U-Boot XIV

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3U-234 – Banchi di Terranova – 15 maggio 1945 ore 10.00
“Comandante abbiamo agganciato la USS Sutton, sono a circa 20000 metri, direzione 260, si stanno dirigendo verso di noi” era il capo sonar che stava comunicando le ultime informazioni al comandante Fehler, che stava guardando dal periscopio
“Molto bene capo sonar, tra quanto ci individueranno?”
“A questa velocità, se loro mantengono rotta e velocità ci sentiranno tra circa 10-15 minuti” Fehler non disse nulla
“Notizie dei Canadesi?” chiese il comandante dopo qualche secondo
“Comandante, sembra che se la siano bevuta che stiamo facendo rotta su Halifax, perché, da quando glielo abbiamo comunicato, non si è visto o sentito più nessuno.
Chiedono aggiornamenti di tanto in tanto” rispose il telegrafista di turno
“Molto bene, a questo punto dubito sinceramente che saranno loro ad intercettarci” concluse Fehler
“Giù il periscopio, emersione, velocità cinque nodi, issare una bandiera blu e prepariamoci alla resa”.
Questi ultimi giorni erano stati molto complicati, o almeno così li avrebbe descritti Fehler se fosse stato interrogato da un amico o un parente.
I due ufficiali giapponesi erano morti la sera stessa del dieci, purtroppo non c’era stato nulla da fare e il dottore non era riuscito a rianimarli.
Avevano preso una dose notevole di Luminal, un potente barbiturico, e il giorno successivo aveva deciso di inumarli a mare, fu così che erano emersi e avevano fatto una cerimonia funebre con tutti gli onori: il Tenente Tomonaga era sceso in mare con la sua spada nel fodero e entrambi erano stati rivestiti con le loro uniformi migliori.
Approfittando di quel momento Fehler aveva dato ordine che fossero gettate a mare anche tutte le apparecchiature più sofisticate e così furono gettati il radar, il Kurier, tutti i codici di Enigma e tutti i fogli ritenuti importanti.
Aveva poi provveduto a far buttare in mare le spolette dei suoi siluri e tutte le munizioni delle armi di bordo, per ultimo aveva gettato lui stesso il suo diario di bordo. Infine si erano immersi nuovamente e avevano proseguito sulla loro rotta.
Temendo che i canadesi li intercettassero prima degli americani, Fehler aveva istruito il telegrafista di mandare un messaggio in chiaro, su tutte le frequenze, in cui indicava la posizione, la rotta e la velocità. In effetti i primi a rispondere furono proprio i canadesi il 12 maggio.
Poco dopo avevano anche ricevuto un segnale dagli americani, ma erano molto più distanti, e fu così che il comandante ebbe l’idea di continuare a trasmettere ai canadesi la stessa rotta e una velocità di circa otto nodi, comunicando che sarebbero giunti a Halifax, in realtà aveva modificato la rotta verso la Virginia e aumentato la velocità a sedici nodi finché la USS Sutton non li aveva trovati qualche ora prima, comunicandogli rotta e velocità da mantenere.
Lui vi si era quindi attenuto strettamente, e ora cominciava a chiedersi che cosa ne sarebbe stato di lui e del suo equipaggio, una volta finiti in mano agli americani.
Da lì a un’ora sarebbero stati certamente abbordati, perquisiti e scortati in un porto americano e poi, sperava, rimandati a casa dopo l’interrogatorio: nessuno di loro aveva voglia di finire in un campo di prigionia.

2Salì la scaletta che lo portava in plancia, voleva respirare un po’ di aria fresca e soprattutto assaporare la libertà per un po’ ancora, in fondo non sapeva se sarebbe stato rinchiuso né per quanto tempo.
Dietro di lui si affrettò il generale Kessler, che per l’occasione si era messo la sua uniforme migliore, e che sicuramente avrebbe fatto ‘gli onori di casa’ al gruppo di abbordaggio della Sutton.
Fehler guardò distrattamente l’orizzonte con il binocolo, poi si mise a guardare la sua nave che fendeva il mare come un pugnale: era un mezzo vecchio e stanco e si cominciavano a vedere alcuni segni di decadenza, qualche piccola macchia di ruggine dove la vernice era saltata e lui pensò che in fondo era come la sua nave, vecchio e stanco, era proprio il momento di arrendersi e finire questa guerra.
Venti minuti più tardi aveva ordinato di arrestare le macchine e aveva fatto uscire tutto l’equipaggio in coperta: la USS Sutton era arrivata e li teneva sotto mira con i suoi cannoni.
Sicuramente era una precauzione inutile, U-234 non avrebbe mai potuto competere in velocità, a giudicare dall’armamento la Sutton li avrebbe potuti affondare in svariati modi diversi.
Calarono in acqua due scialuppe con circa una ventina di uomini a bordo, tutti armati e si diressero verso di loro.
Fehler aveva dato ordine ai suoi uomini di collaborare il più possibile, di non fare mosse avventate o stupide, di ricordarsi che il gruppo di abbordaggio era armato e pronto a sparare se avessero fatto qualche sciocchezza.
Dopo altri dieci minuti le due scialuppe erano sotto la fiancata di U-234, i primi americani salirono a bordo con i fucili spianati, avevano già visto l’equipaggio schierato sul ponte, quindi mentre un paio tenevano sotto tiro i suoi uomini, gli altri si infilarono dentro i boccaporti per perquisire ed esaminare il loro sommergibile.
Verso di lui, che era rimasto con il generale in plancia, si diresse un gruppetto di americani e il più alto in grado, un tenente, gli si presentò facendogli il saluto militare.
Fehler rispose con un inglese un po’ stentato, si rivolse al tenente
“Tenente, U-234 si arrende agli Stati Uniti”
“Grazie comandante, la pregherei di unirsi ai suoi uomini sul ponte, mentre perquisiamo il sommergibile.
Se poi potesse anche farmi avere i documenti del mezzo con la lista del materiale e dell’equipaggio imbarcato, ci semplificherebbe notevolmente il lavoro”
Fehler annuì, e cominciò a scendere la scaletta esterna alla vela che portava sul ponte di coperta, una volta là prese un foglio su cui c’era la lista del suo equipaggio e dei passeggeri, che aveva stilato il giorno precedente, quella del carico l’aveva distrutta.
“Tenente, abbiamo buttato a mare tutte le munizioni e le spolette dei siluri, come da vostre disposizioni”
“Perfetto” disse il tenente americano, mentre controllava la lista.

