U-Boot XX

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1Caleta de los Loros – Argentina – 19 gennaio 2010 ore 09.12
Fred si stiracchiò al sole tiepido della pampa argentina. La temperatura, per essere estate, non era un granché, forse la latitudine o forse avevano imbroccato il periodo fresco, tuttavia con il maglione si stava bene.
La notte era trascorsa agitata e Fred aveva finito per non dormire molto a causa dell’emozione dell’immersione che avrebbe fatto oggi: più volte era stato sul punto di svegliare Kate, per parlare un po’ o scambiarsi qualche coccola, ma poi aveva sempre desistito dall’idea ritenuta troppo egoistica.
Tutta notte si era immaginato cosa avrebbe trovato, visto che dava per scontato che sotto quel mare azzurro c’era un sommergibile, e aveva vagliato diverse possibilità.
Aveva persino immaginato di dover combattere con gli incursori della marina argentina mandati per impedirgli di trovare il sommergibile, poi ovviamente l’immancabile squalo e infine aveva fantasticato su un sommergibile intatto con il suo carico di lingotti d’oro del Terzo Reich.
Fortunatamente l’alba lo aveva distratto da tutti questi pensieri, aveva quindi deciso di alzarsi, senza svegliare Kate che in realtà aveva dormito molto agitata anche lei.
Si era preparato fisicamente con un po’ di yoga e infine aveva preparato tutta l’attrezzatura, controllando più volte, come da addestramento militare, le dotazioni di sicurezza.
Quando Kate uscì a sua volta dalla tenda aveva la faccia di chi ha dormito poco e male, con tutti i capelli arruffati e gli occhi con le occhiaie grigie.
“Ciao Amore” esclamò subito Kate quando vide il suo uomo che stava armeggiando con le bombole
“Buongiorno tesoro, hai dormito?” chiese Fred tenero
“Non molto” sorrise lei
“Neanche io, così appena c’è stata abbastanza luce sono uscito a preparare tutto: il gommone è già gonfiato ed ormeggiato, gli ho già messo anche il motore ma non la benzina, la mia attrezzatura è pronta, devo solo indossarla, ma aspettavo te per fare colazione”
“Sei agitato?”
“Il mio istruttore dei Seals mi diceva sempre ‘diffida del marinaio che non ha paura prima di una missione’, ma confesso che non ero così agitato dai tempi della mia prima missione” scherzò Fred, poi cominciò a prendere le cose per la colazione e si mise a preparare il caffè sul fuoco che aveva acceso, aspettando che Kate si svegliasse.
Mangiarono in maniera sostanziosa, uova e pancetta che avevano comprato all’ultima sosta per fare gasolio e aprirono una scatola di fagioli che l’amico Sten aveva incluso nelle dotazioni.

8Fred si era bevuto il suo solito bicchiere di latte e con la mente era ritornato ai giorni dell’addestramento, così si era calmato e aveva cominciato a fare esercizi di respirazione per aumentare l’ossigenazione del sangue e placare l’ansia.
Mezzora più tardi stava già indossando la muta, mentre Kate caricava il gommone con le bombole e il resto dell’attrezzatura: non sapendo bene cosa lo avrebbe atteso si erano decisi di imbarcare quanta più roba possibile.
Kate e Fred avevano fatto un accordo che prevedeva che la prima immersione l’avrebbe fatta Fred da solo mentre Kate sarebbe rimasta di appoggio sul gommone, altresì Fred aveva promesso che nell’immersione sarebbe stato prudente e si sarebbe limitato a fotografare le cose, senza entrare nel sommergibile da solo.
Fred, in effetti, era un po’ preoccupato della situazione che avrebbe potuto trovare, soprattutto in che condizioni sarebbe stato il sommergibile: poteva essere completamente insabbiato e in quel caso avrebbero dovuto ingegnarsi per scavarlo fuori della sabbia oppure un rudere completamente distrutto.
Kate aveva accettato l’accordo, ma non era stato facile perché aveva acconsentito solo a patto che nella prima immersione ‘esplorativa’ Fred si limitasse a scattare foto, sondare lo stato del vascello, per assicurarsene lo avrebbe sicuramente mandato giù solo con la macchina fotografica e il tridente per sondare quanta sabbia copriva il relitto.
Per scongiurare eventuali problemi Fred, mentre Kate dormiva ancora, si era premunito con una sacca di attrezzatura supplementare legata ad un anello sotto la prua del gommone che avrebbero bellamente trascinato fino alla posizione convenuta.
Per non rischiare la sacca conteneva una torcia, un piede di porco, un fucile subacqueo, una bussola e un palloncino da sommozzatore.
La riva da cui partirono era sabbiosa e il mare non diventava profondo subito, anzi creava delle lingue di sabbia ad una distanza di qualche decina di metri dalla riva. Fred aveva controllato chissà quante volte le foto satellitari il fondo del mare scendeva dolcemente fino al relitto che era posizionato in quello che sembrava essere il letto di un fiume, nelle foto satellitari, ma che in realtà era il solco scavato dalle correnti alla foce dei fiumi che stagionalmente si formavano e gettavano in questa splendida caletta.
Così fece salire Kate sul gommone e lo spinse fino alle isole di sabbia per paura che l’elica toccasse il fondo, poi quando vide che l’acqua era sufficientemente profonda si issò con un gesto fluido sul gommone, mise in acqua l’elica e fece partire il motore tirando la cordicella un paio di volte.
7Kate accese subito il suo ricevitore GPS e cominciò a dare direttive a Fred per raggiungere il punto che gli aveva indicato, ormai tanti mesi prima, l’amico Sten.
Il punto distava poco più di un chilometro dalla costa da dove erano partiti e sembrava essere più o meno nel centro della caletta: Fred per un attimo provò ad immaginare cosa avesse visto il comandante dell’U-Boot quando ci si era infilato ormai sessantacinque anni prima.
Pensò che probabilmente era stata notte quando aveva attraccato e molto probabilmente aveva arenato la prua per consentire lo sbarco delle persone ed eventuali merci, infine prima dell’alba era ritornato indietro per affondare il suo mezzo e cancellare ogni prova.
Arrivati in posizione Kate lo fece fermare e poi getto la piccola ancora a quattro rebbi di cui era dotato il gommone, sperando che il fondo non fosse composto solo da sabbia fine e che quindi il gommone restasse più o meno in posizione per tutta la durata dell’immersione di Fred.
Dal canto suo l’ex Seal si era già premunito avvertendo Kate che sarebbe potuto restare sotto per parecchio tempo, visto che molto probabilmente avrebbe dovuto scavare un po’ nella sabbia per arrivare al ‘metallo’.
Si mise le bombole sulle spalle e provò il respiratore: tutto era in ordine; regolò il cronometro e si strinse la cintura dei pesi, infine strizzò l’occhio a Kate e le mandò un bacio e con un colpo di reni si butto in mare, di spalle.
L’acqua era fredda, più fredda di quello che si aspettasse, la sua mente immediatamente tornò ai giorni dell’addestramento quando restavano seduti in una pozza per ore, nell’acqua gelata, mentre l’istruttore li bagnava con un getto di acqua fredda gridandogli che il freddo non esisteva se non nelle loro menti.
Poi, dopo pochi minuti, l’acqua nella muta si scaldò e Fred si rilassò sentendosi più a suo agio. Si diresse subito alla sacca e con un colpo del suo coltello affilatissimo recise la corda che l’assicurava al gommone e cominciò a scendere dando dei colpi vigorosi di pinne.

