Ecco Ninni, l’epilogo

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1Ecco Ninni
Ero solo.
Ero rimasto solo. Uno. Solo uno. Un solo corpo.
“Fatelo respirare!”, gridò Vittoria.
Ero disteso su un letto. Vestito, con la cravatta allentata, ma su un letto. C’era pure un medico accanto a me, che controllava il battito cardiaco.
Dovevo essere svenuto. Lo sforzo di comprimere ciò che restava delle mie vite in un solo cervello era stato troppo anche per me. Chissà quante memorie importantissime erano andate perdute, ma in fondo che importava, ormai era tutto finito.
Perdere Alain, perdere Julie e Miloslav, era la fine di tutto. Non restava più niente della mia vita, soltanto Ilaria.
Cercai di sollevarmi, tacitando le lamentele del medico e delle infermiere.
“Sto bene”.
Ilaria era in un altro letto, poco lontano da me, e continuava a dormire. C’era Brandi, in piedi al suo fianco, e le teneva la mano. Lo trovai un gesto gentile, commovente, nonostante tutto.
Mi avvicinai barcollando e Vittoria fu al mio fianco, per sorreggermi.
“Devi sederti, riposare”.
Presto avrei riposato per sempre. Affrontai Brandi.
“Il suo uomo è morto”.
Apparve un lieve sorriso.
“Anche lei”.
Aveva assistito al trasferimento, sapeva ogni cosa. Non lo potevo negare.
“Dovrà finire lei il suo sporco lavoro, adesso”.
Brandi alzò le spalle.
“Aveva portato a termine il suo compito, comunque. Non serviva più”.
Lasciò andare la mano di Ilaria e fece un cenno di saluto.

2“Io aspetto fuori”.
Aspettare cosa? Non riuscivo a capire cosa significassero le sue parole.
Vittoria, che aveva sentito tutto, era sconvolta.
“Che succede? Cos’è accaduto? Cosa voleva dire?”.
Le diedi un bacio su una guancia.
“Va’ a casa, Vittoria. Vai a riposare. È inutile che resti qui. Ilaria dorme, resterò io con lei”.
“Ma…”.
“Domani ti spiegherò tutto, te lo prometto. Stai tranquilla, non c’è nulla da temere”.
Riuscii persino a sorridere, per rassicurarla.
“Cos’hai fatto, Ninni? Che succederà?”.
Non capiva, eppure si rendeva conto che era in atto qualcosa di spaventoso, che quello poteva essere un addio.
Le diedi un altro bacio, sulla guancia.
“A presto, mia cara”.

Le ore passavano, lente e inesorabili, ed ero rimasto solo io al capezzale di Ilaria.
Sapevo che Brandi era lì fuori, pronto a rispondere alle mie domande, ma non mi interessava.
Avevo una vita su cui riflettere. Centinaia di vite, anzi.
Pensavo a chi non c’era più, Jiwon, Dong-Yul, e a chi non avrei più rivisto, i miei figli, Ricky, Julie, Miloslav, persino Pablo. Esistenze magnifiche, speciali, che si sarebbero spente con me.
Avevo sprecato il mio dono, ne avevo abusato? Ero stato un mostro? Incontentabile? Non volevo morire, volevo di più dalla vita, ma non avevo compreso che avrei dovuto fermarmi, a un certo punto, accontentarmi. Ero diventato schiavo del mio stesso potere.
Quanto male avevo fatto? Fino a che punto mi ero spinto?
Ilaria era bellissima, persino adesso. Anche se la sua pelle era giallognola, trasparente, sembrava ancora una principessa in una teca di cristallo. Quanto doveva avermi amato, quanto mi amava ancora. Era giusto che io l’accompagnassi in questo ultimo viaggio.
L’avevo trascurata fin troppo sinora, ma adesso non l’avrei lasciata mai più.

3Vittoria tornò alle dieci del mattino, ma Ilaria non si era ancora svegliata.
“È sempre là fuori?”, le chiesi, e lei annuì.
Brandi mi aspettava, e con lui i suoi uomini. Un plotone d’esecuzione? Non mi importava.
Vittoria si era un po’ tranquillizzata dall’avermi trovato in buona salute. Gli avvenimenti della notte precedente l’avevano sconvolta.
Non rimase molto, perché riuscii a convincerla che andava tutto bene e avevo bisogno di lei in ufficio.
“Vuoi ancora che ti procuri un’agenzia di sorveglianza?”.
Mi sfuggì un sorriso e scossi il capo.
Nessuno poteva più proteggermi, non da quello che avevo fatto.
Quando lei se ne fu andata, arrivarono le infermiere per cambiare Ilaria, ma io le mandai via. Non volevo che disturbassero il suo sonno.
Dopo pochi minuti, però, sentii bussare, e la porta si aprì prima che potessi rispondere.
Brandi si affacciò.
“Può venire fuori un minuto, signor Ninni?”.
Era già arrivato il momento? Non volevano neppure concedermi di salutare Ilaria, di chiederle perdono?
Mi chinai a darle un bacio in fronte, prima di uscire.
Brandi era strano, quasi imbarazzato, fermo davanti alla porta.
“Credo… che debba occuparsene lei”.
Seguii il suo sguardo e mi congelai.
Fermi nel corridoio, a guardarsi intorno confusi, c’erano Julie e Miloslav.

4La prima reazione fu quella di scappare. Di correre a nascondermi in camera di Ilaria. Io non ero Alain, ero completamente diverso, non volevo che Julie mi vedesse così.
Poi mi accorsi che Miloslav era bendato e si stava reggendo un braccio, probabilmente rotto, così mi ritrovai a muovermi verso di loro senza rendermene conto.
Cosa stava accadendo, che significava? Perché Brandi aveva permesso loro di arrivare fin lì? Perché non li aveva fermati? Non gli bastava ancora, voleva che fossero presenti anche stavolta? Gli avrebbe fatto del male?
Erano domande secondarie, e le risposte non avrebbero fatto differenza. Avevo occhi solo per Julie e Miloslav. Julie non sapeva una parola d’italiano e stava cercando di fermare gli infermieri di passaggio per chiedere informazioni. Miloslav stava male, era evidente. I bendaggi di fortuna dovevano essere stati fatti da Julie, nessun medico aveva ancora controllato le ferite. Dovevano essere venuti lì direttamente dalla stazione.
Che sarebbe successo adesso? Come avrei dovuto presentarmi? Cosa dire loro?
Ma non ci fu bisogno di dire una parola. Julie si accorse che li stavo guardando e si girò verso di me. Io ero sempre più vicino, e la vidi turbata.
Poi mi chiese: “Sei tu?”.
Non ci fu bisogno di nessuna risposta, perché lei si sollevò sulla punta dei piedi e mi baciò. Un bacio sulle labbra, dolcissimo. E io dimenticai dove ci trovavamo e quale fosse il mio corpo. L’abbracciai e risposi al bacio.
Quando ci staccammo ci stavano guardando tutti a bocca aperta. Persino Miloslav era sbalordito, non si aspettava un simile atteggiamento da Julie. Le infermiere erano sconvolte e scandalizzate, perché tutte sapevano che stavo vegliando la mia consorte in punto di morte, e quella ragazzina che avevo baciato aveva la metà dei miei anni.
“Non sono lui”, mormorai.
Julie riuscì a sorridere.
“Mi è andata bene, credevo fossi molto peggio”.
Sì, non le avevo detto molto di questo corpo, neanche quanti anni avessi.
“Non è la stessa cosa”, continuai a bisbigliare.
Lei continuò a sorridere.
“Questo lo dici tu”.
Ebbi un brivido. Possibile che fosse vero? Che a Julie non importasse del mio corpo? Che fosse possibile continuare lo stesso? Possibile che non l’avessi persa?
“Come hai fatto a trovarmi? Perché sei venuta qui?”.

5I suoi occhi brillarono.
“Me l’hai detto tu, non ricordi?”.
All’improvviso tornò la piena coscienza di dove ci trovavamo e della mia situazione, e allora mi girai a guardare Brandi.
Sentivo Miloslav che stava interrogando Julie.
“E questo chi diavolo è?”.
E lei: “Non ti preoccupare, è un amico. Ci aiuterà”.
Non comprendevo lo sguardo di Brandi. Ci guardava e sembrava confuso, per una volta.
Non ci fu modo di parlare perché un’infermiera uscì in fretta dalla camera di Ilaria e venne verso di me.
“La signora si è svegliata e ha chiesto del marito”.
Brandi si mosse e venne verso di noi.
“Vada dalla signora De Albis Pracca, signor Ninni, mi occuperò io dei suoi amici”.
Voleva essere una minaccia? Non ne ero sicuro. Di certo Brandi non si aspettava che sarebbero giunti fin lì e stava improvvisando.
“È tua moglie?”, mi chiese Julie, che qualcosa doveva aver capito.
“Che intende fare?”, chiesi a Brandi.
“Mi pare che il ragazzo abbia una brutta frattura, è meglio portarlo al pronto soccorso”.
Strinsi il suo polso con una forza che neppure credevo di avere. Lo feci sobbalzare. Parlai a voce bassa, per non farmi sentire da nessun altro.
“È mio figlio!”.
Sapevano tante cose di me, ma era possibile che questo lo ignorassero. Non ero certo di fare la cosa giusta a dirglielo. Forse sarebbe stato peggio, ma in quel momento mi sentivo impotente. Brandi non poteva essermi di nessun aiuto, non era lui che dovevo affrontare.
Mi rivolsi a Julie.
“Vi accompagneranno al pronto soccorso, cercherò di raggiungervi appena possibile”.
Lei non aveva capito molto dei nostri discorsi, ma guardava Brandi con diffidenza.
“Cercherò di risolvere ogni cosa”, le promisi.
Non volevo implorare Brandi, non davanti a lei, e allora li abbandonai tutti all’improvviso, senza aggiungere altro. Raggiunsi la camera di mia moglie ed entrai.

6Ilaria si era sollevata a sedere, sorretta dai cuscini, e le infermiere si avvicendavano intorno a lei cercando di rendersi utili.
“Lasciateci soli, per favore”, esordii. “Me ne occupo io”.
Andai a sedermi accanto a Ilaria, ma restai in silenzio finché non sentii la porta chiudersi.
“Come ti senti oggi?”, le chiesi.
Ilaria non mi rispose.
Che strana situazione: aveva capito di aver sbagliato, di essersi scoperta con la scenata della sera prima, ma in fondo non doveva avere grande importanza, perché era suo desiderio che io sapessi.
Tutti questi convenevoli era inutili.
“Ho parlato nel sonno, vero?”, le chiesi. “Sono stati quei maledetti barbiturici”.
Lei si girò a guardarmi.
“Per quanto è andato avanti? Cosa ti ho detto? È per questo che dopo non hai più voluto dormire con me?”.
Fino a che punto avevo parlato? Lei mi aveva fatto delle domande e avevo risposto? Quanto sapeva della mia vita?
“Mi odi? Odi me? Gli altri non hanno nessuna colpa, sono solo io”.
Quanto doveva aver atteso questo momento, potermelo gridare in faccia. Per un attimo aveva persino dimenticato la sua malattia e la morte imminente.
“Un’altra moglie, Ninni! Un’altra moglie e dei figli!”.
Io impallidii.
“Io stavo morendo e tu avevi già un’altra moglie. Una famiglia, cinque altre famiglie! Non ero niente per te, solo una delle tante!”.
La verità mi colpì come una frusta.
“L’hai fatta uccidere apposta!”.

7Non c’erano stati errori. Era compito del killer uccidere Jiwon davanti ai miei occhi. E cos’aveva detto il killer, che aveva scambiato Dong-Yul per un ragazzo? Era possibile, era un tipo mingherlino, e in fondo aveva un volto solare, innocente, come quello di un bambino. L’aveva preso per Sang, era sua intenzione uccidere anche mio figlio di fronte a me.
Ilaria non gustò il suo trionfo, distolse solo lo sguardo, con un brivido.
“Non puoi aver fatto questo”, mormorai.
Non era possibile che lei fosse gelosa fino a questo punto di uccidere una povera contadina che viveva all’altro lato del globo. Eppure io e Jiwon eravamo felici, e Ilaria aveva sempre desiderato un figlio senza riuscire ad averlo. Sì, doveva essere stata terribile per lei l’idea di dover morire sapendo che avevo già una famiglia per sostituirla.
“Cos’hai fatto?”.
Un lungo silenzio.
“All’inizio niente. In fondo potevano essere incubi. Potevi esserti inventato tutto. Ho solo chiesto a Brandi di indagare. E quelle persone di cui avevi parlato esistevano davvero, tutte quante”.
“E tu…”.
“Io niente. Ero troppo frastornata. Per quello che eri, per quello che avrebbe significato tutto ciò in rapporto a noi due. Alla nostra vita. Non ho fatto niente, assolutamente niente”.
“Ti sei allontanata. Non ne hai parlato…”.
“Non c’era niente da dire!”, gridò. “Poi ho scoperto di avere il cancro. Credi che abbia avuto paura di morire, che ne fossi sconvolta? No, ti sbagli! In me c’era solo rabbia! Rabbia perché io sarei morta e tu saresti vissuto per sempre! Tu, che mi avevi sempre mentito, che ti eri preso gioco di me!”.
“Ti amo”, mormorai.
“Ami me come hai amato centinaia d’altri. Amavi me come amavi quella donna! E poi c’erano anche i bambini e tutti gli altri. Non eri mio! Non lo sei mai stato! Mi avevi truffata, sempre!”.
“Non c’era bisogno di uccidere”.
“Non sono stati omicidi”, iniziò Ilaria, ma poi si ricordò di Jiwon e scosse il capo. “Pagherò per quello che ho fatto, sto già pagando. Ma non sarò la sola”.
“Quindi hai organizzato ogni cosa”.
“Ho combattuto!”, urlò. “Ho combattuto il cancro con tutte le mie forze! Ho persino creduto di poterlo sconfiggere! Se ci fossi riuscita… forse non sarebbe accaduto niente”.
“Non potevi accettare che ti sopravvivessi”.
“Non hai capito niente, idiota!”.
“Avevi già organizzato tutto, chissà da quanto!”.

8“E allora? Poteva non succedere, potevo farcela! Ho sperato! Ma quando mi hanno dato la condanna definitiva, mi hanno detto che non c’era più nulla da fare…”.
“Hai mandato il killer”.
“Sì, gli ho dato istruzioni personalmente, gli ho spiegato cosa doveva fare”.
“Dong-Yul non c’entrava niente. Non doveva morire”.
Un altro attimo di turbamento.
“Perché non hai fatto uccidere anche i miei figli, quando ti sei accorta dell’errore?”.
“Non aveva importanza, non aveva più importanza. Il piano doveva proseguire”.
C’era un briciolo di rimorso nella sua voce? Si era pentita? Non aveva avuto il coraggio di andare in fondo?
“Anche Rodrigo era un bambino”.
“Eri tu”.
“Susan era innamorata”.
Fece una risata acida. “Di un uomo! Lui non era un problema”.
“Julie…”.
“È una ragazza, poco più che una bambina, fra qualche settimana ti avrà già scordato. No, Ninni, non erano loro il mio obiettivo”.
Mi chiesi cosa sarebbe accaduto qualora avesse scoperto che Julie era lì, che non le importava quale fosse il mio aspetto. E Miloslav, se avesse capito che anche lui era mio figlio!
“Volevi distruggermi? Ci sei riuscita. E ora? Qual è l’ultimo atto?”.
“Volevo che tu sapessi come stavo io!”, gridò, agitandosi nel letto. “Che tu capissi cosa si prova a essere soli davanti alla morte. Volevo che tu fossi uno, uno solo, con una sola vita da vivere, nella costante paura di morire!”.
“Sono uno”, mormorai.
“E cosa provi?”.

9Non avevo ancora analizzato i miei sentimenti. Avrei dovuto essere terrorizzato di fronte all’estinzione, ma tutti i miei pensieri erano dominati da Julie e Miloslav. Loro erano lì, e ci tenevano a me. Nonostante tutto erano venuti.
“Non lo so. Forse non riesco ad avere paura come tu vorresti. Non ci sono abituato”.
Le strappai un sorriso e inaspettatamente mi prese una mano.
“Ti accadrà. Il tempo farà in fretta a passare e tu ti ritroverai vecchio. E allora sarai un essere umano come tutti gli altri, e avrai le nostre stesse paure”.
“Io non diventerò vecchio”, bisbigliai.
“Oh sì, Ninni. Ti auguro di vivere ancora a lungo e diventare vecchio”.
Non riuscivo a capire, in quel momento le sue parole mi sembrarono assurde.
“Allora perché l’hai fatto?”.
“Farti diventare uno? Perché tu fossi come me. Per poter essere finalmente al tuo livello. Per poter contare qualcosa. Perché almeno per un attimo tu amassi soltanto me. Per essere la cosa più importante al mondo”.
Mi trovai le guance bagnate di lacrime, senza rendermene conto. Avrei dovuto odiarla, aveva distrutto la mia esistenza, ucciso quelli che amavo, eppure guardavo i suoi occhi e provavo solo amore. Impazzivo all’idea di perderla, non volevo che lei mi lasciasse per sempre.
Lo lesse nel mio sguardo e anche lei si mise a piangere. L’abbracciai, ed era così fragile e sperduta, si aggrappava completamente a me.
“Dovevo farlo”, continuò a spiegarmi. “Tu non ti rendevi conto di cos’eri. Di quello che stavi facendo. Era necessario che tu tornassi un essere umano”.
Forse era stato solo l’egoismo a spingerla, la gelosia, ma ormai neanch’io ero più sicuro di essere nel giusto. Forse aveva ragione lei, in quel momento eravamo solo due fragili esseri umani che si amavano.
La baciai con passione e lei si abbandonò tra le mie braccia.