7In quel momento si udì uno sparo provenire da dentro il sommergibile e il tenente istintivamente mise mano alla fondina. Subito dopo dal boccaporto di prua uscì uno degli americani che gridò che era tutto a posto, ma che serviva un dottore.
Fehler immediatamente diede ordine a Manfred, il dottore di bordo, di assistere gli americani e così il medico scese dentro il sommergibile con il tenente americano.
Si chiarì subito che c’era stato un incidente, uno dei soldati americani, che avevano abbordato U-234, aveva sparato accidentalmente e colpito un suo compagno in una natica.
Il ferito fu stabilizzato dal dottore e poi trasportato fuori per essere riportato sulla Sutton, Manfred chiese il permesso di poterlo seguire e curare durante la fase di trasporto.
Sia il tenente che Fehler diedero il loro assenso e i due si scambiarono una lunga occhiata che terminò con un sorriso: in fondo questi americani non erano poi così male, pensò tra se e se Fehler.
“Comandante io resterò a bordo per portare il sommergibile in porto e mantenere i contatti con la Sutton insieme a qualche uomo, il suo equipaggio, tranne un paio di motoristi e lei, saliranno a bordo della Sutton” il tenente era giovane, ma non sembrava aver paura né essere intimidito dai tedeschi, questo piacque a Fehler
“Certamente tenente, seguiremo i vostri ordini”
“Ottimo, faccia salire i suoi uomini sulla scialuppa mentre noi vi contiamo.”
“Tenente, sono il Generale Kessler dell’aeronautica militare e pretendo di parlare con il suo comandante” Fehler e il tenente americano lo guardarono
“Generale, avrà modo di parlare una volta giunti negli Stati Uniti. A bordo della Sutton potrà parlare al comandante” rispose il tenente in un tono secco che zittì il generale che si avvicinò alla scialuppa con aria mesta, tanto che Fehler temette che il monocolo che il generale portava sempre gli cadesse in mare.
“Tenente, a bordo della Sutton dovrebbe esserci qualcuno del vostro FBI. Può riferirgli che Heinrich Hellendoorn ha un documento per lui. Grazie” questa volta la faccia di Fehler era allibita, ma l’occhiata che ricevette in cambio da Hellendoorn lo fulminò.
Quell’uomo non era più un quieto e schivo marinaio, l’occhiata che gli aveva dato faceva supporre che fosse una persona abituata a dare ordini, ad essere ubbidita senza discussioni, sicuramente non un sottotenente di fregata.
Johann-Heinrich stava per riprendere il suo subordinato, ma fu interrotto dal tenente
“Heinrich Hellendoorn eh? Si metta là, in fondo a prua del sommergibile” poi passò la lista al suo aiutante che proseguì nel conto dell’equipaggio, si diresse in un posto meno affollato dove lo aspettava un soldato con una specie di telefono.
Fehler sapeva che si trattava di un Walkie Talkie americano con cui si poteva comunicare su brevi distanze.
La conversazione durò qualche minuto, poi l’ufficiale americano tornò verso di loro e si diresse verso il sottotenente di fregata Hellendoorn, gli comunicò qualcosa che non si poté udire a causa della distanza e del rumore di sottofondo dello sciabordio del sommergibile.
Hellendoorn annuì violentemente, sorrise, gli strinse la mano e si mise in fila con gli altri per salire sulla scialuppa.

