Ecco Ninni IX

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1Ecco Ninni
Non sapevo proprio cosa fare.
Era stata una giornata allucinante. Le condizioni di Ilaria si erano aggravate, la chemio l’aveva fatta soffrire più del solito. Avevo discusso con i medici, ero arrivato a implorarli che la operassero. Loro si erano già arresi, ma io non ce la facevo. Avevo bisogno che venisse fatto qualcosa, che fosse tentata ogni strada.
Ma era inutile, lo sapevo pure io.
Ero perseguitato dal rimorso. Rimorso per non essere stato accanto a Ilaria in quei terribili mesi. Per non aver visto, per non essermi accorto di niente.
Non importava che lei me lo avesse taciuto, io ero suo marito, l’amavo, non potevo essere stato così cieco.
Da quanto non dormivamo più insieme? Da quasi due anni, dal tempo della mia operazione. In quel momento ci eravamo divisi, e ognuno aveva avuto la propria camera. Ero stato io ad allontanarla? Nonostante la mia memoria perfetta non riuscivo a ricordarlo. Dovevo averlo considerato un particolare irrilevante e l’avevo cancellato.
Era difficile trovare un momento solo per me, Ilaria si aggrappava al mio braccio e non mi lasciava mai. Sembrava terrorizzata da tutto. Ed era sempre più debole.
Quando vennero le infermiere a cambiarla mi fecero uscire e io tirai un sospiro di sollievo. Le guardie mandate da Brandi restarono a sorvegliare la porta della camera e non mi seguirono.
Io mi appartai, ma non tentai neppure di chiamare Brandi, telefonai invece in ufficio. Tirai un sospiro di sollievo sentendo rispondere Vittoria, perché avevo proprio bisogno di una voce amica.
“C’è Bigini?”, le chiesi.
“È già andato via. Aveva una cena d’affari. Come sta tua moglie?”.
Era già così tardi? Era una catastrofe, a quest’ora il killer probabilmente era già arrivato in Europa. Dove sarebbe andato per primo, da me o da Alain? Sperai che Alain potesse avere una speranza, lui era così giovane, aveva tutta la vita davanti. Io ero già al capolinea, stavo perdendo tutto.
“Vuoi che te lo cerchi?”.
“Ho bisogno di aiuto, Vittoria. Di qualcuno che non sia Brandi”.
“Brandi?”.
“L’hai visto? L’hai sentito?”.
“No, ma…”.
“Se lo dovessi sentire non dirgli che ti ho telefonato”.
“Cos’è successo?”.
“Pensi di potermi trovare un’agenzia di sorveglianza, una vera?”.
“Non lo so. A quest’ora…”.
“Non credo che le agenzie di questo genere abbiano problemi di orari”.
“Posso controllare quelle di cui ci serviamo abitualmente, ma…”.
La interruppi.
“No! Niente che abbia a che fare con la compagnia!”.
“Che sta succedendo, Ninni? Vuoi che venga lì? Chiamo subito Bigini, può cenare più tardi”.
Non volevo che si mettessero nei guai per me, starmi accanto poteva rivelarsi un pericolo mortale. E loro non erano preparati a una situazione del genere, non avrebbero saputo cosa fare.
“Trova solo un’agenzia, Vittoria. Qualcuno con cui non abbiamo mai avuto rapporti, e che non ne abbia neppure con Brandi”.
“Che significa? Cos’ha fatto Brandi?”.
Mi ha tradito, avrei dovuto dire, ma non ne avevo la certezza. Prima che potessi rispondere Vittoria riprese a parlare.
“Aspetta, è arrivato. È qui adesso. Sta entrando proprio ora”.
“Chi, Bigini?”.
“No, il signor Brandi”.
Riappesi.

2Non sapevo neppure perché l’avevo fatto, ma mi spaventava l’idea di parlare con Brandi. Avevo paura di lui, ora me ne rendevo conto. Non potevo non associarlo a ciò che mi stava succedendo. Ma perché?
Non ebbi modo di pensarci perché sentii urlare. Le grida provenivano dalla camera di Ilaria ed era chiaramente la voce di mia moglie. Corsi in suo aiuto.
Aveva avuto un attacco isterico, a quanto potei constatare, rifiutando di prendere le medicine e spargendole per terra.
Una giovane infermiera mi guardò desolata.
“Ha proprio bisogno di dormire, non può andare avanti così”.
Compresi che Ilaria aveva rifiutato il sonnifero.
“Cara, non ti preoccupare, resto io accanto a te, non ti succederà niente”.
“Non lo voglio!”, urlò Ilaria. “Non quello!”.
Guardai confuso l’infermiera.
“Gliel’ha prescritto il professor Martini personalmente”, mi spiegò lei e mi porse pure la boccetta del tranquillante.
Il professor Martini era il primario dell’ospedale e da sempre il nostro medico. Era stato lui in persona a curarmi due anni prima. Riconobbi subito il medicinale e sorrisi.
“Ma è ottimo, Ilaria. L’ho usato anch’io per mesi! Ricordi che non riuscivo a prendere sonno, dopo l’operazione, a causa di quei fastidiosi mal di testa? Questo sonnifero è stato miracoloso”.
Si arrabbiò solo di più, e si mise a urlare come una bambina dispettosa.
“Non lo voglio! Ho detto che non lo voglio! Non prenderò mai quelle pillole!”.
Arrivò un giovane dottore, attirato dalle urla.
“Che sta succedendo?”.
L’infermiera corse a informarlo. Io ero troppo occupato a cercare di calmare Ilaria per seguire i loro discorsi. Lo vidi però prendere in mano il flacone del barbiturico e fare una smorfia. Venne subito verso di noi.
“Non si preoccupi, le prescrivo un altro sonnifero”.
Ilaria parve calmarsi.

