conto di non essere riuscito a vederla prima perché era attorniata da un’orda di eleganti nobilastri che gareggiavano per attirare la sua attenzione.
Anche il quel momento un giovane bellimbusto le sussurrava qualche parola all’orecchio e le sfiorava con le dita il braccio nudo.
In preda a un attacco d’ira, lui strinse le mani a pugno. Maledetti buffoni! Presto avrebbero scoperto quanto fosse pericoloso importunare Miss Zaytseva.
Dimentico di tutto il resto, Stefan si avviò a passi decisi verso Nadiya, rischiando quasi di travolgere il gentiluomo dai capelli grigi che gli sbarrava apposta il cammino.
“Vostra Grazia” lo salutò a quel punto Herrick Gerhardt senza cordialità.
Per un folle istante, lui proseguì, pronto a spingere da parte con violenza l’anziano ufficiale. Un altro uomo stava toccando Nadiya!
Poi però si accorse dell’espressione severa degli occhi e si costrinse a fermarsi. Gerhardt sarebbe stato capace di farlo sbattere fuori dalle guardie con un semplice cenno del capo.
Tuttavia Stefan era un duca, e non era certo abituato a obbedire.
“Gerhardt” ringhiò.
Lui lo fulminò con un’occhiata gelida. “Troverete l’imperatore nella sala del trono.”
“Un luogo abbastanza ovvio” gli rispose stizzito. “Andrò a inchinarmi tra un minuto.”
“Mi dispiace contraddirvi, ma lo farete subito.”
Consapevole degli sguardi curiosi puntati nella sua direzione, Stefan raddrizzò con ostentata lentezza i polsini della giacca, dissimulando dietro il freddo contegno le emozioni che gli dilaniavano il petto.
“Sembrate dimenticare, Gerhardt, che non sono un fedele suddito dello zar. Non accetto ordini da voi.”
“Non vi parlo a nome dell’imperatore, ma in quanto gentiluomo che tiene davvero alla felicità di Nadiya.”
Una furia possessiva gli serrò la gola.
“Ancora peggio” sbottò con rabbia.
“Non siate stupido, Huntley. Per me è come una figlia.”
Lui non ne fu rassicurato. Quali che fossero i sentimenti dell’ufficiale verso Nadiya, il suo primo proposito era scacciare il Duca di Huntley.
Il che era intollerabile.
“Credete di potermi tenere lontano da lei?”
“Se mi fosse possibile, lo farei con piacere” ammise Herrick in tono gelido. “Ma purtroppo mi devo limitare a impedirvi di suscitare uno scandalo.”
Stefan aggrottò la fronte a quella ridicola accusa. Gerhardt era cieco? “L’unico scandalo è che la lasciate assediare da un branco di spregevoli perditempo. È un miracolo che non le saltino addosso.”
“Quei perditempo le gironzolano attorno sin da quando è stata introdotta in società. Non c’è pericolo che sorgano pettegolezzi, a meno che un emerito idiota non si lanci in mezzo al gruppo a passo di carica e inizi a ringhiare come un cane rabbioso.”
5Una vocina interiore suggerì a Stefan che Gerhardt aveva ragione. E se fosse stato capace di concepire pensieri razionali, avrebbe capito che la sua reazione era eccessiva.
Tuttavia serrò i denti, cercando di zittire la coscienza. “Avete preso in considerazione l’ipotesi che Nadiya gradirebbe essere salvata da quei rompiscatole?”
“No.” L’espressione di Herrick era dura come il granito. “E lo evitereste anche voi, se vi occupaste del suo benessere, invece che della vostra gelosia egoista.”
Lui sussultò, offeso. “Cosa intendete dire?”
“Nadiya ha ben poco in comune con la madre.”
“Ne sono consapevole, oltre che contento.”
“La contessa è una donna briosa e animata, che ha sempre deriso le convenzioni sociali e gradito le attenzioni altrui” proseguì Herrick, ignorando l’interruzione. “Nadiya è l’opposto. I pettegolezzi che la perseguitano sin dalla nascita hanno rappresentato per lei un peso gravoso. Non vi ringrazierebbe per una scenata pubblica.”
Stefan puntò di nuovo gli occhi su Nadiya e notò il sorriso forzato e la posa rigida delle spalle. A differenza di altre donne, non gradiva lo stuolo di corteggiatori e non civettava affatto con loro. Non ridacchiava né arrossiva ai loro commenti e non faceva il broncio se guardavano altrove.
