Ecco Ninni II

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1Ecco Ninni
Ero a capo di una finanziaria multinazionale fondata da mio nonno. Avevamo interessi in ogni parte del mondo. Le persone intorno a quel tavolo erano lì per me. Stavo facendo qualcosa … sì, ero lì per fare qualcosa …
“Signor Ninni, si sente bene?”.
Era la voce di Vittoria, sì, era la sua.
“Ninni, che hai? Ti sei bloccato”.
Questo era Bigini. Sì, Bigini, ne ero sicuro.
Otto secondi! Otto!
“Guardi com’è pallido! Sta per svenire, faccia qualcosa!”.
“Aiutatelo a sedersi!”.
“Che sta succedendo?”.
Troppe voci, non riuscivo più a riconoscerli. Nella mia mente la confusione era totale. Dovevo ancora riorganizzarla, rimetterla in ordine.
Otto secondi non erano stati sufficienti! Ne sarebbero serviti almeno venti! In ogni caso molte parti del cervello erano comunque lesionate, gran parte della memoria era andata persa. Ma in modo casuale, senza un criterio. Se non fossi riuscito a spostare la testa sarebbe stato assai peggio.
Mi stavano toccando, sentivo che mi stavano facendo sedere. Lottai per recuperare le mie facoltà. Non avevo tempo di riorganizzare i ricordi, di dividerli. Di tentare di scoprire cos’era andato perduto. Tanto non ci sarei riuscito lo stesso, se un ricordo era stato cancellato come scoprire quale fosse?
Altre priorità. Priorità. Sì.
La mia voce suonò irriconoscibile: “Un telefono”.
Sentii la voce di Bigini: “Prenda un telefono, presto!”.

2Riuscii a muovere la mano e gli afferrai un braccio. Lo strinsi forte. “Un cellulare”.
Non potevo usare un telefono della società. Mi schiarii la voce e dissi distintamente: “Un cellulare non rintracciabile”.
Bigini era stupefatto: “Come?”.
Lo fissai negli occhi. “Ho bisogno di un telefono che non sia riconducibile a noi. È chiedere tanto?”.
C’era confusione nei suoi occhi, quelle erano cose a cui non era abituato. Lui non era un uomo d’azione, aveva l’anima del contabile.
La signora Wu, in fondo al tavolo, prese qualcosa dalla sua cartella e chiamò una delle assistenti. La vidi consegnare un cellulare microscopico. Lei era la responsabile del settore asiatico e veniva dal Giappone. Una donna sulla sessantina, di poche parole, con uno sguardo di ghiaccio. Seguii quel cellulare mentre mi veniva portato di corsa. L’assistente era imbarazzata.
“La signora Wu ha detto…”.
La bloccai con un gesto e glielo strappai quasi di mano. Se la signora Wu aveva detto che non era rintracciabile non potevo che fidarmi sulla parola. Non avrei voluto fare una telefonata del genere proprio lì, in mezzo a tutti loro, però non avevo la forza di alzarmi dalla sedia. Avrei potuto farmi aiutare, ma a scapito di secondi preziosi. Stavo troppo male, i ragazzi sarebbero tornati a casa da un istante all’altro e il killer poteva essere ancora lì. L’unica speranza era che nessuno in quella stanza conoscesse il coreano.
Composi il numero a memoria. Poi, prima che rispondessero, ordinai a Vittoria: “Mi cerchi Brandi, subito. Lo faccia venire qui”.
Bigini s’irrigidì, ma Vittoria non perse un istante e si avviò verso la porta, prendendo da una tasca il suo cellulare.
Nessuno aveva capito cosa fosse successo. Davanti ai loro occhi mi ero interrotto nel bel mezzo di un discorso, restando paralizzato. Per otto secondi. E ora mi stavo comportando come un pazzo.
Uno squillo. Due. Tre. Avevo il cuore in gola. Quel disgraziato di certo si trovava in qualche bar a ubriacarsi, come sempre. Che razza di tutore della legge ci era capitato! Tanto non succedeva mai niente, nel nostro paese. Non era mai successo niente, prima.
Chenlun rispose, con voce gracchiante. Lo conoscevo bene, ci eravamo ritrovati più di una volta a bere e chiacchierare fino al sorgere del sole. Lui un po’ mi invidiava. Invidiava la mia vita, la mia famiglia. Non si era mai sposato. Però ora non poteva riconoscermi, non con quella voce.
Non gli lasciai il tempo di interrompermi.
“Mi chiamo Lang, sono il cugino di Yong-ho Hwangbo. C’è stata una tragedia alla fattoria dei Hwangbo, qualcuno ha ucciso la moglie e credo che abbia ucciso anche lui”.
Questo era solo l’inizio, dovevo insistere. Dirgli che l’assassino poteva essere ancora lì, che stavano per tornare i ragazzi e avrebbe potuto uccidere anche loro. Lui non aveva mai sentito parlare di me, ma gli raccontai particolari che nessun altro avrebbe potuto sapere, e lo convinsi che ero davvero suo cugino. Sentii dal tono di voce che stava iniziando a credermi.
Gli dissi che eravamo al telefono, quando Jiwon era stata uccisa, avevo sentito gli spari e a un certo punto Yong-ho aveva smesso di parlare. Gli dissi che non abitavo lì, ma a Daegu, che facevo il giardiniere. Lo riempii di bugie, e non c’era dubbio che se ne sarebbe accorto fin troppo presto: non c’era alcun telefonino accanto al cadavere di Yong-ho, come non c’era nessun cugino Lang. L’unica cosa che mi premeva in quel momento erano i miei figli, e Chenlun doveva arrivare in tempo per salvarli.
Alla fine fu lui a interrompere la comunicazione, perché l’ansia che gli avevo trasmesso fu tale che non poteva più perdere tempo.
Restai a guardare quel cellulare spento col cuore in gola. Poi alzai gli occhi sulle persone di fronte a me.
“Che lingua era?”, chiese Bigini, stupefatto.
Una delle mille che non avevo studiato e non avrei dovuto conoscere. La signora Wu era silenziosa e non mi guardò neppure, ma ero certo che lei avesse compreso ogni parola della telefonata. Lessi altri due sguardi stupefatti, un giovane dirigente inglese e una delle assistenti, probabilmente con funzioni di interprete. Non mi importava, in fondo ero io a pagare i loro stipendi, non dovevo rendere conto a nessuno di quello che facevo.
“Continua tu”, dissi a Bigini. “Io non mi sento bene”.
Avrei voluto alzarmi ma non ci riuscii, le gambe ancora non mi reggevano. Bigini fece un cenno e arrivarono due agenti della sicurezza per aiutarmi. Mi sollevarono con facilità.
Lo sguardo di Bigini era pieno di domande, ma io scossi il capo.
“Non adesso”.