3Fehler seguì tutta la scena e cominciò ad interrogarsi sul sottotenente: in effetti era assai strano che un sottotenente della corazzata Tirpitz, affondata nel novembre 1944, avesse trovato imbarco per una missione in Giappone.
Inoltre non sembrava molto un marinaio, gli mancava quella familiarità e quelle agilità tipiche di chi aveva speso anni in mezzo al mare, sempre senza tradirsi, ma Fehler non gli aveva mai prestato molta attenzione, sempre preso da altri problemi, solo ora gli stavano spalancando gli occhi.
Quel sottotenente non era un marinaio, il fatto che avesse dei documenti per il servizio segreto americano fece rabbrividire Fehler: molto probabilmente quell’uomo era un’agente dei servizi segreti nazisti, uno della Gestapo, allora si spiegavano molte cose.
Lo irritò molto la consapevolezza di essere stato ingannato da un suo compatriota che ora cercava di vendere chissà quale segreto in cambio di chissà quale trattamento di favore.
“Sottotenente, non mi ha mai raccontato come ha fatto a salvarsi dall’affondamento della Tirpitz. Immagino sia stato un inferno” lo avvicinò Fehler con l’intenzione di smascherarlo.
Hellendoorn lo scrutò, poi fece comparire un sorrisetto beffardo, annuì e rispose
“Comandante ero a terra quando successe: ero appena sbarcato per una licenza”
“Un colpo di fortuna perché i siluri sganciati dagli aerei l’hanno affondata in pochi secondi: si è salvato solo chi era in coperta”
“Si comandante, una vera tragedia” tagliò corto il sottotenente, mentre cercava di pressare gli altri membri dell’equipaggio per salire sulla scialuppa prima, e liberarsi del comandante, ma questi lo prese per un braccio e lo obbligò a voltarsi verso di lui
“Peccato che la Tirpitz fu bombardata e si rovesciò. La maggior parte dell’equipaggio morì affogata e si salvarono solo in ottantadue, ma sono sicuro che se controllassi la lista dei sopravvissuti non troverei il suo nome vero?” Fehler tenne un tono di voce basso e controllato, che solo uno sprovveduto avrebbe pensato calmo o pacifico, in realtà aveva il sangue che gli ribolliva e, se avesse potuto, avrebbe incenerito l’ufficiale con gli occhi.
8“Comandante non so di cosa stia parlando, in ogni caso ciò che sto contrattando con gli americani è qualcosa che ci permetterà di avere migliori condizioni di trattamento durante tutta la prigionia, sia lei, che io, che tutto l’equipaggio.
La sua fedeltà al Reich è esemplare e per questo verrà ricompensato adeguatamente, non ne dubiti. E ora,” disse divincolandosi dalla presa del comandante “se non le spiace, continuiamo con i nostri compiti”
“Cosa crede Heinrich, che io sia un mercenario come lei? Io sono un ufficiale della marina della Germania, non del Reich, e ho giurato di difendere la mia nazione a costo della vita, non sono un burocrate di partito come lei” la mascella serrata di Fehler sottolineava la rabbia che stava trattenendo a causa della presenza degli americani.
Hellendoorn non gli rispose e assunse nuovamente la sua espressione di mitezza e di persona viscida che, Fehler pensò, cominciava a dargli i brividi.
Finalmente venne il loro turno di entrare sulla scialuppa e Fehler lasciò andare il sottotenente con un po’ di preoccupazione, e il soldato americano li spuntò dalla lista, che risultava completa.
Fehler si ritrovò in sala di manovra con il tenente e quattro marinai americani che si erano strategicamente sistemati al posto del timoniere e delle ali; la sala radio era stata ‘occupata’ dagli americani che si stavano sintonizzando sulle loro frequenze per comunicare con la Sutton; infine immaginò che almeno un paio di uomini fossero in sala macchine.
“Timoniere rotta 274, dodici nodi” comunicò il tenente americano e Fehler controllò rapidamente la rotta e vide che era diretta a Portsmouth negli Stati Uniti.
Fehler pensò che avrebbe avuto molto tempo libero, nei giorni successivi, che la sua presenza a bordo servisse per spiegare e aiutare, in caso, gli americani a manovrare il sommergibile. Così avvenne, nei due giorni successivi di navigazione. In effetti, non ci fu nessun evento particolare, Fehler ebbe occasione di conoscere meglio il tenente americano, Mark Gorland, un ragazzo di venticinque anni con cui discusse durante tutto il viaggio sulle tattiche di guerra navale americane, che Fehler riteneva poco diverse da quelle dei gangster.
Il 17 maggio, nella prima mattina, ricevettero un messaggio dalla Sutton di dirigersi verso la costa del Maine e così fecero, Fehler ovviamente non ebbe né i particolari né il nome della base dove erano diretti. Ufficialmente dovevano sbarcare il marinaio che era stato ferito durante l’abbordaggio che apparentemente era peggiorato.
Fehler passava quanto più tempo possibile in plancia, cercando di memorizzare e imparare la costa americana che aveva già visto, ma soltanto dallo specchio del periscopio: pur essendo il nemico che li aveva vinti e stremati, non riusciva ad odiare gli americani adesso che la guerra era finita.
Guardare la costa all’orizzonte gli dava finalmente un senso di pace e tranquillità, che non provava più da circa sei anni, finalmente poteva fermarsi e riposarsi.
Giunsero nella base militare americana e il suo sommergibile fu di nuovo abbordato da altri americani, mentre dalla Sutton sbarcarono il marinaio ferito, il dottore di U-234 Manfred Franz e Hellendoor.
Fehler fu chiamato all’interno del suo sommergibile perché doveva illustrare il carico ai nuovi arrivati, che sembravano molto interessati allo strano materiale che trasportava nella pancia di ferro del suo sommergibile, in particolare alcune apparecchiature elettroniche che sfruttavano la tecnologia infrarossa e, ovviamente, i contenitori di piombo con dentro l’ossido di uranio.

6“Hellendoor, ha nominato una lista al tenente Gottlieb. È possibile visionarla adesso?” a parlare era stato un uomo sulla cinquantina in divisa da marines che aspettava sulla banchina gli uomini scesi dalla Sutton.
Hellendoor, sorrise cordiale
“Con chi ho l’onore di parlare?” chiese gentilmente
“Sono il maggiore Smith” sorrise questi
“Smith eh? FBI immagino”
“Corretto, adesso vorrei visionare la lista”
Hellendoor tirò fuori da una tasca interna una busta e la porse al maggiore che l’aprì, la guardò e poi si volse verso il sottotenente di fregata con faccia interrogativa
“Mi sta prendendo in giro?”
“No maggiore, questo è la chiave per decodificare la lista vera e propria, che avrete nelle prossime settimane, se l’equipaggio di U-234 verrà trattato adeguatamente e se rispetterete le altre clausole dell’accordo”
“E chi dovrebbe consegnare la lista vera e propria?”
“La riceverete tramite una vostra ambasciata del Sud America, come concordato”
Il maggiore annuì e si mise in tasca la busta con il codice per decifrare la futura lista.
“Molto bene sottotenente, esamineremo il carico per vedere se voi avete mantenuto la vostra parte dell’accordo, mi faccia strada”
E Hellendoor si avviò verso U-234 seguito dal maggiore e da un altro soldato, nessuno notò che il sorriso beffardo era ricomparso, il sottotenente di fregata sembrava soddisfatto come un gatto che ha mangiato il canarino, questa era un detto tipicamente americano che Hellendoor aveva imparato nelle lezioni che la Gestapo teneva per far comprendere meglio la cultura del nemico, per potersi uniformare meglio.