Sembrava piuttosto sognare di sparire dietro uno dei monumentali vasi russi.
Di sicuro non si sarebbe compiaciuta se l’amante geloso fosse arrivato di corsa per sbattere fuori dalla finestra gli insulsi damerini.
Tuttavia il desiderio di non metterla in imbarazzo non placava l’impulso bruciante di affermare i suoi diritti su di lei.
“Non potete pretendere che la ignori per l’intera serata.”
“Mi aspetto solo che vi comportiate da persona civile.”
Stefan si costrinse a distogliere lo sguardo da Nadiya e accettò in silenzio la raccomandazione di Gerhardt. Sin da bambino aveva dimostrato uno spiccato senso del dovere, a differenza di Edmond. Nessuno aveva mai avuto bisogno di rimproverarlo.
Eppure in quel momento non gli importava niente del prestigioso nome della sua famiglia.
Cercò di calmarsi e guardò in volto l’ufficiale.
Anche se era costretto ad adeguarsi alle assurde regole della vita sociale, non intendeva sprecare l’intera serata.
“E quale ricompensa ne ricaverei?”
“Potreste evitare un’esecuzione pubblica.”
Stefan incrociò le braccia al petto. “Vi prego, Gerhardt, mi avete chiesto un favore. Merito di ottenerne uno in cambio.”
“Cosa volete?”
“Una sciocchezza, vi assicuro.”
“Ne dubito.”
“Mi servirebbe il nome del complice di Sir Charles.”
Herrick si irrigidì. “Perché?” gli domandò con sospetto.
“Fatemi un piacere.”
“Sono questioni interne della Russia.”
“Il nome.”
I due uomini si fissarono negli occhi in una silenziosa sfida. Infine Herrick comprese che Stefan non si sarebbe6 arreso.
“Nikolas Babevich…” borbottò l’ufficiale. “Non immischiatevi, Huntley.”
Lui sorrise. “Ora vado a inchinarmi all’imperatore.”
Prima che Herrick Gerhardt lo potesse fermare, si allontanò facendosi strada nella folla di invitati, finché trovò un lacchè e gli affidò un messaggio da portare subito a Boris, a casa di Vanya Petrova.
La sala da ballo era considerata il capolavoro del palazzo. Le pareti color avorio erano spezzate da una doppia fila di finestre ad arco, drappeggiate da tende di velluto cremisi. Alla luce dei preziosi lampadari di cristallo, risaltavano il pavimento di parquet decorato a intarsio e il grande affresco del soffitto, raffigurante Persefone che lasciava gli inferi.
Lo zar era seduto sul trono, su una predella in fondo alla sala, mentre sul capo opposto suonava un quartetto d’archi. Nel mezzo, un centinaio di coppie ballava il valzer.
Tutto molto bello, ma Nadiya provò un senso di sollievo quando si infilò in un corridoio e si diresse verso una terrazza sul retro del palazzo. L’aria era fresca, ma la gioia di stare lontana dalla ressa soffocante superava il disagio.
Si affacciò al parapetto di pietra e puntò lo sguardo assente verso l’ampio frutteto ornamentale, respirando profondamente per allentare la tensione che l’attanagliava da ore.
Non si era mai divertita molto ai ricevimenti a palazzo. Preferiva le poche occasioni in cui lo zar la invitava a una cena per pochi intimi, oppure quelle ancora più rare in cui le dedicava tutta la sua attenzione. Tuttavia quella serata si stava rivelando ancora più faticosa delle altre.
Non solo era stata assillata dai soliti imbecilli che speravano di ottenere tramite lei i favori di Alessandro Pavlovich, ma non aveva nemmeno potuto ignorare la presenza del Duca di Huntley.
Eppure si era comportato bene, molto bene.
Quando lo aveva visto entrare nella sala, si era aspettata che, sfidando ogni convenzione, le andasse subito incontro, senza curarsi dei doveri verso lo zar né dei cacciatori di pettegolezzi, che avrebbero subito commentato la scena.
Invece, dopo una breve conversazione con Herrick, si era diretto alla sala del trono.
Anche durante la cena e, in seguito, nella sala da ballo, aveva sempre mantenuto le debite distanze.