4“Lo voglio vedere”.
Su ordine del medico l’infermiera andò a prendere la boccetta. Ilaria l’afferrò e lesse la composizione con attenzione.
“Questo va bene?”, chiese il medico.
Ilaria annuì.
Io non ero riuscito a capire cosa fosse successo, ma non mi era piaciuto l’atteggiamento di quel dottorino fresco di laurea.
Quando il medico andò via gli corsi dietro e lo bloccai nel corridoio.
“Dottore, aspetti! Cosa c’era che non andava nelle pillole di prima?”.
Apparve un sorriso che trovai odioso.
“Non si usano più da almeno vent’anni. Quelle che le ho prescritto sono senz’altro migliori”.
Ero pronto ad arrabbiarmi. Era così certo di essere più preparato del professor Martini? Che strafottenza! Quell’uomo curava la nostra famiglia da più di trent’anni.
“Gliele aveva prescritte il primario”, gli ricordai, per metterlo al suo posto.
Il sorriso non si incrinò affatto.
“Non sono indicate per la situazione di sua moglie, si fidi. Quelle che le ho prescritto io sono migliori”.
“Come fa a esserne certo?”.
Si spazientì.
“Nessuno usa più quel barbiturico da una vita!”.
“Il professor Martini lo fa! Io stesso l’ho preso per mesi e sono stato benissimo”.
Alla fine abbozzò.
“Stia tranquillo che quello che ho prescritto a sua moglie avrà gli stessi benefici, senza effetti collaterali”.
Aggrottai la fronte.
“Quali effetti collaterali?”.
“Un sovradosaggio potrebbe essere fatale”.
Questo era un effetto collaterale di qualsiasi sonnifero.
“Nient’altro?”.
Lui rigirò ancora il flacone, che gli era rimasto in mano.
“Può avere reazioni molto diverse a seconda dell’individuo. Dopotutto è un barbiturico a base di tiopental sodico. Ormai è sconsigliato da tutti i medici”.
“Che tipo di reazioni?”.
“Difficoltà di respirazione, aritmie. In alcuni pazienti persino episodi di sonnambulismo”.
“Il professor Martini…”.
“Il professor Martini è della vecchia scuola. L’ha sempre usato con successo durante le anestesie, ma ritengo che sia poco pratico in situazioni come quella di sua moglie. È inutile rischiare visto che oggi esistono farmaci molto meno pericolosi che ottengono lo stesso risultato. E ora, se mi vuole scusare, mi stanno aspettando”.
Rimasi nel corridoio, confuso. Avevo la sensazione di aver scoperto qualcosa di importante, ma non riuscivo a capire cosa.

4Ecco Alain Giusti
Ero frastornato.
“Amici miei, è stata una serata fantastica!”.
Miloslav era in mezzo a noi, le braccia intorno alle nostre spalle, ed ero certo che ci stesse provando con Julie. In fondo era colpa mia, perché gli avevo lasciato intendere che era mia sorella.
Ci aveva trascinato da una parte all’altra della città e ci aveva fatto bere troppo. Lui aveva bevuto il doppio di noi, ma non sembrava averne risentito.
C’erano stati ricordi dei tempi andati, ma non molti, Miloslav non amava guardare al passato. Ci aveva chiesto di noi, invece, e io avevo improvvisato una storia credibile.
Julie era stata magnifica, si era adeguata al gioco e pareva si divertisse.
Io non riuscivo ancora a credere che quell’uomo accanto a me era mio figlio, che mi stava parlando, che mi stringeva. Era una sensazione unica, che non avevo mai provato prima. E avrei voluto che durasse per sempre.
Invece, a mezzanotte in punto, lui ci portò alla stazione, dove sarebbe partito l’ultimo treno per Roma.
Eravamo stati noi a dirglielo, a inizio serata, ma ora che il momento era giunto avrei fatto ogni cosa per non dover partire.
Miloslav era forse un violento, un delinquente, ma con noi era stato speciale. Ero sicuro che fosse riuscito a conquistare persino Julie. Lei aveva sempre parlato pochissimo, per paura di dire la cosa sbagliata, e agli occhi di Miloslav era sembrata molto timida.
Miloslav ci portò a fare i biglietti, e poi fin dentro al treno, per accertarsi che trovassimo posto. Era bastato uno sguardo ben assestato all’unico occupante di uno scompartimento per farlo scappare via in tutta fretta. Poi ci aveva fatto accomodare.
“È stato bello conoscervi, spero che tornerete presto”.
Era così strano sentirgli dire quelle parole. Avrei almeno voluto abbracciarlo, perché sapevo che non l’avrei rivisto mai più, ma dovetti accontentarmi di una stretta di mano. Con Julie non fu altrettanto diplomatico, la abbracciò fin troppo stretta e la baciò sulle labbra. Io rimasi bloccato e non riuscii a intervenire. Poi, in un lampo, Miloslav scomparve.
Julie sogghignava, guardando la mia faccia. Si mise comoda e solo alla fine mi interrogò.
“Allora, è stato così terribile come temevi?”.
Scossi il capo.
“Valeva la pena farlo, vero?”.
Sì, ne era valsa la pena. Qualunque fine mi aspettasse ero almeno riuscito a rivederlo.
Mi strinse la mano.
“Lo rivedrai ancora. Ne sono sicura”.
Io non avevo la sua certezza, come non ero sicuro che andare a Roma fosse la cosa giusta, ma avevo il sospetto che Julie fosse curiosa di incontrare Ninni, di vederci insieme.
Per certi versi lo ero anch’io. Mai, neppure una volta in sette secoli, i miei corpi si erano incontrati. Quella era la prima regola che mi ero imposto. Mai riunire insieme i corpi. Era troppo rischioso: un disastro naturale, una guerra, un incidente. Se fossimo morti tutti insieme per me sarebbe stata l’estinzione.
Il treno partì cinque minuti dopo e io dissi addio a Marsiglia. Nonostante le rassicurazioni di Julie ero certo che non ci sarei mai più tornato.