10Molte ore dopo uscii dalla camera, e Brandi era lì ad aspettarmi.
Non mi diede il tempo di fare domande.
“I suoi amici sono al sicuro. Il ragazzo è stato ingessato e ho trovato loro un albergo. Non potevano restare qui”.
Lo guardai con diffidenza.
“Non è il caso che la signora De Albis Pracca sappia di loro. Meglio non farla soffrire ulteriormente, povera donna. Il mio compito è finito”.
Indicai le guardie del corpo, ancora accanto alla porta della camera.
“Quelle erano per me, vero? Per proteggerla? Avevate paura che le facessi del male”.
Brandi sorrise.
“Non era facile prevedere la sua reazione”.
“Julie…”.
“Si dimentichi di lei. Si dimentichi di chiunque altro. Avrà il resto della vita da dedicare a loro. Ora pensi a sua moglie. È una donna speciale e le resta così poco da vivere. La renda felice”.
Non riuscivo più a odiarlo, nonostante tutto il male che mi aveva fatto. Capivo che avrebbe desiderato esserci lui in quella camera accanto a Ilaria.
Annuii soltanto.
Il suo sorriso si allargò.
“Lo ammetta, in fondo non è tanto terribile essere un semplice essere umano!”.

Eccomi, sono Uno
Io ero uno. Uno solo.
E stringevo la sua mano, mentre il respiro rallentava. Ormai erano solo le macchine a tenerla in vita. Il suo colorito era terribile, il cancro aveva divorato il fegato. Avrei dovuto sorridere all’idea che era proprio un prodotto a base di Pentothal ad averla sprofondata nel suo coma indotto.
Era solo un corpo, un inutile involucro. Ilaria era già morta, non avrebbe più aperto gli occhi. Già mi mancava, mi mancava tantissimo.
Eravamo stati insieme, finché era stato possibile. Non l’avevo mai lasciata per un attimo. Non avevo più visto Julie, ero riuscito a telefonarle solo una volta. Una conversazione brevissima.
Ilaria aveva assorbito ogni istante della mia esistenza.
Gli ultimi giorni erano stati terribili. Lei mi aveva chiesto scusa, me l’aveva chiesto in continuazione. Era disperata per quello che aveva fatto, non si dava pace. Neppure tutto il mio amore era riuscito a tranquillizzarla. Era davvero pentita.
Poi c’era stato l’addio, quello straziante, un attimo prima che le provocassero il coma. Il suo volto era stravolto dal dolore e dalla paura.
“Non ti dimenticherò mai”, le avevo detto, e lei mi aveva creduto.

11L’ultimo soffio, poi il silenzio
Il suo petto non si alzava più, il suo cuore aveva cessato di battere. Era tutto finito.
La sua esistenza, il male che ci eravamo fatti l’uno con l’altro, il nostro amore.
Rimisi a posto la sua mano, con delicatezza, e la baciai sulla fronte. Uscii in silenzio, chiudendo la porta dietro di me. Le infermiere compresero subito ed entrarono senza far domande.
Julie era lì, seduta su una panca, ad aspettare. Era lì già da due giorni, fin dal momento in cui Ilaria era entrata in coma.
Ilaria era morta senza sapere nulla né di lei né di Miloslav.
Mi sedetti al suo fianco, e mi sentivo strano, imbarazzato. Julie non mi chiese nulla di Ilaria, mi strinse solo la mano.
“Dov’è Miloslav?”, le chiesi.
Alzò le spalle.
“In girò per la città. Non era mai stato qui. Starà esplorando tutti i bar. Speriamo che col braccio rotto si tenga lontano dalle risse”.
Si girò a guardarmi.
“Ho preferito che lui non fosse qui, che potessimo parlare da soli”.
Poi aggiunse: “Dovrai essere tu a parlargliene, è meglio che lo sappia da te”.
Julie voleva che dicessi a Miloslav chi ero. Mi sembrava una pazzia, temevo che ci avrebbe procurato solo guai, ma lei non voleva sentir ragioni. Diceva che io avevo bisogno di Miloslav, e che anche quel ragazzo non voleva più essere solo. Gli serviva una ragione per vivere, per smettere di odiare.
“Sono vecchio”, mormorai.
“Terribilmente!”, ridacchiò lei.
“Non scherzo, potrei essere tuo padre”.
“Oh, sei di sicuro molto più vecchio di mio padre”.
“Sei così giovane, Julie. Non sei neppure maggiorenne”.

12“Fino a poco fa non lo trovavi un difetto”.
“Che vita potresti fare con me?”.
“Interessante, immagino. Di certo non mi annoierei. E poi sei ricco, no? Hai un sacco di soldi”.
“Cosa ci vorresti fare, con questi soldi?”.
“Viaggiare, per iniziare. Dobbiamo andare in Corea, non ricordi? Là c’è qualcuno che ci aspetta”.
“Tu credi che dovrei dire pure a loro chi sono?”.
“Senza ombra di dubbio. Ne hanno bisogno, e ne hai bisogno anche tu”.
Sospirai. Ero terrorizzato all’idea di farlo, eppure mi sentivo eccitato.
“Poi dobbiamo andare a prendere Matisse”.
“Non credo…”.
“Non hai voglia di rivedere Ricky?”.
A che sarebbe servito? Ormai tra noi non poteva esserci più niente.
“Sono certa che sarà un tipo simpatico, potremmo diventare amici. O la cosa non ti basta?”.
Era davvero possibile incorporare tutte le mie vite in una sola, senza perdere nessuno di quelli a cui tenevo? Non lo sapevo, in fondo non lo sapeva neppure Julie, ma valeva il rischio di tentare. Era tempo di farlo.
“Poi andremo a Buenos Aires”, aggiunsi. “Ho una promessa da mantenere, un sogno da realizzare”.
Julie scoppiò a ridere.
“Vedi? È così che ti voglio! Pieno di coraggio, di voglia di vivere. Non è la lunghezza che contraddistingue una vita, ma come viene vissuta!”.
Le diedi un bacio appena sfiorato.
“Ce la faremo?”.
“Oh sì, sono sicura di sì”.
Poi dimenticammo di nuovo ogni cosa, gli sguardi scandalizzati degli infermieri e degli altri pazienti, e il nostro bacio divenne infuocato.
Io sono…

2Ecco, sono uno
Lo sono ancora, ma potrei non esserlo.
È nata da cinque giorni, ma non l’ho ancora sfiorata. Ho solo sentito la sua mente vergine, come un richiamo. Si chiama Angelica, ed è nata in una cittadina vicino a Sidney, in Australia. I suoi genitori sono agricoltori, e la cosa non mi dispiace. Non ho mai vissuto in Australia, finora.
Potrei farlo. Potrei farlo e Julie non se ne accorgerebbe neppure. Potrei avere un’altra vita, continuare a esistere per sempre. Potrei, ma non l’ho ancora fatto.
Sto cercando di resistere, di convincermi che una sola vita può bastare. Che ho Julie al mio fianco, e i miei figli, e tanti amici. Che la mia vita è piena, felice. Che non ho bisogno di altro.
Me lo ripeto in continuazione e per ora sto resistendo. Quanto andrà avanti? Che accadrà se ne nasceranno altri, ed è molto probabile che avvenga? Come accettare la morte quando potrei avere la vita eterna? E Julie non lo verrebbe neppure a sapere, e nessun’altro.
È una decisione terribile, che vivo ogni giorno. È una lotta continua, senza tregua. Ciò che è accaduto con Ilaria dovrebbe servirmi da monito. Julie e coloro che mi amano hanno accettato il mio segreto, mi hanno perdonato. Merita davvero rischiare tutto questo pur di vivere ancora?
Non lo so, non sono sicuro di niente.
Però resisto.
Ci provo … finché sarà possibile
Fine.

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ECCO NINNI
Grazie per aver letto questa storia
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(Tutto il corredo fotografico è di mia produzione)
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205 pensieri su “Ecco Ninni, l’epilogo

  1. Tutta la tristezza, il dolore umano.
    Il mondo crolla e l’amore, questo grande arbitro delle pulsioni istintive, riesce a comprendere l’ottusità di Ilaria, la sua ira.
    Il suo dolore.
    Ninni è un grande uomo.
    Un uomo a cui rivolgere gli sguardi.
    Una di quelle presenze che farebbero bene all’Umanità.
    Sono colpita e devastata.
    Dietro l’angolo c’é anche l’opportunità di ricominciare senza dire nulla a nessuno.
    Sicuramente, questo, è uno dei tuoi più belli.
    Buona domenica mon cheri

    Annelise

    Mi hai devastata

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    • Annelise

      la Crisi, in questo caso. interviene, proprio durante una profonda Crisi di Identità della Persona.
      La vita infatti si esprime attraverso varie identità (Senso di Sé), tra le quali vi sono le identità affettive: siamo figli, padri, madri, fratelli, amici, partner sentimentali; e le identità sociali, ovvero i vari ruoli che interpretiamo nella società: il medico, l’idraulico, il muratore, l’impiegato postale, ecc.
      Complesso no?

      Grazie per esserci

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  2. Hai scannerizzato le passioni umane.
    Sono accecato dall’ira (ognuno reagisce secondo la persona)
    Io Ilaria l’avrei scotennata.
    Ci torno, comunque, perché c’é tanto spazio per la discussione
    Ciao Ninni, grazie a te e buona domenica

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    • Spillo

      Ad ogni ruolo corrisponde una microidentità. L’insieme delle microidentità compone la Persona in cui riponiamo la nostra identità esistenziale.

      La crisi in una di queste identità, se colpisce il senso profondo del nostro essere persona, provoca la crisi esistenziale.
      In questo caso viene ad incrinarsi il senso stesso della nostra presenza nel mondo per cui Ninni inizia a manifestare una serie di dubbi ad ampio spettro.
      Dubbi che lo riguardano e dubbi che riguardano gli altri…

      Ciao

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  3. ecco la filosofia dell’Uomo inteso come tale e come tale sottoposto a passioni e pulsioni strane, forti e accecanti.
    Non potevo attendermi di meno.
    Che ne dici se ne parliamo un po’? L’argomento m’interessa e poi tu ne sei un maestro.
    Buona domenica e ciao

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    • Gianluigi

      Tutti i cambiamenti di vita possono comportare un cambiamento dell’immagine di Sé e una perturbazione emotiva che può durare, a seconda di ognuno di noi, più o meno a lungo ed essere più o meno intensa.
      per cui Ninni si adegua e a modo suo combatte
      Ogni cambiamento, però, può comportare una sensazione di perdita, sia reale sia percepita.
      (Ovvero il dimenarsi in due dimensioni: Ilaria e il resto del mondo)
      Non esiste un evento di per sé più o meno stressante, ma la sua intensità dipende da chi lo vive e da come viene vissuto.
      Di conseguenza tutto può essere più o meno intenso indipendente dal fattore scatenante, che in questo caso è del tutto esterno, ma interno all’individuo Ninni stesso

      Ciao e grazie.

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  4. Io lo so che quanto sto scrivendo potrà sembrare strano: ma questa notte l’ho sognato.
    Ho sognato di essere lì e assistevo al tuo dialogo con jullie e Ilaria. Eravate nellòa stessa stanza e Ilaria sorrideva a Julie, mentre le sparava.
    Ho intuito, dal sogno, che era stata lei.
    Probabilmente, come una volta hai fatto notare tu milord, nel sonno il mio cervello si è liberato dei conformismi del quotidiano e ha analizzato i fatti arrivando alle medesime conclusioni.
    Bello proprio e potentissimo come scritto.
    Lo sai che mi hai fatto soffrire, vero?

    Buona domenica

    Eleonora

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    • Eleonora

      Addirittura in un sogno?
      Volendo rimanere seri sì, credo tu abbia ragione.
      Leggendo hai metaboilizzato con l’istinto la parte concettuale che si è trasposta in una verifica reale appena addormentata.
      Capita così ed è nella meccanica delle cose.
      Ti ringrazio per esserci, ciao

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  5. Quali sono i mali dell’esistere e a quale prezzo esistiamo e coesistiamo?
    Quanta parte c’é, dentro di noi, di umano e disumano?
    Caro Ninni tutta la tua produzione, mai banale, è improntata sui sentimenti e sul raziocinio. Quello bello.
    Ci torno più tardi.
    Ciao e buona domenica

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    • Giorgia

      I mali dell’esistere. Dici giusto. Quel malessere noto come “Crisi esistenziale”.
      Vediamo un po’.
      Il nostro protagonista, Ninni nello specifico, ha manifestato una grandissima la perturbazione emotiva che permane, anche dopo aver dipanato tutte le spiegazioni del caso.

      Senza che venga risolta con una nuova articolazione e stabilizzazione dell’Immagine di Sé o meglio con una ristrutturazione di se stesso e proprio in questo significato di esistenza, la sua condizione di malessere poteva contagiare, con la sua negatività, le diverse situazioni … e nello specifico …

      Grazie

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  6. Un capitolo che ci mette faccia a faccia con le realtà più scomode.
    Chi siamo noi, infatti, per decidere della vita altrui?
    Ha scritto un capitolo, caro dottor Raimondi, che è una severa lezione di umanità.
    Buona domenica

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    • PickWick

      Abbiamo il ‘dono‘ dell’intelletto, caro PickWicl ecco che ci districhiamo, alla meno peggio, consituazioni che via via si adeguano: onesti, cialtroni,. falsi, impeccabili eroi, ma sempre (a ben guardare) verso se stessi.

      Grazie per esserci

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  7. Il colpo di scena finale, Ilaria dunque. Per gelosia o un ultimo e disperato gesto perché sapeva di poter vivere troppo poco ancora per ottenere l’umanità di Ninni in un altro modo?
    Molto bello. Originale davvero. Manca una dorta di spiegazione razionale al fatto di come Ninni poteva impadronirsi a suo piacimento di altre vite e cervelli, ma appositamente lasciata all’immaginazione, questa “mancanza” viene soppesata dalla qualità del romanzo e dai sentimenti trattati. Ninni non cambierà, questione di tempo. Molto profondo e mi spiace che sia finito! Una sola vita, per chi è abituato così è poca, l’immortalità è il sogno di tutti, anche se nessuno ci può dire se gli effetti collaterali superano o meno i benefici presunti di una vita eterna.
    Grazie per la bella lettura.

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    • Nadia

      Andiamo con ordine.
      legittimissima la tua domanda e la tua curiosità:

      Manca una sorta di spiegazione razionale al fatto di come Ninni poteva impadronirsi a suo piacimento di altre vite e cervelli,” …

      Infatti neanche ‘Ninni’ lo sa spiegare a Julie, quando glielo domanda.
      E’ successo e basta. Come accade per tutte le disgrazie e i colpi fortunati. A quanto sembra, in questo frangente, sembra una disgrazia o un colpo fortunato quanto gli è accaduto?

      Di seguito, nella persona, abbiamoun significato preciso: l’esistenza di Ninni il suo divenire,
      Un ‘ex-sistere’ (“non permanere”), ovvero, sottoposto a un continuo mutare e a un continuo proiettarsi verso ciò che ancora non è.
      va da se che in quesato ambito di complicanze sia materiali, sia coscienziali, è difficile muoversi.
      No?

      Ciao e grazie

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  8. Una crisi esistenziale pesante, caro Ninni. Una di quelle crisi che ti macerano dentro e ti uccidono.
    Un silenzio e una musica che colpiscono l’anima e il cuore.
    Grazie per quello che hai scritto e grazie per non offrirci il solito pacchetto, trito e ritrito, che in molti ci propinano ad uso e consumo degli stupidi.
    Ciao

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    • Vintrix

      Mi associo: bravo.
      Dunque…
      Se ne configuriamo l’esistenza, così come luogo dinamico e diveniente per eccellenza: se nel corso della sua storia, quelll’esistenza è come un luogo stabile della coscienza di cui è composto Ninni.

      Ma forse tu ti riferisci ad un certo ‘esistenzialismo’, ovvero al carattere proprio dell’esistenza?
      Quello di avere dentro di se il mutamento continuo delle sostanze che compongono le cose e gli uomini?