Nadiya avrebbe quasi dubitato di non interessargli più dopo il lungo pomeriggio di passione, ma il suo sguardo ardente che la seguiva senza tregua suggeriva altrimenti.
L’espressione attenta dei suoi magnifici occhi blu rivelava che il desiderio non si era attenuato: al contrario. E lei si era spaventata accorgendosi delle involontarie reazioni del proprio corpo.
Anche mentre chiacchierava educatamente con i suoi vicini di tavolo e accettava l’invito a un valzer da un attempato ammiratore, sentiva il cuore martellare in petto e lo stomaco serrarsi per la tensione. Si sentiva viva come non mai, proprio come quando Stefan l’aveva abbracciata e baciata con un ardore che rasentava la disperazione.
La scoperta la terrorizzava.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato quando distinse un rumore di passi sopra il dolce mormorio delle fontane. Non aveva bisogno di guardare per sapere chi si stesse avvicinando. Anche se fosse stata sorda e cieca, avrebbe avvertito la presenza di Stefan.
Si preparò all’incontro e non si voltò nemmeno nel sentirlo dietro di lei. Un errore che le impedì di reagire quando le afferrò le spalle e la costrinse a ruotare su se stessa per stringerla contro i forti muscoli del petto.
“Santo cielo, temevo di non godere neanche di un momento di solitudine con voi” mormorò Stefan, chinandosi a baciarle con passione la bocca.
D’istinto, Nadiya si aggrappò a lui. Le ginocchia le tremavano e un piacere infinito le percorreva le membra.
Chiuse gli occhi e si concesse di abbandonarsi tra le sue braccia. Era inutile fingere di non gradire i suoi baci, poiché il suo intero corpo fremeva di piacere.
Lui emise un roco gemito e le percorse con le mani la schiena. Ma quando slegò uno dei nastri che chiudevano il vestito, Nadiya si riscosse dall’incantesimo.
“Stefan, comportatevi bene” lo rimproverò, strappandosi all’abbraccio.
“Cosa credete che abbia fatto per tutta questa maledetta serata?” mormorò lui. Il bagliore delle torce rivelava il rossore degli zigomi e la profonda frustrazione.
7La stessa che provava lei.
Nadiya indietreggiò fino al parapetto.
“Ammetto di avere scoperto con piacere che siete capace di mostrarvi assennato” notò, tentando in qualche modo di alleviare l’atmosfera.
Lui storse le labbra. “Non per mia scelta.”
“Herrick vi ha minacciato?”
“Mi ha rammentato che il mio ultimo desiderio sarebbe quello di farvi del male.” La scrutò con attenzione in volto poi percorse con lo sguardo l’orlo dell’ampia scollatura. “Mi pare inutile rivelarvi quale sia il primo.”
Nadiya respinse la sua mano.
“Stefan, chiunque potrebbe passeggiare in giardino.”
“Domani verreste a fare un giro in carrozza con me?” propose. “Nadiya?” la incalzò, vedendola esitare.
Lei deglutì per attenuare il nodo in gola che minacciava di soffocarla, poi si voltò verso il frutteto buio. La semplice constatazione che moriva dalla voglia di trascorrere insieme a lui un altro pomeriggio dimostrava che stava giocando con il fuoco. Più tempo lei gli avesse dedicato, più avrebbe sofferto alla sua partenza.
“Ho promesso di accettare i vostri inviti” rispose infine, rendendo esplicita la riluttanza.
Stefan sospirò con irritazione e si appoggiò alla balaustra.
“Arriverà mai un giorno in cui non sentirete il bisogno di tenermi lontano?”
“No.”
“Perché?”
Era una domanda a cui Nadiya non avrebbe mai risposto. Se solo Stefan si fosse accorto del potere che esercitava su di lei…
“Per quanto tempo vi tratterrete a San Pietroburgo?”
Stefan fu colto alla sprovvista dalla domanda. “Non ho ancora deciso.”
“Siete lontano da settimane dalle vostre proprietà. Non temete che venga richiesta la vostra presenza?”
“Edmond è ben capace di amministrare Meadowland.”
Parlava con calma, ma a Nadiya non sfuggì il tamburellare nervoso delle dita sulla pietra. Stefan era più preoccupato per la prolungata assenza di quanto non intendesse ammettere, forse anche con se stesso.