5Avevamo di nuovo tirato tutte le tendine, nella speranza che ci lasciassero in pace. Eravamo entrambi stanchi e avevamo tentato di coricarci per riposare un po’. Avevamo smesso di fare previsioni per il futuro, quanto mai nebuloso.
Quando arrivò non fummo pronti, mezzo assopiti com’eravamo.
Lui fece scorrere la porta, e la prima cosa che vidi fu la pistola col silenziatore. Ero troppo intontito, non riuscii neppure a urlare. Il killer entrò e richiuse la porta dietro di sé.
La pistola era puntata su Julie, che aveva ancora gli occhi chiusi e non si era accorta di niente.
“No, ti prego”, mormorai.
Il killer mi guardò in modo strano, sembrava turbato. Il mio comportamento, le mie parole, gli ricordavano fin troppo quelle di Susan e Rodrigo. Era probabile che non avesse idea di chi fossimo e del perché dovesse ucciderci.
“Come hai fatto a trovarci?”.
Julie riaprì gli occhi e si trovò la pistola puntata contro il viso. Vide anche il colosso che la impugnava. Non tentò di muoversi e non fiatò neppure.
“Come hai fatto?”, continuai a insistere. “Abbiamo cancellato ogni traccia. Non c’era nessuno che ci seguiva, ne sono certo”.
“Pensa alla situazione in cui ti trovi, invece di fare domande. Pensa alla tua amica”.
Mi sollevai a sedere, senza fare movimenti bruschi.
“Non le farai niente, non sei qui per lei. Tu vuoi che io faccia qualcosa, per questo ne hai bisogno”.
Uno strano sorriso apparve sul volto dell’uomo.
“Cosa dovrei mai volere da te?”.
“Che mi uccida”, mormorai.
Il sorriso non si incrinò, si rivolse invece a Julie, muovendo la pistola.
“Alzati!”.
Le mani dell’uomo erano bendate, e io sapevo bene che quei vestiti nascondevano altri bendaggi. Ciononostante, neppure questo l’aveva fermato: aveva un compito da portare a termine.
“Come devo morire?”, chiesi.
“Hai tanta fretta?”.
Stavolta era diverso. Sì, si stava comportando in modo completamente diverso. Seguendo le sue indicazioni Julie si sedette di fronte a me e ora il killer poteva tenerci entrambi sotto tiro.

5“Perché vi vogliono morti?”, mi chiese.
Ecco cos’era! Curiosità! Persino uno come lui trovava questa vicenda bizzarra e voleva scoprire cosa nascondeva.
“Non ne ho idea”, risposi. “Tu dimmi chi ti paga e forse riuscirò a capire il movente”.
Scoppiò a ridere.
“Mi dispiace, ma questo non te lo posso dire. Posso dirti come ti abbiamo trovato, però. Ora non ha più importanza”.
“Ho un segnalatore da qualche parte, vero? L’avevo immaginato”.
Scosse il capo e indicò Julie.
“Lo ha lei”.
Julie mi guardò come per scusarsi.
“Te lo giuro! Non ho tenuto niente! Ho buttato via tutto quello che avevo! Tutto!”.
“Perché lei? Come potevate essere certi che sarebbe venuta con me?”.
Rise ancora.
“Non chiederlo a me, non me ne sono occupato io. Probabilmente non è stato possibile impiantarlo su di te”.
Julie sobbalzò sentendo quella parola, e comprese che non stava parlando dei suoi vestiti. Si sentì violata, di colpo.
“Dove?”, strillò.
La voce dell’uomo divenne ironica.
“Sei stata dal dentista, recentemente?”.
Julie mi guardò sconvolta, lottando per non mettersi le mani in bocca.
“Cinque mesi fa! Lo giuro, ci sono andata cinque mesi fa, ed era solo un controllo!”.
C’erano andati anche Rodrigo, e Susan, persino Annie Luise. Yong-ho no, ma non importava, lui era stato il primo. Neanch’io c’ero mai stato, neppure una volta.
La portata di quella scoperta mi sconvolse. Cinque mesi! Qualcuno aveva architettato questo massacro con mesi di anticipo, era tutto organizzato fin nei minimi particolari. Qualcuno così potente da poter corrompere o ricattare dentisti, qualcuno che aveva stabilito una scaletta inderogabile. E voleva che io sapessi, che soffrissi.

2“Chi è?”, mormorai.
“Qualcuno che deve odiarti parecchio, considerato il mio salario”, ridacchiò il killer. “Devi avergliela fatta proprio grossa”.
Tentai di sorprenderlo.
“È Brandi che ti paga?”.
Julie mi guardò stupita, perché non gliene avevo mai parlato.
“Tsè! Ti ho detto che certe domande sono inutili”, rispose il killer senza scomporsi, e io non compresi se avevo indovinato.
“Come devo morire?”.
C’era rabbia negli occhi di Julie, perché io mi stavo arrendendo.
Per me non sarebbe stata la morte definitiva, non ancora, almeno, ma per lei sì. Il nostro amore sarebbe morto con me, tutti i nostri sogni. Per questo non poteva perdonarmi.
Il killer fece un sogghigno malizioso.
“Potresti cadere dal treno. Finire tra le ruote dei vagoni. Sarebbe una morte veloce, non credi?”.
Forse veloce, ma anche dolorosa. Non mi opposi comunque e annuii.
“Lei la lascerai andare, vero? Non le farai niente?”.
“Se farai il bravo bambino non le torcerò un capello. So essere di parola e tu lo sai”.
Strinsi la mano di Julie.
“Torna a casa”.
Lei scosse il capo ma non disse niente.
“Torna a casa dai tuoi, non puoi fare altro. Dimenticati di tutto”.
“Come siete romantici!”, ci interruppe il killer. “Alzatevi, su. Senza fare scherzi. Andiamo a fare una passeggiata”.
Tirai Julie e la feci alzare, poi la strinsi a me, come per proteggerla.
“Lei no, non c’è bisogno. Non voglio che veda”.