3Mi coricarono sul divano, nel mio ufficio, e li mandai via con un cenno. Restò solo Vittoria, e per una volta anche lei era turbata. Aveva abbandonato la maschera della segretaria efficiente e non nascondeva la preoccupazione.
“L’hai trovato?”, le chiesi.
“Sta venendo qui”.
“Bene”.
Quanto avrebbe impiegato Chenlun ad arrivare alla fattoria? Non avrei dovuto puntare tutto su di lui. Se l’assassino fosse stato ancora lì avrebbe avuto facilmente la meglio anche su di lui. Ma era l’unico abbastanza vicino, chiunque altro avrebbe impiegato troppo tempo.
Adesso stava arrivando lo shock: Jiwon era morta. Mia moglie era morta. La mia compagna, che aveva diviso ogni momento della mia vita! Era troppo, tutto in un giorno solo. Prima la rivelazione di Ilaria, poi la morte di Jiwon. E non sapevo neppure se i miei figli fossero ancora vivi!
Vittoria si permise una confidenza per lei insolita. Si chinò davanti a me.
“Stai male? Cosa ti succede?”.
Neppure lei era il prototipo della segretaria perfetta. Aveva dieci anni più di me e non si poteva certo definire una bellezza. Ma era l’efficienza in persona e sarei stato perduto senza il suo aiuto. Fui tentato di parlarle di Ilaria, questo avrebbe potuto fornire una spiegazione del mio stato d’animo, ma sapevo che mia moglie non avrebbe approvato. Lei non voleva che qualcuno fosse a conoscenza del suo stato.
Scossi solo il capo e fissai gli occhi sull’orologio.
I minuti scorrevano. Cinque, dieci. Vittoria non sapeva più cosa fare. Stava per andare via, poi cambiò idea e si sedette di fronte a me.
Doveva essere arrivato. In quel momento Chenlun doveva trovarsi alla mia fattoria. Forse aveva già scoperto i cadaveri.
Composi il numero sul cellulare. Aspettai.
Cinque squilli e poi rispose.
“Non adesso!”, gridò.
Gridai anch’io, prima che riattaccasse: “Sono Lang! Li avete trovati?”.
Un attimo di silenzio.
“Come fa ad avere questo numero?”.

4Già, quello che avevo chiamato era il numero del suo cellulare, ma non potevo fare altrimenti. Non c’era modo di spiegare come potessi conoscerlo e non tentai neppure.
“I bambini, come stanno i bambini?”.
Non gli avevo chiesto niente di Jiwon e Yong-ho, se fossero vivi o morti, e questo accentuò i suoi sospetti.
“Come fa a sapere certe cose? Chi è lei?”.
“I bambini! Stanno bene?”, tornai a insistere.
“Deve dirmi…”.
Urlai, pieno di rabbia: “Ha ucciso anche i bambini?”.
Un altro breve silenzio.
“Qui non c’è nessun bambino. Solo tre cadaveri. Non c’è nessuno ancora in vita”.
Tirai un sospiro di sollievo, ma subito tornò l’ansia. Guardai di nuovo l’ora e calcolai la differenza di fuso orario: avrebbero già dovuto essere lì.
Arrivò la voce di Seung: “No, no, no!”.
Poi lo sentii gridare, ma non stava parlando con me: “State lontani, non avvicinatevi, non guardate, rientrate in casa!”.
Sentii una voce urlare e riconobbi Sang. Staccai all’istante la comunicazione e mi misi a piangere.
Vittoria mi guardava a bocca aperta, mentre davo sfogo a tutta la tensione accumulata. Il mio sollievo era grande, ma non c’era niente di cui gioire. Piangevo, e singhiozzavo. Per Jiwon, per Ilaria, anche per Dong-Yul, ma soprattutto perché i miei figli erano ancora vivi. Perché non li aveva uccisi.
Poi sentii il bisogno di parlare, di sfogarmi, e lo dissi a Vittoria: “Ilaria sta morendo”.