“Deve già occuparsi dei suoi terreni e di Brianna” gli rammentò con gentilezza. “Non potrà sostituirvi in eterno.”
“State cercando di liberarvi di me?”
“Non mi occorre un grande sforzo” gli rispose con tristezza. “Sappiamo entrambi che presto dovrete tornare alle vostre responsabilità. Il vostro posto è in Inghilterra.”
Lui serrò le dita sulla balaustra al punto di sbiancare le nocche. “E qual è il vostro, Nadiya?”
Lei sussultò, colpita nel vivo.
Se fosse stata un’adolescente sognante, forse si sarebbe illusa di avere da lui l’amore e il senso di sicurezza che8 tanto le mancavano.
Ma per fortuna era abbastanza adulta per capire che le favole erano destinate ai bambini.
“Forse non l’ho ancora trovato.”
Stefan reagì alla risposta con un’espressione contrariata.
“Lo potreste cercare in Inghilterra tanto quanto in Russia.”
“E quando vi stancherete di me?”
“Per quale motivo dovrebbe succedere?”
Nadiya scosse la testa. “Quanto durano in genere le vostre relazioni? Qualche settimana? Qualche mese?”
“Non avevo mai avuto un rapporto con una donna paragonabile a voi.” Le portò un ricciolo dietro l’orecchio con un gesto affettuoso. “Mai” ribadì.
Lei si sforzò di ignorare il tocco leggero delle sue dita sui contorni del viso. Non gli avrebbe permesso di distrarla! Anche se Stefan rifiutava di ammettere che un giorno la passione per lei sarebbe finita, Nadiya non si poteva permettere di rischiare.
“Quand’anche decideste di continuare a vedermi per anni, cosa accadrebbe di me dopo le vostre nozze?” lo provocò. “Intendete alloggiarmi in qualche cottage e venirmi a trovare quando non siete impegnato con la moglie o con gli affari?”
Turbato, Stefan prese a camminare per la terrazza a passi malfermi. Era chiaro che non aveva riflettuto sulle conseguenze del suo trasferimento in Inghilterra.
Infine si voltò a guardarla, passandosi le dita tra i capelli. “Non ho intenzione di sposarmi nel prossimo futuro.”
Il suo tono indicava che riteneva chiuso il discorso, ma Nadiya non voleva tralasciare l’argomento.
“Perché no? Non avete il dovere di generare un erede?”
“Grazie al cielo, Edmond se n’è assunto il compito.”
“Forse.”
“Forse?” Strinse gli occhi. “Vi assicuro che non c’è nessun dubbio riguardo alla gravidanza di Brianna.”
“Non siete di certo il tipo da accollare ad altri le vostre responsabilità” dichiarò Nadiya con intima certezza. “Inoltre non sarete contento di abitare da solo in una grande casa. Meadowland esige una famiglia.”
Stefan tornò a camminare per il terrazzo.
“Esiste da secoli. Potrà sopravvivere ancora per qualche anno senza una duchessa.”
Lei si appoggiò alla balaustra, colta da un profondo senso di disagio. Ma perché? Aveva già accettato l’inevitabile matrimonio di Stefan, probabilmente con una graziosa debuttante inglese. Era insensato soffrirne.
“Per quale motivo non vi siete ancora sposato?” gli chiese, incapace di trattenersi.
Lui si fermò presso una torcia, che creò un alone dorato attorno ai suoi capelli.
“Non avete forse affermato che nessuna giovane di buonsenso mi accetterebbe come marito?”
Nadiya alzò gli occhi al cielo.
Come se Stefan avesse ignorato di essere il gentiluomo più ambito dell’intera Inghilterra!
“Le dame tendono a perdere la testa di fronte alla possibilità di diventare ricche duchesse. Non dubito che, sin dall’adolescenza, abbiate avuto un sacco di donne pronte a gettarsi ai vostri nobili piedi.”
“Se lo confermassi, mi accusereste di vanità.”
“Allora perché non avete ancora una consorte?”
Stefan si voltò verso il frutteto in ombra, come se avesse potuto trovarvi la risposta.
Nel lungo silenzio che seguì, Nadiya si scoprì sempre più nervosa e si pentì di avere insistito. Intuiva che non avrebbe apprezzato la risposta.
“Devo ancora conoscere una donna in grado di sostituire mia madre nel cuore della mia gente” confessò infine a voce così bassa da essere appena udibile.