5Il profondimetro segnava 15 metri quando raggiunse il fondo sabbioso della caletta e appoggio la sua sacca. Kate lo aveva portato nel punto indicato dalle coordinate GPS che, Fred aveva controllato su Google Earth, corrispondevano alla vela del sommergibile, si guardò in giro nella speranza di vedere qualcosa perché altrimenti avrebbe dovuto scavare.
In effetti alla sua sinistra notò una conformazione che usciva dalla sabbia e guardandola attentamente si rese conto che poteva essere un pezzo della torretta di un sommergibile: la forma vagamente tondeggiante e le classiche incrostazioni marine che crescono sul ferro fecero incuriosire Fred.
In pochi istanti fu sopra la struttura, la ripulì manualmente, ma si rese conto che ciò che emergeva era un tratto di non più di un paio di metri di lunghezza e che sporgeva dalla sabbia per circa cinquanta centimetri.
In quelle condizioni e ricordandosi i disegni costruttivi di un U-Boot tipo XXI, quale lui pensava fosse quello sepolto, capì che avrebbe dovuto lavorare per giorni per togliere la sabbia che ostruiva l’ingresso al sommergibile e in più non disponeva degli strumenti giusti.
Si guardò intorno frustrato, dopo mesi di studi, di pianificazione e sogni non poteva finire tutto così: soprattutto non aveva nemmeno elementi sufficienti per asserire con certezza che si trattasse di un sommergibile.
Nel dubbio scattò un paio di foto anche se, mentre lo faceva, sentiva la voce dell’armatore che lo derideva dicendogli che quella era la foto di un silos dell’acqua, buttato nella caletta per disfarsene.
Sconfortato provò ad ipotizzare cosa stava guardando di preciso e come sarebbe stato orientato il sommergibile se fosse stato libero dalla sabbia che lo celava.
Si attaccò alla parte di vela che sporgeva e immaginò di essere attaccato alla murata, a dritta della torretta: dall’inclinazione della stessa stimò che il sommergibile era inclinato di almeno 45 gradi verso sinistra e appoppato di almeno 20-30 gradi. Il numero identificativo del mezzo, U-qualchecosa, era a più di un metro di profondità di sabbia, quindi alcune ore di scavo con le mani: decisamente troppo per le riserve di aria che aveva nelle bombole che avrebbero garantito novanta minuti massimi di immersione.
Si ricordò che il tipo XXI aveva anche un portello anteriore per caricare i siluri, a circa sedici metri dal centro della vela: considerato che non vedeva alcuna traccia delle torrette di mitragliatrice che caratterizzavano la vela di un tipo XXI stimò di essere più o meno a metà dalla vela, si girò quindi verso quella che riteneva la prua e provò a percorrere sedici metri ma trovò solo sabbia.
Provò a ragionarci un po’: magari aveva confuso prua e poppa e in realtà si era mosso nella direzione sbagliata, ma controllando la bussola e ricordandosi le foto satellitari seppe che si era spostato verso prua; forse non aveva percorso esattamente sedici metri, ma all’incirca si era sbagliato di poco, e dalla sabbia che lo circondava capì che il ‘mostro’ di ferro a cui dava la caccia si celava tutto sotto molti metri cubi di sabbia, che non aveva modo di spostare. Certo avesse avuto la Regina delle stelle, invece del gommone, la cosa sarebbe stata molto diversa, avrebbe fatto calare una girante e avrebbero cominciato a pompare creando una specie di ‘vento’, un flusso di acqua che avrebbe spostato la sabbia ‘soffiandola’ via.
5Il pensiero lo riempì ancora più di frustrazione, poi si decise che il tempo per le recriminazioni sarebbe venuto fuori dall’acqua e che adesso aveva ancora un lavoro da svolgere e non si sarebbe certo arreso alla prima difficoltà.
Proseguì quindi ancora verso prua, pensando che magari una parte di essa potesse uscire dalla sabbia ed aiutarlo a confermare almeno che si trattava di un sommergibile e magari anche di un tipo XXI. Dopo quella che stimò essere la stessa distanza che aveva percorso dalla vela, si trovò di fronte ad una conformazione di incrostazioni marine tipiche, di quelle che aveva visto in gran quantità su tutti i relitti metallici che aveva incontrato nella sua vita, ma soprattutto restò estasiato nel vedere che sotto a questa conformazione c’era una buca di alcuni metri che lasciava scoperta una struttura metallica arrugginita e incrostata dal tempo.
Il cuore gli balzò in gola e cominciò a battere all’impazzata: aveva trovato quello che cercava e i suoi occhi esperti cominciarono a vedere attraverso le incrostazioni e a ricostruire ciò che era celato dalla sabbia.
Davanti a se aveva la prua di un sommergibile, erano ben evidenti le tre bocche dei comparti siluri e sotto di essi c’era uno squarcio enorme con la lamiera piegata verso l’esterno.
Fred sogghignò mentalmente pensando che il comandante, per affondare il mezzo, sicuramente aveva piazzato una carica tra i siluri per amplificare l’effetto dell’esplosione, e proprio quell’espediente gli avrebbe permesso di entrare finalmente nel mostro di acciaio.

1Lo squarcio era largo circa un metro e molto frastagliato, Fred lo sondò con il piede di porco, che nel frattempo era andato a recuperare insieme a tutta la sacca con i suoi preziosissimi oggetti, e notò che la ruggine aveva compromesso la struttura che risultava essere nel complesso abbastanza marcia.
Accese la torcia e provò a guardare dentro lo squarcio, un’anguilla fu profondamente disturbata da tutta quella luce improvvisa e fuggì velocemente nascondendosi ancora più in profondità della grotta metallica.
Fred vide che, passato lo squarcio, c’era un vano, non molto grosso, ma sarebbe potuto bastare per entrare e in caso girarsi per uscire: di più non si vedeva, era necessario entrare.
Si sfilò le bombole dalla schiena, senza togliere il respiratore dalla bocca, e le appoggiò sul bordo dello squarcio, poi con estrema prudenza e sempre preceduto dalla torcia cominciò ad entrare nello squarcio, come un ladro che sta cercando di evitare i raggi infrarossi del sistema di allarme, per evitare di danneggiare la muta o peggio ferirsi.
Una volta entrato, con i piedi pinnati per primi, recuperò le bombole e le fece passare agevolmente dentro lo squarcio, se le infilò nuovamente sulle spalle e cominciò a guardarsi intorno.
La sala in cui era entrato era il deposito siluri, o quello che ne rimaneva, infatti l’esplosione aveva devastato la zona, non solo aprendo lo squarcio nella paratia, ma distruggendo anche i tubi di lancio i cui detriti insieme a parecchia sabbia riempivano il lato opposto a quello in cui era entrato.
Rapidamente con la torcia controllò i paraggi, tenne d’occhio l’anguilla che, infastidita, decise di abbandonare il relitto quasi subito: il cuore gli batteva forte e Fred fece ricorso al suo addestramento per calmarsi e rilassarsi altrimenti la riserva di ossigeno non sarebbe bastata.
Controllò il cronometro, aveva già perso diciotto minuti e sottraendo quelli per uscire dal relitto in sicurezza calcolò che aveva a disposizione ancora quarantacinque minuti di aria.
Localizzò, alla sua sinistra, il boccaporto che portava agli alloggi ufficiali del sommergibile e vi si diresse con cautela, perché il boccaporto sembrava essere stato danneggiato dall’esplosione e giaceva, ancora vincolato da un cardine, deformato e obliquo nel passaggio. Provò a forzare con il piede di porco e vide che, applicando un po’ di forza, si riusciva effettivamente a spostare il portello ed aumentare lo spazio utile del boccaporto.
Illuminò il corridoio retrostante, si spaventò quando un pesce, probabilmente una cernia, infastidito dalla sua presenza e dalla luce si spostò repentinamente dal corridoio ad una delle stanze che si affacciavano su di esso.
Si infilò nel corridoio passando a stento nel varco che aveva aperto nel boccaporto e con molta cautela cominciò a pinneggiare: non aveva una meta definita, pensò di dare un’occhiata in giro e di concentrarsi nella cabina del comandante e in sala di manovra.
Sulla sua destra si apriva l’alloggio sottoufficiali, Fred lo illuminò, senza aspettarsi di trovare nulla di interessante, impugnò la macchina fotografica e scattò una foto: questa si che sarebbe stata una prova sufficiente anche per John Merryan!
Sfortunatamente di tutti gli arredi in legno restava poco, ma sufficientemente per distinguere le brandine e gli armadi.
Alle sue spalle trovò quella che aveva imparato essere l’alloggio del nostromo e anche qui fece una bella fotografia: più passava il tempo più il suo morale si risollevava, finalmente sarebbe potuto tornare dall’armatore con in mano prove sufficienti a fargli investire soldi e risorse in questo progetto e, sognando un po’, il suo nome sarebbe stato legato a questa incredibile scoperta che sicuramente cambiava una parte della storia moderna.

