U-Boot XXI

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3U-HAH – Caleta di los Loros – 15 agosto 1945 ore 20.30

“Pari avanti piano” ordinò Manfred dal tubo passa voce mentre era in plancia e osservava freneticamente la costa su ambo i lati mentre U-HAH si infilava all’interno della caletta.
La giornata era trascorsa in un clima elettrizzato perché finalmente avevano raggiunto la loro meta e l’equipaggio non vedeva l’ora di sbarcare e dare l’addio alle armi, almeno per un po’.
Avevano atteso il tramonto in immersione, fermi davanti alla Caleta, per paura di essere identificati e una volta che il Sole aveva lasciato spazio alla notte avevano atteso ancora che la marea fosse propizia per poter entrare nella caletta senza rischiare di restare incagliati.
Aveva notato che a qualche miglio dalla loro posizione c’era una debole luce, probabilmente era una barca di pescatori e la cosa non l’aveva impensierito perché sicuramente non erano dotati di sistemi di rilevazione.
La mappa che il Generale Stahlecker aveva fornito della Caleta era sorprendentemente accurata con dovizia di profondità su tutta l’area: si capiva che qualcuno aveva fatto dei rilievi accurati nei mesi passati.
Si sarebbe tenuto al centro della caletta percorrendo una specie di grossa L per poi finire la ‘corsa’ spiaggiando la prua del sommergibile al fondo della caletta. Il punto esatto sarebbe stato indicato da delle luci delle persone che li attendevano.
Manfred non vedeva l’ora di finire tutta questa storia, poi sarebbe tornato in possesso del suo mezzo, lo avrebbe affondato e si sarebbe arreso alle autorità argentine, ma quest’ultima parte non l’aveva detta a nessuno per paura della reazione del Generale.
Walter Stahlecker era così agitato che sembrava che da un momento all’altro potesse sgusciare fuori dalla sua pelle, le bende erano ormai logore, ingiallite e a tratti cadenti e Manfred era sicuro di aver già visto quegli occhi da qualche parte, ma si era guardato bene dal far capire che adesso erano ben visibili e riconoscibili, si riservava di spulciare tra le foto del regime per riconoscere poi il suo ‘scomodo’ passeggero.
“Navigatore, quanta acqua abbiamo sotto i piedi” chiese Manfred al tubo porta voce
“Circa 15 metri comandante” fu la rapida risposta
“Ottimo, tienimi informato ogni volta che diminuisce sotto i 10 metri”
“Signorsì comandante”
“Telegrafista comincia segnalare” ordinò Manfred al ragazzotto che aveva di fianco e che era preposto al faro per le segnalazioni
“U—X-X-X- U—X-X-X- U—X-X-X” segnalò con i flash il ragazzo in una direzione che comprendeva un angolo di trenta gradi davanti a loro.

4Dopo qualche secondo Manfred individuò una risposta, ma non era in alfabeto Morse, erano dei semplici fari di camion che venivano accesi e spenti ripetutamente, prima uno poi un altro accanto. Proseguirono per qualche secondo e infine tutto tornò buio.
Manfred li aveva osservati con il binocolo e aveva anche visto che il comitato di benvenuto comprendeva anche una macchina e alcune persone armate, il fatto che non avessero risposto in alfabeto Morse gli fece pensare che, molto probabilmente, non erano militari, ma una milizia, e questo rafforzò l’idea che già si era fatta che il Generale Stahlecker aveva supporto da parte di un’organizzazione segreta para militare.
Circa quaranta minuti dopo Manfred stava già sovraintendendo alla manovra di spiaggiamento, dove in realtà l’idea era quella di incagliare la prua il più vicino possibile alla spiaggia, considerato che il suo sommergibile pescava circa sei metri, anche insabbiandosi bene avrebbero avuto dei problemi a scaricare le casse del generale direttamente a terra.
Il Generale aveva fornito una batimetria affidabile ed aveva indicato un punto che era stato giudicato perfetto in quanto sembrava essere il letto di un fiume, in realtà era un solco nel fondale, che avrebbe permesso al sommergibile di arenarsi in circa cinque metri d’acqua, mentre il fondale circostante era profondo solo un metro o poco più.
Non appena furono in prossimità del punto convenuto i due camion e la macchina accesero i fari illuminando un po’ quell’angolo remoto di mondo che avrebbe visto la fine ingloriosa di quella vile avventura.
Mentre U-HAH manovrava, Manfred notò che il comitato di benvenuto aveva cominciato a mettere in acqua alcuni canotti e poco dopo cominciarono ad avvicinarsi.
Lo spiaggiamento fu meno morbido di quanto pianificato, il contraccolpo fu abbastanza secco, ma nulla di così forte da danneggiare lo scafo, anche se Manfred era quasi sicuro che il GHG avesse riportato dei danni, ma poco importava giacché dopo lo scarico non sarebbero più stati operativi.
“Benvenuti U-HAH” gridò qualcuno in perfetto tedesco da uno dei canotti
“Chiediamo il permesso di salire a bordo” aggiunse
“Permesso accordato” gridò di rimando Manfred e abbassò il cane della sua rivoltella, rimettendola nella fondina, mentre il marinaio che aveva messo in coperta continuava a tenere sotto tiro con il suo fucile l’uomo che aveva parlato dal canotto.
Quando furono sotto murata vennero calate delle scalette di corda e l’uomo che aveva parlato si arrampicò fino in coperta, ad accoglierlo c’era il Generale Stahlecker oltre ovviamente a Manfred che nel frattempo era sceso dalla plancia.
“Franz amico mio! che piacere vederti” il generale strinse vigorosamente la mano al nuovo arrivato e lo tirò a se in un abbraccio fraterno con reciproche pacche sulla schiena
“Generale, è un piacere averla sano e salvo in Argentina, nella macchina ci sono i suoi nuovi documenti: ufficialmente lei ora è Juan Keller”
“Eccellente Franz. E ‘Lui’ è già arrivato? Tutto bene?”
“Si Generale. Da circa tre mesi, via aerea dalla Svizzera.
In effetti, è stato il primo, ma c’era urgenza e non avevamo altre soluzioni affidabili, comunque io non rifarei più quella strada. Adesso gli altri viaggiano tutti via nave dall’Italia, mentre la nostra rete in Germania, al momento, è ancora alla macchia.

