Garthander IV

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1Il giorno dopo, la seduta procedette in modo soddisfacente. La luce era buona e Isabel Freer in gran forma.
L’autobiografia cominciata il giorno prima con nove persone e uno scantinato nei bassifondi, fu proseguita in uno stile colorito. Juliet un po’ ascoltava, un po’ seguiva i mutamenti d’espressione che si alternavano, con straordinaria rapidità, sui brutti lineamenti della signora Freer.
Quale di tutte quelle fugaci espressioni, di quegli improvvisi cambiamenti di fisionomia, sarebbe stato fissato nell’avorio? Dopo aver fatto una dozzina di schizzi, Juliet li guardò disperata e ne fece un’altra dozzina.
Isabel quando li vide, ne fu entusiasta.
– Sono proprio una vecchia strega, vero? Questi disegni sono parlanti: continuate così e farete un capolavoro. E adesso andate pure a divertirvi per tutto il resto del giorno.
Prima di poter seguire questo consiglio, Juliet fu chiamata al telefono. La cosa la sorprese, dato che non riusciva a immaginare chi potesse averla scovata fin lì: a meno che non si trattasse di Albert ..
Era Mary Stoner.
– Come stai? – le chiese la signorina Keslar.
– Oh, bene, grazie, e tu?
Mary parlava con voce flautata, segno evidente che era nervosa. A ogni frase il suo tono diventava più acuto e melato.
– Mia cara, ieri sera non sono riuscita a scambiare una parola con te. Durante il pranzo è stato impossibile, e dopo sei scomparsa. Ma ho voglia di parlarti e di farti vedere tutto quello che abbiamo fatto a Rosbury.
Quell’“abbiamo” fu una frecciata che colpi nel segno. Juliet ricambiò. – Sì, Albert me ne ha parlato.
– Davvero? Che bellezza poter essere ancora amici, non è vero? è tutto tanto più semplice e carino. Per questo, ho pensato di poterti telefonare liberamente. Vorrei proprio farti vedere il mio appartamentino e tutti i cambiamenti che abbiamo fatto qui. Così mi sono chiesta se tu avresti accettato di venire a prendere una tazza di tè, nel pomeriggio.
– Temo proprio di non potere, per questo pomeriggio. Sto per uscire.
– Con Albert? Naturalmente, che stupida! Facciamo sabato, allora. Lui non ci sarà temo, ha degli affari da sbrigare. Ma se ti accontenti di me…
Juliet rivolse una smorfia infantile al telefono. – Verrò senz’altro.
– Allora ti aspetto per le quattro e mezzo. Sai dove devi scendere. C’è un autobus che passa ogni venti minuti, d’estate. – Poi riattaccò.

2Juliet prese l’autobus delle due e un quarto per Garthander. Indossava un abito di lino a disegni azzurri e grigi ed era a capo scoperto. I ricci castani dai riflessi dorati costituivano l’unica, innegabile, sua bellezza. Lei sapeva di non essere bella. Aveva la pelle trasparente e i begli occhi grigi, che talvolta, a sua insaputa, potevano assumere un’espressione d’innocenza, di sensibilità e di dolcezza. In quanto al resto: fronte, naso, mento e guance, non avevano nulla di notevole. La bocca era rossa e non troppo piccola: quando sorrideva metteva in mostra i bei denti bianchi. Ma in complesso poteva ritenersi fortunata di avere quei capelli.
Questa conclusione, cui era giunta dopo uno studio insolitamente prolungato della sua immagine riflessa nello specchio, accompagnò Juliet fino a Garthander. Dopodiché fu presa dallo spiacevole pensiero che l’incontrarsi con Albert era una pazzia e dall’altrettanto ferma convinzione che niente al mondo avrebbe potuto trattenerla dall’andare da lui.
Alla prima fermata dopo Garthander scese con le ginocchia tremanti. Albert doveva aver seguito l’autobus, perché la raggiunse subito, e aprì lo sportello della macchina.
– Ciao piccola. – Poi propose:
– Possiamo lasciar qui la macchina e scendere a Alexwhite Cove. Non è molto frequentato. Non si possono fare bagni e il sentiero sembra molto più ripido di quanto non sia in realtà.
Ma era ripido abbastanza. Juliet scivolò e Albert dovette trattenerla; scoppiarono a ridere, e Albert la sgridò.
– Perché non guardi dove metti i piedi?
– Sì che ci guardo! – ribatté lei con indignazione.
– È colpa di quelle stupide scarpe.
– Ma io non sapevo di dover camminare in riva al mare. Tu avevi detto che saremmo andati a Hedingham Court.
Albert le passò un braccio intorno alle spalle scuotendola scherzosamente. – Gli uomini sono dei grandi bugiardi!
Poi arrivarono alla spiaggia deserta, fatta di sassi e conchiglie.
– Prima gli affari, poi il piacere – disse lui. – Adesso faremo una bella chiacchierata sugli alimenti e, quando questo ti avrà fatto venire appetito, andremo a mangiare pasticcini al Emma and Emily Bubb.
Juliet sedette sulla ghiaia e raccolse una manciata di conchiglie e pietruzze. Una delle conchiglie sembrava un minuscolo berretto di porpora e madreperla. La fissò accigliata e rispose: – Sciocchezze, non abbiamo niente da discutere!
– Pensaci meglio, tesoro. Il tema è alimenti. Forse ti è sfuggito. In realtà può essere un inesauribile argomento di conversazione.
– Non m’interessa.

