Milordia: La luna

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D’estate o all’inizio dell’autunno, si andava a Milordia con gli altri bambini che Antonmaria riuniva per una gita sul carro da fieno trainato dal trattore. Quando arrivavi il carro era pieno di paglia, e ti ci arrampicavi in fretta, pronto per il lungo giro, il falò, il picnic e le storie.
Ti sentivi perfettamente felice di stare al tuo posto, mentre il carro si inoltrava sulla strada soffice, sabbiosa e piena di solchi, e il possente motore del trattore dava il ritmo al percorso. Stavamo a sentire quando Antonmaria indicava le costellazioni: “Guardate lì a destra, appena un dito sopra l’orizzonte c’è Orione”.
E poi ci raccontava le storie della cometa di Halley e di altre stelle.
Di solito il tragitto durava tre quarti d’ora. Il carro scricchiolava su per una collina dell’Appennino bolognese e non appena raggiungeva la sommità, Antonmaria diceva: “Questo sembra proprio il posto adatto!”. Andrea guidava il gruppo in una radura e tutti si affrettavano a scendere dal carro. Prima di lanciarci a esplorare i boschi bui, Antonmaria ci faceva raccogliere gli sterpi per accendere il fuoco, mentre i ragazzi più grandi trascinavano i rami pesanti di alberi caduti. Poco dopo, un falò scoppiettava nella notte e ti faceva luce mentre cercavi quei bastoncini lunghi, sottili e aguzzi che servono per arrostire i wurstel.
Dopo il picnic, quando il fuoco era basso e tutto era quieto, guardavamo le scintille che scoccavano dai carboni e si libravano come rosse stelline. I soli rumori erano lo scoppiettio dei ceppi, gli ultimi versi striduli delle cicale e i richiami degli uccelli notturni. Poi, quando le pance erano piene, e i piedi e le ginocchia ben scaldati dal fuoco, per Antonmaria veniva il momento di raccontarci una storia.

1In un piccolo paesino del bolognese, la stazione era il punto di riferimento della campagna intorno, la linea vitale per raggiungere la civiltà. Era una piccola costruzione di mattoni rossi con quattro finestre e una porta che dava sui binari. Al centro c’era una nera e panciuta stufa di ceramica. I treni passavano solo due volte al giorno: a mezzodì e alle quattro di notte.
Un giovanotto aveva lasciato Bologna in un pomeriggio d’autunno e viaggiava verso questo remoto paese per andare a trovare una zia malata. Anche se non la vedeva da anni, era la sua unica parente viva e si sentiva in obbligo di fare quel viaggio. La sera prima era partito dalla Stazione Centrale Medaglie d’Oro e aveva viaggiato per la maggior parte della notte, un po’ annoiato e inquieto per quel tragitto che sembrava interminabile.
Più si allontanava dalla città e più desolati diventavano la campagna e i paesi sparsi intorno. Quando alla fine raggiunse la sua destinazione, poco prima dell’alba, fu il solo passeggero a scendere a quella fermata solitaria e scomoda. Aspettava qualcuno, forse un amico della zia, che venisse a prenderlo. Si ricordava che il paese era almeno a due chilometri di distanza, accessibile solo per una stradina impervia e mal segnalata. Il pensiero di percorrerla al buio da solo, anche se la luna era piena, non lo tentava più dell’idea di entrare nella stazione vuota e buia. Si sentiva addosso una vaga sensazione di inquietudine, mentre andava avanti e indietro lungo il binario deserto, cercando di decidere se recarsi da solo a casa della zia o stare fermo là e sperare che qualcuno gli venisse incontro. Mentre guardava impaziente nel buio, le nubi si ispessirono; con loro giunse anche il gelido vento del nord e un banco di nebbia così fitto e denso, che la luna piena sopra l’orizzonte rapidamente scomparve.
Il giovane si guardò intorno nella stazione deserta, sperando di trovare un impiegato. Nessuno. Dall’alta cima su cui l’edificio era costruito, guardò nella valle celata e si chiese il perché di tutto quel buio: anche se erano le ore piccole doveva ben esserci una luce che brillava nella nebbia, fosse anche in un solo cottage.
All’improvviso ai suoi piedi ci fu un riflesso di luce. Mani invisibili avevano acceso una lampada. Dentro la stazione c’era qualcuno.
“Che bello”, pensò. Ora la notte era più fredda e lui rabbrividiva dentro il cappotto.
Il fuoco era quello che ci voleva e un po’ di compagnia, mentre aspettava, avrebbe fatto passare prima le ore che mancavano all’alba o fino a quando qualcuno non fosse arrivato a prenderlo. Tornò sui suoi passi ed entrò nella stazione. Un fuoco scoppiettava nella stufa, cosi incandescente che lo sportello metallico lampeggiava di rosso. Un uomo era seduto vicino. Il volto era scuro, aveva la testa chinata, così che i capelli folti e ricciuti risplendevano alla fiamma.
“Buonasera, signore”, disse il giovane, avvicinandosi e tendendo le mani verso il calore. “Mi fa piacere avere compagnia in una notte simile”.
L’uomo non disse niente. Sedeva con i talloni alzati sotto la panca, le braccia lunghe e le mani abnormemente grandi appoggiate alle ginocchia. Il giovane pensò:
“Forse è sordo”.
“Buona sera”, ripeté, questa volta a voce più alta. Di nuovo non ci fu alcuna risposta. Dette una lunga occhiata attenta ai rozzi abiti malfatti da boscaiolo, guardò la corporatura ossuta dell’uomo; poi si spostò al lato opposto della stanza, e pensò che magari più tardi a quel tipo sarebbe venuta voglia di parlare, o che forse non gli sarebbe più importato. Presto qualcuno si sarebbe visto per portarlo alla sua destinazione.
Si mise su una panca sotto la lampada che pendeva da un gancio nel muro, tirò fuori il giornale che in treno aveva già letto due volte e scomparve dietro le pagine.
Trovò una storia che si era perso nelle prime due letture e subito si concentrò su quella. Una voce bassa e roca lo fece sobbalzare.
“Abbiamo avuto dei guai da queste parti. Lo hai letto sul tuo giornale?”. Il boscaiolo si alzò lentamente dalla stufa e si stirò come se si svegliasse allora dal sonno. Il giovane si rese conto per la prima volta, con improvvisa curiosità, di quanto fosse grosso il corpo di quell’uomo. Le spalle possenti erano ricurve, le braccia quasi toccavano il pavimento e, anche se aveva cercato per un momento di camminare eretto, la parte superiore del busto era ancora protesa in avanti, leggermente piegata all’altezza della vita. Il giovane provò compassione per quell’uomo dei boschi; si immaginava che fosse diventato così per la fatica che spezza la schiena, o forse, più probabilmente, come spesso succede in quelle zone remote, la malformazione risaliva alla nascita, momento in cui di certo mancava la levatrice e figuriamoci il dottore.
Il giovane rispose: “Sembra non ci siano notizie su questa zona”. Con gli occhi fissi sulla cronaca, ebbe un sobbalzo per l’ombra improvvisa che cadde sulle pagine aperte del giornale. Chissà come, malgrado il fisico enorme e gli stivali pesanti, il boscaiolo aveva attraversato la stanza in modo così rapido e silenzioso da sembrare impossibile. Il giovane si chiedeva come quella figura ricurva e rozza – come del resto qualunque altro essere umano – potesse spostarsi in modo tanto furtivo e leggero. Sentì il calore abnorme del corpo di quell’uomo e fissò la faccia rugosa in cui le sopracciglia spesse si congiungevano su degli occhi infossati e giallognoli. Il boscaiolo respirava con la bocca aperta, con singulti rapidi e brevi.