1Ma parleremo di questo con più calma” disse Franz guardando Manfred che si sentì un po’ in imbarazzo per aver sentito cose che forse sarebbe stato meglio non sentire
“Suppongo tu non conosca l’uomo che ha reso possibile il mio arrivo incolume, il Comandante Manfred Dorf” spiegò il generale, forse per rompere quel momento di imbarazzo che era stato sottolineato dal silenzio di tutti.
“No Generale, solo sentito nominare. Comandante è un onore averla tra noi”
“Grazie” disse semplicemente Manfred e nel farlo si accorse di essere arrossito, ma fortunatamente, complice la notte, nessuno avrebbe notato quel segno di vanità
“Comandante avremo bisogno dei suoi uomini per scaricare il sommergibile: alcuni serviranno a terra per scaricare i canotti” aggiunse Franz
“Siamo pronti” rispose lapidario Manfred e fece un cenno al nostromo che con un semplice fischio del suo fischietto fece scattare una decina di marinai che scesero nei canotti e cominciarono a dirigersi a terra.
Nel frattempo gli altri stavano già allestendo delle specie di picchi da carico, cioè dei pali con un sistema di carrucole per aiutarsi nello scarico delle casse: questa fase sarebbe durata parecchio, ma, a differenza della partenza, dove solo pochi uomini erano stati adibiti al carico perché gli altri erano presi da altre mansioni, adesso tutti erano disponibili per scaricare.
Aprirono il boccaporto di carico dei siluri e calarono la fune con il gancio e poco dopo due casse venivano issate in coperta, da qui poi venivano scaricate sui canotti, tramite delle scale a pioli che avevano portato questi ultimi e che erano utilizzati come scivolo con le casse assicurate ai manici solo con delle corde.
Verso le cinque del mattino lo scarico era ormai definitivamente completato e le casse erano tutte a terra e quasi tutte sui due camion.
L’operazione era stata supervisionata personalmente dal Generale Stahlecker che aveva anche spuntato una sua lista personale complimentandosi, di quando in quando, con il nostromo per l’estrema efficienza e velocità.
Manfred li raggiunse con l’intento di salutare il suo ospite e andarsene prima dell’alba, per evitare di essere individuato dagli argentini e considerato una spia.
“Comandante, le rinnovo ancora una volta il mio invito: si unisca a noi e continui a combattere per la Germania” lo accolse Walter
Manfred pensò alle parole appena udite e gli parvero vuote e false: sapeva che nella migliore delle ipotesi sarebbe entrato nella milizia personale del Generale e sicuramente non avrebbe combattuto per la Germania, ma per gli interessi del Generale e dell’organizzazione che rappresentava.
“Grazie Generale, ma ancora una volta rifiuto. Il mio desiderio di pace e tranquillità per il momento ha il sopravvento” fu la risposta più educata che riuscì a mettere insieme
“Non le spiace se estendo l’invito alla sua ciurma?”
Manfred se lo aspettava e, in effetti, aveva saputo dai suoi uomini che il generale aveva fatto propaganda durante la navigazione, probabilmente qualcuno avrebbe anche accettato e sinceramente la cosa non lo interessava.
“Certamente, non c’è nessun problema: bastano poche persone per affondare un sommergibile” scherzò Manfred. Il Generale lo guardò fisso ed annuì, gli mise una mano su una spalla e aprì la bocca come per dirgli qualcosa poi si fermò
“Buona fortuna Comandante. Affondi il sommergibile nella baia: è l’ultimo ordine del suo paese”
“Certamente Generale, buona fortuna anche a lei”
Il generale si voltò e scese su uno dei canotti, infine rientrarono gli uomini che avevano caricato i camion mentre scesero a terra, per seguire il generale, l’ufficiale alle armi, il capo telegrafista, il capo silurista e tutti i suoi quattro marinai e altri cinque marinai
“Molto bene Hermann, portiamo questo ‘bestione’ fuori da questa trappola e consegniamolo a Nettuno” sorrise Manfred all’amico di sempre il suo comandante in seconda Hermann Sachs
“Signorsì comandante. Macchine pari indietro tutta”