      Beh, se ne può parlare.
      Ciao e grazie

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  9. Ah, e poi c’e’ il lato romantico. Un amore che resiste oltre al corpo e alla carne, cieco e forte trasportato solo dalla ragione.
    Ed il perdono, anch’esso per amore.
    Non so se altri avrebbero perdonato. Ninni ci fa pensare.
    Non da poco direi.

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    • Nadia

      Il perdono, in quanto tale, è amore.
      Prima verso sé stessi e dopo verso glia altri. Ovviamente come risoluzione ad eventi che, presi in sé stesso, abbiano una non conflittualità pericolosissima.
      In questo caso, però, malgrado lo sterminio da un lato (che apicalmente parlando, si rivolge a tutto il mondo Ninni) abbiamo, dall’altro una eguale tassa: Ilaria muore. Muore atrocemente senza scampo.

      Grazie

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  10. Grazie milord per questo capolavoro.
    L’ultima puntata raggiunge l’apice, con echi di Shakespeare, Stepehen King e di Thomas Harris. Nessuna risposta precisa, molti interrogativi ancora: e qui sta il tocco del Maestro.
    Rammentate, amico mio? Ma se non era Caltrhrop, allora chi diavolo era?
    Senza voto, nel senso che supera il dieci e lode.
    Le mie radiose congratulazioni.

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    • Alessandra
      ( Il Voi è ancora sospeso)

      Grazie per la citazione de Il giorno dello sciacallo (versione originale) che amo particolarmente in quanto vera, diretta e soprattuto, articolata.
      Oddio, ne hai citato tre – nomi – che mi hanno provocato una tempesta inimmaginabile.
      Esagerata e molto generosa come sempre.
      Diciamo che, il tema dell’esistenzialità, l’ho portato come massimo comun denominatore.. proprio come Lo sciacallo inesistente, ma che esiste

      Ninni “ha sempre da essere il suo essere”, ovvero la sua esistenza non è la sostanza stabile, ma è il modo in cui decide da sé che forma le sue azioni future e prende il suo essere.
      La sua esistenza è quindi, per il suo esistenzialismo, la prima condizione propria che vive il dinamismo della realtà, non solo nella propria coscienza, ma anche e soprattutto nel proprio essere sé stesso, in un “dipanarsi” della propria esistenza nel tempo.
      Il suo tempo.

      Proprio e in quanto privo di immutabilità, il futuro gli si configura così come una possibilità libera e aperta.
      Il luogo entro il quale può accadere ogni cosa, senza possibilità di previsione.
      E questo è bello credo. Non trovi?

      Grazie per esserci

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  11. Un gran bel lavoro, Milord, una lettura ricca di emozioni di vario genere, suspance, interrogativi. Una storia che scava dentro le coscienze dei vari personaggi. Complimenti sinceri!
    Per il resto…così, d’istinto non mi sento di condannare in toto Ilaria.Deplorevole la carneficina, che non trova nessun tipo di giustificazione, ma…Ninni, Ninni che ha il dono dell’immortalità, che gestisce vite altrui, che non si accorge che la moglie è ammalata di cancro, che è tutto centro del suo essere, che dice ripetutamente e ossessivamente di amare Ilaria, (ne è certo?) nascondendole verità, dimenticandola per gli affari, per le sue altre famiglie, Ninni non è un perfetto esempio di prevista felicità per una donna. Non cambierà,riprenderà a succhiar vite, a godere di nuove nascite, lasciando scie di dolore sparse per il mondo. Vive di sè e per sè.Perdona Ilaria, dice per amore, tuttavia dovrebbe anche lui chiedere perdono. Gli errori li commettiamo tutti, ma noi semplici esseri terreni dall’errore spesso impariamo e non perseveriamo. Ninni continua per settecento vite, lui sa che rinascerà. Troppo comodo, e troppo bello, avere così tanti futuri e potersela giocare di volta in volta.La vita.

    Buona notte, ancora complimenti e grazie per le emozioni regalate.
    Marirò

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    • Marirò

      Innanzi tutto ti ringrazio per aver partecipato ai commenti, sicuramente interessanti, idi questo umilissimo Blog.
      La tua analisi, oltre che offrire un panorama possibile, ne analizza l’aspetto più umano.
      Devo dire che, nell’affrontare l’argomento con proprietà, ne hai portato alla luce una particolarità importante: Ninni e il suo egoismo cinico, verso la vita, tanto sentito da non fargli più vedere il limite o il confine oltrepassato e da oltrepassare sulle condizioni dell’essere uomo.
      Dici bene quando affermi che per Ilaria la reazione è più che umana, macello di persone a parte. E comunque una reazione all’impronta della fine della vita, in modo forzata e non naturale, che ne ha provocato la nota ferale.
      (E’ da dire che ha potuto mettere in atto il suo piano grazie, anche, alle enormi possibilità economiche, anche se poi, sovvengono due o tre domandine sull’arroganza della ricchezza sfacciata …).
      Ninni è talmente compenetrato, nella sua immortaltà relativa, che ha perso di vista il senso di umanità.
      Quel senso che tutto condivide nei suoi simili e fa affiorare nella condivisione dell’essere.

      Per lui è divenuto normale ottundere i motivi della sopravvivenza, per rivolgersi su altri principi che, effettivamente, non collimano più con i bisogni umani così intesi.
      Credo che si possa sviluppare, convenientemente, l’ulteriore assunto che andrò a propore partendo, proprio, da quest’ultimo capitolo.
      Ciao, grazie e uno caro saluto alla splendida terra di Sicilia

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  12. Ulteriore riflessione, apparentemente slegata da tutte le altre (ma solo in apparenza, credetemi) mi è sovvenuta leggendo gli apporti di marirò, lady Nadia, Annelise, Vintrix e altri.
    Per andare alle esegesi delle fonti che hanno instillato il romanzo riflettevo, in attinenza con quanto detto:
    Il Novecento, il secolo breve per eccellenza, si è dimostrato pieno di contraddizioni, oscillante tra l’angoscia e il vitalismo sfrenato, desiderio di “rinascita” (appunto come Ninni).
    Aprendosi con la Prima Guerra Mondiale si è messa fine alla “Belle époque”ma non solo…
    E’ stata la Grande Guerra a spazzare tutti quei valori, quelle certezze positivistiche su cui l’uomo si cullava?

    In fondo il progresso ha rivelato anche il suo lato oscuro, la capacità di diventare strumento dell’orrore,di creare tecniche belligeranti mai sperimentate prima e che hanno creato nell’uomo moderno un senso di smarrimento…la sensazione di vivere in una Waste Land come disse Eliot……
    Cadono i valori, cade anche la metafisica come aveva annunciato il profeta Nietzsche…
    Adesso è l’uomo fautore del proprio destino, come sembra proporre Ninni?
    Da questo senso di solitudine, di fronte a se stessi e al mondo, si può arrivare all’esistenzialismo?
    Ecco perché oppongo una critica radicale al pensiero calcolante che guarda al mondo unicamente per piegarlo ai propri bisogni, dimenticando quello che è l’interrogativo principale dell’uomo, ovvero, il perchè dell’esistenza….
    Mah.
    Vi ringrazio con simpatia

    Il milord

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  13. Eccomi a bearmi di un capitolo che reputo il migliore.
    Sei riuscito a coniugare raziocinio e filosofia del quotidiano, proprio come sai fare bene. Mi dispiace presenziare, in ritardo alla bella discussione che si è generata (come sempre edificante), ma ieri non ci sono stata per tutto il giorno.
    devo ammettere che mi ha sorpresa, se non scioccata, il sapere che dietro a tutto c’era Ilaris. Tu, caro Ninni, sei perfettamente a conoscenza delle dinamiche tra simili e piano piano, cn acutissima analisi, hai trasferito nel romanzo, partendo dall’assurdo, tutte le umane miserie.

    L’ultimo tuo commento, quello a marirò, mi apre spazi e annulla limiti a quanto ho letto finora.
    La tua messa a fuoco mi pare corretta.
    La crisi dei valori umani si diffuse in Europa durante la grave crisi sfociata nella seconda guerra mondiale, presentandosi anzitutto come presa d’atto della condizione “assurda” dell’uomo, il quale è immerso in un universo indifferente e privo di senso, condannato a un confronto incessante e disperato con il nulla, e non è assolutamente riducibile alle pretese positivistiche di renderlo un meccanismo calcolabile, prevedibile, totalmente organizzato.
    Si, c’è materiale per analizzare e ricreare quelle pulsioni di Ninni che hanno portato ai suoi comportamenti … come estrema ratio…

    Un bacio mio signore e buon lunesì

    🙂

    Lilly

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    • Ricordiamoci che partendo dal senso di “nausea” o di “scacco” o di “assurdo” l’esistere come esistenza virò anche in ambito religioso cristiano, cattolico, ebraico, islamico o di possibilità..
      Per me è stata la più meravigliosa risposta al senso della vita e del dolore quella di Ninni, ma anche quella di Ilaria.
      Controvertire gli opposti..
      Sicuramente io apprezzo tutti i pensatori che siano un Sartre o un Marcel o un Caracciolo o un Ninni milord e tutti mi aiutano a capire la vita.

      Ciao

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      • Manuela

        premesso che il Ninni del romanzo sembra essere contro l’esistenzialismo (e talvolta, io personalmente, ho criticato anche le posizioni di Sartre), c’è da dire che, dato l’uomo si hanno dei pensieri che inevitabilmente per lui (il Ninni del romanzo intendo) acquistano ‘più o meno’ valore.
        Personalmente non ritengo che esistano dei valori (né penso che non-debbano esistere, I valori, infatti – per esperienza personale – sono ‘importanti’ come la cultura, ma non si può asserire che la cultura esista in-sé e per sé stessa).
        I valori vengono creati dall’uomo, dopo processi durati millenni, o sono, invece, ‘leggi’ della sua struttura? A mio parere, tutto questo, non ne cambia la morfologia: sono valori umani, comunque.

        Ergo, può accadere, come accade, che in alcuni periodi ‘si vedano maggiormente’.
        Ognuno è libero di non essere libero.

        Ciao biondina tutto pepe

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      • Fidati, sono più colpita io del fatto che sembra tu abbia capito cosa volevo dire.
        Cosa hai mangiato tu!!!
        Continua con la dieta e chissà, forse un giorno riuscirai a farti capire da chi ti legge. (bello il tuo commento)

        🙂

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  14. Sono piena dentro questo capitolo spaventosamente bello e profondo. Così Ilaria era tutto quello che aveva avversato Ninni e il suo modo di esistere…
    Geniale e grande questo tuo rapportarti con la realtà attraverso la fantasia della fantascienza.
    Bello proprio.
    Emozionata è dir poco.
    Bello proprio, ma non potevo attendermi di meno ..

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  15. Ricordiamo il dibattito che si sta improntando. Mi interessa aoorifindure il discorso profondità con la non esposizione, ovvero la mascheratura pur di ottenere qualcosa di elevato.
    E’ importante?
    Torno dopo.
    Interessantissimo caro Ninni.
    Ciao, scappo

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  16. Anch’io l’ho letto e mi ha riempito la vita.
    Una potenza nelle idee per un finale che mi ha preso il cuore.
    Ritorno, caro Ninni. Voglio partecipare anch’io.
    Ciao

    Susi

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  17. Hilde Strauß

    Tutto ciò che è profondo ama la maschera

    Dice Nietsche in “Al di là del bene e del male”: Dunque “dammi una maschera, ti prego, una maschera ancora“.
    La maschera è l’illusione dell’inganno, l’unica cosa che permette di vivere, ma con la consapevolezza che essa è appunto illusione e inganno, poiché Ninni (nel romanzo) per vivere deve darsi un senso, in vista della morte (una qualsiasi a questo punto) che è implosione di ogni senso compiuto.
    La maschera che sceglie, dunque, è la volontà di un’adesione totale alla necessità dell’esserci:
    io sono il tuo sì!“.

    Il sì a ogni illusione riconosciuta come necessità per poter vivere, senza però ingannarsi in merito ad esse, ma la volontà di questa consapevolezza lo conduce a perdere di vista le basi della sua vita sociale stessa, poiché non c’è altra via per raggiungere “l’oltretutto“!

    Ciao e grazie.

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    • Molto bello

      ma Ninni che sceglie una maschera sembrerebbe un po’ poco Ninni.
      È vero che anche l’ironia è una maschera, come fingersi ingenuo per indurre l’interlocutore a sputare le sue false verità.
      Però esercitare una deliberazione come il dire di si alla vita e poi usare tale scelta come maschera nei confronti della vita stessa, mi pare un tantino equivoco.
      E la follia d’altronde è la scissione della personalità ( che etimologicamente mi pare significhi proprio maschera), ovvero l’io che mette il piede in due scarpe.
      Che dici?

      Etimologicamente la parola persona deriva dal greco e si riferisce alla maschera indossata dagli attori nel teatro.
      Le persone sono maschere, infatti.
      Può darsi che la supplica di Nietsche sia rivolta al fatto di ritornare all’ignoranza,alla non consapvolezza…perché a volte raggiungere certe consapevolezze riuscire anche solo per poco scorgere quello che sta dietro l’illusione può causare il vuoto dentro di sé,può rendere la realtà di questo mondo più difficile da vivere se non abbiamo i mezzi, la conoscenza e sviluppato l’equilibrio necessario per rimanre equanimi in questo mondo pur avendo compreso la realtà illusoria.
      Ciao vado

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    • Ecco che mi vedo spiazzata.
      Sto leggendo i commenti e convengo che non era di facile lettura, ma che molto altro è nascosto. Capisco le differenze e mi provo a vedere di dipanare la matassa.
      Una prima riflessione mi dice che la maschera non è finzione se la stessa identità fosse finzione, cioè se l’attore sul palcoscenico della vita trovasse che la maschera gli fa interpretare un ruolo a lui più congeniale.
      Se invece si ritenesse che la verità e la sincerità fossero nell’identità, allora la maschera sarebbe una fuga.
      Buongiorno!

      🙂

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    • La maschera ha più significati ed è in relazione con il rapporto Io e il mondo, ma anche con noi stessi, poichè il volto, il viso è la parte del corpo che più rappresenta simbolicamente l’interfacciia fra l’Io e i mondo.

      Così dall’antica maschera mortuaria negli antichi Egizi, per aumentare lo spirito del defunto che dovrà affrontare gli spiriti maligni dell’al di là,
      oppure il “lifting” nella postmodernità della nostra contemporaneità, ognuno tende a rifuggire o a ricercare ciò che è.
      Ciao buona giornata

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  18. @Circe
    Il problema inserisce la funzione tempo che è una creazione umana, anzi un’ intuizione pura e che, a mio avviso, esiste soltanto nella nostra mente. E di cui Ninni non riesce a liberarsi.

    Tutto fluisce e diviene in un eterno presente.
    L’eterno Ritorno liberando la volontà di potenza da ogni immutabile.
    E scusa l’ eterno che può fuorviare, ma non esiste modo migliore per esprimere il concetto che intendo.
    Ciao

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  19. @ Manuela

    In pratica la correlazione che sussiste tra maschera e menzogna (intendendo per menzogna l’illudersi e l’illudere) e sul fatto che essa sia intrinseca all’esistenza stessa.
    Si potrebbe dire che l’illusione è l’esistenza stessa, che non si può vivere senza illudersi e illudere, dunque che non si può vivere senza maschera, o, per riprendere il tema dell’equivalenza tra maschera e persona, che la maschera è l’interfaccia tra l’Io e il mondo che lo determina estroflettendolo.

    Affascinante grazie

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  20. @ Hilde

    Se la maschera è l’esistenza che emerge dal mondo, è allora evidente che non può esserci nulla di più profondo della maschera e che senza contraddizione dire sì alla vita (e dunque anche al tempo che la scandisce) implica dire sì alle maschere con cui la vita si presenta, poiché è vero che solo il presente accade, dunque che solo il presente è reale, ma il presente accade come una narrazione, ossia come un accadere che è segno di un non accadere ancora e un non accadere più, poiché solo in tal modo al presente è dato significato, il significato di un immaginario, ma ineluttabile attimo che scorre.

    L’atto in atto che è tutto nel presente è sempre segno di un passato ove attualmente lo si immagina atto in potenza e di un futuro in cui attualmente lo si immagina potenza in atto.

    Grazie e ciao

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    • Ma per Ninni la vita coincide con la volontà di potenza, dunque quel sì assoluto alla vita, che è sì a tutte le sue illusioni, implica anche il sì all’eterno ritorno che, abbiamo visto in altre riflessioni, è per Ninni indispensabile all’affermazione assoluta della vita come volontà.

      Ed è a questo punto che a mio avviso la mente si espone alla follia, ma non perché il ragionamento non torna, ma al contrario perché torna.

