Ecco Ninni III

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1Ecco Ninni
Mi trovavo in camera di Ilaria quando ebbe inizio il trasferimento. Lei stava preparando la valigia per andare in ospedale. Una cameriera la stava aiutando. Era un momento tristissimo per me, mi sentivo inutile.
Ilaria aveva accettato che fossi io ad accompagnarla. Le avevo giurato che non l’avrei lasciata mai, neppure per un secondo. Quando vidi arrivare il killer alla scuola mi paralizzai, ma Ilaria e la cameriera non si accorsero di nulla.
Avrei dovuto reagire, ma il timore dell’estinzione era troppo grande. Diedi il via al trasferimento.
La cameriera fu la prima ad accorgersene.
“Il signore…”, mormorò, stupita.
Ilaria sobbalzò, guardandomi.
“Ninni, che hai? Che ti succede?”.
Non potevo risponderle. La vita di Annie Luise stava fluendo dentro di me, tutti i suoi ricordi personali e anche gli altri di cui era depositaria. Una marea senza fine di sentimenti ed emozioni. Ne fui travolto. Iniziai a smistarli, a dividerli, a scegliere quelli davvero importanti, perché non ero in grado di contenerli tutti.
“Oh mio Dio! Oh mio Dio!”, incominciò a gridare la cameriera, mentre Ilaria accorreva a reggermi, prima che crollassi.
“Mi aiuti!”, urlò, per scuotere quell’incapace che sapeva solo lamentarsi.
Mi costrinsero a sedermi su una poltrona.
Io contavo i secondi. Undici, dodici, tredici. Anche Annie Luise doveva essere crollata, nel pieno del trasferimento, e in quel momento era completamente indifesa. Ci sarei riuscito? Avevo sbagliato? Mi ero arreso troppo presto, forse potevo ancora scappare? Ma quell’uomo era un professionista, non c’era modo di sfuggirgli. Come aveva fatto a trovarmi?
“Non stia lì impalata! Vada a chiamare un medico!”, gridò Ilaria.

2Mi teneva stretto, ed era sconvolta.
“No, tu no, ti prego. Non ammalarti anche tu, non lasciarmi sola!”.
Doveva essere una scena spiacevole, ma io non potevo risponderle. Il trasferimento occupava tutti i miei sensi, ed era difficile ragionare.
Diciannove. Venti.
Crollai di botto, afflosciandomi nella poltrona, e Ilaria urlò più forte: “Presto!”.
Ero sommerso dai ricordi, annientato. Li stavo ancora smistando e questo mi avrebbe bloccato ancora per qualche minuto. Però non c’era tempo, non ce n’era.
“Un telefono”, riuscii a mormorare. “Un telefono, presto!”.
Ilaria non capì, o ignorò volutamente la mia richiesta. Alzò solo la voce.
“Allora? L’ha trovato? Gli dica di venire subito!”.
Mi aggrappai al suo braccio con tutta la forza che mi era rimasta.
“Dammi un telefono!”.
Era lì, sulla scrivania, a pochi passi, ma non avevo modo di arrivarci.
“Non sei in grado”, mormorò Ilaria.
“Ti prego”.
Lo andò a prendere, ma era confusa, e a me parve così lenta, troppo lenta. Era tardi, non ci sarei riuscito. Stava per succedere di nuovo. Stavo per essere ucciso.