Era vero: la risposta non le piaceva.
Stefan non avrebbe mai amato nessuna donna, finché era tanto legato al ricordo dei genitori.
“Stavamo parlando del futuro, non di una moglie immaginaria” le ricordò quindi, avvicinandosi a lei.
“Non c’è nessun avvenire di cui discutere, Stefan” gli rispose alzando il mento.
Lui percorse con lo sguardo le sue forme snelle, rammentandole in silenzio le ore che aveva dedicato a donarle piacere. “Già” disse a denti stretti. “Perché non ammettete che il desiderio reciproco non è ancora soddisfatto?”
“Perché ho bisogno d’altro.”
“E cioè?”
“Voglio più di quanto voi mi possiate offrire.”
Con un lampo di collera negli occhi, lui fece per afferrarle un polso, ma lei lo schivò spostandosi da un lato.
Poi attraversò la terrazza a testa alta e rientrò nel palazzo.
Nadiya non poteva aiutarlo a vincere il tormento interiore.
Se Stefan non avesse accettato la perdita dei suoi cari e imparato a liberare le emozioni, sarebbe rimasto sempre solo.
(Tutte le immagini sono tratte da opere del maestro Sandro Parmeggiani, 1910-2003)
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21 pensieri su “Nadiya Zaytseva XXIV

  1. L’ho letto con avidità, caro Ninni.
    Si svolge e si avvia con una pienezza che è sorprendente.
    Un romanzo che colpisce per la trama bellissima, per l’eleganza e la freschezza..
    Ciao e buona giornata

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  2. Carissimo Lord Ninni, vi chiedo perdono per la lunga assenza dal vostro blog. Me ne dolgo profondamente ma il tempo e la salute, spesso sono tiranni a cui non ci si sottrae. Sapete bene che la mia amicizia verso di voi rimane immutata. Il piacere di leggervi.: ancora di più.
    Devo leggere tutto e lo farò credetemi.
    Di questo post bellissimo mi ha colpito, ma non è una novità quando si conosce la vostra cultura e capacità di scrittura, è l’eleganza e la sottile raffinatezza che delineano il carattere dei personaggi.
    Quello che avete scritto : ” Se Stefan non avesse accettato la perdita dei suoi cari e imparato a liberare le emozioni, sarebbe rimasto sempre solo. ” è una frase su cui tutti dovremmo riflettere profondamente. Troppo spesso ci portiamo dietro dolori che condizionano la vita per sempre.
    Il guaio, secondo me, è che farsi sopraffare da tutto ciò tarpa le ali al futuro: nostro e di chi ci può amare veramente Costruendo un’invalicabile ponte su cui nulla può passare si chiude la vita stessa che noi stessi seppelliamo accanto alla bara di chi ci ha lasciato.
    Scusatemi per quanto mi sono dilungata ma stamane sono riuscita a rubare un poco di tempo e l’ho dedicato a Voi che tanto ammiro.

    Un abbraccio sincero e affettuoso con l’amicizia di sempre
    Giovanna

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    • Mia signora,
      potervi leggere, per noi, è gioia immensa. Come non ricordare le serate volte allo studio dei Romanov e grazie a Voi, avere ulteriori apporti per estendere ed analizzare uno di quello, che venne definito, il mistero del ‘900.
      Oppure, se ne avete ancora memoria, nel lieto ricordo della nostra fanciullezza e tanto altro.
      Il Vostro commento, come sempre, mirò ad evidenziare il valore e i teoremi esistenziali e filosofici.
      Siete una donna estremamente sensibile, colta e intelligente, sicuro retaggio di cotanto genitore.

      Vi ringraziammo per esserci formulando, copiosi auguri per voi e per chi vi vuol bene.
      Cordialità

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  3. Ecco affiorare i tormenti interiori della fanciulla. E naturalmente i malumori di lui. Era logico, dopo un capitolo all’insegna della seduzione con relativa resa, dopo la constatazione della totale sbornia amorosa da parte dei due piccioncini. Ora è d’obbligo confondere un pò le idee e cosi ecco i primi dubbi … lei che chiede (ma perché le donne chiedono sempre?) … lui che tentenna (ma perché gli uomini fanno sempre i misteriosi?) …
    Cmq un abile dosaggio di situazioni ed emozioni diverse seppur complementari.
    Siete sempre impeccabile.

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