5Brandi arrivò dieci minuti dopo. Non sapevo neppure il suo nome, non gliel’avevo mai chiesto. Ufficialmente non era neppure un mio dipendente. Ci servivamo della sua agenzia di sorveglianza solo in casi straordinari, per organizzare la protezione di visitatori esteri, o per reperire informazioni delicate. Mi aveva sempre servito più che egregiamente.
Lui era giovane, forse anche più giovane di me, e aveva un volto anonimo, difficile da notare. Non faceva mai domande, eseguiva soltanto.
Non persi un istante in convenevoli.
“Deve partire per la Corea del Sud, Hadong. Non ho tempo adesso di spiegarle ogni cosa, ma Vittoria le faxerà in aereo tutte le informazioni di cui ha bisogno. Il suo compito è di proteggere tre bambini, con molta discrezione. Accertarsi che nessuno faccia loro del male. Hanno appena ucciso i loro genitori, quindi è probabile che andranno a vivere con la sorella della madre. Sì, Yurim vive sola, sono certo che si occuperà di loro. Lei cerchi di aiutarli. Faccia il possibile, ma si mantenga nell’ombra”.
Un lieve movimento delle sopracciglia fu l’unica reazione di Brandi.
“Un’ultima cosa. Le faxerò anche un identikit. È quello dell’uomo che ha ucciso i loro genitori. Deve stare attento che non si avvicini a loro. Cerchi anche di scoprire chi è, se è possibile”.
Non aggiunsi altro. Brandi attese ancora qualche secondo, sempre senza far domande. Poi volse lo sguardo verso Vittoria.
Lei riuscì a nascondere la propria confusione.
“Sì, venga, le fornisco subito i particolari del viaggio”.
Neppure mi accorsi che se n’erano andati. Un’altra esistenza cancellata. Jiwon, Dong-Yul, i miei figli che non avrei mai rivisto. Sì, avrei cercato di aiutarli, per quanto era in mio potere, senza apparire, ma non li avrei potuti incontrare mai più. Avrei dovuto resistere alla tentazione, anche se era la cosa che desideravo maggiormente, perché loro avrebbero potuto capire. Nonostante tutto, certe cose i figli le capiscono. Il loro padre era morto e tale doveva restare. Per sempre.
Quanti ricordi avevo perso, in quei dodici secondi mancanti? Ricordi di loro, della loro madre, ma anche ricordi delle mie vite precedenti? Quante delle mie esistenze erano andate perdute?
Chi era quell’assassino? Perché voleva uccidermi? Voleva uccidere me o Yong-ho? Ma nessuno sapeva della mia esistenza, l’avevo sempre tenuta nascosta a chiunque. Però aveva mirato alla testa, al cervello. Era stato un caso, sicuramente sì. Una firma personale, aveva fatto la stessa cosa con Jiwon e Dong-Yul.
Vittoria tornò dopo pochi minuti. Bussò in modo discreto e sporse la testa.
“È arrivato il disegnatore che mi avevi richiesto”.
“Fallo passare”, risposi.

6Non avrei potuto avere altre notizie fino al giorno dopo, Brandi sarebbe dovuto arrivare a Seoul nelle prime ore del mattino. Ma non mi sarei stupito se prima di allora fosse già riuscito a mettere in moto gli ingranaggi. Era un uomo dalle mille risorse e dalle mille conoscenze.
Non ero riuscito a restare in ufficio. Avevo rifiutato di parlare con Bigini e pure l’offerta di aiuto di Vittoria. Ora si sarebbero persi in mille supposizioni sugli eventi assurdi a cui avevano assistito. Ma non ce la facevo, proprio non ne ero in grado. Avrei dovuto mentire, come sempre, perché la mia storia non poteva essere condivisa con nessuno. E poi desideravo restare con Ilaria, passare un po’ di tempo con lei, cercare di parlarle.
La morte di Jiwon era stata una dura lezione, mi aveva fatto capire quanto fosse importante passare ogni momento possibile con le persone che amavo. Povero Sang, e i miei sogni di farlo studiare, di mandarlo all’università. Quante inutili preoccupazioni svanite nel nulla. Chissà cosa sarei riuscito a fare per lui, se sarebbe mai riuscito a ritrovare la serenità.
Ilaria mi aveva mentito, o forse anche lei non era riuscita a resistere. La trovai già a casa, seduta in giardino, su una panchina. Guardava le aiuole fiorite, un tripudio di vita di fronte a lei. Mi avvicinai e le accarezzai una spalla. Questa volta non si ritrasse, si aggrappò al mio braccio e mi fece sedere al suo fianco. Poi mi abbracciò e restammo così, stretti, senza parlare. La riempii di baci, e lei si accucciò su di me, come a cercare protezione.
“Com’è morire?”, mi chiese, alla fine. “Te lo sei mai chiesto?”.
Avrei potuto dirglielo, io ero già morto cento e cento volte, ma dubitavo che la mia esperienza potesse esserle di conforto.
“Non sei sola”, mormorai. “Non ti lascerò mai, resterò sempre al tuo fianco”.
Mi accarezzò una guancia.
“Che farai dopo, quando io non ci sarò più?”.
Non riuscivo ad accettarlo, sembrava ancora così bella, così perfetta, e pareva impossibile che fosse malata.
Dovetti ricredermi quasi subito, perché appena rientrati in casa Ilaria si sentì male e vomitò, e il suo vomito era rosso di sangue.
Non andai in ufficio, il giorno dopo, restai a letto con lei, la tenni stretta per tutta la mattina. Solo quando andai in bagno telefonai di nascosto a Brandi. Tutto stava procedendo bene, lui era arrivato e i miei figli erano ancora vivi.
Forse il peggio era passato.