3Ecco Annie Luise Perris
Ero crollata a terra, e c’erano tante persone intorno a me. Troppe. Persino Catherine era accorsa, disubbidendo alla mia richiesta di chiamare la polizia.
Il killer doveva essere entrato, ormai, era nell’edificio. Avrebbe fatto una strage pur di raggiungermi.
Cercai di risollevarmi, ma ero debolissima. I ricordi era salvi, e questa era la cosa più importante. Barcollavo, cercando di allontanare da me tutte quelle mani che volevano aiutarmi.
Dio, era pieno di ragazzi, i miei alunni.
“Professoressa Perris, si sente male?”.
“Cosa le è successo?”.
“Chiamate l’infermeria!”.
“Annie Luise, che hai, come ti senti?”.
Catherine non mi lasciava andare, si era aggrappata al mio braccio. Io fissavo il corridoio, perché da lì sarebbe arrivato l’assassino. Era troppo tardi, non avevo modo di uscire dall’edificio, e tutti i corridoi erano affollati.
“Lasciatemi!”, urlai, e mi liberai con rabbia dalle loro mani.
L’uscita sul retro. Avrei dovuto attraversare tutto l’edificio per raggiungerla, ma non potevo fare altrimenti. Mi allontanai barcollando, senza dare alcuna spiegazione. Catherine e uno dei bidelli mi vennero dietro.
“Annie Luise, dovresti farti vedere dall’infermiera. Forse…”.
Li ignorai, continuando a guardarmi intorno. Dov’era quel bastardo, perché non era ancora arrivato? Aveva capito il mio gioco? Mi avrebbe atteso davanti all’uscita secondaria?
Attraversai l’edificio, senza rallentare. Le parole di Catherine si persero in lontananza, passai da un corridoio all’altro, ma le lezioni non erano ancora riprese e c’erano ovunque studenti che bighellonavano.
Quando raggiunsi le scale mi bloccai.
Su o giù?
Era molto probabile che il mio assassino mi stesse aspettando in fondo a quelle scale. Salendo mi sarei messa in trappola, non avrei più avuto modo di fuggire. Però avrei potuto nascondermi, attendere l’arrivo della polizia.
Era in gioco la mia vita. Una vita piena, a cui non avevo intenzione di rinunciare. Presi la mia decisione e iniziai a salire.

4Ecco Ninni
Posai il telefono lentamente, col cuore in gola, e alzai gli occhi verso Ilaria. Anche lei si era seduta, sul bordo di una sedia, e nuove rughe le erano comparse sulla fronte.
“Non sapevo che parlassi francese”, mi disse.
Lei non lo capiva, ne ero certo. Forse qualche parola, qua e là, ma non abbastanza da comprendere il succo della telefonata. Avevo chiamato la centrale di polizia di Martinville, avvertendoli che un pazzo armato aveva fatto irruzione nell’edificio scolastico. L’avevo descritto accuratamente. Avevo detto di essere uno degli insegnanti, avevo dato il nome di un professore che esisteva davvero, ed era pure molto conosciuto in zona, per essere certo che prendessero seriamente la chiamata.
“Come stai adesso?”.
“Meglio”, risposi, ma non era vero, ero ancora sfinito, non avevo la forza di alzarmi, e proprio in quell’istante un ignoto killer stava per uccidermi, all’altro lato del globo.
“Hai bisogno… posso prenderti le pillole, se vuoi. Sono tornate le emicranie?”.
Impiegai qualche istante per capire di cosa stesse parlando, poi riconobbi la sua espressione tesa.
“No, no!”, mi affrettai a rassicurarla.
“Il medico aveva detto che sarebbe potuto tornare”.
Era questo il suo timore, che anch’io avessi il cancro?
“Era solo una ciste, Ilaria. Non era un vero tumore. Sta’ tranquilla”.
Avevamo passato un brutto periodo, due anni prima, quando si temeva che fossi stato colpito da un tumore al cervello. Ero pure stato operato, ma alla fine era andato tutto bene, e il pericolo si era ridimensionato.
“Non è quello”, aggiunsi ancora.
Ilaria lo stava vivendo, il cancro, ed era molto sensibile su certi argomenti. Cercai di raggiungerla per stringerle una mano, ma era troppo faticoso.
“Mi dispiace di darti queste preoccupazioni, proprio adesso. Ma ti assicuro che è stato solo un mancamento. Niente di importante”.
“Fatti vedere lo stesso”, rispose lei. “Non puoi sentirti male adesso, non adesso!”.
Riuscii a sollevarmi e l’abbracciai. Lei si appoggiò alla mia spalla e scoppiò a piangere.
Avrei tanto voluto consolarla, ma in quel momento non ce la facevo. Stavo correndo per salvare la mia vita, in alto, sempre più in alto.