2Un altro sogghigno.
“Come ti sbagli! Lei deve vedere, invece. Deve assistere a ogni cosa! Anche questo fa parte del contratto”.
Lo guardavo incredulo, inebetito. Pure questo doveva avere un significato, ma non riuscivo a comprenderlo. C’era sempre qualcosa che mi sfuggiva. Però era evidente che non gli bastava uccidermi, farmi soffrire, voleva pure umiliarmi, farmi sentire impotente.
“Non fate scherzi, altrimenti sarà lei la prima a pagare”.
Fece scorrere la porta e gettò un’occhiata veloce all’esterno, sempre tenendoci sotto tiro. Era il momento. Se volevo agire era quello il momento. Ma se avessi fallito Julie sarebbe morta. Così attesi troppo e il momento sfumò.
“Fuori!”, disse il killer.
Uscimmo tenendoci stretti. Il corridoio era deserto. Lui indicò in direzione della coda.
“Muovetevi!”.
Non osavo parlare, e neppure Julie. La sentivo tremare. Anche di quello mi sentivo colpevole, di averla trascinata in questa pazzia.
Poi accadde tutto all’improvviso. Dietro di noi sentimmo scorrere una porta. Con la coda dell’occhio vidi un calcio colpire la mano armata del killer. Partì un colpo che mi sfiorò la guancia, poi vidi la pistola cadere a terra e scivolare via.
Subito partì un altro calcio, prima che l’uomo potesse reagire, che lo colpì al ginocchio, facendolo urlare, e immediato un diretto al mento. Poi una furia umana balzò fuori dallo scompartimento e gli saltò addosso.
Riconoscevo le parole che urlava, anche se non erano in francese.
“Bastardo! Porco! Te la faccio pagare io!”.
Non potevo crederci, ma quella furia era mio figlio Miloslav. Un Miloslav irriconoscibile, che stava riempiendo di pugni l’assassino, quasi fosse uno degli autori del massacro dei suoi genitori. E in un certo senso era così.
Il killer era più forte, ma era stato preso di sorpresa, ed era pure ferito. Ma già si stava riprendendo, e rispondeva ai colpi di Miloslav con altrettanta violenza. Miloslav incassava, sempre pervaso dalla sua furia, ma mi rendevo conto che non era alla sua altezza.
Lo afferrai per la vita, cercando di tirarlo via.
“Andiamo!”, urlai. “Scappiamo!”.
Riuscii a fargli scansare un calcio del killer e continuai a tirarlo via. Julie mi aiutava.
Miloslav era furente per la mia intromissione.
“Lo voglio ammazzare, quel bastardo! Lo voglio fare a pezzi!”.
Avevo il timore che sarebbe stato lui a fare a pezzi noi, se non ci fossimo allontanati in fretta.
Anche Julie lo afferrò saldamente per un braccio, e gli gridò: “Corri!”.
E ci mettemmo a correre tutti e tre, mentre il killer cercava carponi la sua pistola.

Ecco Ninni
SONNAMBULISMO: Gli episodi di sonnambulismo possono includere una varietà di comportamenti abbastanza ampia. Negli episodi lievi il soggetto può semplicemente mettersi a sedere sul letto, guardarsi attorno, o tirare ripetutamente la coperta o il lenzuolo.
In altri episodi, invece, il soggetto scende dal letto, e può passeggiare per la stanza, oppure all’esterno di essa, per le scale o fuori dall’edificio, e addirittura usare il bagno, mangiare, conversare e persino rispondere alle domande.

Girai le pagine fino a trovare ciò che cercavo.
Il tiopental sodico (nome commerciale del Pentothal Sodium) è un tiobarbiturico ad azione ipnotica utilizzato nell’induzione dell’anestesia generale. Il tiopental sodico è noto al grande pubblico con il nome di Pentothal, soprattutto grazie al cinema e alla televisione, per essere stato usato, a dosaggi sub anestetici, come siero della verità.
Nella pratica anestesiologica corrente è sostituito quasi completamente dal propofol (nome commerciale Diprivan), meglio tollerato.
Guardavo quel libro e non riuscivo a crederci. Leggevo e rileggevo, e pian piano ogni cosa prendeva consistenza. E la verità era orribile, mostruosa. Molto peggio di quanto avessi immaginato.
Scoppiai a piangere.

3Ecco Alain Giusti
“Come hai fatto?”, chiesi a Miloslav.
“Dopo, dopo!”, gridò Julie trascinandoci. “Non perdete tempo!”.
“L’ho visto salire sul treno”, spiegò Miloslav. “L’avevo già notato in giro, nei locali dove vi ho portati. Ero certo che vi stesse seguendo. Così sono salito anch’io”.
Era incredibile che mio figlio mi avesse salvato la vita. Che ci avesse provato, almeno. Eravamo ben lungi dall’essere salvi. Quel killer era ancora armato e c’inseguiva.
Questa volta fui io a stringermi a lui e a sorreggerlo, perché, nonostante il suo coraggio, i colpi del killer l’avevano conciato proprio male. Fu una sensazione unica potermi di nuovo prendere cura di lui.
No, non era il momento di arrendersi, non adesso.