1Come un ragazzino in una pasticceria che passa di torta in torta prima di sceglierne una, così Fred entrò in ogni singolo ambiente che si affacciava sul corridoio, scattando fotografie e commentando tra se e se su quale stanza stava guardando e immaginando come era stata la vita a bordo in quell’ambiente.
Fu così che passò dagli alloggi dei sottoufficiali a quelli degli ufficiali, senza tralasciare i bagni, la stanza del direttore di macchine, la sala radio e la sala sonar. Infine restava l’alloggio del comandante: la porta era ancora chiusa.
Fred controllò il cronometro: aveva trascorso mezzora da quando era entrato tra le sole stanze del reparto di prua, mancava ancora la sala di manovra e tutta la poppa con le sale macchine.
Decise che sarebbe arrivato fino alla sala macchine per questa volta, così anche Kate avrebbe avuto qualcosa da visitare per prima nella prossima immersione e pensò che l’idea l’avrebbe forse calmata quando, ritornato in superficie, avrebbe dato la notizia che in realtà era entrato nel sommergibile.
Aprì la porta della stanza e illuminò lo spazio retrostante: pensò che fosse la prima persona dopo sessantacinque anni ad aprire quella porta, finalmente avrebbe ‘conosciuto’ il nome del comandante tanto geniale e coraggioso da essere riuscito a scappare a tutti, fino ad ora.
La stanza era vuota come tutte le altre, ma notò subito che in questa non c’era alcun effetto personale, mentre nelle altre stanze aveva visto rimasugli di abiti ed altri effetti personali, una sacca con attrezzature mediche, in quella che riteneva essere la branda del dottore di bordo, una divisa da Sottotenente, degli occhiali nella stanza del direttore di macchine, ma in quella del comandante nulla, o almeno non rimaneva nulla.
Deluso decise di affrettarsi alla sala di manovra: avrebbero investigato poi in seguito l’appartenenza dei vari effetti personali trovati.
Uscendo dalla stanza del comandante, sempre pinneggiando in maniera molto delicata, sia per non acquistare troppa velocità, sia per non sollevare la sabbia che in parte si era depositata anche qui, girò a destra e si trovò davanti ad un boccaporto, questa volta in ottimo stato e completamente aperto oltre il quale si estendeva la sala di manovra.
La sala di manovra era il cervello di un sommergibile infatti, da qui partivano tutti gli ordini a tutte le altre parti e sistemi della nave.
Riconobbe subito il tavolo del navigatore, più o meno al centro della stanza contro la paratia alla sua destra e la postazione del pilota immediatamente alla sua sinistra, subito dietro questa la postazione per il controllo di profondità con tutte le valvole per comandare le casse zavorra e i manometri, vide poi i due periscopi, quello di navigazione e quello di attacco e tantissime manopole per valvole che comandavano altrettanti sistemi, che Fred non riconobbe.
La sala aveva detriti qua e là e Fred capì che un’altra esplosione doveva aver interessato la sala sottostante e cioè la sala macchine secondaria dove, dai disegni che era riuscito a recuperare, c’erano delle bombole di ossigeno.
Guardò in alto e vide che il portello che portava alla vela era chiuso e sigillato e pensò che la cosa fosse strana perché, pensò, se hai piazzato delle mine che stanno per esplodere, non perdi certo tempo a chiudere un portello, con il rischio di aver lasciato indietro qualcuno e fargli perdere tempo per riaprirlo, ma poi ritenne che forse avevano avuto una procedura al riguardo, che magari teneva conto di cose che lui non conosceva.

5Con un po’ di emozione notò che i sommergibili che aveva studiato lui, sotto i Seals, non erano poi così diversi da questo e si sentì di nuovo nel suo ambiente, a ‘casa’ e la cosa gli piacque. Guardò il cronometro e vide che aveva ancora cinque minuti prima di dover risalire senza rischiare nulla e decise che come prima immersione poteva bastare.
Fece ancora un giro con la torcia e scattò un paio di foto e proprio con l’ultima foto notò che il flash aveva riflesso su una superficie ancora lucente e la cosa lo incuriosì.
In un attimo le fu sopra e allungò la mano guantata per prendere quella che sembrava una scatola per tabacco: doveva essere in alluminio per aver resistito alla corrosione, ma la particolarità era che qualcuno aveva messo della cera lungo tutto il bordo di chiusura.
Fred la prese e decise che sarebbe stato il primo souvenir delle future immersioni sul relitto dell’U-Boot, e si diresse verso l’uscita, o meglio lo squarcio da cui era entrato.
Ripercorse tutta la strada fatta, abbastanza agilmente e senza intoppi, una volta giunto allo squarcio ripeté l’operazione di togliersi le bombole per il passaggio e poi rimettersele una volta uscito.
Controllò ancora il cronometro e vide che aveva ancora circa dieci minuti fino all’esaurimento della riserva d’aria che si era portato e che corrispondeva al massimo possibile per quella profondità senza dover fare soste di decompressione.
Lasciò il piede di porco nella sacca che era rimasta sul fondo vicino alla prua del sommergibile e lentamente si fece trasportare verso la superficie dalla lieve spinta idrostatica che aveva quando si riempiva completamente i polmoni di aria.
Salendo notò che oltre alla sagoma del loro gommone c’era un’altra sagoma di una barca a chiglia piatta un po’ più grossa, ma non c’era elica, ne remi.
Si fermò, insospettito, perché in mente gli venne solo l’immagine di un hovercraft, di quelli che usava lui quando era nei Seals, guardò meglio e vide una figura che si sporgeva con in mano quello che era inequivocabilmente un fucile che era puntato verso Kate, anche se lei non la vedeva.
Immediatamente il suo istinto militare gli disse di tornare alla sacca, di prendere il fucile subacqueo e di eliminare la minaccia che aveva stimato in quattro o cinque uomini dei reparti speciali argentini, ma poi pensò che non era in guerra e che la sua azione avrebbe potuto provocare la morte di Kate o la sua.
Molto probabilmente erano lì perché lui e Kate avevano trovato il sommergibile e quindi, forse, volevano solo sequestrare ed eliminare ogni prova e non necessariamente ucciderli.
Capì anche che quella era stata la prima ma anche l’ultima immersione sul relitto: pensò che poteva nascondere la macchina fotografica nella sacca e forse tornare a prenderla in un secondo tempo, ma dubitava che gli incursori argentini avrebbero creduto che lui si era immerso senza una macchina fotografica. Pensò di nascondersi la scatoletta nella muta, ma sicuramente sarebbe stato perquisito.
Non aveva più tempo: era il momento di agire.
Scese verso la sacca e ci nascose dentro la macchina fotografica, prese il palloncino da sub e cominciò a nuotare in direzione sud sud-ovest dove si ricordava c’erano delle isolette di sabbia con dei canneti a poche centinai di metri, forse quattrocento e quindi, grazie alle pinne, in circa tre minuti li avrebbe raggiunti.
Una volta tra i radi canneti uscì con la testa per prendere dei punti di riferimento, poi legò la scatoletta di alluminio alla corda del palloncino da sub e lo gonfiò e infine mise la scatoletta sul fondo regolando la lunghezza della corda e la gonfiatura del palloncino affinché sporgesse appena.