2Il giovane si ritrasse, scivolando lungo la panca, per porre una distanza tra sé e lo strano uomo, che iniziava a farlo sentire davvero a disagio. Si alzò e si mosse rapidamente verso la finestra. La vicinanza con l’omaccione, unita al calore della stufa, gli aveva fatto venire caldo e cominciava a sudare. La stanza sembrava molto più piccola di quanto non lo fosse prima.
Dopo aver lottato brevemente con la maniglia rugginosa della finestra, il giovane riuscì ad aprirla. Il vento si era alzato; lo sentiva piegare gli alberi tra scricchiolii e gemiti. Le nuvole correvano oscurando la faccia della luna. Desiderò tanto che qualcuno lo andasse a prendere.
Senza girarsi disse alla figura rugosa all’altro capo della stanza: “comincia a far caldo, qui, spero che non …”. Mentre si girava, il vento freddo che entrò di forza nella stanza spense la lampada tremolante vicino alla porta. Nella penombra ora rischiarata solo dal bagliore del fuoco, si sentì completamente solo. Cercò di scrutare nel punto in cui prima si trovava il boscaiolo, sperando di riuscire ad abituare gli occhi al buio.
“Se ne è andato?”, pensò. “È scivolato via dalla porta mentre ero di spalle? Che strana persona”.
Mentre scrutava nel buio, sentì un suono basso e gutturale che gli gelò le ossa.
Qualcosa aveva ringhiato. “Dove sei?”, esclamò, la voce che andava nel panico. “Sei qui?”. Fece un passo indietro, appoggiando le spalle al muro. “Parla e fatti sentire!”.
“Doveva esserci sul tuo giornale”, la voce bassa e roca parlò nel buio. “Guarda verso il paese”.
Poiché non voleva dare le spalle a quella spaventosa presenza, il giovane volse la testa per guardare fuori dalla finestra come gli era stato detto. All’improvviso la luce della luna invase la stazione e i binari risplendevano bianchi: ma non si vedeva traccia del paese lontano. Era quasi l’alba, ragionò, e le lampade a questo punto dovevano essere accese nelle fattorie dei contadini. Il paesino sembrava svanito.
“Dov’è finito?”, chiese al boscaiolo. “Non può essere sparito. Là c’era un paese: campi, case, persone …”.
“Ci sono ancora”, fu la rauca risposta dal buio. “Sono là, dietro le porte sbarrate e le finestre serrate. Almeno le donne e i bambini. I loro uomini stanno scalando le colline, non li hai sentiti? Sono andati per la strada maestra, in più di cinquanta, proprio dopo che sei arrivato tu”.
“Che storia pazzesca!”, pensò il giovane sbalordito, sempre più inquieto. L’altra voce continuò.
“Stanotte lo aspettavano; è da più di un mese, ormai. Questa volta sono sicuri di prenderlo”.
“Prenderlo chi?”, esclamò il giovane.
“La prima volta erano state solo poche pecore”, disse il boscaiolo, come se il giovane non avesse parlato. “Poi qualche capo di bestiame”. Il timbro della voce era sempre più agitato. “Dicevano che era un lupo. Le gole degli animali erano state squarciate, i segni erano chiari. Sembrava, in effetti, un lupo impazzito, isolato dal branco. Poi hanno trovato il figlio del pastore sulle colline sopra la fattoria del padre.
Quella notte era uscito per riprendere una pecora smarrita, la sentiva belare in lontananza. Si era portato il bastone e il coltello da caccia del padre. La luna era piena. Non fece fatica a trovare la strada. Il lamento dell’agnello lo aveva portato in una radura in alto, tra i pini. La pecora era a terra. Il lupo nero gli stava alla gola.