3Lui canticchiò sottovoce: – No, non camminerò, no, non parlerò. No, non camminerò, né parlerò con te. – E poi riprese in tono scherzoso: – Suvvia, lascia che la benedetta parola “alimenti” ti commuova.
Juliet arrossì. – Non c’è nessuna questione di alimenti! Tu non mi hai lasciata, me ne sono andata io.
– E saresti pronta a rifarlo anche domani: questo è lo spirito che ci vuole! Ti impenni sempre come una volta. Adesso ridiamoci sopra e ricominciamo tutto da capo. Rosbury mi rende molto. Gli appartamenti sono stati un ottimo affare e la gente litiga addirittura per averli. Ebbene, stando così le cose, vorrei che tu considerassi la situazione senza preconcetti. Probabilmente te ne sei dimenticata, ma sposandoti io ho diviso con te tutti i miei beni.
Juliet si eresse mandando scintille.
– Sembra che tu ti sia dimenticato che abbiamo divorziato.
Incontrò uno sguardo sconcertante.
– Davvero? Tu continui a ricordarmelo. Per farla breve desidero che tu accetti da me trecento sterline l’anno.
– Albert… ma non lo farò mai, naturalmente!
Lui insistette con assoluta serietà: – Mi sentirei molto meglio se tu accettassi.
Le dita di Juliet si chiusero sulla piccola conchiglia, spezzandola.
– Non è possibile, dovresti rendertene conto anche tu!
Albert sorrise. – Avanti, dimmi tutto! Credo di sapere perfettamente il seguito. “Posso mantenermi senza bisogno del tuo aiuto! Preferirei morire piuttosto che toccare il tuo denaro!”
– Oh! – esclamò lei, adirata.

Albert continuò a sorridere in una maniera che generalmente veniva considerata affascinante.
– Sarebbe perfetto in un melodramma, ma non è il tuo genere. Intanto richiederebbe occhi lampeggianti, lineamenti classici e un naso greco o romano. Ora con un nasino a patata come il tuo…
8– Non è a patata!
– Non che io ci trovi qualcosa da ridire, anzi m’è sempre piaciuto. Non avrei mai sposato una maschera classica, per esempio. Io lo considererei un naso da commedia o da focolare domestico.
All’angolo della bocca di Juliet si formò una fossetta. Una risatina le sfuggì controvoglia.
– Cosi va meglio – osservò lui. – Non è bene sopravvalutare sé stessi. E tu avresti la tendenza a farlo, senza me vicino per avvisare, minacciare, comandare. Farai bene a sorvegliarti.
– Sicuro, Albert!
– Dunque, mia cara, – l’assegno. Diremo così per evitarti la parola alimenti… e inoltre assegno ricorda meno il tribunale, non è vero? Ti sarà versato trimestralmente.
– Niente affatto! Non ho alcuna intenzione di accettarlo!
Albert con un movimento improvviso si sporse in avanti afferrandola per i polsi. – Adesso mi starai a sentire!
– Posso starti a sentire benissimo, senza bisogno che tu mi tenga cosi, Albert: mi fai male!
– È quello che voglio. Il denaro sarà versato alla tua banca ogni trimestre. Tu potrai sperperarlo allegramente o buttarlo dal ponte di Waterloo, come potrai elargirlo ai poveri immeritevoli o lasciarlo in banca: non mi interessa. Ma non potrai impedirmi di dartelo. Non desidero che tu eserciti il tuo orgoglio a spese della mia tranquillità di spirito. Se le tue miniature avranno successo, trecento miserabili sterline potranno essere tranquillamente ignorate. In caso contrario, ebbene, preferisco sapere che avrai un tozzo di pane assicurato.
– Albert, lasciami!
Lui la lasciò. – E adesso parliamo di qualcos’altro.