7Ecco Annie Luise Perris
Avevo cinquantasei anni ed ero un’insegnante di scuola superiore. La materia che insegnavo era la filosofia.
Non mi ero mai sposata ma avevo avuto due relazioni significative. La prima quando ancora ero molto giovane, con un uomo sposato e più vecchio di me, che era durata quattro anni e alla fine mi aveva lasciata distrutta. La seconda in età più matura, con un mio collega, ed era andata avanti per otto anni. Alla fine il nostro interesse reciproco si era spento senza drammi.
Ero leggermente sovrappeso, ma non troppo, e non curavo abbastanza il mio aspetto fisico. Passavo tutto il tempo libero tra concerti e rappresentazioni, seminari e congressi. Cercavo di tenermi aggiornata su tutto ed ero amante dell’arte classica.
Come insegnante non ero affatto male, almeno i miei studenti erano soddisfatti di me. Avevo fama di essere un po’ sbadata e sempre con la testa tra le nuvole, ma ritenevo che non fosse giustificata. Io non mi consideravo così.
Abitavo a Martinville in Canada, quasi al confine con gli Stati Uniti, e nonostante il mio nome fosse inglese, la lingua che parlavo era il francese. La mia casetta era pittoresca e d’estate il giardino si riempiva di fiori.
Era una bella vita la mia? Era una vita piena, sì, una vita che meritava di essere vissuta. Ma era già troppo tardi. Anche se non me ne rendevo conto era già troppo tardi.
Mi trovavo nell’ufficio della preside, chiacchierando di sciocchezze, in attesa che arrivasse l’ora della lezione, quando mi affacciai per caso alla finestra. Non avevo avuto alcun sentore, nessuna premonizione, era stata solo una casualità. Lo vidi scendere da un’auto, proprio davanti all’edificio scolastico.
L’auto era un taxi anonimo, ma il passeggero inconfondibile. Non ebbi neppure un attimo di incertezza. Era l’uomo che mi aveva ucciso, solo il giorno prima, in Corea.
Mi paralizzai. Era incredibile che fosse già arrivato lì, doveva aver preso un aereo per il Canada appena avvenuta la strage. Ma come faceva a sapere della mia esistenza? Era impossibile.
Mi restava poco, pochissimo tempo per scappare, temevo che fosse già troppo tardi. Soprattutto non volevo che mi trovasse lì, né in qualunque altra aula dell’istituto, sapevo bene che non avrebbe avuto alcun riguardo verso i testimoni, e quella scuola era la mia casa, amavo ognuno di quei ragazzi, non volevo metterli in pericolo.
Piantai Catherine, la preside, senza alcuna spiegazione, e mi precipitai fuori dall’ufficio.
Lei mi corse dietro, spaventata.
“Che ti succede, Annie Luise? Cos’hai visto?”.
Non potevo fermarmi, non c’era più tempo.
“Telefona alla polizia!”, le urlai. “Falli venire subito!”.
Poi mi misi a correre.
Un’idea fissa in mente: venti secondi!
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Tutte le foto vennero scattate da noi e nello specifico (dall’alto in basso e da sinistra a destra):
Bologna, Via Castiglione,
Via Drapperie,
Via D’Azeglio,
Vicolo Ranocchi,
Via Saragozza,
Via Castiglione,
Via dell’Indipendenza,
Via castiglione
Post produzione con Photoshop CC-Rotboss-Anemorphis-HDR Shot

60 pensieri su “Ecco Ninni II

  1. – Sto ascoltando:
    – WOLFGANG AMADEUS MOZART-
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    * Die Zauberflöte
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    Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen – (Adesso)
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    Cordialità e buona domenica

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    Sto ascoltando esattamente questo:

    Bellissimo e bravissima.
    Poche, anzi pochissime soprano sono brave come Diana Damrau: il brano spazia sulle otto ottave superiori e inferiori!
    Il test di laurea: chi ci riesce entra nell’Olimpo.
    Ed ecco chi ci riuscì:
    Montserrat Caballé,
    Maria Callas,
    Natalie Dessay,
    Renée Fleming,
    Barbara Hendricks,
    Victoria de Los Angeles,
    Felicity Lot,
    Iulia Migenes,
    Anna Netrebko,
    Jessye Norman,
    Lucia Popp,
    Leontyne Price,
    Elisabeth Swartzkopf,
    Johan Sutherland,
    Kiri Te kanawa,
    Renata Tebaldi,
    Luciana Serra
    Diana Damrau.
    Loro hanno tutte superato il test a pienissimi voti!

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      • Qua, invece, il solito Popolo italiano.
        Se non ti piace un brano ti alzi e te ne vai!
        Che caduta di stile.

        Lo dici magari.
        Manifesti il tuo dissenso, ma non si massacra così una signora che non è riuscita nell’impresa!
        Anche il regista e la produzione, però, mandarla così allo sbaraglio.

        Non tutte sono imperiali e ribadimmo il concetto: non si offende una donna che, per quanto possa essere brava, non riuscì nell’impresa!
        Mozart, con il suo “Flauto magico”, è un assassino: solo per pochi eletti e con una selezione durissima!
        Cos’é, la produzione non lo sapeva?

        Poveretta si vede che le viene da piangere…
        Tre minuti e dieci di fischi e come vedrete, anzi sentirete, negli ultimi secondi con battutacce immonde!
        Considerata la schifosa manifestazione barbara, per quello che ci riguarda, è da difendere a spada tratta e magari ha qualcosa da insegnare a tutti come compostezza e dignità!
        Vergogna

        😦

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      • Ci riuscirono, in passato tutte le mezzo soprano (è un vecchio trucco) che si spacciavano per soprano facendo ricorso al falsetto.
        Ma venivano stroncate sistematicamente nel canto classico o barocco che definivano facile.

        Tanti credono che il canto barocco sia semplice ma contiene un sacco di virtuosismi e abbellimenti difficili. Dovevano vedere l’estensione della voce?

        Tra mezzosoprano lirico e drammatico c’è differenza.
        Il mezzosoprano drammatico ha una voce scura e tocca note abbastanza gravi ad es. FA2/SOl2 che si trovano sotto il do centrale.
        Un esempio di mezzo drammatico è Anna Maria Chiuri.
        Invece lirico è Cecilia Bartoli.

        Beh, la prima venne fischiata a sangue, la seconda incantò (Con noi non sarebbe passata, assolutamente. La Lirica è un canto serio che non ammette buonismi).

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      • le ho ascoltate tutte. Donne veramente notevoli e bravissime.
        Purtroppo non impariamo mai. Tutti bravi, anzi bravissimi nel momento del trionfo, mentre alla prima stecca giù a lapidare,, condannare e giudicare!
        Merde!

        Sei un gentiluomo mon cher.
        Un vero cavaliera al quale affidarsi.
        Merci, mon trésor.

        Bisous

        Annelise

        🙂

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      • li ho ascoltate tutte. Ma che brave. Ecco, la passione per la Lirica e la musica sinfonica, anche se l’avete detto milioni di volte ci lasciò stupite.
        Siete un fenomeno mio signore.