1Notò che, in effetti, l’altra sagoma era un hovercraft e a bordo c’erano quattro militari di cui uno teneva Kate sotto mira, uno stava indossando la muta e gli altri due stavano guardando verso il fondo del mare. Un quinto militare aveva abbordato il gommone di Kate e stava rovistando tra la loro roba.
In altri tre minuti nuotò indietro da dove era partito e si preparò ad essere catturato: emerse lentamente, preceduto da una grande quantità di bolle per ‘avvertire’ i militari che stava risalendo
“Kate, non ci crederai mai…” cominciò la frase che gli morì in gola quando vide un militare mettergli la canna del fucile in faccia.
Fred sperò di esser sembrato naturale a sufficienza, vide Kate che era pallida di paura e aveva le mani che tremavano visibilmente
“Fuori dall’acqua” disse uno dei militari con il fucile con forte accento spagnolo, Fred eseguì e salì a bordo del gommone, dove riconobbe, dai gradi, che il militare che stava perquisendo le loro cose era un tenente.
L’ufficiale fece un cenno al soldato che Fred aveva visto vestirsi con la muta e che nel frattempo aveva indossato anche le bombole, questi entrò in acqua e scomparve. Il tenente prese il coltello di Fred dalla sua gamba
“Tranquilla è tutto a posto, se avessero voluto ucciderci, saremmo già morti, vedrai che si risolverà tutto” cercò di tranquillizzare Kate la quale annuì rigidamente senza proferire parola
Nessuno parlò per parecchi minuti, solo lo sciabordio del mare e i singhiozzi repressi di Kate erano udibili; poi dal mare emerse il soldato con la muta che teneva la sua sacca con dentro la macchina fotografica, il tenente fece un ghigno di soddisfazione, issò a bordo la sacca e fece cenno a Fred e Kate di salire sull’hovercraft.
Fred aiutò la povera Kate che era terrorizzata e gli stringeva spasmodicamente la mano, lui l’abbracciò e sentì che lei si tranquillizzava un poco di più.
Una volta a bordo del piccolo hovercraft gli incursori partirono in direzione della spiaggia, da cui loro erano partiti quella mattina e Fred vide che il tenente e il soldato con la muta li seguivano con il loro gommone.
Li fecero scendere a riva e videro che ad attenderli li aspettava una pattuglia, su una Jeep, che aveva già perquisito tutte le attrezzature che Sten aveva procurato, in particolare notò che avevano raccolto in un sacchetto di plastica i telefoni, le apparecchiature elettroniche come il GPS, la radio e i walkie talkie.
Quando arrivò il tenente fece sedere Fred e Kate sulla spiaggia mentre si allontanò un attimo con il capo della pattuglia per confabulare.
“L’hai trovato vero?” chiese Kate tra i singhiozzi, ma senza piangere
“Si” sorrise lui “Intatto come il giorno che è affondato” aggiunse con un sorriso amaro

3Fred vide che il tenente stava controllando le foto e stava commentando qualcosa con il capo pattuglia, poi prese la radio della Jeep e cominciò a parlare, probabilmente con i suoi superiori chiedendo cosa doveva fare con il materiale sequestrato e con i due americani.
Fred sapeva che in quegli istanti stavano decidendo della loro vita ed ebbe paura.
Non per se stesso ma per Kate che, scoprì in quel frangente, era la cosa più preziosa che avesse mai avuto, e così si girò verso di lei e la baciò teneramente.
Kate scoppiò a piangere, probabilmente perché aveva intuito che quel bacio era di addio, e udirono la raffica di mitra.
Fred sobbalzò letteralmente per lo spavento, poi vide che il bersaglio era stato il loro gommone e tirò un sospiro di sollievo.
La macchina fotografica subacquea fu messa nella sacca insieme al resto e caricata sulla Jeep, mentre il soldato con la muta prelevò dalla jeep stessa due oggetti metallici, che Fred riconobbe subito come mine subacquee, le caricò sull’hovercraft che dopo poco ripartì con il suo equipaggio, evidentemente per minare e distruggere quello che Fred aveva scoperto.
Fred si sentì frustrato: aveva le prove che sarebbero servite all’armatore per organizzare una campagna di recupero e adesso aveva perso tutto; inoltre tra pochi istanti l’unica prova della sua teoria sarebbe stata distrutta per sempre.
Sperò che dentro la scatoletta di alluminio, sempre che riuscisse a recuperarla, ci fosse qualcosa di eccezionale perché altrimenti una scatola in alluminio con dentro solo del tabacco del 1945 non avrebbe sortito molti risultati.
La pattuglia gli intimò di spogliarsi della muta, quando Fred lo fece, uno dei tre militari la fece a pezzi con un coltello e poi la buttò dentro il gommone, entrambi ormai inservibili.
Il capo pattuglia tirò fuori dal taschino della divisa due passaporti, Fred li riconobbe come i loro, e fece un moto verso il capo pattuglia nel tentativo di riprenderseli, ma fu subito fermato da un soldato con il fucile spianato che gli intimò l’alt.
Il capo pattuglia rise, controllò i passaporti come se fosse alla dogana
“Turistas Americano” esclamò ai suoi commilitoni come se fosse la cosa più ilare della giornata.
Fred abbracciò Kate, le cose si stavano mettendo male, la pattuglia non sembrava essere lì per scortarli al confine o semplicemente per assicurarsi che non potessero più immergersi. Adesso erano in una posizione tale per cui, anche se fosse riuscito a sopraffare uno dei militari, gli altri due avrebbero ucciso sia Kate sia lui.
Forse con la corruzione avrebbe potuto fare qualcosa, ma il fatto che il capo pattuglia avesse già i loro passaporti voleva dire che avevano già frugato e preso tutto.
“Tranquilla, adesso se ne andranno, magari faranno ancora un po’ i bulli e i prepotenti, ma poi ci lasceranno andare: non abbiamo fatto nulla di illegale” Kate non sembrò essere molto tranquillizzata dalle parole, ma nell’abbraccio di Fred trovò un po’ di serenità.

