Io sono Roy

Roy Batty

Bella esperienza vivere nel terrore, vero?
In questo consiste essere uno schiavo.

” Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire. “

Tyrell: Salve. Mi sorprende che tu non sia venuto prima.
Roy: Non è una cosa facile incontrare il proprio creatore.
Tyrell: E che può fare per te?
Roy: Può il creatore ritornare su ciò che ha fatto?
Tyrell: Perché? Ti piacerebbe essere modificato?
Roy: Avevo in mente qualcosa di più radicale.
Tyrell: Quale sarebbe il tuo problema?
Roy: La morte.
Tyrell: La morte… Beh, questo temo che sia un po’ fuori dalla mia giurisdizione.
Roy: Io voglio più vita, padre!

1Alla razionalità speculativa, ovvero alla filosofia, in genere, è riservato il diritto di formulare tentativi di risposta a simili domande. Cosa che, spesso, costringe a cimentarsi con la “fatica del concetto” che la filosofia inevitabilmente implica. Da qui le frequenti fughe verso le cosiddette “soluzioni facili”, consumate con la leggerezza con cui si consuma un buon caffè.
La buona notizia, per chi non se ne fosse accorto, è che esiste un’alternativa – non unica, certo, ma credibile, forte e incisiva – alla speculazione. È il cinema. E il cinema, quello vero, quello che resiste al tempo, può farsi carico di quelle domande fondamentali. Può farle vivere, pulsare, respirare nei personaggi che rappresenta, quei personaggi così simili a noi.
È quanto riesce a fare “Blade Runner”(Ridley Scott, 1982), uno dei migliori film di fantascienza di sempre. Ebbene, di questo film sono riconosciute 5 versioni. Per qualcuno le versioni sono addirittura 7. La versione che prendiamo a riferimento è The Final Cut (2007), ossia quella definitiva, cui Scott ha potuto mettere mano in assoluta libertà.
In una distopica Los Angeles del 2019, Rick Deckard (Harrison Ford) dà la caccia ad un gruppo di androidi fuggiti dalle colonie extra-mondo. Guidati da Roy Batty (Rutger Hauer), i “replicanti” cercano una soluzione al problema che li affligge: del tutto simili ad esseri umani sono stati geneticamente programmati a vivere per non più di 4 anni. Il rischio, infatti, secondo i loro artefici è che, in assenza di un limite temporale, possano sviluppare emozioni incontrollabili e, dunque, si trasformino da preziose risorse a pericolose minacce. Deckard riesce a trovarli; ne uccide, non senza disgusto, un paio e assiste alla morte di Roy, dopo che questi gli salva “inspiegabilmente” la vita. Scopre, infine, di essere egli stesso un replicante e con l’androide Rachael, della quale si innamora, fugge dalla città.
Ora, il grande paradosso di “Blade Runner” è che la risposta alla domanda “che cos’è l’uomo?” è affidata a creature che uomini non sono. Nel film di Scott sono, infatti, i replicanti ad incarnare l’essenza umana. I veri uomini, gli uomini biologicamente tali, la rinnegano. Gli scienziati J.F.2 Sebastian e Hannibal Chew, il capitano Bryant, e soprattutto Eldon Tyrell, il creatore dei replicanti, sono tutti espressione di un’umanità decadente, persa nella cupa rassegnazione di un mondo privo di slancio vitale e di pietà. Difficile non pensare agli “umani troppo umani” di Nietzsche.

I feroci androidi, al contrario, uccidono sì, ma per sopravvivere, o meglio per poter continuare a vivere, perché per loro la vita è pienezza: “Ho visto cose che voi umani neanche potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei Bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio, vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia”, confessa Roy, in uno dei più grandi e celebri monologhi nella storia del cinema.

Il replicante Roy è l’estremizzazione di due forze che agitano il cuore umano: la volontà di vivere, che è forza centripeta alimentata dall’attrazione gravitazionale dell’ego, e l’amore per gli altri, che è forza centrifuga capace di conservare un senso oltre la morte.
Roy chiede più vita al suo creatore, Eldon Tyrell. Ed egli non gliela può dare. E allora si scatena il “superuomo” nietzscheano. La creatura uccide il suo creatore. È un atto di espansione vitale. O meglio, è la vita che travolge la condizione della sua impossibilità. È la pretesa del divenire eterno che sconfessa l’immodificabilità del passato, dell’atto creativo: è il lato oscuro della creatura. La scena in cui Roy, una volta ucciso Tyrell, appare nella sfolgorante bellezza di un Prometeo trionfante vale più di mille parole. “Fortuna” vuole che a morire sia soltanto “il dio della bio-meccanica”.
3Ma Roy è anche dispensatore di vita. È lui a salvare Deckard, l’uomo – tale lo ritiene – che gli dà la caccia per ucciderlo, l’uomo che ha ucciso l’amata Pris. Nell’angoscia di Deckard in pericolo di vita riconosce l’angoscia di ogni uomo che sa di dover morire: riconosce se stesso. E dalla constatazione del vincolo di solidarietà scaturisce l’intuizione circa il senso ultimo della vita, quello che nemmeno la morte può distruggere: l’essere-per-l’altro. Salvando Deckard, Roy salva se stesso.
Lo stesso Deckard si scopre meravigliosamente umano proprio nel4 momento in cui gli è rivelata la sua natura di replicante: ama Rachael come non ha mai amato nessuno.
E se, con Heidegger, dobbiamo ricordare che “soltanto l’uomo muore”, perché soltanto l’uomo ha coscienza di morire, e che l’esistenza è autentica soltanto quando l’uomo considera la propria morte come un fatto e non come una mera possibilità, allora appare chiaro che i replicanti di Scott sono “esseri-per-la-morte”, ossia autenticamente umani. E in loro possiamo riconoscere, ammirare e temere le potenzialità e le ombre della finitudine umana. Sognando magari di valicarne i confini.