3Mentre il ragazzo guardava, i lamenti cessarono. Lui rimase immobile, raccogliendo tutto il suo coraggio. L’animale si voltò verso di lui. Cominciò a girargli intorno.
Quando il ragazzo alzò il bastone, l’animale gli era già addosso. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare”.
La testa del giovane turbinava di domande senza risposta. Non riusciva ancora a vedere la faccia rugosa dietro la voce. Aveva la sensazione agghiacciante che, nell’ombra, e senza essere visto, il boscaiolo avesse cominciato a camminare su e giù, senza il minimo rumore. La voce continuò.
“Ebbero trenta giorni di quiete dopo l’attacco del lupo. Pensavano che se ne fosse andato. Poi alla successiva luna piena colpì ancora e questa volta molto più vicino al paese. Da allora è successo altre quattro volte: una coppia di anziani, marito e moglie, per strada dopo che era calato il buio; la ragazza che era andata a prendere l’acqua al torrente dietro la fattoria. E il dottore che andava dal malato.
Il cavallo lo ha riportato a casa disteso nel calesse, con la gola squarciata come gli altri. Ma il lupo non si era cibato di lui, né dei precedenti, nemmeno della pecora. Ora gli uomini escono a ogni luna piena, armati di fucili e asce e si mettono in caccia”.
Il giovane esclamò: “Ma qui vivete in un incubo!”.
“Anche se l’hanno colpito con le loro pallottole, non sono riusciti ad abbatterlo, ma pensano di farcela stanotte. Hanno visto le sue tracce, dicono, e alcuni di loro sanno …”.
“Allora perché non chiedono aiuto fuori dal paese”, chiese il giovane, “perché non avvisano la polizia chiedendo protezione?”.
“Perché loro sanno chi inseguono”. La voce si avvicinò all’uomo. “Loro sanno cosa cercano. Hanno la sua impronta e sanno di che tipo di lupo si tratta. L’impronta è sempre la stessa sai. Gli manca una falange della zampa destra. Loro si sono preparati bene: hanno caricato le pistole con pallottole speciali. Ma forse non lo prenderanno in tempo”.
Il giovane ebbe l’impressione che alle sue spalle qualcosa si muovesse fuori dalla finestra. Si girò per chiuderla, all’improvviso sollevato di trovarsi all’interno, rassicurato dalla compagnia. Il boscaiolo forse era strano, ma di certo aveva la stazza per proteggere entrambi da tutto quello che strisciava fuori nel buio. Gli sembrò di sentire un lieve fruscio di foglie fuori dalla finestra, come se un grosso animale si stesse avvicinando furtivo. Nel suo improvviso terrore aveva talmente forzato la finestra che si era bloccata.
“Aiuto!”, urlò. Sentiva le braccia farsi deboli per la paura. La mente evocava l’immagine di un enorme lupo, mezzo uomo e mezzo animale, che si scagliava contro di lui attraverso la finestra, sfoderando denti e artigli. “Aiuto!”.
Una forma si profilò su di lui. Mani pelose afferrarono la finestra e la strapparono via. Sul suo collo un fiato rovente. Già nelle grinfie della creatura, fissava con orrore la mano accanto alla sua. La falange dell’indice destro mancava.
Non ebbe nemmeno il tempo di gridare.