6Sobbalzarono entrambi quando le mine furono fatte brillare e una fontana d’acqua bianca si erse dal centro della caletta, spaventando i fenicotteri della zona che all’unisono si sollevarono in volo.
Fred accasciò le spalle: il suo sogno era appena andato in frantumi insieme ai resti del sottomarino e nonostante quanto potesse essere nascosto dentro la scatoletta che aveva recuperato, non sarebbe mai stato come il ritrovamento di un sommergibile intatto.
“Fred tutti i tuoi sogni, tutto il tuo lavoro” singhiozzò Kate
“tranquilla non è grave” mentì Fred senza distogliere lo sguardo dai militari.
Il capo pattuglia gli fece cenno di spostarsi e li fece mettere vicino alla loro Land Rover: Fred guardò rapidamente il loro mezzo e vide che era stato perquisito, ma sembrava integro e in grado di camminare.
Rattattatta fece il fucile di uno dei militari e il cuore di Fred gli balzò in gola e strinse Kate istintivamente, sicuro che la fine era arrivata, poi sentì la risata dei militari argentini
“Aria condizionata” disse il capopattuglia in un buon inglese indicando la loro tenda che era crivellata di colpi e ridendo gli gettò i loro passaporti aggiungendo “Buona permanenza in Argentina”
I tre militari risalirono a bordo del loro mezzo, portandosi via le apparecchiature elettroniche che avevano preso a Fred e Kate e le bombole di Fred, lasciandoli ancora abbracciati, se ne andarono in una nube di polvere e sabbia.
Fred entrò subito dentro la tenda per controllare la situazione del loro contante e vide che stranamente i militari non l’avevano toccato, si infilò una maglietta che presentava qualche buco e poi si diresse al gommone e constatò che non sarebbe più stato utilizzabile, così come il motore e il serbatoio che perdeva benzina dai due buchi che aveva.
Fred si accucciò e Kate lo raggiunse un po’ in ansia
“Kate, non tutto è perduto, comincia a radunare le nostre cose, lascia ciò che non è più utilizzabile come il canotto e la muta e carica tutto il resto sulla Jeep, io ti raggiungo tra un po’.
Non temere non mi succederà nulla”
“Fred ma ormai il sommergibile è distrutto, la macchina fotografica è andata, cosa cerchi ancora?”
Fred non le rispose ma si limitò a strizzarle l’occhio e mandarle un bacio e Kate capì, scosse la testa sorrise e si diresse al loro campo per fare come aveva detto Fred.
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66 pensieri su “U-Boot XX

  1. Ecco il capitolo che clou. Il capitolo che sta dando sostanza, forma, preèponderanza e colore alla storia.
    Mi hai fatto sentire a bordo della nave di recupero.
    Poi e te lo volevo fare notare, mi hai fatto partecipare aidialoghi. Come dire io ci sono
    Incredibile dal tanto che è bello
    Incollato proprio., Ciao Nì, buona domenica e gtrazie

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    • @SPILLO

      Sì, effettivamente, il difficile della nave recupero è dato dalla presenza sia delle acque internazionali o territoriali, sia dalla ricerca compiuta della zona da esplorare.
      Dovemmo mettere in conto anche le condizioni meteo.
      Per cui, Fred ebbe il suo da fare.
      Grazie per esserci

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  2. Di una bellezza sconvolgente.
    I dialoghi serrati e la compiutezza del racconto fanno rimanere attaccati alle espressioni di Fred (che non me lo toglie dalla testa nessuno, siete voi milord) e di Kate.
    Una genialità, in questo capitolo che colpisce.
    Avvenimenti e deduzioni che prendono e coinvolgono.
    Mi avete emozionata proprio miolord.
    non mi resta che attendere il prossimo, anche se so, lo sento , ormai siamo agli sgoccioli.
    Che profondità.
    Che bellezza….

    Con tantissima ammirazione per un romanzo che mi avvince
    Au revoir
    Bisoussss

    Annelise

    a Paris

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      • @ANNELISE BAUM

        Sì, leggemmo e vi lasciammo un messaggio fra le vostre commentazioni.
        La qual cosa la segnaliamo a tutte le lettrici e lettori.
        Quando si parla di teatro, è inutile tacerne le beltà.
        Cordialità

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    • @ANNELISE BAUM

      I dialoghi serrati, madame, servirono e ci servirono a notare e far notare l’impellenza e la drammaticità del racconto.
      Una trama e ordito che travalicano qualsiasi racconto.
      Se riuscimmo a farlo notare, tutto questo va ad onore e merito di voi, preziosissimi lettori.
      Grazie e cordialità

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    • Merci mon Milord,per la risposta.

      Io ho fatto una scelta, quella di non perdere di fronte alla vita. Sì, è vero, il vostro romanzo ci prese e ci prese abbastanza, tale da seguirvi, in ogni caso, durante questa avventura in mare e per terra.
      Incantata, da sempre e da moltissimo tempo, della vostra scrittura, non abbiamo potuto resistere nel rispondervi.
      La risposta, una bella usanza di educazione, che dovrebbe essere sempre soddisfatta. Proprio come vedo fare da brevissimo tempo, presso le vostre stanze.
      La mia “scelta” è quella di “ascoltarvi” milord e ascoltare i vostri motivi. Però, ci sono tanti però. Ci sono motivi personali e esistenziali che spero consideriate importanti.

      La vita è fatta, anche, di delicate visioni d’insieme e non di “rigidità” morali o opposizioni di “dignità” che diventano quasi assurde.
      Tutto deve adattarsi, io credo, al vivere quotidiano.
      Come lo splendido capitolo che ci avete regalato e che ha incontrato, molto, nel vostro pubblico.

      Capisco, nello specifico dell’argomento di “cui parlo”, che sono perdente, (lo vedo da me e me ne dispiace).

      Io ci sono …. a leggervi comunque, in silenzio e un passo indietro.

      Votre Annelise

      a Paris

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  3. Oh milord, mi avete fatto attendere oltre misura. Sto aspettando questo capitolo proprio come oro colato.
    Dunque, come ogni domenica ho stampato con cura e accuratezza le pagine, tenendo presente i fogli. Per informazione sono arrivata, in cartellina a pagina 412 (fronte e retro) un bel liobro. E credo che se in pagine standard, sarebbero anche di più.
    Una bellezza questo capitolo, fuori di misura.
    Un capitolo pieno pieno.

    Ma Fred?
    Fred mi sembrate voi, mio signore.
    E su questo mi dsono messa a fantasticare.
    Adesso me lo rileggo con tantissima attenzione e mi rilasso sognando.
    Buona domenica milord e grazie di cuore.

    Eleonora

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    • @ELEONORA BISI

      Milady, avete dimostrato una pazienza e una certosinità, non comuni.
      Ci onorate quando stampate e conservate quelle pagine che scrivemmo.
      Indiscutibilmente la corposità del testo (è un romanzo, con tempistica e sceneggiatura proprie) è notevole. Se vi dedicaste a tanto, credeteci, il nostro grazie è certamente vostro.

      Abbiale le nostre cordialità riconoscenti

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  4. Ritmi serrati. L’ho letto con la foga di seguire la storia. Ma adesso mi metto tranquilla e lo leggo con l’atenzione della calma.
    Grazie milord.
    Buona domenica

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  5. Un capitolo importante Milord.
    Mi avete affascinata fin dalle prime battute. Certo che seguire l’importanza stilistica è una cosa.
    carpire i silenzi e soprattutto i dialoghi è ben altra cosa. Dunque mi sono accomodata e nella lettura ho visto e sentito nele onde del mare, dentro quella nave, tutta la tensione dei momenti.
    Fred sembra, proprio una vostra estensione e i momenti e le tensioni, mi hanno fatto partecipe del racconto, giunto a un porto saliente (per usare un’immagine attinente).

    Inutile dire che mi attendo il prosieguo perché mi manca il corrispettivo sul sottomarino tedesco.
    Come non essere affascinata dall’intreccio che assale il lettore, trascinandolo in un’angosciante strada?