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29 pensieri su “Io sono Roy

    • Silvia

      Ti ringrazio.
      Era da tanto che volevo scrivere qualcosa, o almeno quello che provo, davanti a delle creazioni letterarie d’arte figurativa quale può essere il film Blade runner.
      Buona giornata

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    • Diadumeno

      Grazie don Dudù. più che una analisi, ho voluto significare una serie di sensazioni.
      Miei punti di vista.
      Sempre se interessano e sembrerebbe che, sì, stiano interessando.
      Un saluto alla tua splendida partenope capitale

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  1. Splendida analisi Milord del film, o meglio della sua filosofia, di ciò che racchiude questa storia proiettata nel futuro. L’ho letta con molto interesse e ne sono rimasta piacevolmente affascinata. Complimenti!
    Un caro saluto. Patrizia

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    • Patrizia M.

      cara Patrizia (Il Voi è sospeso fino alla fine del romanzo Cuba)
      mi confondi con la generosità delle tue parole.
      Ho esposto, ma era da tanto che volevo farlo, quanto provato davanti a un capolavoro simile.
      Ce ne sono molti altri, è vero, ma da qualche parte dovevo iniziare, giusto?
      Grazie e buona giornata

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    • Nì Ghail

      Grazie. Emozione che sto provando nello scrivere e rispondere.
      Eccoti qua. Come va, desaparecida? Ti hanno rilasciata, o rilasciata “sulla parola”?

      Ok, mi prendo i tuoi rispetti, restituendoti quelli miei.
      Cià cià
      Slàn

      🙂

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      • Milord … ebbene si … rilasciata sulla parola e con obbligo di firma … per nulla desaparecida e sempre presente …. almeno con il pensiero.

        Mi prendo i tuoi rispetti in risposta a quelli miei e riporgo quelli che ti devo per oggi.

        Slan

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  2. 10 con lode. Adoro quel film! Su di lui è stato scritto tanto che a scrivere ancora si rischia di cadere nell’ovvio. . Tu invece, con la maestria che ti è spontanea, sei riuscito a dire qualcosa di nuovo.
    Bravo!

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  3. Una bella scommessa affrontare il tema di Blade runner.
    Ci vuole intelligenza, perizia e cultura.
    Tu, profondamente padrone di tutto questo, sei riuscito a farci riflettere.
    Bravissimo ed estremamente sensibile.
    Ciao

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    • Manuela Rovati

      Eg una bella scommessa sì.
      Ridley Scott non è un cicisbeo, col gelatino in mano, che passa facendo le smorfiette.
      Qua stiamo parlando dell’Olimpo.
      Comunque sia, sembra che sia interessato quanto scritto.
      Son contento
      Ciao e buona notte

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  4. Grande film e grandissima scena finale. La considerazione filosofica che fai è profonda ed esatta. Infatti questo film è cupo e non solo per l’atmosfera piovosa. Io ero rimasta al fatto che “lei” fosse un’androide…
    In ogni caso, una strepitosa interpretazione di R.Hauer.
    E una recensione, la tua, magnifica!
    Radiosity.

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    • Alessandra Bianchi

      Probabilmente hai visto una versione “non definitiva”.
      La prima volta che lo vidi, una o due settimane dall’uscita, era la versione dove H.Ford, con Rachel l’Androida, escono di città in auto, incrociando delle strade che correvano in mezzo ai boschi. Nel film, Deckard, faceva la considerazione su quanto era accaduto. Aveva appena saputo che Rachel non aveva “scadenza” ed era contento lo stesso perché diceva che, lei lo avrebbe amato per tutta la vita…. quella sua. In questa versione (credo si tratti della prima o seconda) Deckard è umano.
      L’ho rivisto qualche anno dopo (in concomitanza con l’acquisto del DVD) e l’edizione finale mi piacque. Il personaggio, è vero, appariva un po’ falsato (non era più un uomo che soffriva, ma un androide programmato per recitare le scene di sofferenza), ma era apparenza in quanto pur se senza scadenza, era diventato più umano degli umani.
      Piaciuto anche quello.

      Sempre generosa e indulgente.
      Grazie e buona notte

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