        Anche mio padre con la medesima passion!
        Condivido il fatto che la cattiveria umana non ha confine

        Arrivederci

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  2. Un capitolo di carattere e pieno.
    Hai e stai affrontando i temi dell’IO e del conscio in modo armonico, amico mio.
    Un modo che ti è usuale e congeniale.
    Un romanzo introspettivo che sta prendendo la sua forma e il suo essere.
    Bello.
    Vorrei, però, capire lo spin.
    Ripasso. Ciao

    Francesco

    (Oggi sono incatenato alla scrivania…)
    😦

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    • Già, sir Spillo avete detto bene. I temi dell’Io e quelli della ragione, da sempre, ci affascinarono. Il loro studio, molto spesso ( e ne divenne quasi la regola) ci portarono a scontrarci- ne è la verità- con le altrui visioni d’insieme. Ecco che il baluginio della forma si mischia con quello della sostanza.
      Abbiamo, noi, in quanto esseri umani l’idea con il beneplacito dell’intelletto, di quanto possa essere pesante vivere, oppure, come sembrerebbe costume di questi ultimi tempi, vivere alla giornata sperando che tutto si risolva così come avveniva durante la nostra fanciullezza?
      Peccato che, allora, le castagne dal fuoco venivano tratte dai genitori.
      Un vago ricordo del bel tempo che fu, relegato al tempo che c’è, con la paura di quel che verrà.
      Grazie milord mio signore, abbiate una serena giornata.

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  3. Un capitolo bello e profondo.
    Impegnativi e teatralmente adatto. Proprio buono.
    Si potrebbe recitare o prepararne un film.
    Mi sono deliziata a entrare nei panni di Vittoria come nella vicenda coreana.
    però sono triste perché penso al prossimo.
    Bravo bravo e che penna.
    Au revoir mon cheri

    Annelise pour toi.
    Bisoussss

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    • Mia signora,

      noi viviamo nel costante desiderio, o sogno, di poter perpetuare la nostra permanenza se non fisica, almeno spirituale nelle righe che ci rappresenteranno prima della “dipartita”.
      Ecco, probabilmente, il nostro inconscio si comportò in tal maniera. però e credeteci, non fu un’azione ordinata e preordinata.
      Venne spontaneo scrivere e descrivere situazioni che, paradossali, rispecchiano alcuni passaggi della vita di ognuno.
      La vita, questo interrogativo pieno di ulteriori interrogativi, ci tormenta..
      L’interrogativo più grande, però, è e rimane su quanto importante è il significato di una vita e l’acutezza di alcune nostre azioni.
      Vi siete mai chiesta di tutte quelle manifestazioni apotropaiche, che illuminano il genere umano, cosa ne resterà? Viviamo nella convinzione della nostra presunta imortalità, modificandola in “oggi non succede nulla, e domani chissà, prolungando questa agonia con la mistificazione di una vita fatta da vivere.

      I signficati ci furono oscuri.
      Come i motivi del resto.
      L’uomo odierno vive denigrando l’altrui destino in virtù di una presunta statura morale migliore del prossimo stesso. Ma, credemmo, che si tratti, semplicemente, di un alibi bell’e buono. Odiamo la diversità, senza comprenderne l’esegesi, in quanto ci fa paura. Ci fa perdere di vista tutti quegli accomodamenti e che in una vita spesa a difenderci, operammo.

      Non sempre, però, alcune scelte sono buone.
      Denigriamo i contenuti più alti, in virtù di più alti traguardi con il risultato che non abbiamo, ala fine, né gli uno, né gli altri.

      Grazie per esserci e cordialità vivissime

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    • Grazie milord.
      Sicuramente nelle indoli personale (si veda il nostro colloquio con lady Annelise) ci riferimmo ai risvolti caratteriali che ci coinvolsero. Non sarebbe possibile, infatti, poter pensare, riflettere e sostenere altrui punti di vista se non avessimo, non fossimo esperienti in questo senso.

      Un’esperienza amara, mio signore. un’esperienza che si basò moltissimo sul sentimento, fiducia e alcune volte, affetto profondo.
      un’esperienza culminata nelle storture dell’essere che non sempre coincise con quelle dell’avere.
      Unica pecca di tutto questo discorso è il fatto che siamo umani e sicuramente imperfetti.
      Cordialità

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  4. oh mio signore che bel capitolo. versatile e tanto sentito che mi viene il dubbio che non sia … vita vissuta.
    Anche se non mi sembra che si possa rinascere o addirittura vivere, contemporaneamente, in due corpi consecutivi.
    I venti secondi servono al trasferimento della persona, ma a che pro? In che senso?
    Chi siamo noi? Ma soprattutto, milord, chi siete voi?
    😉

    Aspetto il prossimo e grazie, anzi sempre grazie che gratuitamente ci offrite una lettura intelligente e pulita.
    Lo sapevate che il primo racconto lo lessi qua? E avevo poco più di tredici anni.

    Buon pomeriggio

    🙂

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    • Mia signorina vi ringraziammo per averci seguito, fin qua, con la pedissequità dettata dall’amicizia.
      il limite temporale, a quanto pare, di qualsiasi trasferimento in corso d’opera, sembrerebbe, sia di venti secondi.
      Ci permettemmo di suggerirvi il prosieguo dell’opera.
      Grazie per esserci e infinite cordialità vivissime

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  5. Ecco un grande esempio di scrittore completo e complesso.
    Annie Luise è la dimostrazione lampante della versatilità.
    Certo che venire appresso è difficile, ma il romanzo facile o è un mattone o è un fotoromanzo.
    Sono contenta che “Ninni” sia riuscito a fare quella telefonata.
    Al prossimo milord mio signore!

    🙂

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    • lady Giorgia
      siete sempre gentile e generosa nel descrivere delle sensazioni che, un po’ er egoismo e un po’ perché ci credemmo, condivise.
      Annie Luise ecco un nuovo personaggio che si presenta alla ribalta. sembra, però, che tale personaggio sia anche vecchio. Sia a conoscenza del nostro “soggetto ninni” e che faccia da trade union con il rimanente della storia.
      Diteb che continuerà ad esserci oppure, nelle pieghe di questo racconto, cesserà di esistere?
      intanto tutto si sta complicando. Alcune entrate in scena, come alcuni sviluppi. Ma chi sarà e perché poi, quel killer che conosce tutto e tutti e che apparentemente è a conoscenza di un segreto che noi, a stento, stiamo iniziando a conoscere?
      Proveremo a metterci in attesa per sapere. che dite?

      Abbiate le nostre cordialità più vive.