    Avete tutta la mia ammirazione milord.
    Proprio tutta.
    Congratulazioni per questo passaggio davvero importante.
    Vi auguro una serena domenica e un’ottima giornata

    Anna

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    • @ANNA BLU

      L’approntamento della storia e nello specifico di Fred, venne eseguito tenendo presente la tempistica dell’azione subaquea.
      Una conduzione d’immagine sequenziale e continua.
      Grazie per l’interesse manifestato
      Cordialità

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  6. Gentile Milord…
    Ogni volta…
    Si comincia a leggerVi, e subito ci si allontana dal resto attorno. Ci si estranea dalla realtà circostante per calarsi nel romanzo.
    Chiedo venia per non aver seguito proprio dall’inizio. Il mio parere è espresso comunque con la sicurezza che il romanzo sia coinvolgente in tutta la sua, provvisoria, interezza.
    Dunque mi avete fatto abbandonare il mio mondo e mi avete reso assorta in una dimensione improbabile per me. Talmente coinvolta, da farmi alterare il respiro in modo diverso a seconda dei periodi del capitolo.
    In genere rileggo una seconda volta prima di pubblicare un commento, ma davvero non ho potuto rimandare di ringraziarVi per ciò che trasmettete quando Vi fate leggere.
    Non Vi nascondo che dedico momenti per immaginare il seguito del Vostro romanzo capolavoro.
    Davvero complimenti, espressione di apprezzamento comunque molto riduttiva.
    Avete davvero una personalità geniale, un’intelligenza brillante, una raffinatezza sopraffina.

    Con illimitata Stima
    Maria Silvia

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    • @MARIA SILVIA

      Mia signora, poter leggere il vostro apporto per completezza ed interezza, è un onore per le pagine che, umilmente, gestimmo.

      Effettivamente la difficile ambientazione (vale ricordare che si tratta di due diversi momenti che, intersecandosi, danno un quadro completo della ambientazione storiografica) fu una situazione quasi insormontabile.
      Il romanzo, nello specifico, nasce da alcuni precisi intendimenti che si crearono tra lettori dove, bonariamente, ci venne indicato il Leit Motiv.
      Furono in tanti, quasi una democratica votazione (alcune di quelle lettrici e lettori, due nello specifico, non scrivono più presso queste stanze) si esposero con dovizia di particolari. Ne venne fuori un quadro abbastanza complesso, ma nettamente chiaro.
      Il battello sottomarino del terzo Reich; la storia ambientata durante la seconda Guerra Mondiale e in parallellismo con i tempi nostri odierni e altro.
      Vi scrivemmo i prodromi, nel tentativo (un po’ maldestro in verità) di illuminarvi.

      Vi ringraziammo per le generosissme esternazioni di stima che, dalla Vostra persona, accettammo di buon grado, non senza un profondo imbarazzo.
      Grazie mia signora e augurandoVi una splendida prosecuzione,
      abbiate le nostre cordialità più salutazionali..

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      • Gentile Milord…
        Grazie.
        Ribadisco il mio stupore per come la lettura del Vostro romanzo possa suscitare tanto coinvolgimento. Vi leggo e, nel contempo, mi sembra di seguire un film, tanto siete dettagliato ed avvincente nella narrazione. Fate vivere gli attimi, le sensazioni, le emozioni con la suspense per come essi evolveranno.
        Ancora grazie e, con cordialità e simpatia, anche io Vi saluto.
        Maria Silvia

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  7. Un capitoo compiutoe a se stante. Un capitolo che se rispecchiasse la verità, potrebbe essere veramente inquietante. Perché se nella finzione, caro Ninni, stai riuscendo a farci capire di come le cose possano essere andate, pensa se, magari, fosse successo veramente.
    E quel veramente nel tuo caso sarebbe un “veramente” sul serio.

    Dunque, adesso mi fermo, ma mi piacerebbe tornarci su per parlarne, almenoi.
    O capire dove finisce la finzione e inizia la verità.
    Sai qualcosa tu?

    Ciao milord.
    Un abbraccio

    Louis

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    • @GIANLUIGI TOP

      Nella finzione scenica, come nella vita, esprimiamo i contenuti e le nostre idee, al massimo del possibile.
      Tutto questo si traduce in una visione plastica e realistica che coinvolge, emozionalmente, e sucita una ridda di emozioni.
      Grazie per averne notato la presenza.
      Abbiate la nostra migliore cordialità

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  8. Caro Milord, con grande attenzione ho letto questo stupendo capitolo. Ci avete portato nel profondo della ricerca fino ad arrivare all’interno del sottomarino. Scrutando tutto quello ch’era stata la sua vita durante la sua missione. Come ex sub ho apprezzato tutto in modo particolare compresa la pericolosità.
    Fortunatamente ha potuto salvare quella scatola. Voglio credere contenga qualcosa che sia veramente importante. Come sempre Milord, il vostro modo di scrivere e descrivere è meraviglioso, coinvolgente, superbo. Create un mondo dove anche i lettori sono i protagonisti.
    Tornerò a leggere per immergermi ancora sul fondale. Tutta la mia ammirazione vi è sempre accanto.

    Vi chiedo un dono e conoscendo il vostro senso dell’onore spero non mi troverete inopportuna.
    Desidero ringraziare le Frecce Tricolori che oggi, a Jesolo, il loro show lo Hanno dedicato ai terremotati.
    Nella formazione mancava Pony 7, il Capitano Galli originario di Amatrice. Il Capitano era assente in quanto ha raggiunto la sua cittadina.
    E’ stata una manifestazione piena di intensità emotiva. E’ stata indotta anche una raccolta fondi a cui hanno partecipato tutti gli spettatori.
    Grazie mie amate Frecce !

    Un grazie a voi milord e vi chiedo scusa ma non potevo farne a meno.
    Un abbraccio pieno di rispetto

    Giovanna

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    • @OROFIORENTINO

      Milady mia signora,
      portaste in queste pagine, una ventata di bellezza, delicatezza e proprietà, tali, da ringraziarVi sia per il commento articolato e bello, sia per la Vostra verve che ci prende e ci eleva comunque.
      Avete portato, come portate con la vostra presenza, lustro a queste umili pagine. L’impegno nel proporci e proporre, venne sempre strettamente commisurato ai bisogni.

      In ultimo, ma non per ultimo, condividemmo il vostro pewnsiero verso
      Il Comandante Galli, Pony 7 della PAN- Pattuglia Acrobatica Nazionale che, originario di Amatrice, cittadina colpita dal nefasto terremoto, ha raggiunto i suoi familiari.
      A lui, da parte nostra (e certi d’interpretare gli intendimenti dei Sigg, lettori) augurammo un mondo di bene e di tanta fortuna.

      A voi, mia signora Lady Giovanna, depositammo fra le dita i sensi della nostra più profonda stima.

      La storia siamo noi.
      Ninni

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      • Milord, mio signore: non so come dirvi grazie per il vostro commento così generoso nei miei confronti. Ne arrossisco ma mi rende lieta. Che la mia presenza, nelle Vostre stanze, sia così ben accetta permettetemelo, mi rende orgogliosa. Quando leggo i vostri scritti ne vengo veramente coinvolta. Mi pongo domando e cerco risposte nel mio piccolo sapere e tutto non è solo una piacevole lettura ma un motivo di ulteriore conoscenza sia tecnica che umana che a mio parere non si possono scindere mai. Siete un grande insegnate di vita e umanità e lo dico veramente con il cuore. Custodisco la vostra stima come bellissimi granelli d’oro.

        Vi ringrazio per il bellissimo augurio che avete dedicato al Capitano Galli della PAN.
        Permettetemi una divagazione per spiegarmi meglio. In gioventù, conobbi due ufficiali piloti dalla PAN.
        Due uomini dal cuore grande, dalla bellezza interiore veramente profonda. Un’amicizia ( nel senso letterale della parola ) è durata 3 anni. Il primo a morire fu Il Capitano Angelo ( ometto il cognome) tornando dalla manifestazione del 2 giugno a Roma ( !973 ). Il suo aereo si inabissò vicino a Civitavecchia. L’anno successivo a Firenze, a settembre, durante un passaggio per una manifestazione in ricordo di alcuni partigiani, l’aereo di Claudio ha un guasto e lui pur di non precipitare in piena città e fare un massacro ha portato l’aereo il più lontano possibile ben sapendo di non potersi salvare buttandosi fuori. Morì a soli 27 anni nello schianto.
        Sono passati 42 anni ma il loro ricordo mi accompagna sempre con un emozione dolcissima.
        Ecco perchè sono così legata alla PAN, ogni volta che la vedo mi viene da piangere per l’emozione.