Quando Antonmaria smetteva di parlare, tutti i bambini intorno al fuoco rimanevamo muti e fermi. Era impossibile non sentirsi il lupo alle spalle. Un ciocco scoppiettava rumorosamente e come se sapesse che non eravamo in grado di resistere oltre, Antonmaria ci diceva di spegnere le braci, tornare sul carro e andare a casa. Come sempre, ci faceva ripulire tutto così bene che, quando il carro rotolava verso casa, la legna annerita dal fuoco era l’unica traccia di una presenza umana.
Da lontano, però, quell’ululato …
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36 pensieri su “Milordia: La luna

  1. Oh mon Dieu.
    Ninni, mi ricorda una serie di puntate che facevano, quand’ero bambina e i Italia sul secondo canale. Credo fossero qualcosa che iniziava con un racconto atrtorno al fuoco. Eranostorie di magie, incantesimi, horror, dark insomma.
    La tua costante, in questa serie di Milordia sono i racconti che fa Antonmaria.
    Tutti ambientati nella tua Emilia.

    Ma sai che anche questo è proprio bello?
    Uno di quei racconti che se me lo fanno la notte, davanti al fuoco, mi vengono i brividi sul serio?
    Qua, oggi, piove. Smette e riprende, per poi smettere e riprendere.
    Questa mattina porto Leonie al St, Olbert, le sto prendendo il Tutù da ballo.
    Siamo eccitatissime.
    Adesso andiamo a fare colazione con un croissant enorme (rabbia vero?)

    Au revoir mon trésor

    Bisousssssssssssssss

    Annelise pour toi

    a Paris

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    • Annelise Baum

      Si, cara Annelise, anche a me è sovvenuta una cosa simile (la trasmissione televisiva), ma se è quella che intendo io, la ricordo molto vagamente perché ero proprio piccolino.
      I racconti, almeno di questa serie, li ho voluto ambientare in Emilia, proprio per una questionedi conformità a quanto ho sempre sostenuto.
      Qui, oggi è stato nuvoloso, ma caldo, 23° e domani ne prevedono ancora di più.
      Ti ringrazio e domani, fà una bella colazione (anche se preferisco salato) a base di croissant che è l’unica pasticeria che amo.
      Grazie per la gentilezza
      Ciao

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  2. Allora avevo immaginato giusto: è proprio un sequel con il filo conduttore di Milordia.
    Bello l’episodio di questo lupo mannaro e la scenografia, tutta italiana, della bassa padana.
    Ho respirato l’aria notturna di quella stazioncina della provincia bolgnese.
    Un’aria che riporta ad antichi incantesimi e alle notti, con la mia nonna, di quei brutti inverni freddi.

    la mia immaginazione di bambino mi congelava.

    Oggi mi tocca stare incatenato alla scrivania. Come va lì?
    la storia è bella. Una di quelle storie che ben figurano nel panorama artistico italiano.
    Ok direttore: un pezzo magistrale per una storia magistrale, come al solito…quando quel solito è la perfezione!
    Ciao Nì

    Francesco
    Qui, dopo lo sconquasso di ieri, il tempo è bellissimo con un sole splendido. Almeno il mare me la racconta giusta.
    Lì che trempo fa?
    Una tipica primavera imperiese.
    Ciaooo

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    • Spillo

      Infatti: il sequel, la conduzione argomentale di Milordia, prosegue con alcuni (sinceramente non riesco a proporli tutti, in quanto sono proprio tanti)
      Hai detto bene. Ebbi modo, in passato, di osservare una stazioncina di un grosso paesone del bolognese. Era abbandonata e con grandi sterpaglie. Credo proprio, che allora mi venne l’idea di “Milordia” e oggi ne pubblico una parte soltanto perché non vada dispera, almeno, l’idea.
      Hai di bello, nella tua “tronco conica” Imperia il mare, very clean, in quanto nasce dalla congiunzione tra le correnti tirreniche e del Mar Ligure e la Mer de France.

      Come detto, qua il tempo è mite e bbastanza gradevole. Non ci si deve mai adagiare, basta il tempo di sentire i profumi dei ciliegi.
      Ciao, Francesco, stammi bene

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  3. Un racconto bello e perfettamente dosato sia nell’inizio., sia nel suo svolgimento. Ninni, riesci a farti portavoce dei sentimenti, della forma animistica e delle paure dell’uomo. Attento studioso del sociale e del socialmente utile, riesci a trarre delle storie che, sia per impegno, sia per perfezione fanno parte, e a ben diritto, della letteratura italiana.
    Poi, te lo devo riconoscere, a differenza di tanti e tante mestatori e mestatrici che si riempiono di americanismi ed esterofilie credendosi dei Thomas Mann o delle Shelley, tu riesci a onorare la vera scrittura italiana, mostrando pulizia e carattere.

    Mi fanno ridere quei cialtroni e quelle cialtrone che si ammantano di Clancy oppure di Asimov.
    Talmente tale è la loro piccolezza che, e magari non se ne accorgono, ma sono ridicoli, mortalmente ridicoli, terribilmente ridicoli. Sono diventati lo zimbello di tutti dal tanto che sono ridicoli e circondati da mezze tacche ancora più ridicoli di loro stessi.