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  6. Un capitolo fortemente dinamico che lascia il segno. Il Rubicone è stato attraversato e ci si pone, in modo inquietante, l’esistenza del signor “Ninni”. Tutto strano, tutto fuori dal consueto modo e stile di vita umano.
    La signora, ultima apparsa, è servita per smontare qualsiasi congettura iniziale.
    adesso siamo abbandonati al nostro destino e alle sue mani.
    Un bel capitolo
    Interessantissimo leggere il contenuto del prossimo capitolo

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    • La sua presenza, come i suoi passaggi, preg.mo sig. PickWick ci riempirono di soddisfazione.
      Avete visto giusto, almeno sembrò così, sulla dinamicità del capitolo. Non staticità, dunque.

      I tempi si evolvono, a quanto sembra, verso un futuro che di ipotetico inizia ad avere ben poco.
      i ritmi si serran, a quanto pare e come sembra nuovi orizzonti stanno apparendo.
      Detto con voi, vi confessammo che ci preoccupò, profondamente, questa svolta.
      Il nostro protagonista sembra molto angosciato dalla piega degli avvenimenti, manifestando paure e ansia su alcuni fatti che, francamente, non conoscemmo.
      Noi ci porremo in attesa degli sviluppi di questi eventi che si stanno manifestand in tutta la loro drammaticità.
      Sperammo che anche voi, preg.Signore, possiate essere dei nostri.

      Grazie comunque per esserci e cordialità

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    • Già e vedemmo nel vostro caso, mio signore, che l’orario in questione fu birichino.
      Alle 9.09 tutto il pianeta da noi conosciuto sta, già lavorando da almeno tre ore e a quell’orario, detto ora bianca, si riceve e si inviano @mail a più non posso, fin verso le 11.30-mezzogiorno.
      per cui … comprendemmo bene.

      Abbiate le nostre migliori cordialità

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  7. Noi viviamo in doppi e tripli sistemi di potere mentale, caro milord.
    Un potere che ci deriva dalla nostra arroganza di vita.
    un potere che deriva dal nostro sistema.
    nulla di strano, allora, che possano esistere dele vite strutturate in questo modo. Sì, siamo sul fantasy però, ho imparato in questo, se lo descrivi con questa drammaticità un motivo nascosto e non certo futile c’é.
    Mi metto in attesa, con glialtri.
    Ciao

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    • – Sto ascoltando:
      – SERGEI RACHMANICOFF-
      ___________________
      * Concerto per pianoforte e orchestra, Op.18 n.2
      Artista Anna Fedorova – (Adesso)

      Sir Vintrix

      Caro Vintrix, l’assunto che ognuno è un universo a parte e parlallelo non è poi tanto lontano dalla nostra condizione.
      L’uomo, di per sé animale sociale, vive la condizione della propria primarietà, sia nel bene, sia nel male.
      L’uomo deve eccellere , per propria convinzione ed emergere sia che sia un dominatore, sia che sia un dominato. Per cui abbiamo i riflettori puntati sui “decisori” dell’umanità, sia sui “palesemente” vessati dalla predetta umanità

      Ecco che si delinea il busillis:
      E tutti quelli che stanno in mezzo? Tutti i vessati, quelli per intenderci per i quali nessuno verserà una lacrima o ne parlerà? Ecco, il nostro pensiero va a costoro.
      Il nostro pensiero va a chi, con la sua profonda umiltà permette l’evolversi di qualsiasi cosa, offrendo il proprio humus e in alcuni casi, la propria vita.

      Nello specifico, un fantasy, come è il nostro caso, permette di raccontare tutto quello che le parole non potrebbero definire.

      Ecco che gli emarginati i vessati, diventano una popolazione aliena che tenta di conquistare un pianeta per la propria sopravvivenza, per esempio ovviamente.
      Grazie per esserci e cordialità

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  8. Ecco che leggerti diventa un bisogno insopprimibile.
    Purtroppo ho dovuto saltare qualche passaggio, in questi giorni, ma unicamente per problemi personali all’interno di casa. Oggi, anzi, oggi pomeriggio, rientrata da alcune incombenze, mi sono dedicata al mio milord preferito (certe volte e non lo nego, hai avuto la precedenza su quello stupidone di Vasco).
    Ecco che mi trovo nel più atroce dilemma che mi colpisce: mi hai sbalordita, milord mio signore.
    Mi hai afferrato la testa e l’Hi abbassata con forza.
    Ai tuo ordini, ho pensato e mi sono affidata nella lettura più profonda quando mi sono accorta che il capitolo era finito.

    Orrore e perdizione… dunque, giusto per rimanere in tema, mi sono letta il precedente e … tutto è apparso più chiaro, vero e pulito.
    Sai descrivere gli avvenimenti come se fossero presenti e reali.
    Ma sai che, per alcuni istanti, il fatto che tu sia stato consapevole delle vite dove, a causa di quella morti violente, eri costretto a trasmigrare, mi ha avvinta come se fosse possibile nella vita reale.
    Mi sono ritrovata in apnea a seguirti quando …
    Quando è finito il capitolo.

    Dunque (e mi piacerebbe tanto spingere), mi sono ritrovata nella più assoluta solitudine.
    Quella solitudine che mi fa pensare ai tuoi momenti di quando crei o componi per noi, illuminandoti.
    Che bella dote.

    Metto via ma tornerò al più presto.
    Voglio leggerti per benino e colmare tutti i vuoti che sto trovando per mia mancanza.
    Un bacio, ti abbraccio

    Ciao

    Lilly

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    • – Sto ascoltando:
      – FREDERICK CHOPIN –
      ___________________
      * Nocturnes (Complete version)- (Adesso)

      Lady Lilly Simoncelli

      Orrore e perdizione per tutto quello che non si conosce oppure si conosce appena, milady. Si vive nel sogno e del desiderio di vedere riuscite le nostre aspettative e quando possibile ne evochiamo i bisogni.
      Abbiamo., dunque, la forza di opporle?
      Abbiamo, probabilmente, il tentativo riprodotto dalla volontà. Che poi la riuscita sia qualcosa di perfetto, non è possibile saperlo, né conoscerlo.