1Ecco Ninni
Scuotevo Ilaria che sembrava una bambola rotta.
“Che sta facendo?”, gridò l’infermiera.
“Non si sveglia! Non si sveglia!”.
Me la strapparono dalle mani e la coricarono di nuovo composta.
“Certo che non può svegliarsi! Le abbiamo somministrato il sonnifero. Ora farà un sonno tranquillo fino a domattina. Ne aveva proprio bisogno, povera signora!”.
Non capivano! Non potevano capire!
“Ho bisogno di parlare con lei!”, urlai.
“Be’, non può!”, si intromise un infermiere nerboruto. “Non vede in che condizioni è? La lasci in pace!”.
Ma io dovevo parlarle, dovevo sapere. Era troppo importante.
“Non la potete svegliare?”.
“Sta dicendo cose assurde! Non lo potremmo fare comunque, neanche se volessimo. Bisogna aspettare che il sonnifero esaurisca il suo effetto”.
“E quando accadrà?”.
Non mi risposero neppure e l’infermiere mi accompagnò alla porta.
“Vada a riposare anche lei, ne ha davvero bisogno”.
Mi ritrovai nel corridoio, confuso, e sentii la porta chiudersi dietro di me. Le due guardie del corpo mandate da Brandi, ai lati della porta, sembravano quanto mai minacciose.
“Ninni!”, sentii urlare, e riconobbi la voce di Vittoria.
Mi girai subito, felice nonostante tutto di aver trovato qualcuno che tenesse a me, ma mi irrigidii. Accanto a Vittoria c’era Brandi, che la teneva per un braccio.
Dovetti sforzarmi per non aggredirlo, perché non lo potevo fare di fronte a Vittoria.

3Lei venne ad abbracciarmi.
“Come stai? Mio Dio, come sei pallido!”.
Mentre mi baciava sulle guance mormorò: “Non ho potuto fare niente, è voluto venire anche lui”.
Mi staccai.
“Va’ da Ilaria. Resta un po’ con lei”.
Vittoria capì al volo che volevo liberarmi di lei.
“Ne sei certo? Te la senti?”.
Era restia a lasciarmi con Brandi, dopo quello che le avevo detto. Guardava anche le due guardie del corpo ai lati della porta, con timore.
“Vai, vai, tranquilla. Ora sta dormendo, ma tu restale accanto. Vieni ad avvisarmi, se dovesse svegliarsi”.
Non era affatto convinta.
“Vuoi che chiami Bigini?”, bisbigliò.
Dubitavo che avrebbe fatto qualche differenza, a quel punto. Bigini non era mai stato un uomo d’azione, si sarebbe sentito perso in quella situazione. Mi pentii di non essermi mai davvero occupato delle mie attività e di aver relegato tale compito ai miei collaboratori. Ormai non sapevo più di chi mi sarei potuto fidare.
“Ti prego”, le dissi, indicandole le camere di Ilaria.
Ubbidì, anche se si sentiva a disagio. Appena la porta si fu chiusa andai verso Brandi. Sentivo di odiarlo, ma non sarebbe servito a nulla cercare di aggredirlo. I suoi uomini, comunque, me l’avrebbero impedito.
“Lo fermi, la prego. Non gli faccia uccidere quel ragazzo”.
Restò impassibile, però non si attendeva un attacco così diretto.
“Cosa le fa credere che sia in grado di farlo?”.

4“Quell’assassino ubbidisce ai suoi ordini!”.
Sorrise, ma senza allegria.
“Come si sbaglia. Io non ho alcun potere su di lui”.
“È lei che l’ha assunto!”.
Non lo negò.
“Sono io che l’ho trovato. Perché certe cose non sarei mai stato in grado di farle. Poi li ho fatti incontrare. Ma il mio lavoro è finito lì”.
“Lei lavora per me!”, gridai.
“Si sbaglia di nuovo. Io non ho mai lavorato per lei”.
Era vero? Sì, lo chiamavo ogni volta che ne avevo bisogno, ma era mai stato davvero ai miei ordini? L’agenzia di Brandi aveva sempre lavorato per i De Albis Pracca, da decenni. Era stata Ilaria a consigliarmelo. Che aveva pensato di me? Non gli piacevo e non l’aveva mai nascosto, continuava a chiamare Ilaria signora De Albis Pracca nonostante fossimo sposati da otto anni. Come avevo fatto a non rendermene conto?
“Lei non è mai andato in Corea”.
Sogghignò.
“Sono stato molto occupato recentemente. Non era previsto che si rivolgesse a me”.
“Che ne è stato dei miei… dei bambini?”.
“Non ne ho la minima idea. Non ho mai lasciato Roma, ormai dovrebbe averlo capito”.
“Li ha fatti uccidere?”.
Un’ombra passò sul suo volto.
“Non ho fatto uccidere nessuno! Che le salta in mente? Non interessano, sono solo bambini!”.

4Era vero? Erano salvi? Non ne ero affatto convinto.
“Lei può fermare quell’assassino. Può avere ogni cosa, tutto quello che ho, ma lo fermi!”.
Mi ero avvicinato troppo, e lui indietreggiò.
“Non mi tocchi!”, gridò turbato. “Lei mi disgusta!”.
Mi bloccai. Quell’uomo davanti a me sapeva chi ero. Sapeva perfettamente cos’ero. Sapeva chi erano quelli che aveva fatto uccidere.
Lo lesse nel mio sguardo.
“Crede di meritarlo? Di meritare pietà? Di poter sempre avere tutto, ogni cosa?”.
“Loro non c’entrano, non gli faccia del male”.
“Eccome se c’entrano!”, gridò. “Sono la causa di tutto!”.
Mi odiava. Un odio quasi fisico, tangibile. Non era solo un lavoro quello che stava facendo, ma era spinto da un interesse personale.
“Perché?”.
“Lasci che le cose accadano, non può più fare niente per impedirlo. Torni da sua moglie, le resti accanto”.
“Ilaria dorme”, mormorai. “Le hanno dato un sonnifero”.
“Allora mi dispiace, non posso proprio aiutarla”.
Non gli dispiaceva affatto, e io sentivo di odiarlo persino più di quanto lui odiasse me.
“Non faccia gesti avventati, sarebbe inutile”.
“Non posso… non posso…”.
“Non può fare niente, si rassegni. È arrivato il momento di accettarlo. Lei non può più fare niente”.
Crollai, al punto che ebbi un mancamento. Brandi fu veloce ad afferrarmi per un braccio e reggermi.
“Venga, torniamo dalla signora De Albis Pracca. Lì potrà sedersi”.
Mi lasciai accompagnare, come un automa.
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36 pensieri su “Ecco Ninni IX

  1. Mamma come è bello. Fino adesso il più bello sul serio.
    Colpo di scena e drammaticità.
    Li hai dipinti con quel tocco che prende in testa e non ti abbandona.
    Bellissimo.
    Buona domenica.