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  21. @ Hilde

    Dire sì a tutte le illusioni di cui la vita consiste significa non illudersi, significa averne quella piena consapevolezza che non si fa più alcuna illusione, poiché ogni attimo torna sempre eternamente identico senza alcun senso o maschera con cui illudersi.
    E’ come se Ninni avesse intravisto il baratro infinito senza alcun senso che si nasconde dietro il gioco di tutte le illusioni di senso che il mondo offre e corresse ad abbracciarlo, dunque l’insensatezza radicale di tutte le volontà sensate in cui trova rappresentazione la volontà di potenza, ossia la vita stessa in ogni vita.

    E allora ha ragione anche Marirò (ili6):
    la consapevolezza estrema espone alla follia di non potersi più illudere e mascherare, ma questa consapevolezza è raggiunta in Ninni non rifiutando le maschere, non rifiutando il gioco mascherato della vita, ma dicendo e affidandosi a esse fino in fondo .

    Ciao

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  22. Noi non conosciamo noi stessi, noi conosciamo l’ansia e il disagio, la difficoltà.
    Noi indossiamo una maschera e la cambiamo dentro un ruolo che interpretiamo come un attore sul palcoscenico della vita.

    Che gran bel capitolo Ninni e che forza aggregante.
    Mi piace tanto quando è così
    Ciao

    🙂

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    • Isy
      (Siamo online?)

      La maschera è l’interpretazione di un ruolo dentro una rappresentazione. è l’Io che mette il proprio corpo fisico dentro una realtà interpretata da una cultura.
      La maschera può essere difesa del proprio Io, oppure fuggire dal proprio Io per poter essere altro,o ancora adattamento a ciò che gli altri vorrebbero che noi fossimo.

      Tanto da arrivare al paradosso che a volte vivere un ruolo di finzione è meglio di vivere un ruolo nella realtà se questa è mediocrità, perchè fuggire è meglio di stare immobili; perchè la follia è più libera della costrizione nella normalità di una cultura.
      Spesso è così e cambiare “pelle” tatuandosi o fare i “lifting” è tentare di essere il non essere.
      Non è così, forse, per tutti i personaggi?

      Ciao e grazie

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      • Se questa è mediocrità??? Bisogna lottare per trovare qualcosa che elevi nella realtá con il giusto equilibrio di fantasia. Il giusto equilibrio.
        Il rischio di togliere la maschera è solo nel vuoto che vi rimane dentro. Easy no?

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      • Nadia

        Infatti io non lo condivido questo principio.
        Questo é semplice relativismo etico. Seguendo questo principio ogni cosa che ritengo realizzi il mio essere ( ma nessuna persona, a domanda, sa esprimere cos’è il suo essere, e infatti “il nostro essere” è indefinibile) è percorribile, anzi realizzabile. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che “il nostro essere” è composto più da rabbia profonda che da amore, più da egoismo che generosità, più da ricerca di piacere personale che collettivo.

        Quindi il rischio fondato è che si formi semplicemente un’etica di comodo che persegua unicamente il proprio tornaconto. Se appena appena introduciamo in quest’etica personale di comodo il concetto “ma la mia libertà non deve prevaricare la libertà dell’altro” non abbiamo più argomenti seriamente fondati per poterlo sostenere. Infatti se l’etica non è esterna a me stesso perchè dovrei accettare che la mia libertà venga limitata? Perchè dovrei evitare di farmi esplodere tra la folla inerme se penso e sono convinto che questo realizzi il vero “me stesso” ? E se non c’è un’etica condivisa perchè un pescecane della finanza dovrebbe limitare le sue sporche speculazioni che sicuramente lo gratificano e lo fanno sentire pienamente “se stesso”?

        Un principio etico condiviso e non fondato su credi personali o religiosi ( che inevitabilmente creano nuove divisioni e conflitti) è la grande sfida del mondo moderno. Purchè l’uomo comprenda che non si può sostituire un credo religioso semplicemente rimpiazzandolo con un credo “relativo” ( relativo a me stesso). E’ necessaria un’etica autonomamente fondata. Non un’etica fondata sul proprio tornaconto e nemmeno un’etica fondata su un particolare credo. Ma un’etica in cui possiamo ritrovarci. Un’etica umana che ponga il valore della vita al centro. Se il valore della vita non è posto al centro di un’etica autonoma nessun tipo di società scevra da violenza e ingiustizia è possibile.

        Perchè, e dobbiamo ammetterlo anche a noi stessi, la profondità dell’uomo non è Amore, come tante illuse anime candide affermano, ma egoismo, odio e illusione. La bestia che è in noi non aspetta altro per mostrare il suo vero volto…

        Grazie e ciao

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  23. ( A quanto pare siamo online)
    Ma la maschera, l’illusione che si interfaccia al mondo, non la sceglie “l’io”, caro Ninni, piuttosto ne è scelto e a volte ci si ritrova, altre no e questo è il dramma.
    Quel “dammi una maschera” è una preghiera rivolta a un “Tu”, al mondo fuori, poiché non sono io che costruisco la mia maschera, io sono originariamente senza volto.
    Nemmeno se mi faccio il lifting, credendo di sceglierlo liberamente tra i modelli che il chirurgo estetico mi presenta in catalogo scelgo davvero io, ma piuttosto sono scelta da una rappresentazione in immagine.

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  24. E il sì alla vita di Ninni cos’altro è se non un sì totale e radicale al mondo stesso, che gli si presenta come assoluta volontà di potenza, la stessa volontà che implica la fine di ogni individuale volontà?

    L’io è soggetto poiché è soggetto al mondo, non perché è soggetto sul mondo suo oggetto.
    E’ il mondo in immagine che viene a tatuarsi sul corpo del tatuato e lo incide per avere qualcosa da mostrare a se stesso, una maschera in cui poter credere di identificarsi almeno un po’.

    Ciao

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  25. Se capisco bene ,Ninni, tu interpreti in maniera univoca il passaggio Mondo- Io e viceversa.
    Io lo interpreto come uno iato, come una scepsi, come una rottura fra essere ed esistenza, fra verità e conoscenza, fra Io e mondo.La follia è stare in bilico sul limite di ciò che si ritiene soggettivamente sia verità e ciò che il mondo della cultura propone come verità.

    La maschera è la persona ed è la maschera che gli attori indossavano nella tragedia greca

    La voce narrante, quello che tu definisci “mondo fuori”, non è la cultura del tempo poichè descrive il viandante come privo di vitalità nelle secche della vita, scandagliandone quell’IO; entra nella profondità.
    Un capoitolo d’oro, bello e soprattutto profondo.

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  26. Sony

    La maschera non serve quì per illudersi nel mondo esterno, ma serve per guarire la vitalità del proprio IO. Il volto quì si proietta nell’ Io ,non nel mondo fuori. Insomma la maschera serve per riconoscersi un’altra volta e non per farsi riconoscere dal mondo “là fuori”.

    Il problema delle interpretazioni del pensiero di Ninni in azione è che in “mille” lo riconducono ad una interpretazione generale, dimenticando che non essendoci una struttura che debba dimostrare qualcosa, ne risulta l’ambiguità di Ninni, ed è proprio questa la sua forza:
    ambiguo come la maschera e ambiguo come la persona.

    Sì sembra che siamo online.
    Ciao e grazie

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      • Nadia

        Probabilmente si.
        Però, in prima analisi non lo definirei un “apatico” in quanto ha dimostrato empatia.
        Non dimenticare che è andato a cercare moglie e figli, sia coreani sia … altri.
        No, non lo definirei un apatico
        Probabilmente non ha vivo il concetto di limitazione personale e/o dal desiderio, inteso proprio come tale.
        Gli sfugge proprio.

        E’ semplice utopia?
        La storia dell’uomo sembra solo lo scontro di etiche contrapposte o al più il compromesso instabile tra di esse. Non sono per niente ottimista in questo senso. Troppa frammentazione. Troppa incapacità di vedere in noi stessi e di saperci limitare
        (e Volersi limitare, che è una forma di spiritualità “vera” e che porta alla libertà/liberazione dalle catene, dell’avversione e dell’odio).

        Far capire che sapersi limitare nei desideri non è frustazione, ma seme di una pianta di libertà, e che in questo limitarsi. E’ possibile trovare pace per noi (fors’anche gioia vera) e con quelli che ci circondano. E’ un passo importante per tentare di costruire una società diversa.
        Ma, quasi, nessuno lo fa…

        Ciao

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  27. Concordo pienamente sulla maschera di ciò che è profondo, e che in alcune persone può essere anche molto meno profonda di quanto si creda.
    E cioè che è una maschera di cui non si ha coscienza.
    In definitiva ci sarei arrivata fra un po’.
    Ciao Nì.

    🙂

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    • d’altronde la superficialità è un difetto di pensiero,non di vista.
      Non i sensi,ma la mente si inganna,falsifica e corrompe le cose perché non abbia timore a guardarle.
      Non può esistere il muro,troppo duro sarebbe se io dovessi sbatterci la testa.

      Ciao e grazie

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  28. Quello che si vuole intendere è che esistono vari livelli di maschere, e naturalmente il più immediato è quello che si riferisce alla maschera che si ci costruisce attorno a livello conscio.
    E cioè per tentare di nascondere di sé quello che non si vuol far notare.

    Ma il livello più profondo, ed è questo quello a cui si riferisce Ninni, è quello che è necessario all’ uomo per illudersi, per credere in verità inesistenti, ma che gli diano sicurezza e gli facilitino in questo modo il vivere.
    L’uomo si sottomette al pragmatismo del fare, ma questa sottomissione non è solo “imposta” dall’ambiente competitivo in cui si trova a vivere, per me.
    La maggior parte della gente ama il fare e non il riflettere.
    Desidera l’avere (beni materiali) e non l’ arricchirsi interiormente.
    Ripara e ristruttura la propria casa e non le macerie del proprio animo. L’uomo, in generale, non si pone la domanda se una cosa è realmente necessaria oppure no.
    La desidera e la vuole.
    E tanto più la desidera se vede che anche gli altri la desiderano e la posseggono.
    E così abbiamo auto uguali, giardini perfettamente tenuti in modo uguale al vicino, uguali gadget tecnologici, uguale vestire all’interno di un dato gruppo in cui si crede di riconoscersi, ecc.

    Il tutto racchiuso in questa “Umanità”.

    Ciao Sony

    🙂

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      • Nadia

        ma anche di maschere e ne esistono di varia foggia, colore, materiale e ragione di esistere.
        Quando vai a teatro, o a Cinema, gli attori – per te – assumono varie identià che ti portano a riflettere. In quell’istante non t’interessa sapere, conoscere, chi o cosa effettua quella rappresentazione…
        T’interessa la rappresentazione in sé stessa che ti darà, o meno, qualcosa che ti arricchirà positivamente o no.

        Ciao

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  29. Non credo ci sia molto da aggiungere a quello che hai già descritto tu, caro Ninni, se non magari prendere in esame tutti gli aspetti deleteri che ha assunto in ultimo Ninni, fino a risalire alle conseguenze che si sarebbero nel tempo inevitabilmente concatenate l’una all’altra per giungere al momento presente ad una quasi totale alienazione,ovviamente nemmeno riconosciuta e come credo intendi anche tu.

    Alla fine di umano non rimane più niente e cio che viene a sostituirsi è pura macchina,votata solo alla distruzione.
    Io credo pure che tutto questo si possa pure riscontrare parallelamente in cio che viene in tal senso, mano a mano trasformandosi intorno a noi,(cio che è dentro riflette cio che è fuori e viceversa) attraverso un semplice sguardo di quello che ci circonda.

    Bello proprio.

    Tanti saluti dalla partenope Capitale

    Dudù

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    • Dudù

      Ninni, infatti, diventerà man mano essere non pensante, essere dedito solo alla ricerca della soluzione immediata dei suoi problemi, tanto da non arrivare nemmeno più a riflettere su cosa sia utile e cosa non sia utile. Di conseguenza si dovrà sottomettere, per continuare nella sua sopravvivenza, ad un autorità che gli ordina ciò che è necessario che lui faccia.

      Il pragmatismo di Ninni, è l’altra faccia della medaglia,laddove l’idealismo non riesce che a dare risposte vuote e totalmente sconnesse dalla realtà (e quindi dalle esigenze dell’uomo) in cui tutto si riduce a simbolo ma contestualmente perde di significato.

      Il materialismo non fa altro che riflettere questa pochezza di spirito,il pragmatico è solo un idealista che ha tolto la maschera dell’edificio retorico,manifestandosi agli altri come è in verità.
      Che l’essere umano sia fatto per filosofeggiare è falso:in realtà è un’attività adatta a pochi,che esige una capacità di discernimento critico fuori dal comune.
      Gran parte delle persone invece chiede solo un senso per andare avanti nella vita,che risponda ad ogni dilemma al loro posto:sono schiave non dei fatti,ma del loro pensiero..

      Almeno la vedo così, per “Ninni”.
      Grazie

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      • @Ninni

        Io ritengo che la filosofia sia invece proprio un attività peculiare dell’uomo. Il riflettere, il pensare il domandarsi, sono attività utili che permettono all’uomo di essere libero.
        Ogni uomo e nello specifico Ninni, dovrebbe chiedersi qual’è il bene morale, riflettere su esso e cercare di raggiungerlo.
        Per questo io insisto non tanto sul rapporto metafisica/libertà bensì sul rapporto filosofia/libertà che si oppone al rapporto pragmatismo/schiavitù.
        Il pragmatismo consente di comprendere la realtà circostante, anzi di comprenderla con certezza empirica, ma allontana, aliena l’uomo dalla verità che può essere raggiunta solo con la filosofia.

        Per fare un semplice esempio: mi trovo davanti ad un muro.
        Il pragmatismo, la scienza, potrà dirmi che quello che percepisco è un muro perchè composto di mattoni, alto un certo numero di metri e spesso un certo numero di metri.
        Ma al pragmatismo, al contrario della filosofia classica non importerà mai riflettere su perché ci sia un muro lì e cosa ci sia aldilà di quel muro.
        Quindi solo con la speculazione filosofica l’uomo può arrivare a comprendere quasi l’intera verità attorno ad un oggetto, che però non potrà mai essere dimostrata con certezza.

        Ciao e grazie

        Piace a 1 persona

      • Dudù

        infatti..
        si potrebbe pure dire che il pragmatismo è cio che viene appena prima dell’utilitarismo,che è una sua diretta conseguenza e che prima ancora del pragmatismo si possa risalire alle sue più profonde radici,quali il razionalismo e l’individualismo tutto questo non è stato altro che una progressiva e inarrestabile riduzione dell’orizzonte speculativo umano di cui, appunto, credo anch’io sia una sua specifica peculiarità (Ninni diventa ed e’ un ponte tra il cielo e la terra) e quando questa viene a mancare, o viene così ridotta,si trasforma in uno schiavo meccanico che è ancora peggio che lasciato al suo solo istinto animale.

        Chiaro che a Ninni sarà escluso tutto cio che va al di la dei suoi sensi, finendo per credere che quella sia l’unica realtà a cui fare riferimento e questo non riuscire più a vedere le cose in maniera più ampia ed “organica” e dunque Reale nella sua accezione del Vero (ma al contrario settoriale, chiusa e meccanica) non può che portare alle conseguenze più disastrose e senza nemmeno più riuscire a spiegarsene i motivi..anche se,per taluna “ragione” si può sempre benissimo dare la scusa al caso!..

        in fondo non viene sostenuto come un mantra che tutto e’ relativo!?
        Come nell’esempio del muro: Ninni guarda, ma non vede

        Grazie

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      • Vabbè … non la vediamo uguale. Ninni ripartirà ora con il suo contdown perchè è troppo convinto delle sue idee.
        Troppo bravo a filosofeggiare, non c’e’ formaggio per topi, non c’è ciccia per gatti… beh e allora? Non son nemmeno brava coi proverbi. Se lo incontrassi questo personaggio, lo esorterei io a contare così risparmierebbe almeno tempo. 😊
        Aspetterò il prossimo romanzo. Ho l’orticaria alle maschere!😊

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      • Nadia

        Credo e ritengo che, il Ninni romanzato, non possa esimersi dall’analizzare il fatto che per gli ultimi settecento anni ha vissuto, praticamente, saltellando da una vita all’altra.
        Come modificare la tua morfologia di madre o sposo, in single, per il semplice fatto di prendere coscienza che, da morta/o, tutti gli amici e i parenti se ne faranno una ragione del fatto che non ci sei più?

        E’ difficile, credimi…
        D’altro canto, quello che tu definisci filosofeggiare è, punto, l’analisi transazionale della vita del protagonista che, oltre la sua, deve gestire una multiformità di affetti che, comunque, gli lasciano tanto dentro.
        Una complessita che, ritengo, un po’ azzardata chiudere con un … filosofeggiare.