7Il 19 maggio U-234 entrò nel porto di Portsmouth, nel New Hampshire, scortato da due cacciatorpediniere, la Sutton e la Forsyth, mentre sulla banchina affollata di giornalisti li aspettava una pletora di militari americani in divisa accorsi per farsi belli della cattura di un sommergibile tedesco.
Le formalità di attracco presero un po’ di tempo, infine l’equipaggio di U-234 fu fatto scendere dalla Sutton e caricato su dei pullman scortati dalla polizia militare.
Il generale Kessler fu ricevuto da un suo pari grado, prelevato dalla polizia militare e scortato alla macchina del generale americano, con evidente soddisfazione di entrambi: il primo per essersi arreso ad un suo pari e il secondo per aver catturato niente meno che un generale di Hitler.
Infine scese Fehler, accompagnato dal tenente Gottlieb
“Comandante Fehler verrete scortati in prigione a Boston, che è una città a poche miglia da qui, e non in un campo di prigionia e poi verrete interrogati dal personale della marina americana e dai servizi segreti americani: per U-234 ci sarà un trattamento di favore”
Le parole risuonarono in testa a Fehler che si ricordò le parole di Hellendoor, e si ritrovò a pensare che, incredibilmente la Gestapo aveva mantenuto la sua promessa, e che aveva mal giudicato il sottotenente concludendo che stesse pensando solo a se stesso.
“Buongiorno Comandante Fehler, sono il colonnello Donovan a capo di OSS il coordinamento dei servizi segreti Americani, e vorrei scambiare un paio di parole con lei, se non le spiace” Donovan fece un cenno al tenente Gottlieb che si dileguò all’istante.
“Piacere” disse Fehler stringendo la mano di Donovan
“Vorrei cominciare chiedendole come mai avete deciso di arrendervi a noi e non agli Inglesi o ai Canadesi”
Fehler fece una pausa di riflessione e scrutò per bene gli occhi del suo interlocutore.
Capì che non avrebbe potuto mentire più di tanto perché avrebbero comparato le versioni di tutti, ma avrebbe pur sempre potuto omettere i particolari di cui solo lui, o pochi altri, erano a conoscenza.
Inoltre questo Donovan sembrava un duro, uno che dopo tanti anni di guerra non era assolutamente provato né stremato, oltre a parlare fluentemente il tedesco con un lieve accento del sud della Baviera
“Abbiamo pensato che gli Americani fossero meno animosi nei nostri confronti e forse che ce la saremmo cavata con un rimpatrio più rapido” rispose alla fine il comandante di U-234
“E le false comunicazioni ai Canadesi?” insistette Donovan
“Beh. Finire in mano ai Canadesi era lo stesso che arrendersi agli Inglesi” Donovan lo fissò e Fehler si chiese, per un momento, se gli americani non avessero intercettato le comunicazioni Kurier e le avessero decifrate.
“Comandante l’U-234 trasportava uranio arricchito?”
Fehler nuovamente ci mise un po’ prima di rispondere, evidentemente gli americani avevano una rete di spie di gran lunga migliore della loro, o forse era solo durante la capitolazione della Germania che il loro servizio segreto si era perso.
“Colonnello, non sono uno scienziato, sono solo un marinaio e non so nemmeno cosa sia quello che mi chiede, le posso solo confermare che abbiamo a bordo dell’ossido di uranio”
Donovan sembrò molto soddisfatto della risposta e annuì tra sé e sé con un’espressione di auto compiacimento.

Dall’altra parte della banchina l’U-234 era ormeggiato alla Sutton e l’ultimo membro del suo equipaggio si trovava in coperta, al riparo da occhi indiscreti, protetto dal cacciatorpediniere, mentre conversava con un maggiore dei Marines.
“Hellendoor, può dimettere la divisa da marinaio: non le dona per nulla” disse il maggiore porgendo al finto sottotenente un cappotto. Questi si tolse velocemente il berretto e la giacca dell’uniforme e indossò il cappotto chiudendolo tutto fino alla gola.
“Aspetteremo ancora un po’ qui a bordo e poi sbarcheremo nell’indifferenza generale: non vogliamo toppa pubblicità” proseguì il maggiore Smith
“Mi spiace contrariarla maggiore, ma è necessario che io sia fotografato e che la mia foto sia pubblicata almeno su un giornale se volete avere la lista”
Il maggiore annuì, diede una voce al suo aiutante che pochi minuti dopo si materializzò con una macchina fotografica, poi Hellendoor si diresse verso la barca con cui altri soldati americani erano arrivati a bordo di U-234, dall’altra banchina che era riservata al personale militare della base.
Mentre si imbarcava seguito dal maggiore sentì i ‘clic’ della macchina fotografica, si voltò sorridente poi si imbarcò.
Il maggiore Smith pensò che il sorriso fosse il messaggio in codice per chiunque avesse letto l’edizione di domani dei giornali, che la transazione fosse andata a buon fine e che la lista poteva essere consegnata. In realtà il sorriso di Heinrich Hellendoor, o ‘Heinrich Gestapo’ come lo chiamavano i suoi collaboratori, era genuino: l’Operazione Fenice stava entrando nell’ultima fase.

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40 pensieri su “U-Boot XIV

  1. Un capitolo molto bello caro Milord.
    Me lo sono letta e riletta.
    Una analisi della situazione politica e militare che ti fa respirare, proprio, il periodo.
    Tutte queste cose le avevo viste nei film.
    Qua le sto vivendo come se fossi proprio li.
    Bello

    Ciao e buona domenica

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    • Annelise Baum

      Vi ringraziammo, mia signora, per l frasi gentili dedicateci.
      L’analisi politica del periodo venne vagliata attentamente.
      Ci troviamo agli sgoccioli di una guerra che fece morti e disgrazia dappertutto.
      la fase finale, infatti, fu più impegnative della guerra stessa. i giochi erno fatti e i giocatori, necessariamente, sarebbero dovuti venire allo scoperto. E sarebbe stata una bella sorpresa per tutti.
      La “Fenice” era pronta per spiccare il volo.