5Ecco Luise Perris
Avevo raggiunto il punto del non ritorno. Più in alto di così non era possibile andare. Mi trovavo sul tetto dell’edificio.
C’era un ampio terrazzo, circondato dal tetto spiovente e cinto da una ringhiera. Anche se l’ultimo tratto della scala era interdetto a tutti gli studenti, beccai ugualmente un quartetto che stava fumando. Quando li sorpresi uno dei maschi si mise a imprecare. Non persi tempo e usai la mia voce più autoritaria.
“Buttatele via subito e scendete nelle vostre classi!”.
Obbedirono, ma fin troppo svogliati. Ogni secondo di ritardo poteva costare loro la vita. Se fossero stati ancora lì all’arrivo del killer, avrebbero fatto la mia stessa fine.
“Muoversi! Muoversi!”, urlavo, e quasi arrivai a spingerli con la forza.
Mentre li vedevo rientrare tirai un sospiro di sollievo, poi mi guardai intorno cercando un nascondiglio, ma non ne trovai. Inutile tentare di salire sul tetto, non ne sarei stata in grado. Non lo sarebbe stato il mio corpo, almeno. Ero troppo vecchia e troppo grassa, incapace di usare tutta la memoria accumulata.
Cosa lasciavo al mondo? Non avevo più nessuno che fosse importante per me, neppure un animale domestico. Avrei lasciato solo ricordi, a coloro che mi avevano conosciuta. Ricordi piacevoli, speravo. Era tutta lì la mia esistenza? Non era stata una gran vita, priva di alcunché di rilevante. Con gli anni i miei ricordi si sarebbero assottigliati, e alla fine sarei stata solo una delle tante vite senza infamia e senza lode, sterile in ogni senso.
Mi aggrappavo alla ringhiera e mi chiedevo com’ero arrivata a quel punto. Perché non avevo un marito e dei figli? Perché avevo fatto solo le scelte sbagliate? Secoli di esperienza non mi avevano aiutato, l’essere umano restava fallibile, sempre.
Forse era meglio così, in quel momento. Era meno doloroso sapere che altri non avrebbero sofferto per la mia morte, che nessuno si sarebbe disperato.
Già il dolore per quei tre bambini era troppo forte, e per la loro madre che avevo perduto. Era bene che non se ne aggiungessero altri.
Non mi girai quando sentii aprire la porta del terrazzo, lo sapevo già che lui era arrivato. Pensai che sarebbe stato più facile non vedere.
“Hai fallito, sai?”, gli dissi. “Non riuscirai comunque a uccidermi del tutto. Io sono già salva”.
Nessuna risposta, e allora fui costretta a voltarmi.
Era proprio lui, e mi sovrastava. Era così alto, imponente, spaventoso. Indossava lo stesso abito con cui l’avevo visto in Corea, o uno molto simile. Non aveva alcuna valigetta, ma nella sua mano era comparsa quella maledetta pistola.
“Dimmi perché lo fai”, gli chiesi.
Non mi avrebbe dato nessuna risposta, lo sapevo. Invece parlò, mentre puntava la pistola.
“One”, disse, in inglese.
Non capivo.
“Uno?”, ripetei, e gli chiesi nella sua lingua: “Cosa significa?”.
Le sue parole mi annientarono.
Yong-ho Hwangbo, Annie Luise Perris, Rodrigo Lizondo, Susan Cook, Alain Giusti, Ninni”.
Lo guardai con occhi sbarrati, e lui sorrise.
“Significa qualcosa per te? Ci teneva che te lo dicessi, prima”.
“Ma …”, riuscii solo a dire.
Poi mi puntò la pistola tra gli occhi e sparò.

6Ecco Ninni
Ero morto! La mia seconda morte nel giro di due giorni. E c’era di più, quell’uomo conosceva tutte e sei le mie identità. Era una catastrofe. Peggio, la fine di tutto.
Mi misi a tremare e Ilaria se ne accorse.
“Non stai ancora bene”, disse. “Resta a casa, vado da sola”.
Abbandonarla adesso? Lasciarla affrontare in solitudine il momento più triste della sua vita? Le strinsi un braccio.
“Io ci sono”, le dissi. “E ci sarò sempre”.
Eppure avevo bisogno disperato di usare il telefono, di chiamare, di chiedere aiuto, e non l’avrei potuto fare con lei accanto.
Cosa implicavano le parole di quell’assassino? Lui conosceva tutte le mie identità e mi avrebbe ucciso, uno dopo l’altro. Mi erano rimasti solo quattro corpi, quattro!
Presi la valigia di Ilaria, ma era troppo pesante per me, ancora mi sentivo debole. Arrivò subito l’autista ad aiutarmi.
Uscimmo insieme dalla villa, io e Ilaria, abbracciati. Uno dei due sosteneva l’altro, ma non avrei saputo dire chi fosse a farlo.
Lei si voltò ancora una volta per dire addio alla sua casa, e in quell’istante le scivolò sulla guancia una lacrima solitaria.
Salimmo in macchina, e questa partì subito, senza che fosse necessario dare alcun ordine.