        Per costrurne il personaggio, personalmente, ho dovuto analizzare una multiformità di caratteri, con notti insonni e non credo di aver filosofeggiato … abbastanza.
        Anche perché, ma questo è un mio umile parere, affrontare la propria vita, con consapevolezza responsabile (diventando, per divenire, utili al prossimo,) è filosofia, ovvero amore per la sapienza e per il pensiero.
        Ciao e grazie per esserci

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  30. Mi sembra che nella discussione, Ninni, ovvero il pragmatismo sia equivalente alle scienze e contrapposto alle teoretiche intese come sole filosofie: non è affatto così!
    A mio parere la filosofia pragmatista è una teoria.

    Tutte le filosofie e spiritualità hanno una teoretica e una prassi; la morale e l’etica sono delle prassi, delle pragmatiche.
    Forse, da come si evince dalla discussione, il problema è un pragmatismo troppo fisico e materialista rispetto ad una teoretica più riflessiva.
    Le scienze e le correnti in esse riduzioniste, tendono ad estremizzare il concetto di”evidenza” in ciò che è solo accertabile scientificamente e tautologicamente dai sensi, ma è altrettanto vero che vi sono scienziati ,come filosofi, più “aperti” e più “chiusi”,

    Tanto che è difficile a volte delimitare scienze e filosofie sia dal punto di vista dei modelli linguistici che assiomatici.
    C’è una metafisica quantistica, quanto una filosofia della mente, dove è difficile limitare (e aggiungo giustamente dal punto di vista epistemiologico) scienza, filosofia, pragmatica e teoria.
    in Ninni, la problematica, è ancora più evidente in quanto difficilmente inquadrabile l’ “assioma” uomo.

    Ninni pratica una teoria di fatto.
    Noi “facciamo” e pensiamo e di nuovo mutiamo pratiche e teorie perchè essendo vissute le affiniamo come sistema esperto, cioè l’esperienza di una pratica a sua volta affina una teoria e così all’infinito:miglioriamo e rinnoviamo …

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  31. Ottimamente, caro dottore. Mi rimane, comunque, la domanda:
    Come fa il Ninni (del romanzo, ovviamente) a basarsi su alcune percezioni istintuali e non riflettere sul momentaneo e quindi risolversi?

    Eppure è crcondato da tutte le parti.
    Nuova fiamma, figlio, moglie che sta morendo …
    Un discorso complesso, no?

    Buona serata

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  32. Certamente mi convince di più la posizione aprioristica e fondamentale assunta dal Ninni romanzato.
    Ne va della sua esistenza.
    Poi, nell’inserimento del proprio essere ci metterei, anche, tutto l’ambiente in cui si dipana la storia.
    Bello quello che ne sta venendo fuori.
    Ciaooo

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  33. Prima di domandarmi se questa maschera sia stata utile o meno per il “Ninni” della storia…sarei partita dal perchè Ninni ha deciso di indossarla, cosa difatti, guardacaso, non chiara nel romanzo. ( o può darsi che non ci sia arrivata).
    La maschera a teatro è una necessità per interpretare un personaggio.
    La maschera nella vita può servire o può essere usata in questi casi:
    – sembrare un altro per insoddisfazione o bisogno di grandezza o varie ed eventuali.
    – esigenza per proteggersi da qualcosa, qualcuno o se stesso
    – aumentare l’aurea di fascino e di interesse ( es. televisione, filmati ecc)
    – paura/fobia dei rapporti sociali ( intesa sempre in senso lato)
    – divertimento ( es. carnevale ogni scherzo vale)
    – nascondere qualche inestetismo per impossibilità economiche di rimediare con la chirurgia estetica
    – volto deturpato da una disgrazia
    – distaccamento dalla realtà/identità.
    – Vergogna.

    ora, nel caso specifico del romanzo, fare luce e non per forza alla fisiologia, al “come” Ninni si è trovato ad occupare altri “corpi” ma soprattutto al PERCHE’ … avrebbe evitato di star qui a chiedersi se sia stato giusto o sbagliato.

    Molti spunti di riflessione, davvero! Ma una maschera resta un oggetto misterioso, non fa altro che alimentare la curiosità di ciò che c’è sotto…
    Una volta tolta, un mistero muore con lei e un mistero è qualcosa di magico.
    Ma d’altro canto è come se lasciassimo credere i nostri figli a Babbo Natale tutta la vita.
    Si accorgerebbero da soli, prima o poi, della sua inesistenza no?
    E allora resterebbero più o meno delusi rispetto ad un nostro precoce intervento?
    Se compiuto con delicatezza, spiegando loro che attraverso i doni e la fantasia Babbo Natale vivrà per sempre… Quell’immagine acquisterebbe un senso di reale e sincera eternità.
    Scusate l’intrusione prolissa!
    Opperbacco…per una volta…😊

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    • Nadia

      Io credo, invece, che lo sgretolarsi dei vecchi capisaldi delpositivismo abbia svincolato definitivamente la vita psico-intellettiva del nostro dai legacci di un razionalismo ridotto al mero dato empirico, permettendo ad esso di fondersi completamente nell’ambito dell’idealismo puro.
      Nulla di ciò che oggi consideriamo reale può ormai prescindere da ciò che può essere razionalizzato, il reale è ormai hegelianamente entrato interamente nel razionale, non possiamo più affermare che il reale, ciò che accade nell’universo in ogni sua forma ed evoluzione, accada a prescindere dal razionale, o dal razionalizzabile.
      Tutto deve avere una spiegazione razionale e ancor di più, tutto ciò che di razionale le nostri menti (anzi, spiriti) possono produrre, tutto ciò non può che essere reale e realizzabile.
      Ecco allora che l’evoluzionista Ninni (teotico), chiuso ed isolato nel suo laboratorio di vita e d’espressività, può predire razionalmente ciò che realmente molto tempo dopo quel mondo luccicante e sperimentale ritrova, quasi fosse superfluo, realmente nei propri trasferimento non soltanto fisici ma di pensiero.

      Ecco che la ragione in questo caso può liberamente, oramai, dar conto di tutto ciò che essa può davvero razionalizzare.
      Ciò che è razionale, ovvero tutto il Reale, è dentro l’Uomo e scaturisce da esso e si fonda metafisicamente dentro i più reconditi spazi del proprio essere.
      Ecco che la fede metafisica dell’Uomo, alla base di ogni proposizione dogmatica e spesso anche di molte pseudoevidenze assiomatiche della ragione, diventa il contenitore del Logos e di tutto ciò che la ragione produce.
      Qualsiasi relativismo scompare, quindi, dinnanzi a questa fede ideale dell’Uomo Ninni, che è convinto per sé stesso (e producendo cosí un altro relativismo non razionalmente opinabile da nessuno) dell’assolutezza del proprio credo, contro quello di tutti gli altri.
      I dogmi concettuali, la fede, gli ideali, la loro assolutezza, la loro universalità, quindi, lontano da ogni pericolo di scomparsa, non possono essere messi più razionalmente in discussione da nessuno e il metterli relativamente a confronto annullandoli l’uno nell’altro, oramai, non è più idealisticamente possibile, poiché almeno uno di loro potrebbe realmente e razionalmente essere vero.
      La battaglia, questa battaglia per la sopravvivenza di Ninni ottusamente nell’ambito umano e mascharata nella salvaguardia degli affetti sommati nel tempo, è rientrata tutta nell’ipotesi Uomo.
      Solo lui all’interno di sé stesso può metafisicamente e responsabilmente distinguere i propri errori dalle proprie verità.
      Sembra, però che non ne abbia voglia: continua a valutarne, in ultima battuta, l’opportunità di ri-contare … un, due, tre, …. diciannove, venti!

      Sei divina.
      Grazie per relazionarti in modo così intelligente.
      (PS: Qua dentro non si è mai prolissi.)
      Ciao

      Ninni

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  34. Interessantissimi ed arricchenti tutti gli interventi.
    Ninni è un’isola, è l’Isola, zolla di terra della sua esistenza. Ma quella zolla non deve essere sterile, non sarebbe piacevole, troppa monotonia annienta e annulla, la zolla deve arricchirsi di altro, quell’altro che via via Ninni sceglie, per goderne e dare un senso al suo ego. Mette maschere, accoglie e lascia, cerca nuovamente e ancora, accoglie ancora ma non condivide, non spartisce. Prende. Chiude. Ricomincia. Dimentica, però, l’interrelazione, scorda che un pezzetto di terra brilla e diviene significativo se inserito in un arcipelago di altre isole. Ninni non si proietta nell’universalità e nei suoi valori. Da qui il cinismo (dell’era moderna). Perdere un isolotto dell’arcipelago umanità per Ninni non sarà un problema: uno, due, dieci, dodici, diciotto, venti…e il trasferimento è fatto.
    Pronti per nuove entusiasmanti avventure e nuove maschere.
    Brrr…Lord Raimondi. Siamo tutti Ninni?
    Lady Alessandra ti ha ricordato “Il giorno dello sciacallo”, io umilmente (ma fortissimamente, seppur illusoriamente) vorrei in questo momento pensare a “Per chi suona la campana” di Hemingway con i contributi di J. Donne. Ma…
    “…Non lo so, non sono sicuro di niente.
    Però resisto.
    Ci provo … finché sarà possibile”

    Cordialità,
    Marirò

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    • Marirò

      Così è accaduto che “il Ninni” si è gradualmente allontanato,fino a separarsi quasi definitivamente dall’essenza, quindi dai principi universali, di carattere Superiore, appunto metafisico, sostituendoli con quelli “sostanziali” e inferiori.
      Da cio è subentrato un processo di “solidificazione” con tutto cio che ne deriva di conseguenza, ossia solo per citarne alcuni di ordine più pratico, si è passati dalla persona, che si identificava realmente e concretamente attraverso l’interdipendenza, la comunità,ecc..con l’individuo, separato ed isolato percio privo della sua stessa identificazione, perché per definire se stessi vi è proprio la necessita del confronto e in talune condizioni non può certo scaturirsi
      Analogamente è avvenuto un restringimento percettivo al solo ambito fisico, corporeo e in ultima analisi materiale e in pratica non riusciamo a vedere oltre il nostro ombelico.

      Credo sia ormai fuori di dubbio che vi è la necessita (vitale) di ritornare ad una visione cosmica e spirituale, finora disprezzata se non addirittura (masochisticamente) negato!
      Si dovra percio passare da una dimensione appiattita e orizzontale come questa attuale, ad una verticale dell’esistenza?
      Riconosco che con questo Logos, ancor più se privo di contenuti o impronte di raziocinio, è indispensabile base per lo stesso linguaggio e difficilmente vi si rinuncia.
      Voltaire sosteneva che
      quando uno parla a un altro che non lo comprende e quando il primo che parla non capisce più, allora si tratta di metafisica”.
      E’ questa la “metafisica” di Ninni?
      Il materialismo, dopotutto, costituisce ancora una forma di metafisica molto forte, poiché assume la materia dal suo essere significato al suo essere essenza: tutto è materia, dice il materialista, dove il “tutto è materia” indica che tutto è essenzialmente potenzialità a disposizione di chi la usa e come tale si replica nell’immanenza assoluta dell’atto presente che non fa altro che riprodurre senza limiti questa potenzialità.
      Il puro atto trasformativo trova così in sé, nella propria tautologia, la propria completa giustificazione che non lascia paradossalmente alcun “resto” al poter ancora significare oltre alla sua trasformabilità.

      Marirò sei uno spettacolo d’intelligenza e della natura!
      Grazie per esserci e per contributo

      Ninni

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  35. Stiamo vivendo ormai da più di un secolo un cambiamento epocale,mi riferisco ovviamente al tuo romanzo caro Ninni e a quello che significa proponendocelo, il tramonto dell’uomo per l’uomo in se stesso.
    Eppure mi sembra che la cultura attuale si sforzi di ignorare questo avvenimento,e quasi rimanga ancorata,un po’ nostalgicamente e quasi per istinto di sopravvivenza,alle certezze del passato che sicuro, ci rende egoisti.
    Cosi mi sono chiesto: cosa ha rappresentato questa metafisica per l’uomo,e cosa ha comportato il suo crollo?

    La componente Ninni innanzitutto è certezza,principio trascendente che rimane immutabile laddove tutto scorre:è l’essere,la struttura ontologica della realtà,ancor prima che il monoteismo prendesse piede in occidente.

    È logòs,razionalità e causalità,dogma e legge scientifica.

    Un bel dibattito.
    Ciao e buona giornata ovunque tu sia.

    Louis

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    • Gianluigi

      Il nichilismo; l’incapacità di Ninni di porre una conciliazione tra pensiero e realtà e di giungere a qualsiasi forma di conoscenza che si dica anche solo verosimile, delle attitudini umane.
      In sintesi è la fede incondizionata dell’uomo che nell’universo esista un ordine e una finalità,nel bene e nel male.
      Quali sono le conseguenze?
      La conseguenza immendiata è che Ninni si muove entro questi anfratti muovendo le sfere e agitando gli atomi.
      Un padrone, assoluto del tempo, che non ha tenuto conto dell’Umanità che lo governa.
      Non Dio, ma l’Uomo dunque.

      Scompaiono, dunque, i concetti di bene e male.
      Scompare la morale, perché per l’affermazione precedente nulla può garantire all’uomo di compiere azioni “virtuose”.
      Entra in crisi l’estetica, se la bellezza non è che mera rappresentazione dell’intelletto (come direbbe Schopenhauer),e quindi anche i canoni dell’arte.
      Scenario desolante!
      Come è possibile superare questa metafisica e la conseguente crisi, proponendo una nuova prospettiva con cui porsi col mondo?

      Di sicuro non puo certo essere la razionalità che potrà dare le risposte adeguate di fronte al nichilismo da cui ha avuto proprio la sua genesi.
      La metafisica stessa non è né descrivibile né definibile

      Ciao
      Ninni

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  36. Tutte queste componenti, sono alla base del personaggio Ninni.
    La sua metafisica e razionalità.
    Ho visto muoverti, caro Ninni, dentro gli scomparti del divino, quale creazione degli scopi e della vita del Ninni romanzesco.
    Un tramonto e un’elegia al tramonto della stessa metafisica umana?

    Per dirla con la signora Marirò, basta un “uno, due, tre, … diciannove e venti” e tutto cambia?
    il nichilismo dell’Uomo dentro la propria sfera?
    Nessuna metafisica, né alcun uomo che crede nel quotidiano?

    Una crisi palpabile?
    Ciao e buona giornata

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    • Eleonora

      Penso che la ricerca in Ninni abbia rappresentato fondamentalmente per l’uomo un tentativo di trattenere a sé il significare delle cose in un unico definitivo significato.
      Il tentativo è avvenuto, principalmente, a mezzo della consequenzialità logica dei significati, laddove per il mito lo stesso tentativo era attuato a mezzo di relazioni analogiche e per la tecnica è condotto a mezzo rilevazioni funzionali.
      In ogni caso un lavoro di tessitura che ha dato luogo a tessuti diversi con intessere significati.
      La dimensione del dare significato non è separabile dal non significato della “cosa” (che, in quanto generatrice di ogni significato, è di per sé essenzialmente senza significato) e il problema del nichilismo insorge quando la dimensione del significare viene considerata isolata in sé, viene considerata cioè esattamente come la cosa in essenza, è allora che non resta niente e ogni significato alla fine, proprio come la cosa, perde di senso e, pertanto, di ogni finalità ravvisabile.
      Il materialismo, dopotutto, costituisce ancora una forma metafisica molto forte, poiché assume la materia dal suo essere significato al suo essere essenza: tutto è materia, dice il materialista, ove questo “tutto è materia” indica che tutto è essenzialmente potenzialità a disposizione di chi la usa e come tale si replica nell’immanenza assoluta dell’atto presente che non fa altro che riprodurre senza limiti questa potenzialità. Il puro atto trasformativo trova così in sé, nella propria tautologia, la propria completa giustificazione che non lascia paradossalmente alcun “resto” al poter ancora significare oltre alla sua trasformabilità.

      Grazie per esserci

      Ninni

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  37. In fondo il materialismo assoluto non è che una forma metafisica di spiritualismo assoluto, entrambi non lasciano resti, entrambi si rivelano nella loro pretesa assoluta, assolute trascendenze.

    La metafisica è morta solo perché non si riesce a riconoscere la forma metafisica in cui ora si presenta e questo non riuscire a vederla è ciò che più ci spaventa lasciandoci disorientati.
    Possiamo solo ravvisare l’assurdità del nichilismo, l’assoluta desolazione del tutto è niente che attrae la razionalità calcolante come un buco nero cosmico.

    Un bacio mio signore

    Lilly

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    • Lilly

      Sono convinto che la distinzione pertinente in proposito (per capire lo stato della cultura nella nostra epoca storica) non sia fra “metafisica” o “idealismo” da una parte e “nichilismo” o “materialismo” o “naturalismo” dall’altra, ma che sia invece quella fra razionalismo e irrazionalismo.