        Grazie Ninni, se hai avuto la pazienza di leggere.
        Un abbraccio sempre sincero

        Giovanna

        La storia siamo noi

        Piace a 1 persona

  9. Leggo con interesse il capitolo.
    Un interesse in crescendo per una situazione che sembra reale, e invece è una finzione.
    Si? Una finzione vero?
    Perché a me sembra tanto vera. la descrizione della nave e del battello è incredibile. Io c’ero e d ero li presente.
    Cosa mi rimane da sapere? Ma si, mancano quegli ultimi istanti del sottomarino.
    Sono preoccupata per Manfred.
    Ma anche per Fred, manon lo vedo in imminente pericolo

    Milord ho notato che le due persone che più vi somigliano qua dentro
    Una si chiama Manfred e l’altra Fred e hanno una differenza fra di loro “Man” (Manfred meno Fred) che in inglese vuol dire uomo.
    Quindi devo arguire che la differenza, qua, la fa l’uomo.

    Già, come sempre, per voi, la differenza la fa un uomo. L’uomo giusto, l’uomo buono.
    Quell’uomo che sa tacere e che sa essere sempre presente, un uomo giusto.
    La differenza è un uomo!

    Grazie per questa apoteosi di capitolo milord.
    Grazie davvero.

    Buona serata

    Giorgia

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  10. Sensazionale. La visione d’insieme che lascia la vicenda raccontata, è tremenda.
    Un passaggio dietro l’altro che prende la testa e porta alla considerazione che tutto è possibile. Mi chiedo, come altri in effetti,come continuerà…
    Sì, mi manca qualcosa, per esepio, oltre che Manfred, ma il generale che fine fa?

    Basta attendere no?
    Ciao e buona serata

    E.

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  11. Molto avvincente e soprattutto convincente.
    L’ho letto con calma e attenzione. Anzi, mi sono soffermato sui periodi. Ineccepibile e impeccabile.
    Veramente appropriato sa?
    Non mi aspettavo nula di meno, malgrado la sua verve scrittoria.
    Abbia i miei migliori saluti.

    Amedeo

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  12. Ho aperto lapagina su un periodo. Un periodo qualsiasi, tale che mi potesseproiettare in una dimensione diversa da quella che tu avevi preparata, sapientemente, per i lettore. Mi sono trovata immediatamente proiettata, con tutte le mie credenze, dentro una nave da ricerca su relitti, con la curiosità che mi aveva pervasa fin dall’inizio.
    La storia.
    La storia mi ha presa nl suo vortice senza quasi rendermene conto.
    Se ripenso come ha fatto questa storia a nascere, rimango stupita dalla sua presenza e presente bellezza.

    Mi rimane, oltre che rileggerla (è incredibile come e quanto mi abbia presa), viverla fino in fondo.
    Grazie Ninni.
    Grazie sul serio.
    Buona serata.

    L.

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    • @Hilde Strauß

      Un apporto, il vostro, mia signora che ci inebriò per bellezza e completezza.
      C’erano alcune sfaccettature, comunque, che provvedemmo a limare.
      Una storia che, a se stante, parla di un tempo in cui l’uomo brigava per la propria salvezza a discapito della salvezza altrui.
      Sembrano i tempi odierni.
      Nulla cambiò, in effetti.
      Abbiate una serena giornata

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  13. Un bellissimo capitolo, con tanta suspance. Splendida la visita di Fred al sottomarino, scritta benissimo: complimenti sinceri! Fred recupererà il prezioso diario di bordo e poi? Starò ad attendere.
    Cordiali saluti,
    Marirò

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    • @LADY MARIRO’

      Perdonateci l’imperdonabile ritardo.
      Mancò la fortuna non il valore.Vi ringraziammo, milady, per le espressioni gentili e gentilissime che sovente elargite al nostro indirizzo.
      Vi seguimmo, pedissequamente e con estrema attenzione, nelle vostre vesti di magistrato giusto, equo e compiuto ( 😀 ).

      Perdonate l’estrema stringatezza, ma credeteci sulla parola, è difficile al momento per noi proseguire nel mantenimento del trend proposto in passato.

      Abbiate, milady, i sensi della nostra altissima stima.
      Cordialità

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      • Oh, Milord, non dite a me di ritardi e assenze, ne sono l’emblema! 😦
        Il periodo di intasamento c’è per tutti, il mio è iniziato da oltre una settimana. Comprendo, quindi, perfettamente. Grazie e a rileggerci.

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  14. Ho letto un brano bello, pieno di perfezione.
    Dunque.
    Iniziamo dall’esplorazione del sottomarino da parte di Fred.
    Mi è venuto da chiedermi se non fosse stato che tu quel sottomarino, nella realtà, l’hai veramente esplorato.
    Perché allora si spiega.
    Una tua caratteristica è proprio quella sai?
    Il rendere effettivo quello che è un sogno magari.
    Mi fa stare e sentire bene poterti leggere e soprattutto leggerti in questo modo..
    Un lavoro bello e preciso, come tu sai fare.
    Devo dire che magari aspetto il prossimo capitolo, ma ci vuole tanta pazienza

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  15. Milord,
    scrivervi è un preciso obbligo in quanto leggendovi e volendo approfondire (e comunque essere presenti) ci venne difficile non farvi conoscere il nostro pensiero.
    Come potremmo nondescrivevi le emozioni che ci cullarono in fondo al cuore quando Fred, da voi miraboilmente raccontato, si insinuò nel ventre molle dell’antico sottomarino?

    vedo e trascrivo queste cose e il cuore alimenta se stesso.
    Ottimo milord.
    Non c’era dubbio.
    Ci mettiamo in attesa del prossimo se vorrete darci questa gioia.
    Buona giornata

    Sony

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  16. Una chiave di lettura ci sarebbe.
    Voi milord avete un segreto. Un grande segreto. Voi sapete, esattamente, come andarono le cose e con la scusa del tromanzo vi state alleggerendo la coscienza.
    Quando avete assunto l’identità di Fred?
    E quando quella di Manfred?
    Cosa ne avete fatto del generale nazista? Dove lo avete occultato?
    Lo sapete, vero? Siete il mio eroe.

    Grazie milord per la passione che mettete nello scrivere e affabulare.
    Grazie e buona giornata

    Giovanna

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  17. Eccoci al capitolo clou.
    I giochi, praticamente, si stanno facendo e tutto sembra evolversi vertiginosamente. Abbiamo persone che soccombono e persone che si sviliscono nella spasmodica ricerca di salvarsi.
    Anche nella forma più tremenda possibile: facendo soccombere altri al loro posto.
    La sacralità della vita, qua, è costellata da tante cose.
    Fred sta esplorando l’avvenuto.
    Ma, a che prezzo è avvenuto?
    Prevedo capitoli, finali, alla dinamite.
    Bello, bellissimo

    Grazie Ninni

    Buona giornata

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  18. Un Capitolo da capolavoro milord.
    Una bellezza che non si opuò descrivere. Una forza che no si immagina
    Bello proprio.
    Dovrei approfondire due argomenti che poi ti chiederò.
    Buona giornata.
    Un caro saluto dalla partenope Capitale

    Dudù

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  19. Una rosa di emozioni. Come quelle che non si può descrivere oltre.
    Cosa dovrei dire Ninni?
    Parlare del tuo modo di scrivere è, quasi, superfluo. Ci conosciamo da millenni e in tutti questi millenni non mi/ci hai deluso una sola volta.
    Una che è una.
    Adesso ci troviamo ora durente la seconda guerra mondiale,ora un po’ meno, nel mondo occidentale e civilizzato e tu stai giocando, con forza, a scombinarci la storia.
    Lo fai, però, con una bravura eccezionale.
    Una bravura che impegna il mondo e quanti ti leggono.
    Perché il punto è questo:

    Ti leggono e rimangono stupiti della bellezza di “quel” determinato brano.