    L’ho letto velocissimamente perché sto andando a pranzo, ma poi torno.
    Bacio milord.

    Lilly

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    • – Sto ascoltando:
      – ABBA –
      ___________________
      * Thank you for the music
      – Thank you for the music
      (Adesso) – SOS
      – Waterloo
      Sospendemmo il Voi, grazie

      Lilly

      E qua di colpi di scena ce ne sono.
      Se andiamo a scavare scopriamo che i fidatissimi,poi, non lo erano così tanto..
      E si apre un altro fronte sulla crisi esistenziale dell’uomo. Ovvero i maledetti. Quel genere dark che prende dalla poesia, alla letteratura, alla musica, al cinema, nell’ordine:
      Baudelaire – Spleen, HP Lovercraft – The shadow out, Uriah Heep – Demons and Wizards, Sin City, Una donna per cui uccidere (un capolavoro del dark DC-Comics) …

      Ecco.
      Grazie

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  2. Si e condivido in pieno che questo capitolo è veramente profondo e bello proprio.
    Un capitolo che fa riflettere.
    Bello con delle fotografie che ti inchiodano.
    Bravo Ninni milord.
    Me lo devo gustare meglio
    Bello il personaggio di Miloslav. Un dark (so che ti piace tantissimo il dark, e si vede) che ci sta benissimo.
    Bello proprio.

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      Sospendemmo il Voi, grazie

      Giorgia
      Grazie per l’espressione gentile.
      Volendo affrontare un argomento per volta, diciamo che Miloslav rappresenta la visione speculare di Alain. E’ tutto quello che Alain non è, e che magari avrebbe voluto essere.
      Non trovi?

      Ciao e grazie

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      Sospendemmo il Voi, grazie

      Amedeo d’A.

      La ringrazio per la gentilezza.
      Abbia le mie cordialità più sincere

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  3. Ninni, mon cheri, mi hai bloccato il respiro sul nascere. Assistere a questi eventi, così incalzanti, mi ha catapultata oltre l’immaginazione. Che forza e che potenza nella vicenda. Sembrava di essere la.
    Incredibile, sono ancora presa da “Ninni e da Alain” che poi sono sempre lui.

    Bello bello.
    Bisousss

    Annelise pour toi

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    • – Sto ascoltando:
      – ABBA –
      ___________________
      * Thank you for the music
      – Thank you for the music
      (Adesso) – SOS
      – Waterloo
      Sospendemmo il Voi, grazie

      Annelise

      Possiamo dire che questo capitolo tira fuori tutti i lati nascosti dentro. Per esempio il lato armonico verso ciò che ci circonda:la natura e il cosmo oscuro.
      Natura come essere umano.
      Ma ci torneremo.
      Ciao e grazie

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  4. Qui tutto è nero. Troneggia l’impotenza di Ninni verso la moglie e verso gli obiettivi del killer e persino verso il suo mandante. Un uomo distrutto che, dopo questo pezzo, lascia poche speranze di poter reagire. Ha bisogno di qualcuno, oppure dovrebbe smettere di compiangersi ed ascoltare la sua ira in modo non impulsivo ma ragionato.
    Anche se, probabilmente, ora Giusti lo raggiungerà e forse, tutti insieme, riuniranno le forze e l’intelletto ed arriveranno a svelare l’origine delle congetture contro di loro, riuscendo a sconfiggere il male. Almeno io lo spero. Voglio credere in un lieto fine anche se l’atmosfera non lo suggerisce. Bravo! Bel pezzo.

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    • Ovviamente è giustificato dato lo sconforto per la situazione terribile che sta passando con sua moglie in quelle condizioni e la drammaticità di quei momenti è davvero arrivata fino a noi.

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      • – Sto ascoltando:
        – ABBA –
        ___________________
        * Thank you for the music
        – Thank you for the music
        (Adesso) – SOS
        – Waterloo
        Sospendemmo il Voi, grazie

        Sì, quella potrebbe essere un’attenuante.
        Sarà vero però?
        Grazie

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    • – Sto ascoltando:
      – ABBA –
      ___________________
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      (Adesso) – SOS
      – Waterloo
      Sospendemmo il Voi, grazie

      Nadia

      Un grande maestro, E.Allan Poe, ne “Il pozzo e il pendolo” descrisse sensazioni che tu, ampiamente, hai argomentato. Ecco che hai intravisto un certo tipo di “riunione” tra Giusti e Ninni. Sono le stesse persone.
      Queste due persone, però, sono sempre una, per cui, (un po’ come in algebra) uno per uno fa sempre uno.
      Ma a questo punto non si può sapere. le variabili sono tante.

      Sconfiggere il male.
      Ecco un dilemma bello pesante. Come si potrebbe fare? Cosa si potrebbe opporre al male? Io sono sempre stato il fautore della “banalità” del male.
      Il male è banale; il male è stupido e stupido chi lo definisce come una “componente” del quotidiano. Il male è un’azione, un comportamento, una filosofia da imbecilli, dove non si ravvisa alcun lume d’intelligenza, in quanto non ha un perché.
      Ecco, un’azione uguale e contraria potrebbe annullarlo annullandosi.
      Mah.
      Potremo parlarne più diffusamente.
      Ti ringrazio per esserci
      Grazie

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  5. Un capitolo strepitoso, credo il migliore della serie.
    Si respira la disperazione, si attraversano momenti oscuri, si leggono paragrafi che inducono a fermarsi per rileggerli. E poi si prosegue, sempre più avvinti, nella speranza di un capovolgimento di fronte, una luce fra le tenebre.
    Oh, yes! Very, very, good.