      Il Ninni e le sue attuali “idee dominanti” mi sembrano in estrema sintesi (in maggiore o minor misura misura nei diversi casi del loro pleiomorfo manifestarsi e articolarsi, ma tutte comunque “nella loro più autentica sostanza”) irrazionalistiche.
      Fatto che trovo del tutto ovvio, dal momento che la nostra è un’epoca di profonda decadenza, ampiamente dominata da rapporti sociali di gran lunga e oggettivamente superati.
      Le soggettività sociali “di classe” oggettivamente in essa operanti, non riescono ad adeguarsi allo sviluppo raggiunto da tutte le sue componenti (tratto di una diagnosi materialistica storica che, ovviamente, mi guardo bene dal pretendere sia condivisa dai lettori con i quali sto interloquendo e che non aderiscono a questa, che per me, è un teoria “scientifica in senso lato”, cioé nel senso delle “scienze umane”).

      Sul secondo piano non posso che proporre le mie personali convinzioni, che decisamente negano “l’incapacità dell’uomo di porre una conciliazione tra pensiero e realtà e di giungere a qualsiasi forma di conoscenza che si dica anche solo verosimile (sia pure alla condizione di credere vere certe premesse indimostrabili).
      In campo etico, scompaiono i suddetti concetti di bene e male.
      Scompare la morale, perché per l’affermazione precedente nulla può garantire all’uomo di compiere azioni “virtuose“.
      Entra in crisi l’estetica, se la bellezza non è che mera rappresentazione dell’intelletto e quindi anche i canoni dell’arte.
      Per me il superamento dell’ eleatismo, del platonismo e dei vari idealismi e metafisiche moderne, di cui Ninni nel romanzo ne diviene caposaldo, nonché delle fedi religiose (nella limitata misura e nei casi specifici in cui si realizza, cioè da parte delle persone e delle correnti di pensiero presso cui si attuano), in quanto riconoscimenti di errori e di falsità, non possono che essere considerati positivi.
      Certo il superamento di errori e falsità, nella misura in cui essi si configurino come “illusioni gratificanti o per lo meno consolanti”, può creare disagio, delusione, infelicità e magari anche orrore.

      Credo, però, che un atteggiamento coerentemente razionalistico, non possa che superare tale disagio e/o orrore nella consapevolezza che, comunque, il superamento di un errore e di credenze false, costituisce un passo avanti verso la conoscenza e la verità.
      Sono comunque, da me, avvertite come valori, come mete cui tendere (e dall’ avvicinamento alle quali si ricava soddisfazione e felicità).

      Il medesimo pensiero suscita, in persone differenti, emozioni differenti.
      Per alcuni il “tramonto della metafisica” apre uno scenario desolante, per altri no.
      L’ esistenza di una Verità/Assoluto sarebbe rassicurante, ma vincolante.
      L’impossibilità della certezza per alcuni è angosciante (Nadia), per altri eccitante (Marirò).
      La scomparsa della morale ad alcuni causa disorientamento, ad altri no.
      Io, ad esempio, adeguo il mio agire ad un mio personale principio, che può essere condiviso o meno: tutti abbiamo uguale diritto di esprimere al meglio il nostro essere.
      Ninni romanzato compreso.
      In ultimo non sarei cosi certo che il Ninni romanzato abbia fatto coincidere il reale con il razionale.
      Tutt’altro.

      Grazie del tuo apporto sempre appropriato.
      Ciao, un abbraccio e un caro saluto.

      Ninni

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  38. E allora la soluzione per sfuggire all’immane potenza attrattiva del niente è ancorarsi alla sorpresa di quei resti che abitano oltre ad esso e in cui ha senso il nostro pensare e immaginare, riconoscere che dopotutto ciò che possiamo sapere è il nostro sapere di non sapere che continuamente ci si presenta oltre ciò che abbiamo saputo e immaginato.

    Oltre ogni filosofia, razionalità o fede.
    Riconoscere che oltre la coperta della conoscenza e della morale che su di essa costruiamo senza poter fare altro, c’è sempre qualcos’altro che prima o poi ci sorprenderà di nuovo, sconvolgendoci.

    Ciao milorderrimo.

    🙂

    lamanuaffascinata

    🙂

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    • Manuela

      Per parte mia distinguerei due piani della questione: quello delle “idee dominanti”, cioè quelle “che contano socialmente, culturalmente, politicamente”, quelle “storicamente efficaci”, le quali secondo me (da seguace dell’agnosticismo e dello scetticismo storico quale sono) “in ogni epoca tendono ad essere le idee delle classi dominanti”.
      Quello della verità “teorica pura”, ovvero intesa astrattamente rispetto ai concreti dati di fatto reali, la verità che conta per ciascuno di noi individualmente inteso.

      Sul primo piano non sarei così sicuro che la metafisica sia “tramontata” o che sia “superata”: le religioni sono più vive e vegete che mai, per non parlare delle più becere e stupide superstizioni.
      Anche, su un piano di certo filosoficamente molto più serio, come i vari “metafisici” (ancor) più o meno noti, godono di un largo consenso e di numerosi ed agguerriti seguaci e allievi (consenso ovviamente “largo” relativamente alla “non popolarissima e numerosa” cerchia di chi si pone criticamente di fronte alla propria vita e alla realtà; di chi cerca di vivere e non semplicemente si lascia vivere passivamente ed acriticamente).
      Peraltro fra i più diffusi atteggiamenti “antimetafisici” prevalgono, a mio avviso, nettamente quelli in varia misura “scientisti” che personalmente trovo non molto meno irrazionalistici di quelli dei loro avversari variamente idealistici, metafisici, religiosi o magari superstiziosi.

      Infatti come nel caso di Ninni romanzato, assolutizzano e considerano acriticamente la conoscenza delle varie decisioni, il che è poco o punto razionalistico!
      In ulteriore alternativa, variamente “nichilistici-nietzcheiani”, che il loro irrazionalismo lo rivendicano con orgoglio negli atti e decisioni del Ninni intervitale e inter-umano.

      Ciao Manu, fà la brava!

      Ninni

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  39. Solo lui all’interno di sé stesso può metafisicamente e RESPONSABILMENTE distinguere errori e VERITA’ E VALUTARE SE LA SUA ATTUALE CONDIZIONE lo rende libero o schiavo, se percorre la direzione del recupero della felicità o lo trascina nell’abisso.
    Con stima. Nadia

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    • Se è metafisico, non può essere responsabile, mi sembra.
      La distinzione, poi, della verità, nel caso specifico, ritengo sia non valutabile.
      Il soggetto non valuta ma coglie la propria supremazia e la attua a prescindere dalla forma e da qualsiasi Nemesi giunga.
      L’impegno immediato, sembra, quello di risolvere problemi, in concatenazione, senza porre fine all’origine della concatenazione stessa.

      Un parere personale.
      Buona sera

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      • Rispetto il tuo parere ma il fatto che sia metafisico non esclude una reazione nel protagonista. I pensieri o le filosofie non ci turbano se noi non lo permettiamo.
        Il protagonista è combattivo ma spreca le sue energie senza effettivamente risalire all’origine del problema.
        E anche questa é solo la mia opinione.
        Buona serata.

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  40. Una discussione che nasce dalla bellezza per la logica e il profondo senso della conoscenza.
    Scavare dentro l’uomo per crescere è sempre stato, agli albori della civiltà, un dovere da trasmettere ai nostri figli.
    A lei il merito, caro dottore, di aver posto in evidenza tali problematiche e fornendoci una adeguata spinta, ci porta alla riflessione.
    Bolto bello.
    Buon pomeriggio.

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  41. Se per tramonto della metafisica si intende la crisi della conoscenza sono d’accordo.
    Basta che però ci intendiamo sul termine conoscenza.
    Perchè io potrei anche dire che oltre la fisica c’è la matematica (meta-fisica) ma anche se essa non esprime la conoscenza assoluta del reale (ed è qui che sembra un contro senso) essa è però espressione di verità immutabilità e ordine proprie degli enti metafisici.

    Se però intendiamo che la crisi è della conoscenza e che delle verità ordini e immutabilità delle espressioni matematiche alla base della realtà noi in realtà non ne capiamo niente (non solo noi ma anche quelli che poi le usano per lavoro, cioè matematici e fisici) allora si certo questa è espressione di una crisi in atto, ma no della metafisica ma della conoscenza, o se vogliamo della conoscenza che abbiamo della metafisica. In un certo senso, sempre rimanendo sulla matematica, avremmo una conoscenza assoluta della metafisica che essa esprime, solo che tale conoscenza non serve per avere certezze sul reale.

    Molto interessante il dibattito scaturito.
    La seguo dottore.
    Buona giornata

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    • Seamur

      Non credo possa tramontare l’idea che esista un ordine; anche se quest’ordine ha il compito di mettere disordine esiste sempre l’ente che determina il disordine altrimenti avremmo sempre disordine, mentre esiste invece un ordine al disordine… e quello è un ente metafisico (a mio modo di vedere).

      Che abbia un fine o no, comunque esiste!
      Se non esistesse avremmo sempre disordine, cosa non vera.
      La sua esistenza è quindi legata all’effetto che esso provoca. Del resto la nostra esistenza non sarebbe stata da noi stessi percepita se quell’ordine non fosse esistito.
      Non avremmo capito nulla, ma proprio nulla di quello che ci circonda.
      Non potremmo conoscere qualcosa che non ha un ordine. La metafisica ci circonda… ci siamo dentro fino al collo

      Probabilmente siamo online.
      La saluto e buona giornata

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      • Ninni

        Concordo sulle ultime frasi..ma in maniera diversa.
        In particolare sulla frase “Non potremmo conoscere qualcosa che non ha un ordine”.
        Che tutte le cose abbiano un ordine cosi stabilito.
        Come una stanza ordinata maniacalmente,sai che potrebbe bastare un dettaglio fuori posto e rovinare tutto. Il disordine si integra bene con l’ordine perché lo scombussola e lo contraddice.
        Non si può dire però il contrario.

        Forse l’uomo non si rende conto che nulla garantisce che quella stanza rimarrà ordinata; giacché non esiste legge al di fuori del suo intelletto.

        Affascinante

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  42. A questo punto, però, mi viene una riflessione spontanea:

    Le leggi naturali sono leggi risultanti da un processo di induzione e quindi (altamente) probabili. Nulla vieta che in futuro cambino o che l’ universo in cui viviamo venga sostituito da un nuovo universo, governato da leggi naturali, ben diverse da quelle che conosciamo.

    Saluto il dott. Seamur.
    Ciao Ninni

    L.

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    • Hilde

      L’ accettare o l’ ignorare questi principi è sempre una scelta personale.

      Il mio principio pone al centro la vita e non è esclusivamente “relativo a me stesso“, potrebbe essere adottato da tutti o da una parte (pur con la consapevolezza che non si tratta di un principio assoluto/trascendente, ma di un principio relativo a chi lo adotta).

      Accettare questo principio (tutti abbiamo uguale diritto di esprimere al meglio il nostro essere e realizzare noi stessi) significa accettare che non è possibile realizzare noi stessi a discapito dell’ altro, annientando l’ altro, perchè l’ altro ha uguale diritto di relizzazione.
      E’ una questione di (delicato) equilibrio.

      Ciao biondina

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  43. Ninni

    adeguarsi e integrarsi non sono le azioni di chi si guarda dentro.
    Se non siamo nemmeno consapevoli della verità a cui andiamo incontro,come possiamo eliminare la distanza che ci separa?
    Trovare la via ancor prima di intraprenderla è forse anche più importante.
    Hai ragione,questione di prospettive. Il senso è proprio questo,nel momento in cui abbandonando la metafisica si assume la relatività (e la fallibilità anche) del proprio credo interiore.

    Ciao Milord

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  44. Mi accorgo adesso:
    Superati i 100 commenti!

    (Al momento in cui scrivo siamo a 110)

    Grazie a tutti per la partecipazione “elegante, bella e qualificante”
    Un po’ come ai tempi di Splinder.
    Visto che fa bene disinserire i Like?

    🙂

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  45. i principi a cui mi riferisco non sono etici o morali (umani e relativi) bensi Universali (non umani ed assoluti) così come il manifestarsi del molteplice, vi sarebbe necessariamente un unica matrice di provenienza ed un unico principio, allo stesso modo incontrovertibile, che non è la parte a contenere il tutto ma il contrario

    Quindi siamo d’accordissimo
    🙂

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  46. Non si può adottare, a meno che non si viva succubi di un altro per paura, convenienza o angheria, un principio etico che proviene dalla sola “fisica” umana, perché la consapevolezza ti suggerisce (in proporzione con l’aumento dell’esperienza inevitabile interiore: la spiritualità) che c’è un Principio aldilà di quello caduco,

    Manchevole e limitato di un individuo che prima o poi, senza la fede nella metafisica, sarà costretto a prendere decisioni a discapito dell’altro, altrimenti sai da quanto l’avremmo già realizzato, altrimenti sai da quanto sarebbe stato smentito il Vangelo?

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    • Manuela

      Non ho ben compreso quello che hai scritto
      L’ordine di cui io parlo è quella struttura che io individuo (ad esempio nella matematica) che mi da sufficienti garanzie per poter fare delle valutazioni razionali su quello che mi circonda.
      Se quello che mi circonda non avesse (o non si fondasse) su strutture “fisse”, non potrei avere alcuna garanzia sulla qualità della mia conoscenza.

      Ciao Nì

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    • Manuela

      Vorrei contestare questa frase cercando di portarti sul ragionamento che ho fatto in precendenza.
      Si tratta di una teoria probabile solo se mi serve per conoscere il reale. Dopo di che non è per nulla una teoria probabilistica.
      L’assunto è che La metafisica serve per conoscere (o ricercare) i fondamenti.
      Allora se per ipotesi ponessi la matematica, uno dei fondamentali (come se fosse l’ente metafisico che sto ricercando) potremmo ritenere codesta matematica a fondamento della realtà.
      L’unico inghippo è che essa non è la realtà stessa, o meglio non è quello che poi io andrò a conoscere di volta in volta quando mi troverò ad interrogarla su: cos’è la realtà?

      Solo in quel caso mi si risponderà che la realtà che io posso conoscere ha come base un mero calcolo probabilistico.

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  47. Lilly

    Ueila sciùra,
    Guarda che la struttura di base non ha nulla a che vedere con la probabilità.
    E’ fissa (si dice meglio determinata) ed è conosciuta.

    Si può calcolare come evolve e con quei calcoli si possono fare previsioni.
    Ed anche se poi le previsioni sono di tipo probabilistico il fondamento non è casuale, è misurabile.., e se così non fosse non esisterebbe la matematica, come non esisterebbero le particelle, le stelle ed anche gli uomini.

    Mà …
    Non si beve al mattino

    😦

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  48. Mi corre l’obbligo fare una precisazione.

    Innanzitutto,penso che sia azzardato dire che il tangibile, la sola e pura materia per il Ninni romanzato, sia il mondo della certezza empirica, sia priva di fascino e mistero.
    Forse per chi manca di immaginazione
    La vita non è forse il più grande dei misteri a cui l’uomo ha sempre voluto dare significati?
    La metafisica in questo caso, è uno di questi, ma non è la sola.
    Anzi,da tempo non basta più né per il romanzo, né per “Ninni” multiface.
    Il discorso che volevo fare è proprio questo.

    Adeguarsi e integrarsi nel senso che ho indicato non significa affatto abdicare a se stessi passivamente.
    Credo che si faccia confusione con chi al contrario si adegua al conformismo, alla società e tutte queste cose che non centrano niente.

    Come già detto tante altre volte,e in altrettante diverse occasioni e anche in altrettanti diversi argomenti, le parole non possono arrivare a spiegare il comportamento individuale rispetto a terzi (al di la della fisica), ma ci si può arrivare ad intuirlo (ma non e’ un intuizione attraverso i sensi fisici) con l’aiuto dei Simboli.

    Ora, adeguarsi e integrarsi (come da premessa) “significa” adeguarsi ed integrarsi ai Principi stessi fondanti da cui tutto trae la sua origine..
    La confusione emerge quando si invertono le cose, ossia come già detto prima, si può sintetizzare dicendo appunto che non è la parte a contenere il Tutto
    (ed è proprio questo il motivo della caratterialità espressa dal Ninni romanzato)

    La Verita non si trova “fuori” ma “dentro” (di noi)…dopodiché non sarà né fuori né dentro, perché non esiste né un fuori e né un dentro e né, ovviamente, alcuna distanza.

    Merci

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  49. Sono sorpresa e illuminata

    Una metafisica o comunque una filosofia ,o comunque un uomo di cultura “libero” o premette che interpreta una metafisica in termini ideologici e quindi condiziona il procedimento razionale piegandolo ad un suo scopo, oppure i principi non possono che essere universali: non può esistere una metafisica “del particolare” ,bensì del “tutto”.