    Una Corte dei Miracoli dove, fra straccioni, scimmiottano gli adulti credendosi chissà chì!

    Un abbraccio Nì, un abbraccio sincero con tanto amore e affetto.
    Lily

    🙂

    Ciao Franci, qua a Milano stamattina è un po’ nuvolosetto e la temperatura si è abbassata.
    Sì, un po’ tutti, oggi, siamo incatenati a questa stramaledetta scrivania.
    Mica siamo come il milord, dentro un SUV, tutto bello come il sole, abbronzato e sorridente a fare l’esploratore come Indiana Jones dentro la Jeep.
    L’importante è che non ci faccia mancare la sua presenza e quello che scrive e poi … va tutto bene lo stesso
    Va là…

    Ciao

    Lilly

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    • Beato lui anche se non vorrei essere al suo posto: da solo in mezzo a “quelli” e per tutto quel tempo. No, non sono così coraggioso, non ci riesco e lo riconosco.
      Lui ha un fegato e un’iniziativa così che io me le sogno. E poi bravissimo con la macc. fotografica.

      OT (Scusami milord, ma continuo il discorso già aperto e nel luogo delle Chiacchiere si spezzerebbe)
      Sì, la Manu ieri sera mi ha mandato una mail lunga tre km e dopo sono andato a vedere anch’io, facendo la fila.
      Madonna mia che pena.
      Belin, roba da sciacquette.
      Belandi che lavandaia la tipa che si erge a critica letteraria e decide per gli altri, sulle cose degli altri.
      ah ah ah.
      E hai visto l’Ostessa?
      Che donna, ahahahaha ah ah ah ahahaha

      Ma hai visto cosa scrive e come scrive? Ma non si rende conto di quanto è ridicola?
      Faccia lei, finquando c’é qualcuno che le dice bella, brava, ma come scrivi divinamente, … contenta lei…
      Certo il supporto di Milord le ha fatto tanto, in passato, ma dalle mail che mi sono arrivate, non ultima quella tua, mi sà che la Fiera è finita …

      Ciao Lilly bella, un caro saluto e salutami Vasco (ma come fa a sopportarti? ah ah ah )
      PS: oggi a pranzo sono con la Mara e Massimo, te li saluto.
      Bye bye
      __________________________

      Ciao Direttore, un carissimo saluto e un grazie per tutto.
      Sei un mito!

      Francesco

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      • Spillo

        Ti sei sempre professato amico, giusto? Fin dai tempi … dei tempi.
        Beh, non mi sembra tu lo stia facendo.
        Stai alimentando una polemica che, per quello che mi riguarda è morta e sepolta. Fine, stop, chiuso.
        L’argomento è chiaro, la guerra – per quello che mi riguarda – è finita.
        Ci sono morti, feriti e dispersi.
        Mi dispiace tanto per i dispersi, al femminile in questo caso, ma questa è la vita. Doveva, per forza andare così? Me ne dolgo, ma ulteriori considerazioni, se permetti spettano a me.
        Se non permetti, te ne puoi andare. Non piangerò!
        Ma qua dentro non tollero scarne polemiche e sterili frasette da comare!
        Mi sono spiegato?
        Spero tanto, Francesco, che tu abbia compreso, perché la mia pazienza è in rapido e pericolosissimo (per tutti quelli che mi stanno attorno) esaurimento.
        Per cui, prendilo come ti pare, ma è un ultimatum: Basta!
        Non ho bisogno né di ruffiani, che detesto cordialmente, né di amiche vigliacche, né di persone che si credono chissà chi!
        Qua dentro le regolo sono precisissime: non vi stanno bene? Ok, Raus!

        Sono stato brusco? Beh, era proprio quello che volevo.
        Non mi arrabbio quasi mai ma quando succede … chiedilo a …

        Mi auguro che la cosa finisca qua e me lo auguro per te perché potrei portare la lite fuori da qua, in carne e ossa e non te lo suggerisco! E tu sai che ne sono capacissimo, eccome!.
        Grazie per esserci e buon tutto

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    • Lilly Simoncelli

      Grazie per l’apprezzamento. I sentimenti umani, comuni a tutti, spesso sono ridotti al silenzio dal quotidiano, da l’imprevisto e dalla vita che attorno ruota.
      Non credo di essere io ad essere demandato nell’onorare la lingua italiana. Diciamo che, nel mio piccolo, lo faccio.
      Poi, ovviamente, non stiamo parlando dei Paralipomeni alla Batracomiomachia, ma di un racconto inserito in un contesto acritico e transeunte come parte di un discorso molto più vasto.