      Grazie per esserci e cordialità

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  2. Che dire, caro Ninni.
    La drammaticità di questo capitolo e tutto l’insieme ci sta tutto. Stiamo vivendo momenti drammatici che sembrano scaturire da chissà quale ambiente “particolare”.
    Io credo proprio che tu ti sia ispirato a un “qualcosa” realmente accaduto.
    Sotto forma di romanzo, diventa interessante.
    Se te lo dico a un orecchi non ci si crede.
    Grazie per queste pagine memorabili.
    Ciao

    Francesco

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    • Spillo

      difficile potervi dire, carissimo Spillo se gli avvenimenti testé descritti furono ispirati o meno.
      vedemmo, già, la vostra espressione stupita ma, credeteci, sappiamo quello che vi stiamo significando.
      Abbiate le nostre vivissime cordialità.

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    • Gianluigi

      Mio signore, se potessimo valutare quanto e cosa poniamo in regalo, continuamente, sicuramente non staremmo qua.
      Passeremmo dall’altro lato della barricata per godere dei regali stessi.

      🙂

      Abbiate le nostre migliori cordialità

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  3. Per cambiare, intanto, mi sono stampata anche questo capitolo (siamo a 385 pagine fino adesso del tuo romanzo)
    Sto usano una stampante laser a colori configurata alla massima qualità e devo dire che le stampe ottenute sembrano quelle di una casa editrice.
    Me lo sono letta come se si trattasse di un libro di preghiere e ho continuato a tornare indietro, nei periodi, per fissarmi bene, nella ente, i passaggi.

    Un capitolo veramente bello e importante. Un capitolo che parla di uomini e delle loro tragedie.
    Ispirato proprio.

    Adesso mi manca quello che continua.
    Che sofferenza.

    Con i capitoli stampati e quelli che arriveranno sta venendo una bella cosa proprio che farà un gran bel figurone nella mia biblioteca.

    Ciao milord del mio cuore.
    Un bacio

    Eleonora

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  4. L’Operazione Fenice (la rinascita dalle proprie ceneri?) in atto e con un’intercalare divino.
    Dialoghi mozzafiato e analisi dei personaggi veramente propria e perfetta.

    Mi chiedo, milord, se tu non fossi stato personalmente la….
    In ogni caso hai una facoltà di immedesimazione e la caratteristica di scrittura che mi lascia stupita proprio.
    Un capitolo bello e importante e non è escluso che me lo possa rileggere per assaporare, in pieno, la bellezza di questi momenti terribili da te descritti.
    Divino proprio.

    Buona domenica

    PS: ma sai che forse me lo stampo anch’io?
    Brava Eleonora, mi hai dato un’idea.

    Buona giornata e buona domenica.,

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  5. LA LETTERA.

    Ghotenafen
    13 maggio 1941

    “Buona mattina a Voi, Mio Amato,
    albeggia, e i miei pensieri sono già rivolti a Voi.
    Pensieri ora lieti, poi malinconici,pensieri pieni d’amore e di speranza,
    a tratti di nuovo tristi, nell’attesa che il destino esaudisca i nostri desideri. Posso vivere soltanto unita strettamente a Voi e, non altrimenti. Ho deciso di scrivervi questa missiva, e spero Vi giunga prima del vostro imbarco. Ieri sera, mi avete comunicato che il Comando Tedesco, Vi porterà lontano da me. Null’altro. La lontanaza non limiterà il Nostro amore, finché vorrò stringermi tra le Vostre braccia e sentirmi perfettamente a casa, che accanto Voi sarà Infinita ed eterna. La mia anima, circondata dal Vostro essere, Vi attenderà. Il Nostro amore ha fatto di me la più felice e nello stesso tempo la più infelice delle donne.
    Amatemi oggi e domani, come mi amaste ieri.
    Io attenderò il Vostro ritorno.
    I miei servitori, continuano aggiornarmi, e so che la situazione è seria.
    Mi hanno comunicato che la Supercorazzata “Bismark”, che Voi comanderete, dovrà affrontare in mare aperto la flotta britannica. Il mio cuore è stretto in una morsa. Ecco quello che non volevate dirmi nella notte scorsa. Sapevate quanto sarei stata in pena per Voi. Quanta nostalgia, quanto rimpianto Ho di Voi, Mio Gunther. Quanti giorni consumati senza dirvi quanto Vi amavo. Ora comprendo il gesto di lasciarmi il Vostro Sigillo. “Verrò a riprenderlo al mio ritorno, e voi diverrete mia moglie”.
    Queste le Vostre parole.
    Che ora rieccheggiano come un’oscuro presagio tra queste stanze.
    Vi attenderò ora e per sempre. Vi amo ora e per sempre.
    Che la mia forza e il mio amore siano con Voi.

    Eternamente Vostra. Emilia Di RoccaBruna”.

    L’UOMO.
    Günther Lütjens (25 maggio 1889-27 maggio 1941) è stato un grande ammiraglio tedesco. Nato a Wiesbaden, figlio di un commerciante, si arruola nella Marina nel mese di aprile 1907, per poi entrare nel collegio navale di Kiel nel 1908. Viene imbarcato nella nave scuola SMS FREYA come cadetto e nel 1909 fu assegnato alla incrociatore SMS Elsaß.
    Nello stesso anno, il 19 maggio affonda quattro torpediniere e altrettanti cacciatorpediniere francesi, guadagnandosi il soprannome di “Audace e Coraggio”, aumentando la sua reputazione. Dopo la Grande Guerra, la Marina Imperiale tedesca cessa virtualmente di esistere e Lutjens emigra nella Marina Mercantile fino al 1923. Verso la fine del 1923, Lutjens ritorna nella Marina della Repubblica di Wieman come ufficiale al Comando della Marina Militare del terzo Reich. Raggiunse il grado di capitano nel 1933 e nel 1940, viene nominato Ammiraglio. Nel novembre 1938 contrario al massacro messo in atto durante “la notte dei cristalli”, formalizza la sua protesta per iscritto al Comando della Marina Militare. Ha combattuto sulle torpediniere nella prima guerra mondiale; negli anni 30 ha comandato l’incrociatore Kalsrhhe. Durante la campagna di Norvegia, nel 1940, aveva sostituito l’ammiraglio Marschall sullo Gneisenau, come comandante di flotta,ed era stato decorato con la croce di ferro di cavaliere. Era un uomo dedito completamente al servizio, coraggioso, sincero, stoico, austero, taciturno ed era considerato uno dei piu’ capaci ufficiali della marina Tedesca, molto logico e perspicace, incrollabile nelle sue convinzioni e con una forte ed affascinante personalità. Animato dal fervore nazista e dall’obbedienza suprema al Führer il suo comandante, Günther Lütjens, condurrà la “Bismark” verso un’agognata gloria che si tramuterà inevitabilmente nella disfatta, nel tentativo di eseguire fino in fondo gli ordini del Fürher che lo voleva come vincitore dell’atlantico.