4Juliet scosse il capo. – Non posso impedirti di versarmi il denaro…
– Troppo vero.
– Ma non lo toccherò.
– Questo è affar tuo. Cambiamo argomento e parliamo un po’ di me. Ti interessa sapere che sono in procinto di essere diseredato?
– Come?
– Oh, non si tratta di Rosbury: quello mi rimarrà sulle spalle per tutta la vita. Sono le mie “Grandi Speranze”: credo che Robert pensi di sposarsi.
– Alla sua età!
– Be’, dopotutto ha solo cinquantacinque anni e non è la mummia che potrebbe sembrare. È stato fidanzato con Clarissa Dale qualcosa come venti anni fa. Si dice che abbiano rotto il fidanzamento quando Robert ha scoperto che Clarissa non era il tipo da lasciarsi mettere sotto i piedi; ha sempre voluto essere lui il padrone. Poi naturalmente c’è stata la storia di Isabel Freer. Non dirmi che, dopo ventiquattro ore che sei qui, lei non te ne ha ancora parlato. Le ha fatto delle proposte tutt’altro che pulite, arrivando persino a suggerire una luna di miele clandestina a Parigi. Isabel gli ha risposto che lei aveva ormai cinquant’anni suonati e che, anche se lui ne avesse avuto dieci di meno, era tuttavia abbastanza adulto da poter riconoscere una donna rispettabile quando ne incontrava una. Dopodiché credo che Robert si sia spinto fino a chiederle di sposarlo e lei gli ha riso in faccia, dicendo che se avesse voluto rimaritarsi, avrebbe potuto farlo, in media, venti volte l’anno nel volgere degli ultimi trent’anni. Sono rimasti ugualmente amici, per merito di Isabel. Robert sarebbe stato capace di serbarle rancore, ma lei non glielo ha permesso.
– E adesso chi vorrebbe sposare?
– Hai visto quella ragazza coi capelli rossi, ieri sera?
– Naturalmente. Non vorrai dirmi che si tratta di lei?

5Albert annuì. – Si chiama Eve McQueen e ha i capelli rossi, come avrai notato. Inoltre ha lo sguardo provocante ed è riuscita a portare Robert più o meno dove voleva lei. Fino a ieri sera c’era ancora la posizione di McQueen che era dubbia, ma durante il nostro terzo ballo lei mi ha distrattamente confidato di essere divorziata da un anno. Non rimane quindi più alcun ostacolo al suo matrimonio con Robert.
– Ma ieri sera sembrava che non si conoscessero neppure.
– Litigi d’innamorati, tesoro. Forse avrai notato che Eve mi guardava teneramente.
– Ma perché?
– Stava dimostrando a Robert che c’erano anche altri uomini al mondo. Sa il fatto suo quella ragazza.
– Albert, quanto potrà valere la collezione?
– Un’enormità: ma non la erediteremo noi.
Quel noi arrivò diritto al cuore di Juliet. Ma certo, lui lo aveva detto senza pensare.
– Le pietre, in sé stesse, hanno un notevole valore – proseguì Albert. – E inoltre ci sono altri individui fanatici come Robert, i quali pagherebbero cifre fantastiche per un gioiello che abbia una storia.
– Ma non è pericoloso tenere in giro della roba cosi preziosa?
– Tutti lo dicono da anni, ma non è mai successo niente. Durante la guerra i gioielli sono stati messi al sicuro, ma appena è stato possibile Robert li ha riportati qui. I nuovi locali sono in effetti una camera blindata e gli oggetti di maggior valore sono tenuti in una cassaforte ancora più sicura. Niente finestre, un solo ingresso e la luce che rimane accesa tutta la notte nel corridoio che unisce le due case. Dovrebbe essere abbastanza sicuro.
– La luce si è spenta, la notte scorsa.
– Sciocchezze!
– Albert, è vero.