      Poi, ma non ho potuto farne a meno di leggere, proverò sempre a scrivere, anche in punto di morte.
      Grazie Lilly e stammi bene.
      Un caro saluto a Vasco

      Cordiality

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  4. Ciao Milord
    Ti sei superato con un racconto che dice e non dice. Che trasuda genialità e spirito letterario. Hai saputo dosare il dire e il non dire … infatti non si sa se il lupo mannaro,poi, ha mangiato.
    Quindi hai toccato, nei temi horror: L’incipit dando una descrizione dei luoghi e rendendoli tetri; i fantasmi legati a una storia d’amore; il Lupo mannaro.
    Questa è un’antologica speciale.
    Un’antologia letteraria bellissima e soprattutto una storia che si legge molto bene: scorrevole, dal nesso bellissimo, e dal senso perfetto.

    Bella proprio, me la voglio leggere di notte e dentro un bosco

    Ciao
    🙂

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    • Gianluigi

      Ciao e grazie per la tua analisi.
      I temi dell’Horror, come quasi ttta la letteratura noir, sono vasti e racchiuderli in un unico bozzolo è impervio e decisamente disagevole.
      Grazie per avermi confermato la sua scorrevolezza: effettivamente, una volta terminata l’ho rlletta con gli occhi del lettore (io ci riesco) e mi è sembrata scorrevole.

      Ciao e grazie

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  5. Una bellezza nel leggere che porta a una soddisfazione sfolgorante.
    bello molto e seriamente scritto.
    Mi è piaciuto molto assieme alle altre due della serie Milordia.
    Sono onoratissima di potere confrontarmi con voi, mio signore.
    Buona giornata

    Giorgia

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    • Giorgia Mattei

      Grazie per l’attributo di “Bellezza sfolgorante”. Rimane da stabilire se parlavi di me o del racconto.
      Anch’io, mia signora, sono onoratissimo di poterti ospitare qua, mia discreta e carissima amica.
      Grazie e stammi bene

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  6. Ho letto tutto questa mattina presto e adesso eccomi qua.
    Un racconto scritto con quella passione che ti conosco e riconosco. Un racconto scritto con bravura, intelligenza ma soprattutto con quella genialità che ti sono proprie.
    Sì, è vero e devo convenirne: l’ambientazione scenografica, in Italia, è una cosa fuori dal comune, almeno per questi tempi tristi, tutti sono malati di inglesismi, scemografie inesistenti alla Perry Mason, oppure storielle per parlano di mondi strani inventandosi situazioni che hanno del comico tanto sono sballate e soprattutto, tutte, votate all’americanismo più sfrenato.
    Dove il primo che si sveglia al mattino, si crede regista, scrittore o scrittrice, approfittando della buona, anzi ottima, educazione per spacciarsi per quello che non è, assolutamente, svendendosi e prostituendosi per qualche “interessatissimo” LIKE.
    Anzi, si rendono ridicoli, rendendo ridicoli anche quelli che dicono scemenze pur di avere un Like di ritorno: le miserie di un piccolo mondo, molto piccolo.

    Robetta.
    Tu sei superiore: sopra le stelle addirittura.
    T’immagino, arrampicato sulle montagne con la Jeep all’inseguomento di civiltà perdute e in contatto con villaggi tribali sperduti nei meandri della storia della terra.
    Il mio Indiana Jones.

    Ti bacio, mio milord e ti abbraccio ammirata, mio signore.

    Ciaooo

    🙂

    Isy

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    • Isabella Ozieri
      Un’ambientazione italiana, nel panorama linguistico letterario italiano, è molto difficile. per due ordini di motivi
      Il primo perché non esiste una letteratura contenporanea globalizzata, ovvero che riguardi lo standard creativo universale.
      Abbiamo esponenti della scrittura molto personali, oppure delle schifezze raffazonate che, perché sanno tenere una penna in mano, si credono dei Nobel.
      Il secondo perché, appunto nell’era della globalizzazione, siamo costretti ad annoverare tantissimi autori, a noi imposti e di origine straniera, che però hanno affossato il mercato italiano.
      Vogliamo iniziare a scrivere noi? A scrivere italiano?
      Sotto questo profilo la penso, esattamente, come:
      Giovannino Guareschi
      Gabriele d’Annunzio
      Dante Maineri

      Scrivi bene, scrivi italiano!

      Punto due:
      Noi ci conosciamo, gomito a gomito, dal 2000, giusto? Isy, lo stesso fiscorso fatto a Francesco vale anche per te.
      Non possiamo additare L’Untore facendo gli untori.
      E comunque io non ho additato nessun untore e come tale, qua dentro, non ti permetti neanche tu.
      Vuoi fare polemica? Fuori da qua e vattela a fare da un’altra parte.
      Se, però, ho capito male, fammelo sapere, perché …

      Ciao e grazie per avere scritto

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    • Arielisolabella

      Già, il lupo, ein wolf, conosce perfettamente il proprio ruolo.
      Lui sa come e dove colpire.

      Probabilmente lo sappiamo anche noi. Ma non c'interessa. L'interessante è leggere per star bene … prima di morire.
      Grazie mia carissima amica.