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    • – Sto ascoltando:
      – ABBA –
      ___________________
      * Thank you for the music
      – Thank you for the music
      – SOS
      (Adesso) – Waterloo
      Sospendemmo il Voi, grazie

      Alessandra

      Ho, proprio, tentato di dare la svolta della disperazione basandomi su esperienze, riflesse, avute in passato. Una perdita di speranza, o disperazione, è spesso l’input di un cambiamento radicale.
      Spesso in peggio, ma capita anche in meglio.
      Con questo romanzo ho voluto creare il soft noir e l’hard boiled. Era quindi solo questione di tempo, lungo il tracciato di questa esperienza che, grazie anche al tuo supporto, mi ha permesso di scrivere in dieci mesi, ben sette romanzi con una lunghezza media di circa 450/500 pagine standard in edizione (140/170 pagine per circa 95.000/120.000 parole in formato docx e a spaziatura uno), sembra con qualche discreto successo.
      Ho tentato di non dare tregua al lettore in un intento visionario del mondo, nascondendo i motivi dell’essere e dell’essere umano, riproponendoli capitolo per capitolo, sotto vari aspetti e diversità.
      Chiederemo aiuto ad Alain?
      Ci ritorneremo, comunque.
      Ciao e grazie

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  6. Agnetha e Frida, quanto vi ho amato e quante notti insonni attaccato ai vostri passettini.
    Se ci penso.
    Per loro, a oggi, potrei scontrarmi benissimo con Putin (altro ammiratore delle bravissime artiste e grande estimatore degli ABBA).
    E che belle signore son diventate adesso. Ovviamente in là con gli anni, ma signore affascinanti e di classe.
    Ne seguivo le vicende e quando sapevo di qualche loro flirt, giuro, stavo malissimo!
    I grandi amori del milord.

    Grazie a tutti e buona giornata

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    • Cazzo, eccome non lo so che le bionde ti fanno andare giù di squadra?
      Poi se ti trovi una morettina, preferibilmente capelli rossi, vai in sbarellamento.
      Impertubabile, però eh? Mi raccomando. Fai come il tuo solito: non lasciare trasparire i tuoi sentimenti, vero? 😦

      Mai una volta una soddisfazione con te sul tipo: Manu, sei la donna più bella del mondo.
      Diventi rosso (perché arrossisci ed è inutile che lo neghi perché succede) e tiri dritto come se non esistesse una persona davanti a te.
      Ma io ti conosco!

      🙂

      Bye milord

      lamanuallegramapienadiuncapitolobello

      🙂

      PS: No dico, ti pareva che la Lilly non era la prima a scrivere?
      Ma quella quando dorme?
      Ciao

      😉

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      • manuela

        Va bene, come preferisci: sei una fra le donne più carine che abbia conosciuto.
        Personalmente, arrossire, la considero una virtù e non un difetto risibile.
        Ciao milady, stammi bene. Un saluto al marito e alle ragazze.

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  7. Un capitolo bello, elegante e pulito. Mi soffermo sulla profondità perché è anche difficile. Molto.
    L’essere per essere si scontra con l’essere per rimanere.
    La vita non da alcuna chance. Quanto sei bravo milord, ma è inutile ricordartelo. Un capitolo che incanta e non d’impatto immediato.
    Ci torno su.
    Bacio bell’uomo! 😉

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    • Manu

      Ti ringrazio. L’ho considerato (il capitolo) propedeutico e preparatorio al “gran finale che sarà domenica. Lì, proprio in questo evento mi sono speso proprio.
      E se lo ammetto io, figurati.
      Ciao e grazie

      PS: domani ci sarà, comunque, il penultimo capitolo.
      Ciao

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  8. Sbaglio o è andata così?
    Tipo

    Stai viaggiando su un treno ben definito, già da qualche tempo ormai, forse da tutta la vita.
    Guardi i paesaggi che scorrono fuori dal finestrino, leggi, familiarizzi con gli altri passeggeri, ti abitui alla loro presenza, parli, finché, ad un certo punto, senza preavviso, passando davanti al cartello di una stazione ti rendi conto che il treno in cui ti trovi non sta più andando nella direzione in cui credevi andasse.
    Inizi ad agitarti: “ma, come è possibile? Ho sbagliato treno? Eppure la destinazione mi sembrava quella! Ha cambiato itinerario? Senza avvisarmi? E adesso? Cosa faccio?”.
    Lì per lì, cerchi di calmarti, di prendere tempo, respirare.

    Ma più guardi fuori dal finestrino più ti rendi conto che non c’è molto di cui dubitare: Non stai andando nella direzione che vorresti!
    Il caos ti prende il cervello.
    Non sai più se sei tu ad aver cambiato idea sulla meta, o se è il treno ad aver cambiato percorso.
    Ciò che è certo è che tu su quel treno non ci puoi più stare.
    Così ti alzi, ancora in preda al panico e ad una strana sensazione di sgomento tiri il freno a mano.
    La frenata è talmente brusca che tutti i bagagli che portavi con te ti cadono addosso con una violenza pazzesca. Cade tutto, ogni oggetto, ogni giornale, ogni libro.
    Gli altri passeggeri ti guardano stupiti e storditi: “Ma che stai facendo?” intimidiscono con lo sguardo.