    Anche Ninni, dentro il romanzo, si colloca in questo modo.
    Coerente col personaggio.
    Ti ha fatto sputare sangue, vero milord?

    Ciaooooo

    🙂

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    • Eleonora

      Finché si parla di aldilà e aldiqua il tuo discorso è condivisibile. Ma non vedo perché il senso del mondo non possa contenersi nel mondo stesso. Il mio utopico “non basta piu” è l’atteggiamento di chi ha smesso di approcciarsi al mistero della vita in questa maniera.

      Cercherò di farmi capire: Il mondo terreno (ebbene si) non è superficiale e razionale,è complesso,profondo e ricco di mistero. Questa è una concezione fatta passare implicitamente dalla metafisica,perché si riteneva che la materia fosse solo la copia imperfetta di uno spirito superiore,di cui rifletteva l’immagine (in sintesi corrisponde alla filosofia platonica,poi ripresa e reinterpretata dalla religione cristiana). In realtà la natura possiede un suo fascino sublime e una sua potenza che non è riducibile a nessun ordine,a nessuna scienza,a nessuna religione.

      La vita vissuta è più forte di ogni teoria che se ne possa fare,travolge le certezze di ogni uomo che ha creduto di non doversene curare. Capisci perché non basta la metafisica? Bisogna imparare a vivere qui,sulla terra,non sul regno dei cieli.

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  50. Questo capitolo mi ha rapita la testa, il cervello e l’anima per la profondità e per quanto si legge.
    Ho letto, anche, tutti i commenti con tantissimo interesse. Sei un valore aggiunto milord.
    Da non prendere sotto gamba.
    Un signore, una persona per bene.
    Ciao

    🙂

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    • Silvia

      Ti ringrazio per esserci comunque, pur sapendoti impegnatissima in questi giorni.
      la discussione che ne è scaturita mi colma di soddisfazione sia per il tema trattato, sia per l’alta qualità che ne è scaturita.
      Ti ringrazio come ringrazio tutti.
      Ciao

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  51. Io lo so che non butti le tue parole al vento, caro Ninni.
    Assolutamente mai.
    Ho imparato e sto imparando tantissimo da quando ti leggo.
    Bellissimo come capitolo. Ma lo sai che man mano che leggevo tutti i commenti e soprattutto le tue risposte, mia hai costratta a rileggere per andare a vedere l’ogetto dei discorsi stessi?

    Quanto sto imparando.
    E che risposte!

    Bello proprio

    Ciao

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  52. Puoi dargli un nome,un simbolo,un significato,però di fatto ci rimangono sconosciuti ed estranei.
    E qui torna la frase di prima.
    Sono intuizioni che durano il tempo di un attimo e non fermentano nell’animo.
    Un po’ quello che succede a me quando ascolto musica,mi emoziono a tal punto da sentirmi cambiato,e poi il giorno dopo sono lo stesso di prima.

    Credo sia una prerogativa dell’arte drammatica.
    Mentre invece per fare della buona arte la condizione necessaria è che si mantenga un certo distacco dall’opera.
    A me che non interessa fare arte me ne lascio tranquillamente trasportare.

    Ciao Nì un saluto da Napule

    Dudù

    🙂

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    • Diadumeno

      Io sono più “terra terra”,per cui non ho certamente una visione meno idealista e più razionalistica della storia.
      Sulla prassi che è diventata contraddizione storica delle idee originarie,io considererei invece il contrario, cioè è l’idea originaria ad aver contraddetto la prassi, ad averla resa sterile, per fagocitarla.
      Come diceva il buon vecchio Nietzsche, l’uomo è disperatamente in cerca di un sostituto a Dio e lo identifichiamo con qualunque altra cosa possa prendere il suo posto: l’economia, la politica, la scienza, l’arte, la società.

      E questo crea sconforto, quando le cose si rivelano per quello che sono, ancora una volta.
      Cosi si continua nel perseverare nell’errore, nel fallimento, nella metafisica, che non ci può evidentemente dare quello che vogliamo.
      Un inganno perpetuatosi da secoli è giunto a galla proprio nella sua dimensione più vera, perché tornare indietro proprio ora?

      L’eternità metafisica, l’eterno ritorno di Nietzsche, l’essere e tempo di Heidegger, indicano l’angoscia di divenire e sparire nella dissolvenza di un finito infinito ,nel “nulla”,ma soprattutto senza un perchè. E mentre il mondo continuerà i suoi cicli noi saremo “nulla”come le vite e le morti che ci hanno preceduto,destinati a svanire nel vento del tempo che spazza le foglie secche. Per questo la metafisica è recondita nell’uomo, nella necessità di controllare gli eventi e anticipare i tempi ,nel progettare la propria esistenza e tentare di dargli senso.

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  53. Ho letto il capitolo che è interessantissimo, caro Ninni.
    Un finale di romanzo che fa riflettere.
    Ma ho anche seguito il dibattito che ne è scaturito.

    Non è cambiato molto dalle leggi abramatiche allo Stato laico e non per colpa dei popoli che hanno subito per giustificata ignoranza ,ma per l’uso strumentale che i poteri affacciatisi nelle storia hanno utilizzato grazie a compiacenti “uomini di cultura”.

    La secolarizzazione delle religioni è parallela ai compiacenti favori e privilegi che lo Stato laico ha elargito fuorviando totalmente i paradigmi sociali, i principi.
    La prassi è diventata contraddizione storica delle idee originarie: chi segue Nietzsche dovrebbe capirlo.
    Il problema è se la metafisica originaria ha già in sè contraddizioni che diventano evidenti nelle prassi o se quest’ultime hanno sviato completamente gli intenti originari.

    E potrei continuare.
    Magari dopo.
    Ciao

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    • Valerio

      Una metafisica o comunque una filosofia ,o comunque un uomo di cultura “libero” o premette che interpreta una metafisica in termini ideologici e quindi condiziona il procedimento razionale piegandolo ad un suo scopo, oppure i principi non possono che essere universalistici: non può esistere una metafisica “del particolare” ,bensì del “tutto”.

      Il soggetto è l’uomo(inteso come totale umanità), non Memento o Paul11, tanto per capirci.
      Le pratiche hanno messo in evidenza questa contraddizione. Quando le pratiche sono ritenute più vere delle teorie, significa azzerare culturalmente e condizionare una cultura facendola diventare regime impositivo con la forza, ma nello stesso tempo qualunque cultura pee poter condizionare gli archetipi umani deve utilizzare strumentalmente la potenza del “fato” e de l”destino”, se vuol far passare la “sua” cultura.. Ma questo non significa aver superato storicamente le tradizioni originarie, ma semplicemente averle piegate all’interesse materiale, alle proprie “tasche”.

      Oggi l’economia è ” la mistica laica del privilegio”, oggi la “globalizzazione” è al di sopra dell’uomo è una metafisica e come tali “intoccabili”: se non abbiamo ancora coscienza di tutto questo che le surrogazioni storiche dei concetti e dei principi morali si sono spostati in altri , non capiamo ancora perchè in questo mondo materialistico e scientifico, altamente tecnologico, siamo ancora dentro nel “mito” della post modernità: l’uomo nel suo essere non è mai mutato.La storia è ricodificazione di segni e significati originari ,ma riconfigurati in nuovi contesti. Se anticamente il pellegrino chiedeva grazia in chiesa, oggi lo chiede alla banca. L’istituto ,le istituzioni, gli enti di diritto, sono riconfigurazioni che derivano come metafore dai principi metafisici.

      Oggi si chiede al destino di poter arrivare a fine mese economicamente e con buona salute, cioè chiede ad “entificazioni” come all’ economia e alle scienze di poter vivere, come chiedeva anticamente agli dei una grazia, e così il sacrificio agli dei è diventato sacrifico economico e politico.Ma le paure e le angosce sono le solite di chi non riesce a controllare il proprio destino e quindi gli eventi della vita :questa è la vera angoscia umana, e questo è il vero fallimento culturale degli ultimi secoli .L’Umanesimo non è riuscito a rimettere l’uomo al centro della cultura, costruire il mondo a misura d’uomo.

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  54. Precisazione

    Gli scopi non vanno semplicemente dati, ma anche realizzati.
    Il problema della metafisica è proprio il fatto che ha spostato il senso della vita nell’aldilà, per giustificare (“perdonare”) ogni schifezza dell’aldiqua.
    L’uomo che crede nella speranza e nell’amore lo fa perché non spera e non ama.
    La metafisica non è la manifestazione delle necessità umane, ma delle sue paure e debolezze.
    Ora che si rivela com’è realmente (umana,troppo umana) ecco che cominciano a sgretolarsi le prime false certezze.
    Trovare il senso dentro di sé dovrebbe implicitamente significare di liberarsi da speculazioni metafisiche.
    L’eterno ritorno di Nietzsche non indica la dissolvenza di ogni cosa nel nulla,tutto il contrario,ogni cosa è,è stata e sarà ancora e per sempre.
    È una precisazione importante se si intende capire meglio la filosofia nicciana, che si rifà proprio ad una diversa concezione temporale.

    Cerchiamo di dare una definizione alle cose: Cos’è reale? Reale è ciò che esiste e si manifesta. Come potrebbe dunque una realtà prescindere (trascendere) da una sua manifestazione (l’individuo)?
    Quali sono le manifestazioni di cui possiamo conoscere l’origine? Solo quelle individuali. Non esiste luna che non sia riflessa dai nostri occhi,priva da una prospettiva parziale da cui ossevarla.

    Se la vista esiste rispetto ad un’immagine che la stimola,anche l’immagine esiste rispetto all’occhio che la guarda.
    È un legame biunivoco,uno scambio di informazioni tra il soggetto e il mondo,la vita.

    Un po’ tutto il leit motiv del romanzo.
    Grazie

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  55. ecco forse ti sembrerà molto strano quello che sto per dire a partire da quello che hai scritto sopra e cioè che per provare ad intendersi bisognerebbe proprio andare oltre i singoli ed individuali punti di vista;

    non che sia sbagliato che ognuno abbia il suo,perché cio e’ normalissimo,ma finche si cerca di com-prendere rimanendo al solo ambito individuale (e relativo) non potrà venir colto cio che sta al di la di esso ed e’ per questo motivo che ci rimangono sconosciuti se ci si adopera in questa maniera

    Ciao

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  56. Dudù

    Non si può quindi escludere la ragione ma la ragione non è l’intelletto.

    i problemi sono sorti quando è stata esclusa ,fino a farla quasi scomparire, la seconda per assolutizzare la prima,ed è in radice il motivo di tutto l’oblio (Metafisico) e da tutti i punti di vista conseguenti, fino ad arrivare a quelli di ordine più pratico e al caos ormai inestricabile esistente oggi.

    Buona serata
    Online!

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    • la ragione,nel suo significato etimologico significa ratio/calcolo, ma la Natura non la puoi definire, o circoscrivere attraverso la ragione, ossia un “calcolo razionale”)

      Da qui la contrapposizione fasulla e separatrice di cui oggi più che mai siamo profondamente intrisi!

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      • più difficile, almeno per me spiegare cosa sia l’intelletto ma provando a dirlo in parole (il che e’ già di per se impossibile) e’ qualcosa “separato dal corpo”..
        Ecco che Ninni, nel romanzo, si colloca come tale.

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      • Va bene, ma allora ci sta una piccola considerazione:

        E allora perché i genitori, la scuola, le istituzioni, continuano a insegnare?!?!

        Caro Dudù il dramma di ieri, dell’oggi e del domani è proprio il Dio faidate!!

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      • Sono due cose profondamente diverse solo per chi ha come dogma l’inesistenza (non provata, da ciò il Dogma!) di una realtà extraterrestre.

        Lo stesso vale per poter accedere a credere che l’amore è nella natura dell’uomo, e non invece un regalo ricevuto e preesistente alla natura umana.
        Visto che ci sono esserei umani che nascono, crescono e muoiono, senza aver espresso per niente quell’amore che tu invece rivendichi consueto, ovvio per natura.
        Tu credi che il sangue nelle vene e l’aria nei polmoni ci siano giunti per fortuna, ci sono dovuti senza nessun merito (perché siamo belli e bravi!), benissimo, così sia, ma ci vuole FEDE FEDE e FEDE (metafisica) per credere che questa ipotesi sia verità, l’unica Verità Assoluta.

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      • Dunque se non credi al caso fortuito, e quindi pensi e ragioni sui dogmi di fede inevitabilmente, automaticamente, stai speculando metafisicamente …altro che tramonto!

        E quale sarebbe questa felicità terrestre sia materiale, sia acquisita stoicamente che può durare immutabilmente senza metafisica?
        😦

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  57. Non ci vuole nessun dogma per negare l’esistenza di realtà “extraterrestri”, non c’è nemmeno bisogno di contraddire tesi già di per se indimostrabili.
    La vita,l’amore e il piacere,ma anche la paura,la morte e il dolore invece si possono sperimentare qui sulla terra,senza che esista la necessità di credere in verità metafisiche.
    Significano per sé stessi,perché si dovrebbe ragionare circa la loro origine?
    Credo sia ipocrita parlare di cose a noi sconosciute,e di cui non siamo consapevoli.
    Ma in un certo senso hai ragione, il nichilismo assoluto è l’altra faccia della medaglia del dogmatismo religioso, in quanto non ammettendo significati da dare alla vita ne costituisce la propria dogmatica visione.
    Ma è una visione sincera,almeno,di chi non vede altro che sofferenza e vacuità dell’esistenza e non sa darsi speranze.

    Ma non supera la prospettiva metafisica, questo è certo, quasi ne sente la mancanza.
    Non so dirti quale sia la fonte della felicità, non penso si possa definire (forse perché non esiste questa fonte illusoria ).

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  58. Frutto del razionale vuol dire che proviene, promana, dalla ragione e se proviene dalla ragione, significa che è frutto dell’individuo stesso…
    Dunque le teorie (che sono necessariamente razionali) non sono il Reale e questo significa che il Reale è oltre e (trascende) l’individuo e la sua razionalità.
    Così come la “parte” non può essere scambiata per il “Tutto”.

    oppure ….. che la luna riflessa nel pozzo non è la Luna.
    Fà un po’ te …

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  59. Cerchiamo di dare una definizione alle cose:
    Cos’è reale?
    Reale è ciò che esiste e si manifesta.
    Come potrebbe dunque una realtà prescindere (trascendere) da una sua manifestazione (l’individuo)?
    Quali sono le manifestazioni di cui possiamo conoscere l’origine?
    Solo quelle individuali.

    Non esiste luna che non sia riflessa dai nostri occhi, priva da una prospettiva parziale da cui osservarla.
    Se la vista esiste, rispetto ad un’immagine che la stimola, anche l’immagine esiste rispetto all’occhio che la guarda.
    È un legame biunivoco,uno scambio di informazioni tra il soggetto e il mondo, ovvero … la vita.

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    • e’ proprio nel tentativo di dare una definizione che la Realtà sfugge
      Purtroppo noi occidentali siamo troppo abituati a interpretare le cose in maniera contrapposta (soggetto-oggetto) perché diventa una visione separativa.

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  60. senza metafisica, senza il perché esistono, uno può sperimentare queste situazioni che tu elenchi sopra.
    Quello del morto di fame, perché dovrebbero poi importare? …perché avrebbero l’obbligatorietà di dover prendere un senso oggettivo, o dover rispondere alle sofferenze umane?
    La Fede ti spinge a risolvere

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  61. Dovrebbero importare perché ci riguardano, nella vita di tutti i giorni, anche la sofferenza.
    Forse non avranno significati universali, ma senso solo per l’individuo, e questo è quel che è necessario.
    Il senso di colpa subentra solo in una prospettiva non metafisica e che svuoti d’importanza le proprie azioni in vista di un fine superiormente umano e intellettivo.

    Se una persona si domanda perché ama, è molto probabile che abbia già smesso di amare o, forse, non l’ha mai fatto.

    Quale ipotesi poi? Io parlo di concetti che ho provato e compreso nella mia esistenza (a parte la morte, di cui però avverto l’inevitabilità) e di cui ne conosco il significato. Spero che pure per gli altri sia cosi.

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  62. Se accettiamo che l’uomo sia un semplice ente “cosifichiamo” (rendiamo tutto a una “cosa”) qualunque cosa, anche l’uomo potrebbe essere la luna riflessa nel pozzo.
    Esiste la Fede che, guidandoci, ci porta alla soluzione.
    Comunque

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  63. Lo scopo di una verifica razionale di una teoria, non sta tanto nella sua dimostrazione, bensì nella ricerca di eventuali errori.
    Se una teoria fosse, per necessità, vera probabilmente la Scienza nel corso degli anni non avrebbe fatto progressi.
    Invece è proprio dalla fallacia di alcuni modelli che ne sono nati di più precisi ed affidabili.
    Ogni scienza è l’approssimazione ideale di ciò che si osserva, in quanto gli strumenti conoscitivi dell’uomo sono di per sé limitati; in questo senso ogni teoria è migliorabile.
    Grazie al raziocinio però.