7Ecco Susan Cook
Avevo trentadue anni e abitavo a Cannon Rocks, in Sudafrica. Facevo l’interprete di mestiere, dividevo la mia casa soltanto con un gatto, Matisse, e quel giorno ero innamorata come una ragazzina.
Il caso aveva scelto per me. Dopo una serie ininterrotta di relazioni sfortunate, era arrivato lui. Da due settimane era venuto ad abitare nel mio palazzo, proprio nell’appartamento di fianco al mio. Aveva la mia stessa età ed era un artista. Un pittore, un vero pittore, di quelli che fanno mostre e riescono pure a vendere i propri quadri.
Io mi ero già infiltrata dentro al suo appartamento, spinta dalla curiosità, ed era davvero stupendo. Così pieno di quadri e di colori. Lui di certo mi trovava invadente, ma non potevo farne a meno, mi ero innamorata nel momento stesso in cui l’avevo visto.
Inutile dire che il sentimento non era ricambiato, ma non lo consideravo un problema insormontabile, ero certa che sarei riuscita a conquistarlo, con perseveranza.
Lui si chiamava Ricky, portava i capelli lunghi e una barbetta che gli contornava il volto. Era proprio l’opposto di me. Alto, abbronzato, capelli corvini e occhi neri. Accanto a lui parevo anemica e fragile. Però ero certa che saremmo diventati una coppia perfetta.
Perfino in quel momento, mentre telefonavo, tenevo d’occhio la finestra del suo studio, che confinava con la mia camera da letto. Mi bastava sporgermi dal terrazzo per vederlo vagare a petto nudo nello stanzone. Non riuscivo a smettere di guardarlo.
“Signor Brandi?”, chiesi, anche se era superfluo. Il numero che avevo fatto era quello del suo cellulare, ed eravamo in pochi a conoscerlo.
“Le telefono per conto di Vittoria. Ho altri ordini per lei”.
Avrei potuto fingere di essere Vittoria, ma lui non ci sarebbe cascato. Era sempre molto attento ai particolari e non dimenticava mai una voce.
“Dove si trova in questo momento?”.
La risposta tardò ad arrivare. Di certo sentire la voce di una sconosciuta l’aveva messo in allarme.
“Dovrebbe saperlo dove mi trovo”.
Troppo lontano per fare qualunque cosa. Mandarlo all’inseguimento del killer? No, sarebbe comunque arrivato tardi. Precederlo? Ma dove? Farlo venire lì, in Sudafrica, ma avrebbe fatto in tempo? Non era meglio concentrarsi su Alain?
“È necessario che torni in Europa”.
“Il signor Ninni…”.
“Il signor Ninni è in pericolo. Rischia di essere ucciso e va immediatamente protetto”.

8Un silenzio brevissimo.
“Dove si trova?”.
“All’Ospedale Delrey, insieme alla moglie. Resterà lì per qualche tempo”.
Potevo immaginare la sua smorfia. Un ospedale non era il posto più difendibile del mondo.
“Non uscirà dalla camera della moglie”, aggiunsi, anche se non ero certa che fosse possibile. E se Ilaria avesse desiderato scendere in giardino? Accidenti, quante complicazioni.
“Deve organizzare la sua protezione il più in fretta possibile”.
“Sto già provvedendo”, rispose con voce fredda.
“Ed è necessario organizzare altre tre protezioni. Tutti i soggetti sono in pericolo di vita. Pensa di farcela?”.
Aggirò la domanda: “L’assassino è sempre lo stesso?”.
Non potevo esserne certa, ma considerato quello che aveva detto a Annie Luise era molto probabile che fosse stato assunto per eliminare tutti i nominativi della lista.
Ma perché me l’aveva fatto sapere? Aveva così fiducia in se stesso da non temere di essere fermato?
“Ha già scoperto chi è?”.
“Sto attendendo delle risposte. Ci sono stati dei riscontri, ma non sono certo della loro attendibilità”.
“Non può fare alcuna anticipazione?”.
“Farebbe qualche differenza avere un nome?”.
No, non era importante. Era solo un killer, era stato pagato da qualcuno. Solo che nessuno nel mondo intero era a conoscenza della mia esistenza. Se anche nei secoli qualcuno aveva sospettato, non avrebbe avuto comunque modo di conoscere tutti i miei corpi. Eppure stavolta era successo.
“Le tre persone da mettere sotto protezione sono Rodrigo Lizondo di Buenos Aires, un bambino di dieci anni, Alain Giusti, un diciassettenne che vive a Nantes, in Francia, e…”. Aggiunsi il mio nome, cercando di essere impersonale.