      PS: te lo chiedo come un favore personale, se non ti costa tanto: puoi fornirci un nome di battesimo o pseudonimo (perché usare il termine Avatar? Non è bello in italiano?) al posto di quello che leggo? Non so mai a che punto del discorso termina lo scioglilingua.

      Ciao e grazie

      🙂

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  7. Un racconto bello proprio, che ho letto con tantissimo interesse,
    Adesso non riesco a stamparmelo, ma lo farò.
    Dio milord, sai cosa ti invidio? ( e come me altri?) la tua ispirazione! Sei un vulcano in piena, un uomo meraviglioso che non si fa remore di mantenere il suo impegno con tutti.
    Non ce lo fai pesare.
    Ho visto, sai (non me n’ero accorta ti dico la verità) che hai attivato il GPS e che si collega dal luogo da dove stai pubblicando!
    Mammamia, ma che posto è “Suzhou, Jiangsu, Cina”? Anzi, lo so bene dov’é e cosa c’é (sono andata a vedermela sul Google Map). Una fra le più belle città imperiali cinesi della seta.
    eheheheheh

    Bravo Ninni, rimani lontano dalle miserie di qua. Anzi, ti ammiro proprio perché non sottolinei o fai pesare le nostre miserie.
    Ti bacio milord, con tutto il cuore.
    Ciao dalla tua

    Eleonora

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    • Eleonora Bisi

      Con l’ispoirazione, miladyna, ci si nasce e o la si ha, oppure no!
      Il mondo, due parole, uno sguardo, una piccola intesa, ma anche uno starnuto, sono sempre fonti d’ispirazione.
      Basta scrivere e tutto passa.

      Quella del GPS è una funzione che ho scoperto qyesta mattina. Anzi, probabilmente era già presente e non me ne sono accorto prima.
      Bello e interessante sul serio. Si attiva, cerca il posto dove sei, e lancia il messaggio.
      Simpatico.

      Grazie e buon tutto

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  8. Veeeerooooooooooo.
    Noooon me n’erooooo accooooortaaaaaaaa.
    Siiiiiiii…
    (hai capito la ragazzinaaaaaa? Lei se n’era accortaaaaa)

    😀

    Mamma quanto stai lontano Ninni che osservi, da sopra le nostre teste, tutte le nostre miserie.
    per piacare, amico mio, non ci giudicare: siamo piccoli e schifosi.
    Io sono piccola e schifosa mentre tu, solo, da solo, sempre solo, ti sbatti per un mondo migliore raccontandocelo.
    E’ grazie a te e a quelli come te se oggi, noi, viviamo liberi e consapevoli di quello che ci circonda.
    Sei un grande, un mito, il mio mito.

    Ho letto questo nuovo episodio della serie Milordia.
    Un soft-Horror, un racconto italiano per italiani, ma anche per tutto il resto del mondo che ti legge.
    Sì, mi sono accorta anch’io, la tua suddivisione: La location, I fantasmi, il lupo mannaro … stai toccando i cardini del dark.
    Sono tanto piccola e quando ti leggo e leggo la tua bravura, la dedizione alla scrittura e l’amore e la dignità che metti nel curare gli amici.
    La tua pulizia mentale nell’ideare, anche, lo scherzo, anche il più (apparentemente) atroce. Scherzi sempre puliti e sempre finalizzati a onorare e rispettare le vittime di quegli scherzi (me lo ricordo: chi disprezza compra … ahahahahah).

    Ciao mio signore della dinastia Ming!

    😀

    Ti penso Nì, tanto tanto

    lamanuesagitataefelicechesadovecazzostailsuodirettore

    😀

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    • Manuela Rovati

      Grazie a te che ti spertichi in tante “faccende” e poi straripi come il Nilo.
      Te l’ho sempre detto: non lo apprezzo!
      Punto!
      Non mi piace e non m lusinga, proprio per niente.
      Anche perché, probabilmente, ho esagerato mio e dunque la mia parte di qualcosa ce l’ho.
      Onde ragion percui, lo dico anche a te e anche a te invito ad andare a leggere più su: smettila oppure … faccio di tutto per farti smettere.

      In una guerra i morti, i veriti sono da entrambe le parti.
      E nessuno può sapere, meglio di me, a cosa pensavo e perché.
      Per cui, io ti ho avvisata.

      Fà la brava, tanto lo so che non sei cattiva e che, spesso (come credo in questo caso) tu sei la prima a soffrirne.

      Dacci un taglio!
      Non sta bene, non è giusto e ci sarebbero altri motivi, ma per decenza mi fermo qua.

      Ciao

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      • Io non volevo e lo sai.
        Come lo sapevo che alla fine ….
        Mi sono sentita tirata in causa perché quella “bianca” te l’ho sempre difesa, anche quando tu eri infuriato (per email ovviamente).
        Basta, mi dispiace non volevo e ti chiedo scusa. Chiedo scusa a tutti.
        Mi dispiace proprio.