      Nel nostro caso il protagonista riceve degli input sulla base di “attualità” che, e questo ancora non è dato sapere, lo sbalza dalla propria quotidianità, verso una situazione grave ed estremamente mutevole.
      Non tutto, infatti, è fatto per essere letto immediatamente; un po’ come la mente suole fare, o i destini del prossimo sottolineano.
      La solitudine, ia signore, sotto certi aspetti è e diviene fondamentale per raccontare esperienze, sogni o aneddotiche.
      Certo è che se si è in grado di porre su carta quanto gli occhi baluginano, crediamo possa essere un bene per tutti.
      Vi ringraziammo per la gentilezza e inviammo le nostre cordialità

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  9. Cazzo, ma allora è una cospirazione!
    Qua è meglio che scappa, fugge.
    Ma mi è piaciuto quando ha preso il cellulare e ha chiamato a quello in Corea per sapere se i bambini erano vivi.
    Bello, un capitolo emozionante. prevedo casini al quadrato e comunque una continuazione non facile.
    Un torrente di emozioni che mi lega.
    Ebbravo il milord.
    Non avevo dubbi.
    Ciao mio signore.
    Fatti vivo-

    Lamanu

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    • – Sto ascoltando:
      – FREDERICK CHOPIN –
      ___________________
      * Nocturnes (Complete version)- (Adesso)

      Lady Manuela Rovati

      Indiscutibilmente la prima sensazione, credo proprio, fosse quella della fuga.
      Ma come si è visto le pressanze sono ben altre.
      La messa in sicurezza di quanto ha in se, per globalizzare, la difesa appunto, su quanto altro è per sé.
      Effettivamente quello che colpisce è la dislocazione ampissima della sfera geografica del fatto. Sarà interessante seguirne le vicende, non foss’altro per conoscere la situazione iniziale che portò a tali sviluppi.
      Abbiate, milady, una serena giornata e caldamente vi esortammo a … fare la brava!

      Cordialità vivissime da estendere al vostro consorte

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    • – Sto ascoltando:
      – FREDERICK CHOPIN –
      ___________________
      * Nocturnes (Complete version)- (Adesso)

      Don Amedeo d’A.

      Vi ringraziammo per il passaggio generosissimo.
      Abbiate le nostre più sincere cordialità

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    • – Sto ascoltando:
      – FREDERICK CHOPIN –
      ___________________
      * Nocturnes (Complete version)- (Adesso)

      lady Lilly Simoncelli

      Vi ringraziammo per l’attenzione e per la gentilezza.
      Abbiate un piacevole pomeriggio

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  10. Qualche collegamento ma non tutto è ancora dichiarato. Trovo che traspiri una forte umanità. Disperazione, tardive prese di coscienza, priorità.
    Comunque ho bisogno di rileggere alcuni passaggi. La forma è intrigante ma complicata. Ha assolto il suo scopo:incuriosire. Aspetto la prossima e intanto le rileggo entrambe. Buon proseguimento Milord!

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    • – Sto ascoltando:
      – FREDERICK CHOPIN –
      ___________________
      * Nocturnes (Complete version)- (Adesso)

      Lady Nadia

      Trovaste il fil rouge, mia signora. Un argomento sul quale, (i nostri gentilissimi lettori, ormai, ne sono abituatissimi) indugiammo spesso.
      La consizione umana, sia nello specifico, sia in generale, si prestò come si presta a indefinite accezioni. Abbiamo la disperazione immediata e quella tardiva.
      Possiamo analizzare, in fieri, questi due, seppur piccoli aspetti.
      La disperazione (si dovrebbe, poi, esattamente classificarne l’entità) immediata è quella istintiva, immediata. E’ quel genere di passione che, nell’immediato, porta ad una reazione sconsiderata, sia in bene, sia in male.
      La disperazione tardiva è, invece il prodotto di moltissime componenti, ma analizzate.
      Ecco in ultima analisi si hanno lo stesso sentimento., ma diverse risonanze.
      Per dirla in breve:
      Una carezza diventa un buffetto o uno schiaffo, a seconda dell’intensità iniziale. Sta a chi la racconta farne comprendere la differenza.
      nel nostro caso, milady, abbiamo quasi tutte le casistiche. Si dovrebbe continuare nella lettura per comprendere dove, come e quando tali casistiche possono diventare dei fatti.
      Vi ringraziammo per il passaggio e cordialmente salutammo

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  11. Buongiorno dottore.
    Letto questo, mi permetto di fare una considerazione.
    Tra atomi, neuroni, fibre e muscoli che ci compongono, c’è quella memoria ancestrale, una sorta di bagaglio pregno di piccoli flashback, che lei descrive. Sono pezzi di memoria, tessere di un infinito puzzle che non ha contorni, ma che ben definisce il bisogno di immortalità.
    È come guardare un’impronta digitale. Piccoli tratteggi, migliaia di piccole sfacettature, per formare un’identità unica. Non è un romanzo. È, solamente, il suo vissuto.
    Ne conviene?

    LC

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    • – Sto ascoltando:
      – LUDWIG VAN BEETHOVEN –
      ___________________
      * Coriolano, Op.72, Maestro Claudio Abbado und Wiener Philharmoniker-
      – Overture (Adesso)

      Lady Lara C.

      Il vostro apporto è, semplicemente, fantastico, per cui ci prendemmo qualche attimo per rispondervi, al fine di argomentare correttamente.

      Nell’affabulazione, del romanzo testé sviluppando, mirammo all’analisi introspettiva.
      Infatti, la prima cosa che deve esserci è proprio l’introspezione, ovvero nello specifico il porsi quell’angosciosa domanda che il nostro protagonista, inizia (dopo due capitoli) a porsi:

      “Cosa c’è che non va in me?”
      Non guardo gli altri, ma me stesso.
      Cosa c’è che non va?
      Ricerco forse i comfort per il mio corpo?
      La mia attenzione è sul corpo o sullo spirito, o sulle situazioni ad essi collegati?
      Cosa sto facendo?”