9Continuai: “Immagino che il primo a essere colpito sarà Rodrigo Lizondo”.
Poi sarebbe toccato a me. Era evidente che il killer si stava spostando in linea retta. Dalla Corea al Canada, dal Canada all’Argentina. E poi il Sudafrica. Persino la lista che aveva snocciolato non lasciava dubbi. Eppure…
Qualcosa non funzionava. In linea d’aria Nantes era senz’altro più lontana dell’Italia, allora perché Ninni era stato lasciato per ultimo? Perché era il più ricco e potente di tutti, l’unico in grado di difendersi? Dubitavo che fosse così semplice. Qualcosa mi stava sfuggendo.
Perché avvisarmi? Sarebbe stato logico convergere tutti verso un unico punto, fuggire prima che il killer avesse modo di arrivare. Ci stava facendo sorvegliare? Sapeva dove ci trovavamo in qualunque momento?
Le domande che mi assillavano erano sempre di più. Perché non ci avevano uccisi contemporaneamente? Di certo chi ci voleva morti aveva i mezzi per farlo. Invece ci aveva avvertiti. Sarei dovuta andare in Italia? Dovevamo convergere tutti là? Finora non era mai successo, in tutta la mia esistenza, di avere contatti con gli altri miei corpi. Era questo che voleva?
“Signorina?”.
Mi riscossi, quel silenzio doveva aver messo Brandi in agitazione.
“Rodrigo sarà il primo a essere colpito, ne sono certa”, ripetei.
“Ed è un bambino”.
“Sì, un bambino”.
Questo rendeva tutto più difficile, le sue risorse erano limitate, e pure le sue capacità.
“Cercherà di nascondersi, finché non arriveranno i vostri uomini”, aggiunsi.
“Sa già di essere in pericolo?”.
Ero intrappolato in quel corpo, non sarebbe stato per niente facile.
“Si sbrighi”, dissi soltanto. “Vittoria le farà avere tutti i dati di cui ha bisogno”.
Forse mi ero tradita, forse Brandi aveva capito che non ero solo una segretaria qualunque e avevo un potere che lui non poteva comprendere.
“Dov’è più necessaria la mia presenza?”.
Anche questa era una decisione importante da prendere. Quale corpo era essenziale? Io no, di questo ero certa. Rodrigo, Alain? Erano troppo giovani. Importanti, sì, ma privi del potere necessario.
“Vada a Roma. Si occupi dell’incolumità del signor Ninni”.
Interruppi la chiamata, senza aggiungere altro. Gettai un’occhiata a Ricky, prima di rimettermi a telefonare. Non ci voleva, proprio non ci voleva. Non adesso che avevo finalmente trovato il ragazzo giusto, non adesso che avrei potuto essere felice.
Feci una smorfia, poi composi il numero.
“Vittoria? La chiamo da parte del signor Ninni…”.
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47 pensieri su “Ecco Ninni III

  1. Questo è un capitolo che, sul serio, stronca tutti,. Ci hai dato una spiegazione, ma siamo piombati dentro una storia che mi ha presa tutta.
    Una storia che, te lo dico, mi sarebbe piaciuta che l’avessi scritta io.
    Bello proprio, ma il mistero s’infittisce. Eccome.
    Mamma adesso, però, ho i brividi…

    Bonjour mon cheri.
    Bisoussss

    Annelise pour toi..