    L’Ammiraglio Günther Lutjens,
    muore a bordo della Bismark il 27 maggio del 1941.

    LA STORIA.
    La Bismarck, la corazzata più potente mai costruita e messa in mare dalla marina nazista, naviga nei mari atlantici con l’obiettivo di aprire una via di passaggio alla flotta del terzo Reich al fine di intercettare e distruggere i convogli di truppe dell’esercito alleato, inviati a sostenere la guerra di confine.
    Il 23 maggio le forze inglesi provenienti da Scapa Flow erano in attesa a sud est dell’imboccatura del canale, ma le pessime condizioni atmosferiche resero impossibili ogni forma di avvistamento, tanto che la maggior parte degli aerei incaricati della ricognizione furono fatti rientrare a causa della fitta nebbia che limitava la visibilità a circa 400 metri; dell’identico problema soffrivano tanto la squadra tedesca quanto i due incrociatori inglesi che si trovavano a nord est dell’Islanda, ma alle 19.22 il radar del Suffolk scoprì le due navi tedesche ad una distanza di circa 7 miglia. Immediatamente fu data comunicazione alle altre navi inglesi ed il Norfolk si diresse verso il punto di avvistamento e, complice una breve schiarita, scorse le due unità tedesche a meno di 6 miglia di distanza. Il capitano di vascello Robert Meyric Ellis, comandante dell’incrociatore inglese HMS Suffolk.
    La Bismarck, avvistato l’incrociatore inglese, aprì il fuoco alle 20.30, senza tuttavia colpire il Norfolk, che si allontanò al riparo di una cortina fumogena, mentre il Suffolk continuava a seguire con il radar la squadra tedesca senza avvicinarvisi, mantenendo una distanza di circa 10 miglia, ma trasmettendo costantemente messaggi sulla posizione delle navi tedesche alla squadra comandata dal contrammiraglio Holland che si stava avvicinando da sud. L’ammiraglio Lütjens in quel momento si rese conto che i suoi movimenti erano costantemente seguiti dalle unità inglesi e, visto lo scemare dell’elemento sorpresa, si domandò se fosse il caso di abbandonare l’operazione e di fare rientro in Germania. Decise in ogni caso di proseguire e, mentre la Hood e la Prince of Wales si trovavano ormai a circa 120 miglia dalle sue navi, alle ore 24.00 il contatto radar da parte del Suffolk, a causa di una tempesta di neve, fu perso e ne fu data immediata comunicazione alla squadra di Holland, il quale prese in considerazione la possibilità che le navi tedesche, ormai scoperte, potessero avere invertito la rotta, dirigendosi a nord con lo scopo di seminare i due incrociatori inglesi.
    24 maggio: l’affondamento dello Hood. L’incrociatore da battaglia HMS Hood, fotografato dalla corazzata HMS Prince of Wales. Alle ore 00.16 del 24 maggio, sulle due navi da battaglia inglesi fu dato il comando actions stations, posto di combattimento, e, mentre i cacciatorpediniere di scorta avanzavano velocemente verso nord per allargare il raggio della ricerca, Holland chiese al capitano Leach, comandante della Prince of Wales, se vi era la possibilità di fare decollare il suo aereo anfibio Walrus, ricevendone tuttavia una risposta negativa, giudicando questi impossibile qualsiasi ricognizione in condizioni di così scarsa visibilità ma, alle ore 02.47, il Suffolk ritrovò il contatto radar e fu in grado di fornire informazioni sulla velocità e sulla rotta della squadra tedesca. Alle ore 04.00 del 24 maggio Holland stimò che, in base alla rotta presunta della squadra tedesca, la Hood e la Prince of Wales l’avrebbero incrociata intorno alle 05.30 ed infatti, esattamente alle 05.35 del mattino, le sagome delle due navi tedesche apparvero ad una distanza di circa 17 miglia ma, forse nella fretta di ingaggiare battaglia, il contrammiraglio inglese commise due gravi errori che risultarono fatali: le due navi da battaglia inglesi si avvicinarono troppo e troppo velocemente, navigando ad una velocità di 28 nodi, su di una rotta quasi perpendicolare alle navi tedesche, togliendosi la possibilità di utilizzare le artiglierie poppiere, ed il Prinz Eugen fu scambiato per la Bismarck e quindi l’ordine di apertura del fuoco, impartito alle 05.52, fu indirizzato contro quest’ultimo invece che sulla corazzata. La corazzata tedesca Bismarck viene colpita durante lo scontro con le unità inglesi. Le prime salve da 381 mm provenienti dallo Hood si infransero a poca distanza dal Prinz Eugen e, mentre le due unità inglesi concentravano il fuoco sull’incrociatore pesante tedesco,
    la Bismarck, alle 05.55, aprì il fuoco con tutte le sue batterie da 380 mm, mancando tuttavia il bersaglio, ed il primo centro si registrò circa un minuto dopo, quando un proiettile da 200 mm esploso dal Prinz Eugen colpì lo Hood, provocando un principio di incendio dovuto all’esplosione di una catasta di munizioni antiaeree stivate in coperta ma, esattamente alle ore 06.00, mentre la nave inglese stava accostando per utilizzare tutte le sue batterie, venne colpita a centro nave dalla quarta bordata esplosa dalla Bismarck che sfondò il ponte di coperta andando ad esplodere in tre depositi di munizioni che, a causa dell’enorme deflagrazione, fu spezzata in due parti affondando rapidamente, portando con se 1428 uomini dell’equipaggio, di cui solo 3 riuscirono a salvarsi.L’ultima immagine dell’incrociatore da battaglia HMS Hood, ripresa durante l’affondamento.