      Ecco che, lo scadere degli eventi, porta una luce prima ombrata e a quanto sembra, al momento, ancora fosca.
      Quello che, almeno in queste prime battute il nostro uomo non si pone è che se ci si sente stanchi dentro, lo si sarà sempre.Un occidente impegnato a sbadigliare e ad evitare la ricerca delle soluzioni, abbassandosi a vili compromessi, non merita di essere preso in considerazione.
      Ma quello che, nello specifico, viene offerto è una “ricerca” aperta con dei risultati che portano, o porterebbero, alla comprensione del Sé, per sé e noi, nel senso di noi in quanto esseri viventi.
      La vostra, pregiatissima milady, immagine delle “impronte digitali” è perfetta ed esauriente , sia nell’approccio, sia nell’estrinsecazione.
      Un po’ come la differenza, nata dai substrati della memoria e della persona generali, tra l’arte, la persona stessa e il bisogno di raccontare, per esserci nel contesto in cui si vive.

      Una ricerca interiore che ci spinga a qualificare quanto esiste in noi, a prescindere dagli eventi razionali o razionalizzanti fra noi e la realtà esterna.
      Una spirale di cui noi siamo al centro.
      Se cambiamo qualcosa in noi, e questo il romanzo sembra volerlo fare, questo cambiamento influisce sulla realtà esterna. Infatti, raramente ci rendiamo conto di quanto noi possiamo influire su quella realtà subendola.
      Ma è difficile cambiare la realtà esterna se non cambiamo qualcosa, anche dentro, rinunciando dunque ad agire meccanicamente, o come l’ambiente in cui si vive decide.
      Tutto questo, infatti, deve avvenire dentro noi stessi, con analisi e studio di quelle impronte digitali cui accennaste.

      Vi ringraziammo per l’attenzione e dell’intelligentissimo e graditissimo apporto.
      Abbiate, mia signora, le nostre cordialità più sentite e il più caloroso benvenuto presso quest’umile magione.

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  12. Chi era, dunque, V?

    “Era Edmond Dantès.
    Ed era mio padre
    e mia madre,
    mio fratello,
    un mio amico,
    era lei,
    ero io,
    era tutti noi”

    [dal film V come vendetta
    diretto da James McTeigue.
    Soggetto di: Alan Moore (non accreditato) e David Lloyd (graphic novel)
    Sceneggiatura :Andy Wachowski e Lana Wachowski]

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    • Lady LaraC

      Sicuramente Lady LaraC, voi siete nuova di questo blog.
      Voi, mia signora, siete e avete sostato presso uno spazio web a carattere liberale. Liberale al massimo, dove il rispetto e il riconoscimento della persona sono portati ai massimi livelli.
      Se voi aveste osservato l’evoluzione del blog, prima di intervenire (molto appropriatamente e questo ve lo riconoscemmo), avreste osservato che, presso queste stanze esistono ed insistono degli usi e dei costumi inderogabili.
      In due parole, Lady LaraC, noi qua dentro conduciamo le danze e chi entra e vuol partecipare a dibattiti e quant’altro, non esordisce stampando e dispensando pretese, ma si adegua!
      Si legga, su in alto, Responsabilità e Galateo e se le va, se accetta le regole che da anni vigono qua dentro, continui a scrivere, apportare e seguire.
      Viceversa, mia signora, ci riterremo indegni di accoglierla, invitandola e dispensandola dallo scrivere.
      Sarebbe un po’ come se lei, milady, andasse presso una struttura, volontariamente, in Germania e facesse notare che la smettessero di parlare in tedesco, perché lei non lo è.

      Con la speranza di essere stati abbastanza esaurienti, milady, cordialmente vi salutammo, augurandovi una serena prosecuzione.

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  13. Dottore, lei mi stupisce,
    Il suo intervento così infervorato mi fa capire che questo luogo non è poi così liberale, né libero.
    Ribadisco, non sono lady è nemmeno sua signora.

    … mi stupisce, inoltre, il suo citare V.

    Perché voler dimostrare di non seguire la massa, quando lei massifica chi la segue?
    Sono Lara. Potrei essere Giulietta, Arnaldo, Ludovico, Alessio o Marta….O Edmond Dantes…Punto. Lei non ha accettato la diversità, prediligendo la titolazione ad un’identità.

    Le porgo i miei saluti.

    LC

    Lara Comi

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    • Lady LaraC

      Veramente è lei quella che stupisce e che continua con una polemica sterile e inutile.
      Le garantisco che non sono assolutamente infervorato: mi sono permesso di ricordarle alcune regole di convivenza civile che vengono utilizzate in questo luogo, a garanzia di chi le segue.
      Le regole sono queste e lei non può, né deve giudicare.
      Se poi è venuta con altre intenzioni o “mandata” da chi dico io, la cosa inizia a cambiare.
      Una Lady, ovvero una signora, è cosa sacrosanta.
      Non si faccia bannare e la chiuda lì. Si fidi, mia signora, non sta facendo una bella figura.

      Buona giornata

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  14. La storia si infittisce e si rende spettacolare nel continuo intreccio tra realtà e fantasia. Mi chiedo, come tutti, cosa accadrà ” dopo” e razionalmente sarei per il “nulla”, proprio nulla, una fine, uno stop, ciò che hai saputo e potuto fare e dare e divverrai, se va bene, affettuosa e temporanea memoria di pochi ( ma buoni). Poi c’è la’ altea parte, quella che, timida e risoluta, dice che no, che non può essere così, uno stop e fine, e allora la mente va e va. Dove? In mille direzioni, ma tornare e dover stare nascosti per non turbare deve essere un gran bel tormento.
    Storia avvincente, complimenti Milord.La seguo con piacere.

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  15. Sono letteralmente senza parole Lord Ninni, c’è un intreccio così affascinante e così intrigante che non si riesce a scattare un attimo gli occhi dalla lettura. Wowww, quanto è avvincente questa storia. Applausi e ancora applausi, passo a leggerne un’altra parte visto che mi sono presa una pausa sul lavoro!!
    Cordialità.
    Pat

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