    a Paris

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    • M.me Annelise Baum

      Vi ringraziammo delle espressioni generosissime che inviaste alla nostra persona.
      L’intento era, proprio quello, di scendere dentro il dramma che il protagonista sta vivendo. Un dramma che, fantastico, costringe all’immaginazione di quel mondo strano e dei suoi motivi, soprattutto.
      Abiamo, dunque, un dramma personale e umano.
      Quale prevarrà dei due? oppure tutti e due?
      Se ne avrete la costanza e la pazienza proveremo ad osservare cosa succederà.
      Vi ringraziammo augurandovi le nostre, più sincere, cordialità

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  2. Bellissimo mio signore.
    Il fatto che ci avete precipitato dentro la storia con forza e prepotenza.
    Ma lo sapete che riuscirei a riconoscervi pure in capo al mondo?

    (Affascinante)

    Aspettiamo l’altro

    Miss Eleonora

    🙂

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    • Miss Eleonora Bisi (Ex mascotte di questo spazio web)

      Grazie mia signorina.
      La vostra gentilezza, nata da sicure basi familiari, ci conforta commuovendoci.
      Contammo, dunque, sulla vostra prossima presenza preziosa.
      Cordialità

      PS: Affascinate? Avete voglia di scherzare!

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  3. Potenza della parola.
    Mi sono trovato dentro al fatto come fossi stato lì. La situazione è da incubo.
    Da capirne il motivo e soprattutto le motivazioni.
    Dunque: abbiamo sotto controllo una serie di identità e sembra che “Ninni” lo faccia con uno scopo. Poi il Killer. Il fatto che colpisca a fondo lo qualifica benissimo.
    Il perché. Con quello che sta passando e la moglie …

    Adesso, caro milord, ci aspettiamo da voi, il nuovo capitolo.

    Ciao e un saluto

    Louis

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    • Lord Gianluigi

      I motivi e le motivazioni di una storia, molto spesso, coincidono con elementi di vita vissuta. Ovviamente non è il caso del presente romanzo che, comunque, conserva legami con le vicende reali umane.
      La nostra passione per l’antropologia (sia sociale, sia forense), poi, fece il resto.
      Situazioni abnormi, spesso, significano soluzioni precise e sodisfacenti.
      Grazie per seguirci con tanta affetto.
      Abbiate la nostra considerazione più sincera.

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  4. Mio signore toccaste le vette.
    Quello che mi ha colpito è la genialità per come creaste la storia e per come la state conducendo.
    E’ tutto in un crescendo.
    Con una forza che trasmette inquietudine.
    Lo sto leggendo e mi piace proprio. Adesso, però, vorrei sapere dei personaggi, ma anche il perché. Sono incantata e capisco che parlarne ora di quello che sarà è un po’ sfrontato. Ma vi chiedo scusa e continuo nella ricerca.

    Buona giornata e grazie per queste perle letterarie.

    Giorgia

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    • Lady Giorgia Mattei

      Portaste una ventata di soddisfazione, milady.
      Il perché e il percome di alcuni personaggi affabulati, non sempre sono legati ad una persona in particolare.
      Tutto rientra nella capacità … di chi scrive.

      Grazie milady.
      Abbiate le nostre migliori considerazioni

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    • Preg.mo Sig. PickWick

      la sua presenza e il semplice fatto che ha commentato, riempie di orgoglio sia lo scrivente, sia il Blog in questione.
      La ringrazio per le espressioni gentili e la saluto.
      Cordialità

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  5. Una sorpresa, caro milord, che appassiona.
    Eccoci a un classico terremoto. Uno di quelli che fanno fremere il lettore dal suo comodo punto di osservazione.

    La storia è complessa e complicata.
    Stiamo assistenda a una evoluzione inaspettata. Una evoluzione che mi fa rimanere attaccata al freddo monitor di un PC.
    Mille e mille domande. La prima, forse, più importante milord è: a quando l’altro capitolo?
    Ho sete, abbiamo fame.
    Una storia così interessante e che si evolve in modo sottile e violento.
    Perdonatemi, ma ne sono proprio entusiasta.
    Vi saluto e vi ringrazio per averci offerto pagine così speciali e belle.
    Buon pomeriggio.