        PS: ma è vero che hai bannato …?
        Basta la finisco … ma mi dispiace proprio
        Ciao

        Manu

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      • Io non ho bannato a nessuno.
        Ho soltanto depennato alcune persone dalla Lista degli Affiliati.
        E allora?
        Nessuna bannatura.

        Fà la brava Manu, accetto le tue scuse perché ti so sempre sincera.
        Adesso, però, chiudiamo il capitolo buttandoci, dentro, una bella colata di cemento.

        Ciao e grazie

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  9. caro dottore, dalla faconda penna.
    Questa sua ultima fatica, un racconto mirato entro una seie mirata, è una chicca da gustare con calma e serenità. Con dedizione e analisi.
    Non è, sulle prime, quel che sembra, ma risponde a precisi dettami e caratteristiche letterarie.
    Sempre un piacere poterla leggere con soddisfazione

    Buona giornata e complimenti per la sua escursione.

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  10. Un passaggio, questo, caro Ninni che forma uno speciale trittico. uno di quei capisaldi che rimangono impressi nella mente.
    la storia l’hai affrontata dentro le pieghe di un’oscura provincia bolognese. bella l’ambientazione, non c’é che dire.
    mi è piaciuto, anche, lo sviluppo e la sua forza.
    Molto gradevole.

    Ti abbraccio e considerata la distanza, ti lascio un grandissimo in bocca aal lupo.
    Ciao

    Enrico

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    • Vintrix

      Grazie per l’espressione gentile e pacata.
      Amo tutto questo e amo, profondamente, quando ci si esprime scrivendo.
      Le parole volano, ma lo scritto rimane, eccome.
      Ciao Enrico, in bocca al lupo anche a te

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  11. Sto ascoltando, vedendo e tamburellando con le dita:

    SiaCheap Thrills in versione performed, con coreografie eseguite dalla bravissima Maddie Ziegler.
    Superlativo vero?

    Seguirà:
    Elastic Heart feat

    e per finire :

    Clap Your Hands

    Cordialità

    🙂

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  12. Tristezza della luna

    Questa sera la luna sogna più languidamente; come una
    bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera
    prima d’addormirsi carezza il contorno dei seni,
    e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona
    a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni
    bianche che salgono nell’azzurro come fiori in boccio.
    Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere su questa
    terra una lagrima furtiva, un pio poeta, odiatore del sonno,
    accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima
    dai riflessi iridati come un frammento d’opale, e la nasconde
    nel suo cuore agli sguardi del sole.

    Charles Baudelaire

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    • Lara C.

      Il gatto andava qua e là e la luna
      girava in tondo come una trottola
      e il più prossimo parente della luna,
      il gatto strisciante, guardò su.
      Il nero Minnaloushe fissava la luna,
      chè, nel suo gemere e vagare,
      la pura luce fredda su nel cielo
      agitava il suo sangue d’animale.

      Minnaloushe corre nell’erba
      levando le zampe delicate.
      Danzi, Minnaloushe, danzi?
      Quando due parenti stretti s’incontrano,
      cosa c’è di meglio che ballare?
      Forse la luna può imparare,
      stanca di quelle maniere regali,
      un nuovo giro di danza.

      Minnaloushe striscia nell’erba
      da un luogo all’altro al chiaro di luna,
      il sacro astro lassù
      è entrato in una nuova fase.
      Lo sa Minnaloushe che le sue pupille
      andranno di mutamento in mutamento,
      passando dal plenilunio alla falce,
      dalla falce al plenilunio?

      Minnaloushe striscia nell’erba
      solo, compreso e guardingo,
      e alza alla mutevole luna
      i suoi occhi mutevoli.

      (William Butler Yeats, Il gatto e la luna)

      Grazie mia signora

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    • M.me Jacqueline Chatel d’Anjou

      Togli quella maschera d’oro ardente
      Con gli occhi di smeraldo.
      “Oh no, mio caro, tu vuoi permetterti
      Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi,
      Benché non freddi.”
      “Volevo solo scoprire quel che c’è da scoprire,
      Amore o inganno.”
      “Fu la maschera ad attrarre la tua mente
      E poi a farti battere il cuore,
      Non quel che c’è dietro, mio amore.”
      “Ma io debbo indagare per sapere
      Se tu mi sia nemica o amica.”
      “Oh no, mio caro, lascia andar tutto questo;
      Che importa, purché ci sia il fuoco
      In te, in me in noi due amore?”.

      (William Butler Yeats, La maschera)

      Avete ragione, mia signora. Tale fu il principio del Lupo Mannaro, raccontato in questa umilissima pagina.
      Per quanto Lupo mannaro, fu pur sempre un uomo … e con tutta la sua sofferenza.

      HIC SUNT LEONES!
      HIC SUNT DRACONES!

      Abbiate una serena e deliziosa giornata.
      Vi ringraziammo

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