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    • L’orda di donne accalcata sulla tua porta potrebbe non essere una visione del tutto razionale e , quindi, non esistere, poiché ora potresti non avere fama sufficiente per attrarre alcuna donna alla tua porta, ma se tu fossi uno dei Beatles ai tempi che furono…la razionalità di questa proposizione diventerebbe tale e , quindi, reale

      ecco

      l’Uomo ha in sé il monopolio della Ragione,e padroneggia in modo assoluto lo strumento dell’intelletto, ma senza quella spinta che lo guida, non padroneggia

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  64. Allora dobbiamo intenderci su cosa intendiamo per “razionale”.

    Non credo si possa intendere un sinonimo di “reale” perché altrimenti l’ affermazione di Hegel per la quale “tutto ciò che é razionale é reale e tutto ciò che é reale é razionale” si ridurrebbe a una banalissima tautologia.

    Secondo me é reale ciò che é logicamente corretto, non contraddittorio.
    In questo senso la famosa calca di donne bellissime alla mia porta é certamente poco o punto realistica (oltre che per nulla affatto reale), ma comunque del tutto razionale: sarebbe casomai irrazionale (il concetto di) una calca di donne bellissime e inoltre bruttissime, o vogliosissime e anche “che se la tirano tantissimo”, oppure una calca presente e anche assente (davanti alla porta).

    Come dire che mentre osservo il monte Bianco e penso al fatto di osservare il monte Bianco, non sono affatto il monte Bianco, bensì Ninni.
    La tua eventuale motivazione, dunque, dell’affermazione che sarei il monte Bianco (mentre lo guardo e ci penso), “poiché il Razionale è il Reale” è una petizione di principio: che il razionale è il reale (preferisco evitare sobriamente le maiuscole) è appunto ciò che dovresti dimostrare con questo ragionamento, e dunque non puoi presupporlo pretendendo di “dedurlo da se stesso”.

    E anche ammesso e non concesso che (per assurdo!) mentre guardo il “…” e penso al ” …” fossi il monte Bianco, razionalmente ha (avrebbe) perfettamente senso affermare che ora sarei quel monte, mentre ieri o domani (nel senso di “in passato o in futuro”; quando guardavo e pensavo o guarderò e penserò ad altro, o magari non c’ ero ancora o non ci sarò più, o addirittura non c’ era ancora o non ci sarà più nemmeno il monte Bianco steso) non lo sarò più, mentre non è affatto vero che avrebbe invece senso dire che ieri, oggi e domani (cioè anche nel passato e nel futuro; anche in assenza mia e magari pure del monte Bianco) continuerò ad essere quel monte (alla faccia del razionalismo: queste sono irrazionalistissime autocontraddizioni!).

    Inoltre non sono affetto da delirio di grandezza (anzi: di immensità!) per pensare di essere “tutto ciò che è Reale“.

    Sentimenti contrastanti (come per esempio amore-odio) sono talmente all’ordine del giorno da essere quasi diventati luoghi comuni letterari (perfino di bassa lega: da fiction televisive!): quante volte vorrei mangiare quantità enormi di gustosissimi ciccioli o di tortellini, ma contemporaneamente vorrei che la mia colesterolemia o la mia glicemia non aumentassero troppo per poter coltivare la fondata speranza di vivere più a lungo (anche per poter …mangiare pure in futuro altri ciccioli e altri tortellini)!

    Almeno su una tua affermazione sono d’ accordo: non si può razionalmente (né metafisicamente – per tua soddisfazione – né metafisicamente!) affermare che l’ uomo abbia in sé il monopolio della ragione, e soprattutto, che possa padroneggiare in modo assoluto lo strumento dell’intelletto: in natura nulla à assoluto!

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  65. L’amore è l’odio, essi sono sentimenti contrastanti, il cui contrasto non può certamente essere spiegato dalla logica della ragione, ma solo dalla logica del cuore, e questo è banalmente evidente a tutti da sempre.

    La calca di donne bellissime davanti alla tua porta non ha alcuna ragion d’essere, per questo la tua proposizione ha lo stesso valore logico che affermare 3x (1/3)=1, formalmente corretto,ma razionalmente non concepibile. Inoltre, potrebbe benissimo logicamente darsi che nello stesso luogo davanti alla tua porta il nugolo di bellissime donne sia sia assente che presente, in tempi diversi, oppure, che nello stesso tempo quelle donne siano sia assenti in un certo altro luogo che presenti davanti alla tua porta;esse , dunque, possono essere sia assenti che presenti , e il fatto che tu ritenga logico escludere la loro assenza in ragione della loro presenza presumendo che quelle donne occupino in un dato istante unicamente un dato luogo , e un certo luogo solo in un certo istante, be’ …non mi pare per nulla né logicamente spiegabile , né evidente.

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  66. Che significa “ragion d’ essere” (o essere“razionalmente concepibile”)?

    Se significa “necessità a priori, cioè non constatata a posteriori, di essere o accadere realmente”, allora nulla ne è dotato: di tutto ciò che è pensabile in maniera logicamente corretta (di qualsiasi ipotesi circa la realtà; del famoso folto stuolo di donne bellissime, ecc. esattamente come di qualsiasi altro ente o evento) a priori (cioè indipendentemente da dati di fatto eventualmente noti circa la realtà, ovvero non a posteriori) può pensarsi (può darsi) tanto che realmente accada quanto che realmente non accada (se non unicamente in quanto oggetto ipotetico di pensiero, ovviamente); la cosiddetta “prova ontologica” dell’esistenza di Dio non regge, a meno che per “Dio” si intenda “ciò che è reale, qualsiasi cosa sia, che è come non dire nulla: “omnis determinatio est negatio”.

    Se invece significa necessità a posteriori, allora tutto ciò che esiste o accade realmente ne è dotato, cioè lo si deve dire di tutto e solo quello che esiste o accade (che si constata esistere o accadere) realmente, qualsiasi cosa sia: una volta constatato (a posteriori) che esiste o accade realmente, non può darsi che non esista o non accada realmente qualsiasi cosa (si constati che) esista o accada realmente (può solo dirsi o pensarsi, ma falsamente).

    Se invece per “razionalmente concepibile” si intende non auto contraddittorio, pensabile in maniera logicamente corretta, sensata, allora:

    a) il famoso folto stuolo ecc., per quanto non reale, e per quanto irrealisticamente, può comunque benissimo pensarsi in modo logicamente corretto (è con tutta evidenza “razionalmente concepibile”);
    b) non tutto ciò che è razionale (“razionalmente concepibile”) è reale: ad esempio, per l’ appunto tale folto stuolo, ecc.;
    c) sulla pensabilità (“concepibilità razionale”) di tutto ciò che è reale sospenderei il giudizio (ma almeno una parte la è; e limitatamente, unicamente a questa parte si limita il mio accordo con le tue tesi).

    Se intendi qualcos’altro, beh allora illustramelo, spiegamelo, e ne riparleremo

    E’ ovvio e banalissimo che potrebbe benissimo logicamente darsi che nello stesso luogo (davanti alla mia porta) il nugolo di bellissime donne sia presente in determinati tempi ed assente in tempi diversi, e che nello stesso tempo quelle donne siano sia assenti da un certo altro luogo, sia presenti davanti alla mia porta.
    E il fatto di affermare la loro assenza (da un certo luogo) in ragione della loro presenza (in un certo altro luogo) presumendo che quelle donne occupino in un dato istante unicamente un dato luogo, e un certo luogo in un certo lasso di tempo, be’ .. appare quanto di più ovvio e logico ed evidente, non necessitante di alcuna spiegazione: sono banali tautologie!

    E’ chiarissimo che mentre sento quel monte io non sono quel monte, esso non fa affatto parte di me e io ed esso non siamo affatto la stessa cosa (io sono Sgiombo mentre il monte Bianco é il monte Bianco).
    E se mentre lo guardo mi si rilevano alcune caratteristiche del mio cervello corrispondenti al mio vedere il monte Bianco e non affatto il monte Bianco, né la mia visione del monte Bianco).
    Invece nel monte Bianco non si potrebbe trovare nulla di corrispondente a me, né tanto meno alcuna parte di me.

    Ovviamente tutto è tutto: tautologia!
    Ma ciò non significa certo che qualsiasi cosa é qualsiasi altra cosa, differente da se stessa: auto contraddizione!
    Assurdità!

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  67. A mio modesto parere però al di fuori della designazione “Monte Bianco” e della designazione “me stesso” non è dato trovare alcun Monte Bianco e nessun me stesso.
    Perciò non ha senso affermare che Io e il monte Bianco siamo la stessa cosa ( o che posso essere anche il monte Bianco) e il mio conoscere con la ragione il Monte Bianco si limita alla conoscenza della designazione Monte Bianco, designazione che è una semplice relazione tra due designazioni mentali inconsistenti.

    Affermare che la designazione mentale di una cosa è realmente la cosa in sé è senza significato ultimo perché lo strumento d’indagine è limitato e tutto ciò che è Vero è Vero solo all’interno dei suoi limiti. Il Monte Bianco è un sassolino per “Dio” e un sassolino è il Monte Bianco per una piccola formica.
    Dov’è il Monte Bianco ?

    Perdonate l’intromissione

    🙂

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  68. Per Lilly

    Con designazione mentale s’intende il fissare, lo stabilire, il definire un concetto riguardo ad un particolare oggetto dell’esperienza cosciente.E come conoscere senza designare le cose ? In più la mente funziona proprio come una sorta di creatore di designazioni. Quando designa le cose però il pensiero crea un’identità. Identità che serve a distinguere le cose le une dalle altre. Nel fissarle il pensiero dà alle cose un nome (Monte Bianco, me stesso). Questo processo però non può cogliere il fatto che le cose fissate non hanno identità in sè, ma sono sempre composti di innumerevoli altre cose. Ed ogni cosa composta viene in essere in dipendenza da altre, e così via. Queste cose che il pensiero fissa, definisce sono pertanto vuote d’identità (vuote di esistenza intrinseca).

    Per questo mi domando – Dov’è il Monte Bianco?-

    Quello che percepisco allora si può definire Monte Bianco ? Ci può essere un Monte Bianco fuori da questo processo di “disegnare” ( che significa fissare) la realtà ? Per me c’è un Monte Bianco , che però non è il Monte Bianco disegnato dal pensiero e dalle percezioni, e c’è qualcosa che percepisce il Monte Bianco/Non Monte Bianco ma non è un’identità “me stesso”, ma un me stesso/Non-me stesso.

    La presenza del Monte Bianco “vero” può solo essere intuita da facoltà della mente che non sono il pensiero discorsivo designante. Chiaro però che , se il M.Bianco è un Non M.Bianco e Me stesso sono un Non me stesso, mi sorge la domanda – Chi conosce che cosa?-.

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  69. Lilly

    Ma non si deve intendere l’azione del conoscere come “designazione mentale”, quando osservi il tramonto su cui si staglia il Monte Bianco, oppure odori , ascolti e percepisci i profumi e il fresco dei venti che spirano attraverso di lui, tu non cogli relazioni, tu sei e consisti in quelle percezioni razionalmente percepite al di là di qualsiasi fisicità distinta da te stesso; ma non solo, tu sei tutto quel che conosci, ma anche quel che ancora non conosci o non potrai mai conoscere, perché ciò che è razionale va oltre te stesso.

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  70. Io estendo il quesito anche al fatto percepito.

    Alle famose percezioni/sensazioni che mi da l’osservare il M.Bianco.Sono vere le percezioni di/su qualcosa che non è “vero” intrinsecamente?
    O sono fallaci come è fallace e arbitraria la mia designazione di M.Bianco ?

    Quindi , se percepisco per es. il vento freddo che scende dalla montagna, non direi che sono/divento il M.Bianco perchè non c’è , in ultima analisi, un qualcuno che diventa qualcos’altro, ma dovrei affermare, mi sembra più correttamente, “C’è una sensazione di vento freddo”
    (consapevole che la parola vento, o freddo, sono sempre limiti fissati , designazioni).

    Giusto?

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  71. Ma che significa “giustificare”?

    La realtà diviene “per cavoli suoi”, per così dire, “fregandosene altamente” della ragione (umana): era ciò che era quando ancora non era comparso nel suo ambito nessun animale razionale, per lo meno su questo nostro pianeta, e sarà ciò che sarà quando noi uomini non ci saremo più; anche quando non eravamo ancora e non saremo più “qui a cercare (e trovare o meno) ragioni” del suo essere e divenire.

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  72. Non credo proprio che il monte Bianco esista “proprio in quanto io posso sentire ” quel monte, ma casomai che io posso “sentire” (visivamente, vedere) quel monte proprio in quanto esisto (altrimenti non potrei, mentre esso esisterebbe ugualmente: credo esita, esistesse ed esisterà anche moltissimo tempo prima e moltissimo dopo quelle poche decine di minuti in cui l’ ho di fatto sentito visivamente).

    Questo anche se “esse es percipi” anche per quanto riguarda il monte Bianco: la sua esistenza (peraltro ben distinta e diversa dalla mia) prima e dopo la mia (e in particolare della sua percezione nell’ ambito della mia esperienza fenomenica cosciente) si limita al fatto che se in tale lasso di tempo maggiore di quello della mia esistenza sono accaduti, accadono o accadranno determinati eventi, allora é accaduta, accade o accadrà la sua visione (in una qualche esperienza cosciente, la mia o un’ altra a seconda dei casi, cioé dei determinati eventi che sono accaduti, accadono o accadranno).

    Da tutto ciò si può dedurre solo che tutto il reale si potrebbe ridurre (e non che necessariamente si riduce) all’esperienza cosciente direttamente esperita (solipsismo): possibilità che “esse est percipi et nihil aliud” (o é meglio “nec aliquid aliud“?) per così dire”.

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  73. A mio modesto parere, l’errore più comune che possiamo fare usando la ragione è di credere che il Reale sia una proiezione delle nostre congetture mentali e che esso sia ontologicamente distinto da noi.

    Definire un concetto riguardo ad un particolare oggetto dell’esperienza implica necessariamente un oggetto esperito che altro non è che parte di noi; quando definiamo l’Io come oggetto di una designazione, non dobbiamo certo intendere l’Io come estraneo al nostro essere,
    L’Io siamo noi, e insieme ad esso , necessariamente , logicamente, siamo ogni altro oggetto esperito, saputo (dal latino “sapere”) con la ragione.

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  74. Il Monte Bianco , quindi, più che oggetto, è soggetto del nostro conoscere, e in quanto soggetto non può che essere noi, ;la natura di tutto ciò che conosciamo di quel monte è da ricercare ,quindi, solo dentro di noi, e persino il distinguere il

    Noi dal Fuori di Noi smette di avere un senso ,poiché tutto ciò che troviamo nel nostro esperire , e oltre il nostro esperire purché sia nel Reale, è sempre stato soltanto il nostro essere.

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  75. Tutto ciò che muta nel Reale, quindi, muta realmente e necessariamente in noi stessi e viceversa, se in noi cambia qualcosa, qualcosa è cambiato realmente in ogni punto del Reale.

    Possiamo avvertire ,in linea di principio, ogni minimo sussulto dell’universo , poiché tutto l’universo in tutta la sua totalità si trova dentro di noi, e viceversa.

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  76. Se un sassolino ruzzola da una roccia di quel monte o di un promontorio marziano, ebbene, quell’evento si trova realmente dentro di noi ancor prima di rendercene conto attraverso una designazione mentale, poiché realmente quegli eventi accadono nel Reale , cioè dentro di noi.

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  77. Un bel dibattito serrato, ma corretto e soprattutto intelligentissimo, avrei voluto esserci
    Complimenti a tutti.
    Personalmente propendo per la laicità di classe di Ninni, ma senza offendere i credenti.
    Buongiorno a tutti e buongiorno Nì.
    Buon sabato.

    Louis

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  78. Non ti nascondo, caro Ninni, che sarebbe piaciuto anche a me esserci per raffrontarmi con voi, pur consapevole dei miei limiti.
    Interessantissimo e vi ho letto tutti
    (soprattutto sto imparando a conoscere le “amiche” Manuela e Lilly)
    🙂

    Ciao milord e buona giornata.

    🙂

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  79. Ho letto tutto, riuscendo ad arrivare fino in fondo.
    Le devo dire, caro dottore, che la piega presa da questo dialogo mi ha riempito di gioia nel constatare che, ancora, c’é qualcuno che parla di Uomo, Umanità e amore per la condivisione.

    Orgoglioso di seguirla, le auguro un buon sabato

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  80. Molto bello, che dico, bellissimo.
    Mi sto leggendo i dialoghi tra te e ‘Spillo’.
    E’ una performance di sicuro interesse e dalla quale si impara, sia dalla tua campana sia da quella sua.
    Molto bello sul serio.

    Ciao e buon sabato.
    Scappo

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