    Ti leggono e hanno capito la tua bravura poliedrica…
    E qua ci sarebbe da dire.
    Abbiamo tempo per stabilirci oltre le schiere di narratori.

    Abbiamo te che nel campo …
    Poi c’é altro …

    Un bacio e abbraccio milord mio signore

    La tua Lilly che ti pensa

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  20. vedi caro Ninni, tu hai dalla tua la potenza espressiva e la forza evocativa che fanni un tutt’uno con quanto proponi.
    Un capitolo che definire bello, completo e superlativo, sdignifica, quasi, sminuirlo.
    Rilevo, amico mio, questa necessità in quanto come hai sempre fatto, tratti la scrittura (uoso una tua espressione ricorrente) come una OLAF (Opera Letteraria d’Arte Figurativa), dove impronti, proprio, alla realizzazione anche con canoni cinematografici, scenici.

    Questo è un tuo grande merito.
    Questa è la tua forza.

    Un abbraccio con l’augurio che tu possa scrivere di nuovo e sempre così in gambissima.

    PS: Ninni, strano che tu, ancora, non abbia scritto qualcosa a risposta di questo splendido capitolo e a commento dei tuoi lettori.
    Sarai impegnatissimo.
    Ti ho mandato una @mail.

    Ciao

    Vale

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  21. Una bella sensazione, quest’oggi, appena in grado di muovermi. Ti ho letto il Capitolo ed ero piuttosto bendisposta. Ma non più di tanto.
    Sai, la lettura ci porta a considerare un periodo e l’altro, nella forma di una lettura propria che passa, lasciando qualcosa e che comunque possa far parte della storia immediata.
    In questo caso no.
    Conoscendo la mia paura profonda per il mare. Una paura che non saprei descrivere, ho letto di Fred, nuotare con le bombole dentro il sottomarino, il relitto, con le difficoltà e la determinazione di un sub.
    Tu mi hai fatto vivere il suo ingresso attraverso lo squarcio. Il punto di vista dell’osservazione e l’accuratezza del deporre le bombole, passare e re-indossarle.
    Come un’immagine di un film

    Ecco, riesci a trasportarmi, di continuo, nella dimensione della sorpresa.
    mi sorprendi.
    Un pezzo decisamente bello e raffinato, scritto con la tua consueta attenzione per il particolare che ci fa vedere la storia come un filmato o film-

    Tutto bello e rinfrancante.
    Aspetto la continuazione con attenzione.
    Ciao Milord
    Con tanta simpatia

    Elena

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  22. Annelise Baum in risposta alla vostra risposta

    Indiscutibilmente, madame, le vostre scelte sono vostre e non ci piove. Nessuno, che sia intelligente o stupido, può modificarne questi fatti.
    Voi potreste decidere di scalare l’Everest o il K2, tale rimarrebbe l’intendimento.
    Come dire: Volete scalare l’Himalaia? Fate pure!

    Vi ringraziammo per le espressioni gentili che riservaste al brano e siamo felici che abbiate notato come, una prestigiosa e ammiratissima lettrice, abbia iniziato uno splendido rituale: la risposta ai commenti.
    Alcune volte, è vero, notammo tale mancanza in quanto intelligenza e appropriatezza vollero che, un commento non sia mai un finale. E la lettrice in parola, ha recepito e dobbiamo dire con molta sensibile intelligenza, a questa esigenza.

    Le scelte operate per scelta sono sempre le migliori. Sono scelte definitive e praticamente ultimative. Sono scelte che dovrebbero dare la misura della misura.
    E ben faceste a ricordarle.
    I motivi personali o esistenziali diventano “tali” quando le medesime motivazioni operano delle nuove situazioni di fatto, tali da non comprometterne quelle pregresse.
    Giustamente ne ricordaste le scelte operate sulla base di rigidissime regole morali e di dignità, assolutamente non negoziabili.
    Anzi, assolutamente presenti e ultimative per qualsiasi prosieguo.
    L’adattarsi al vivere quotidiano, mettendo e rimettendo in discussione quanto operato e scelto, ci provocano un’orticaria che non immaginate.
    Ma noi Vi conosciamo quale donna “saggia” e “illuminata” e che sapete scegliere e cogliere, in casi (ipotetici) di perdere, ma perdere con dignità.
    Vero?
    (anche se la dignità non perde mai)

    Avete ragione, madame, ci sono motivi personali ed esistenziali che vanno tenuti conto.
    Esattamente come nella inderogabilità delle decisioni e nella rigidezza della moralità connessa.
    E cambiamolo stò mondo, perbacco.

    Confortati dalla Vostra promessa di leggerci, seppur e con un bel passo indietro, cordialmente vi salutammo.

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    • Sei stato chiarissimo, mon cheri e ti devo ringraziare per quello che sei, cosa sei e chi sei.
      Non posso fare altro che capire , a testa bassa, e accettare per coerenza.
      Sì, avevo capito quanto bella fosse quella persona, per tutti noi che scriviamo e per te.

      Grazie di nuovo.
      Io non me ne vado e leggo, anzi con la massima attenzione tutto.

      Saluto la lettrice che sto imparando ad apprezzare per i bei commenti e per la bellezza della scrittura.
      Fortunata.

      Au revoir mon trésor

      Bisoussss

      Annelise

      😀

      Piace a 1 persona

  23. Un capitolo che ho riletto, immersa nel sogno di quel sottomarino.
    Una bellezza che mi ha fatto sognare a occhi aperti e mi ha dato forma alla storia che sto seguendo con moltissimo interesse.
    (Ho riletto e riletto e riletto. …)

    Grazie Milord
    Ho tanta stima per te, quasi infinita, ma non posso ambire a tanto

    Annelise

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  24. Sì, un capitolo inteso come un’opera d’arte. Bello scorrevole e con un stare dentro che è ottimo.
    Mi ha colpita, moltissimo, la descrizione del sopralluogo effettuato nel sommergibile.
    Una descrizione alla Frederick Forsyth.
    Da rimanere a bocca aperta Milord

    Salutazioni

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  25. Sono i silenzi.
    Sono questi maledetti silenzi che uccidono, che mi uccidono il cuore e l’idea.
    Abbandonare il sommergibile; lasciare quelle calde cabine per l’ignoto e abbandonarsi a un destino forse peggiore della fuga stessa.

    Il problema è dare amore.
    Dare amore e riceverne.
    Un dare e avere che soltanto io posso capire e comprendere.
    Chi sostiene il contrario è in malafede.

    Ho riletto il capitolo con tantissima attenzione e questi sono i pensieri che sono venuti … alla finestra.
    Buona notte milord
    Saluti

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  26. Il capitolo svolge la sua funzione in modo egregio.
    Sistemata in poltrona, e accomodata con il pop corn fra le mani, sono stata nei fondali e ho visto Fred con l’attrezzatura e tutto quello che serve.
    Ma il plauso va a voi milord e alla vostra penna splendida.
    Irresistibile, affascinante.
    Meravigliosa

    Incantata
    Elena

    😀

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