    Il rapido affondamento dello Hood permise alle due navi tedesche di concentrare il fuoco sulla Prince of Wales, in quel momento distante solo 12 miglia, ed infatti, alle 06.02, anche la corazzata inglese fu colpita da proiettili sparati da entrambe le unità tedesche che la danneggiarono gravemente, costringendola, alle 06.13, a disimpegnarsi dietro una cortina fumogena facendo rotta verso l’Islanda, ed il contrammiraglio Wake-Walker decise di interrompere la battaglia, impartendo comunque ordine al Norfolk ed al Suffolk di mantenere il contatto, in attesa dell’arrivo della squadra di Tovey per l’inseguimento della squadra tedesca che era riuscita a penetrare nell’Atlantico, non riuscendo tuttavia, a dispetto del grande successo ottenuto, a realizzare l’intento di passare inosservata attraverso lo stretto di Danimarca. Lütjens era consapevole che la flotta inglese da quel momento sarebbe stata sulle sue tracce ed a questo problema si aggiungeva il fatto che, durante lo scontro, anche la Bismarck era stata danneggiata: un colpo, proveniente dalla Prince of Wales, aveva colpito la prua provocando una falla da cui erano entrate circa 2.000 tonnellate di acqua, provocando l’abbassamento della prua di circa tre gradi e la riduzione della velocità a 28 nodi, mentre un altro colpo aveva centrato la nave al di sotto della linea di galleggiamento, danneggiando alcuni serbatoi di carburante e le valvole di distribuzione che provocarono la perdita di 1.000 tonnellate di nafta. L’ammiraglio Lutjens prese quindi la decisione di condurre la Bismarck verso il porto di Brest o di Saint-Nazaire per le necessarie riparazioni, lasciando libero il Prinz Eugen di proseguire la sua missione, con rotta in direzione dell’Atlantico centrale, alla ricerca di convogli alleati. A seguito dello scontro avvenuto nello stretto di Danimarca l’ammiragliato inglese chiamò a raccolta tutte le forze disponibili per inseguire ed affondare la Bismarck: oltre al Norfolk ed il Suffolk, uniti alla squadra di Tovey, comprendente la corazzata King George V, la portaerei Illustrious e l’incrociatore da battaglia Repulse, si diresse verso nord la Forza H proveniente da Gibilterra quasi al completo, con una formazione imponente che comprendeva la portaerei Ark Royal, le corazzate Ramilles e Rodney, l’incrociatore da battaglia Renown, l’incrociatore Sheffield, integrata da 6 cacciatorpediniere di scorta.
    Il primo attacco verso la corazzata tedesca fu effettuato da 8 aerosiluranti Swordfish, provenienti dalla portaerei Victorious ed un siluro lanciato da uno di essi colpì la Bismarck danneggiandola gravemente, condannando a morte parte dell’equipaggio.I superstiti della Bismark venirono tratti in salvo dall’incrociatore inglese HMS DorsetshireAlle ore 03.16 del 25 maggio. Il Suffolk perse il contatto con la nave tedesca e per tutta la giornata,
    nonostante le sortite degli Swordfish, decollati dalla Victorious alla sua ricerca, non fu possibile ristabilirlo fino alle 10.36 del 26 maggio, quando un idrovolante Catalina, decollato dalla base di Lough Erne, in Irlanda del Nord, avvistò la Bismarck, distante in quel momento circa 700 miglia da Brest e 130 dalla corazzata King George V, ed, alle 14.30, partì un secondo attacco di aerosiluranti, decollati dalla portaerei Ark Roya ma questi, a causa della scarsa visibilità, lanciarono i loro siluri contro lo Sheffield, scambiato per la Bismarck, che tuttavia riuscì ad evitare di essere colpito. Alle 19.00 fu lanciato un terzo attacco di aerosiluranti ed alle 19.50 la corazzata tedesca fu colpita in vari punti della murata, senza subire danni ma un siluro colpì l’unico punto indifeso della nave ossia il timone, costringendola a ridurre notevolmente la velocità e rendendola non più manovrabile.
    Alle ore 08.15 del 27 maggio il Norfolk trasmise l’esatta posizione della Bismarck alle corazzate Rodney e King George V nel frattempo sopraggiunte ed alle 08.47 entrambe le corazzate aprirono il fuoco, seguite poco dopo dal Norfolk e dall’incrociatore HMS Dorsetshire; la corazzata tedesca si difese ma la quantità di proiettili che stava ricevendo ne ridusse progressivamente la capacità offensiva ed alle ore 10.00 essa cessò completamente il fuoco, continuando tuttavia a rimanere a galla, ed alle 10.15 il Dorsetshire ricevette l’ordine di accostarsi e di finire la nave con i suoi siluri; contemporaneamente a bordo della Bismarck i marinai tedeschi prepararono delle cariche esplosive per autoaffondare la nave ed alle 10:40 essa si rovesciò e affondò. Solo 110 marinai vennero salvati dal Dorsetshire e dal cacciatorpediniere HMS Maori in quanto, dopo che l’opera di soccorso era iniziata solo da un’ora, fu segnalata la presenza di un U-Boot e di una nave meteorologica tedesca, la Sachsenwald che indusse le unità inglesi ad allontanarsi e ad abbandonare i superstiti al loro destino. Nella battaglia e dopo l’affondamento della nave persero la vita 2.091 marinai,
    tra cui l’ammiraglio Günther Lütjens ed il comandante della nave Ernst Lindemann. Il 1 giugno l’incorciatore pesante Prinz Eugen, sottrattosi alle ricerche inglesi, raggiunse il porto di Brest.