    Lilly

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  6. sto leggendo da circa mezz’ora e non perché sono lento a leggere, ma perché mi sono gustato ogni parola e perchè ho fatto il raffronto con il precedente capitolo per fare un collegamento.
    Sei geniale, milord.
    Davvero.

    Mi sta intrigando proprio e nelle pieghe di un tempo che mi manca, sono stato felicissimo di rubarne un po’ per leggere. Ma adesso siamo al punto d’accapo: la curiosità impregna e ti garantisco che ne ho fatto mille di congetture sull’andamento futuro.
    Certo che hai vibrato un colpo basso. Anzi bassissimo.
    Aspetteremo.
    Un capitolo degno di questo nome e della storia che stai offrendo.
    Ciao e grazie e buona serata

    E.

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    • Preg.mo Sig. Vintrix

      Caro Enrico,
      tentare di dare forma all’acqua è cosa ben difficile (in una bella discussione di qualche anno fa ne parlammo, ricordi?).
      Il modo più serio e confacente è … congelarla o dentro uno stampo, oppure scolpendola con delicatezza per raggiungere la forma desiderata.
      Ecco quello che sto facendo.
      Ciao e buon lavoro

      Ninni

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  7. E’ da dire che sento, quasi come una manifestazione agorafobica, l’urlo del protagonista, Ninni in questo caso, che reagisce a una ingiustizia, dal suo punto di vista.
    Noi non sappiamo né conosciamo i motivi dell’assunzione di queste identità. Sembra, però, che siano unità vive con una propria vita ed evoluzione.
    Uno scopo, quello scopo che ha fatto nascere tutto ciò?
    Un genio, caro Ninni.
    una evoluzione che fa pensare e riflettere sulla nostra condizione umana.
    Molto interessante come sviluppo.
    PS: puoi calendarizzare l’uscita dei capitoli, se ne sei già a disposizione?
    Grazie.

    Un abbraccio

    L.

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  8. Eccomi milord mio signore, a leggervi dopo un po’ di tempo che mancavo. Mi sono lette e dopo riletta i due precedenti per avere una conseguenza nella lettura.
    Mamma, mi avete tenuta incollata a quelle parole e quelle righe.
    Io non sono nessuno, milord, per giudicare. Mi limito a leggere e sentire quelle forti sensazioni che sapete trasmettere.
    Siete un idolo potente milord.
    Bello e attenderò la continuazione.
    Abbiate una buona giornata.

    Susi

    🙂

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    • lady Circe Susi

      Provaste quelle forti sensazioni che provammo anche noi nello scrivere e distendere le ragioni di un romanzo.
      Siete gentile quando asserite che avete letto i capitoli precedenti:
      Non è da tutti.
      Grazie

      Non rimarrete delusa.
      Abbiate le nostre più vive cordialità

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  9. Un capitolo seriamente bello. Molto preciso.
    Mi sono trovata a seguire le vicende di “Ninni” come fossi lì accanto a lui e parteggiare ora per lui, ora per Ilaria.
    Una bellezza, una perfezione stilistica, caro Direttore, che è difficile trovare andando fuori in là:
    Si vive in un momento e il momento vive tra le nostre righe, emozioni e sofferenze. Ti ricordi i bei tempi?
    Eravamo “nessuno”!
    Oggi, noi, tu, siamo consacrati alla migliore storia.
    Un bacio milord.
    Bello come capitolo.
    Be4llo proprio

    Isy

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    • lady Marirò

      Vi ringraziammo con sincerità, per le gentili espressioni a noi indirizzate e forse un po’ esagerate.
      Comunque, da voi dette, tali espressioni assumono un carattere che riempie di orgoglio e coraggio.
      Grazie e buona giornata

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  10. Caro Ninni, un capitolo straordinario per la forza drammatica che ha espresso e che esprime.
    Credo che, da adesso sarai costretto ad aumentare la qualità a dismisura direi, giusto per non squalificare il romanzo stesso. Un’innalzamento come stile veramente notevole.

    Una serena serata d’augurio dalla partenope Capitale

    Dudù

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  11. Un capitolo forte milord.
    Ci sconvolse tutte le previsioni e tutto il resto. Non ci restò che continuare a seguirvi per conservare e tenere a freno la curiasità che ci rimase.
    Grazie milord e buona giornata

    Giò

    🙂

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