    Ma ormai è fatta, non puoi più restare. Prendi poche cose con te, quelle che ritieni più importanti, più essenziali e ti butti giù. Scendi dal treno.
    E mentre ancora rotoli fra la polvere nel tentativo di rimetterti in piedi e capire dove sei, il treno riparte, si allontana, lasciandoti lì, in mezzo ad un deserto, nella solitudine più completa, senza segnaletica, nel nulla.

    Ecco, è questo che si prova quando inizia una crisi esistenziale.
    Lì ci sono crisi esistenziali, al plurale.
    Un maestro proprio.
    Bellissimo

    Buona giornata

    Saluti dalla partenope Capitale

    Dudù

    Piace a 1 persona

    • Dudù

      caro amico partenopeo, hai scritto un apporto che mi è sempbrato degnissimo dell’argomento di cui si parla. Di questo ti ringrazio, Infatti, come ben saprai, sono avulso dai commentini con su scritto bravo, bello, non ho mai letto una cosa così, finalmente ho capito la scrittura, uno come te non l’avevo letto e altre amenità di genere.

      Mi piacciono gli apporti, quando ci sono.
      I like li ho tolti (per essere coerente con me stesso … ).

      Per cui ti rendo merito della presenza e lascio le tue deduzioni analitiche in vetrina.
      Ciao, grazie e un caro saluto alla partenope Capitale

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  9. La disperazione evoca già solo a pronunciarlo situazioni terribili, irrevocabili e di conseguenza, tale situazione disperata consiste nell’abbandonare l’idea precedentemente avuta di conquistare un certo bene, e, eventualmente, cambiare obiettivo.
    I suoi personaggi si rincorrono rincorrendo. Un ciclo vizioso, un girone dantesco dove tutto è il suo contrario.
    Mi ha tenuto abbarbicato alle sue parole, caro dottore.
    Lavoro e approfondimento hanno fatto il resto.
    Attendo il prossimo.
    Buona notte

    Furio

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    • preg.mo Sig. Furio

      Una deduzione da parte sua, presso queste umilissime stanze, producono soltanto lustro e vanto per la sua presenza.
      La ringrazio vivamente per l’interesse.
      Buona serata

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  10. Ho letto, fino adesso, in silenzio quasi religioso. Un silenzio denso di aspettative e di appagamento.
    Sento, comunque, quasta mattina il bisogno di scrivere quanto mi sia piaciuto questo capitolo. Profondo e difficile ma che da la soddisfazione di leggere qualcosa di “non” già visto,ne surrogato.

    Una qualità indiscussa e soprattutto profondo.

    Bello

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    • G.Fr,

      leggerti, sapendo quanto sei impegnato, mi da gioia e soddisfazione. Come detto più su, il tuo commento deduttivo mi ha colpito.
      Per cui non ho alcuna cosa da aggiungere.
      Ti ringrazio di cuore sia per lo scritto, sia per esserci.
      Ciao

      Ninni

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  11. Il potere dell’uomo sull’uomo.
    Come poterlo descrivere al meglio?
    In questi anni ci hai abituati al paradosso dell’esistenza e alla bellezza della bruttezza.
    Adesso ci fai camminare dentro l’anonima vita che assume il significato di vita completa. Cosa cìé di completo nella sofferenza della perdita incombente? Credo che il tuo messaggio sia che il brutto (e viceversa) compensa sempre il bello in un equilibrio che si chiama natura.

    Mi hai affascinata Ninni.
    Proprio presa.
    Grazie

    Ciao

    Elena

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    • Elena

      Carissima, leggerti, per me, è gioia.
      E’ avere la consapevolezza che stai bene (soprattutto in salute) e che hai quel briciolo di tranquillità per esprimere i tuoi concetti intelligentissimi e sicuramente profondi.
      Ti ringrazio, lasciandoti l’augurio diuna pronta guarigione e di una pronta risoluzione dei problemi che purtroppo affliggono la tua vita e quella di tuo marito.
      Sappiate che vi ho nel cuore.

      Ciao amica mia.
      A big hug!

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  12. Ho assistito all’evoluzione visiva della storia, attraverso questo capitolo.
    Un’evoluzione che mi lascia sbalordita.
    certo che stai facendo prendere una piega insolita, ma coerente col racconto. L’analisi delle mille sfumature della persona coinvolge e soprattutto ci porta a verificare, dentro noi stessi, tutti gli specchi che stai raccontando.
    Quanti specchi ci sono nelle nostre vite?
    Viviamo dei mirror dentro le esistenze abbastanza diversi, uno per ogni situazione.
    Affascinante come tema.
    Proprio bello.
    Ciao

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    • Hilde

      Quanti specchi ci sono nelle nostre vite?
      Tanti, amica mia. Mi riferisco, ovviamente ai specchi che colmano di falsa luce i nostri pensieri e le coscienze.
      Per il resto, come ben sai, non me ne curo.
      Un mio carissimo amico di Roma soleva dire: Siamo nati per soffrire e … ci riusciamo benissimo!
      Ecco la mia filosofia che, fidati e come ben sai, è lungi dall’essere spicciola.
      Ti ringrazio.

      Un’indicazione: domani pubblicherò il penultimo capitolo che è prodromico a l’ultimo Capitolone di domenica.
      Seppur esiguo nell’estensione, leggilo: darà luce!
      Grazie e ciao

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  13. In ritardo, lo so, ma ci sono. Siamo alla fine della storia, ma leggo in ordine, dove ho dovuto lasciare, per assaporare ogni sequenza. Qui l’angoscia prende me lettrice per le azioni, i pensieri, le deduzioni, le complessità, il dark della vita e delle vite. Ilaria…cosa ha combinato Ilaria? Lei, spettro degli spettri?
    Ma alle domande angoscianti si affianca la bella sensazione che ti lascia una scrittura intensa, perfetta, come quella che ho appena letto.
    Vado al seguito, senza eccessiva fretta. Voglio gustare appieno.

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