6Gli raccontò di aver sentito la porta che si richiudeva.
– L’ho sentita benissimo e, quando ho guardato fuori dalla finestra, il corridoio era buio.
– Ne sei sicura?
– Certo! E poi, mentre stavo guardando, la luce si è accesa di nuovo e sono praticamente certa che la porta d’acciaio era appena stata richiusa, si muoveva ancora.
– Che ore erano?
– Non lo so di preciso, ma era tardi, molto tardi. Avevo dormito parecchio.
Albert scoppiò a ridere.
– Con tutta probabilità era George Barret che rincasava dopo una notte di bagordi! Ha dovuto per forza passare attraverso il club, dato che non c’è altro ingresso alla casa di Robert, e ha lasciato la luce spenta per evitare di essere visto da qualche ficcanaso.
– Non sono un ficcanaso! Stavo semplicemente guardando fuori. E inoltre, Albert, non avrebbe potuto passare dal club, perché la porta viene chiusa dall’interno, dopo che gli ultimi ospiti sono andati via. Lo so perché mi sono informata stamattina per il caso in cui avessi dovuto pranzare fuori. Ho chiesto se avrei potuto avere una chiave e mi hanno risposto di sì, ma avrei dovuto ricordarmi di avvisare, altrimenti avrebbero sprangato la porta.
– Forse lui aveva avvisato.
– No, non l’ha fatto, perché ho chiesto se qualcuno era uscito ieri sera e mi hanno risposto di no, che erano rincasati tutti a mezzanotte.
– Non ti sembra d’essere stata un po’ troppo curiosa, mia cara?

7Juliet arrossì, – Non è vero. Volevo solo sapere come avrei dovuto fare per avere una chiave.
– Nel caso che io ti avessi invitata fuori a cena? Come sei previdente!
– Nel caso che io avessi voluto uscire! Poi tutto è venuto fuori da sé. Albert, io non credo che fosse qualcuno che dal club passava nella casa di Robert.
– E cosa ti è sembrato?
– È tutto molto vago, vedi. È stata solo un’impressione. Ma mi è parso… In realtà ho pensato che accadesse il contrario.
– Ma hai detto che hai visto muoversi la porta d’acciaio, quando si è riaccesa la luce.
Juliet annuì.
– Lo so. Ma ho pensato che accanto alla porta aperta ci fosse qualcuno in attesa che la persona nel corridoio fosse entrata nel club per chiudere la porta e riaccendere la luce.
Albert la guardò negli occhi. – Ma hai visto accadere queste cose?
– No.
– Può darsi che sia accaduto il contrario, e cioè che sia venuto qualcuno dal club e abbia acceso la luce quando è arrivato in casa, dall’altra parte del corridoio.
La voce di Juliet era esitante quando rispose: – Penso di sì.
– Era pieno giorno, quando Robert e Barret sono andati al club e probabilmente si sono dimenticati di accendere la luce. Anche Robert è un essere umano, dopotutto. E non è possibile accendere la luce dal club. Una volta era diverso, ma quando Robert è andato ad abitare nei suoi locali, ha fatto dei cambiamenti. Gli interruttori sono stati messi tutti lì.
Juliet si portò una mano al viso che scottava.
– Allora avevo ragione io, perché la luce era accesa, quando sono andata a letto. Fuori non faceva ancora buio, ma il corridoio era illuminato da un capo all’altro. Solo qualcuno che si trovasse in casa di Robert può aver spento.
Albert si accigliò. – Penso che si trattasse di George, assentatosi senza permesso – disse brevemente. Poi, dopo una pausa: – Probabilmente non c’è motivo di preoccuparsi, ma avviserò Robert che la luce era spenta.
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28 pensieri su “Garthander IV

    • verso l’inevitabile, appunto.
      Dovrà accadere prima o poi e da come si stanno mettendo le cose (con tutto quello che stiamo osservando), sicuramente qualcosa accadrà.
      Ci mettemmo in attesa. Chissà …

      Buona serata

      Buona serata

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    • Grazie, siete gentile come sempre, mia signora.
      Juliet, questo enigma.
      Potrebbe sembrare ingenua, ma presenta caratteristiche singolari: le domande che formula sono appropriatissime.
      Abbiate una splendida giornata

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  1. Un capitolo bello e delicato.
    Mi sono accorta sai?
    Ci stai portando, piano piano e con delicatezza, dove vuoi tu.
    Quasi non ce se ne accorge.
    Credo che il prossimo capitolo sia quello che inizia tutta la stori. o mi sbaglio?
    Ciao e bacetto

    Sony

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    • Grazie mia signora, per l’attenzione dimostrata.
      sarete esaustivata a brevissimo.

      I Like, annoso problema.
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      Grazie per esserci e … cordialità

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