    Dopo l’Operazione Rheinübung la Kriegsmarine non tentò più, data la pesante sconfitta subita in seguito alla perdita della Bismarck, di entrare nell’Oceano Atlantico con forze di superficie, e, nel febbraio del 1942 fu dato ordine di trasferire le forze presenti a Brest, la Scharnorst, la Gneisenau e lo stesso Prinz Eugen, nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, mentre la successiva entrata in linea della Tirpitz, che avrebbe operato principalmente nel Mare del Nord, costrinse la Royal Navy a tenere due squadre di incrociatori costantemente in mare per sorvegliare il Canale di Danimarca e lo spazio tra le isole…

    (Parte della storia è fonte Web e Wikipedia)

    “E FU COSI’ CHE L’AMMIRAGLIO LUTJENS PERI’.
    ED IO, NON SMISI MAI DI AMARLO. MAI.”

    Emilia Di Roccabruna

    (senza log-in)

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    • Cara Donna Emilia di Roccabruna, ti rileggo dopo tanto e tanto tempo, proprio qua che è il nostro del nostro punto d’incontro e ritrovo: il milord.
      Leggo di Gunther e non posso fare a meno di pensarlo a bordo di una nave da guerra mentre da disposizioni perché, il dovere, il proprio dovere, possa essere soddisfatto con la precisione di chi ha giurato fedeltà alla patria e ai cittadini.

      Come in questo romanzo, molti Gunther si opposero alle brutalità (da qualsiasi parte possano essere arrivate) pur di salvare la parte buona della patria stessa.
      Leggere della lettera mi ha confortata.

      Una lettura sempre bella.
      Ringrazio Ninni milord che ci ospita nel suo Blog e ci permette di vivere.
      Semplicemente di Vivere.

      Grazie Donna Emilia di Roccabruna e grazie lord Ninni.

      Vi stringo con grandissimo affetto.

      I miei rispetti
      Nì Ghail
      Slàn

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    • Donna Emilia Di Roccabruna
      Senza log-in

      E’ un grandissimo onore e piacere potervi ospitare, nuovamente, presso queste pagine da voi nobilitate con la presenza.
      Le lettere e la storia di Günther che seguimmo con gioia e interesse presso la vostra magione, ci interessò da sempre.
      Abbiate, donna Emilia, le nostre migliori e più sentite cordialità

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  6. Un lavoro sovrumano, caro Ninni, con particolari-anzi dovizia di particolari-veramente colorati e sottolineati.
    Una scrittura professionale, nobile, bella che ci fa amare la storia e i fatti narrati.

    Come mi sentirei se fossi stato lì, presente?
    Probabilmente avrei avuto paura, o forse no, molta paura, chissà. Ci sei tu che ci racconti di quelle paura, delle nostre paure, regalandoci momenti magici comunque.
    Grazie amico mio.

    Buona domenica

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  7. Una bella rappresentazione, in parole, di un mondo piccolo e di opportunisti che correva per salvarsi.
    Un mondo che è sparito … o forse no? Ninni, vienici in aiuto.
    Sembra tu sappia…
    Dove finisce la finzione ?
    Dove inizia la realtà?
    Bel capitolo milord.
    Bellissimo

    Oggi sono ispirata (vado di là, in quello delle chiacchiere, per farmi due risate)
    Ciao
    Buona domenica

    lamanuallegra

    🙂

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    • Manuela Rovati

      Un piccolo mondo, milady, che però nella sua piccolezza mentale, e enormità materiale, coinvolse molte vite.
      Dall’una all’altra parte, coinvolse nella perdita anche la parte esistenziale dei più minimi valori umani.
      Indiscutibilmente certi valori devono essere decantati dai bisogni.
      Abbiamo, però, la forza per sacrificarci verso il prossimo e costruire qualcosa di decente?
      Se sì, il discorso è chiuso.
      Se no, potrete continuare la visione dei rimanenti capitoli.

      Grazie e cordialità

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  8. Sherazade

    Vi ringraziammo, mia signora, per aver dedicato parte del vostro tempo alla lettura considerativa del capitolo domenicale.
    Vi augurammo, nelle more della presente, che la Vostra ricerca documentale possa e potrà esservi di ausilio e soddisfazione.
    Abbiate, mia signora, le nostre più sincere cordialità.

    Ninnicherispondeall’inchinoerilancia

    😀

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  9. Imperdibile come capitolo.
    Tra i protagonisti si svolge con la tua perfezione, un dialogo che soltanto chi sa scrivere con una grandissima bravura come la tua, riesce a definire.

    Mi ha coinvolta proprio.
    Ma sai che sento il mare e la salsedine mentre leggo?
    Il momento è drammatico: ci si è messi d’accordo con il nemico.

    Buongiornno Nì

    🙂

    Lilly

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    • Lilly Simoncelli

      E’ nella dualità delle cose, mia signora, significare un giusto equilibrio tra il bianco e nero.
      La vittoria o la sconfitta. Un equilibrio che deve cedere alla forza bruta dei contendenti (il più forte vince, ecco perché è stupida la guerra), ma l’intelligenza fa vincere comunque.

      Grazie

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  10. Perdonatemi milord, arrivo in ritardo ma ciò non significa che non abbia letto fino all’ultima riga e tutti i commenti. Il vostro scritto è sempre più vero, in quella realtà così complessa che al giorno d’oggi ben pochi conoscono. Il Commento di donna Emilia di Roccabruna mi ha molto toccato, conoscendo bene la storia.
    A presto dunque per continuare a condividere.
    Un abbraccio Milord, sincero

    Giovanna

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  11. So di arrivare tardi, me ne scuso, ma sono qua, interessata alla storia e alla Storia, che in qualche passaggio mi sfugge e il vostro racconto sta contribuendo a ricordare, incasellare, chiarire, riprendere avvenimenti e linguaggi.
    Resto sempre favorevolmente colpita dal periodare fluido e avvincente, particolareggiato e serrato. Complimentissimi davvero!

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