5Walter contemplò U-HAH dalla terra ferma: era decisamente la migliore macchina da guerra che avessero mai costruito e lui stesso ne aveva saggiato le caratteristiche.
Gli spiaceva molto che il comandante avesse rifiutato la sua offerta, ma non ne avrebbe fatto una malattia: tutti sono utili, nessuno è indispensabile.
“Generale, scusi, signor Keller le abbiamo portato anche dei nuovi vestiti” disse prontamente Franz, il suo attendente
“Franz, non vedo l’ora di affondare i denti in una succulenta salsiccia con parecchia senape e bermi una birra fresca”
Franz rise
“Tra poche ore saremo a San Carlos de Bariloche e là, potrà avere tutto ciò che vuole. La sua casa è stata edificata secondo le sue direttive: vedrà sarà molto soddisfatto”
“Questa busta deve arrivare agli americani secondo i piani, mi raccomando è molto importante” disse Walter passando a Franz la busta con dentro la lista il cui codice era stato consegnato da Hellendoor su U-234.
Franz la prese e la mise subito in macchina in una cartellina dove evidentemente teneva le cose importanti.
Walter respirò profondamente: era in Argentina, ce l’aveva fatta; adesso era tra i suoi uomini, quella milizia che aveva organizzato e costruito negli ultimi due anni. Aveva portato con se molto oro, con i fondi che aveva trasferito durante la guerra tramite le filiali delle industrie tedesche, che avevano aperto in Argentina, nessuno avrebbe più potuto minacciarlo.
Gli americani avrebbero avuto ciò che volevano e che era stato pattuito e li avrebbero lasciati vivere in pace.
Mentalmente rilesse la lista di nomi che sarebbe stata consegnata: tutti scienziati e agenti operativi del Terzo Reich in una parola i cervelli migliori della Germania nazista.
Era ovvio che gli americani li avrebbero reclutati per diventare la nazione più forte al mondo e lui, o meglio l’Organizzazione, avrebbe realizzato la più massiccia infiltrazione che nessuno avesse mai ipotizzato: in breve tempo gli Stati Uniti sarebbero stati colonizzati dalla sua gente. Gli venne in mente un paragone con un parassita o meglio un simbionte.
Walter cominciò a cambiarsi, togliendosi la giacca della divisa e la camicia e indossando gli abiti puliti che Franz gli aveva portato, vide che parte dell’equipaggio aveva scelto di seguirlo e ne fu compiaciuto, soprattutto vide l’ufficiale alle armi e lo chiamò
“Avete sistemato tutto?”
“Signorsì signore, come da suoi ordini, gli ordigni sono piazzati e pronti”
“Eccellente” e continuò a rivestirsi

1“Dritta avanti mezza, sinistra indietro mezza” ordinò Manfred quando ebbero raggiunto una zona con sufficiente fondale per girarsi
“Pari avanti tutta” ordinò ancora una volta nella posizione corretta e scese in sala di manovra.
Appena sceso si sentì meglio: era nuovamente il comandante di un U-Boot della Kriegsmarine e non più l’autista di un traditore e la cosa lo riempiva di gioia.
Tirò fuori la scatola da tabacco in cui custodiva gelosamente il suo diario, ma non l’aprì, perché l’ultima volta aveva sigillato i bordi con della cera e non voleva rifare il lavoro, in ogni caso tra poche ore sarebbe stato interrogato dagli argentini quindi non valeva la pena di annotare altro e l’appoggiò sul tavolo del cartografo.
La fissò per un po’ di tempo, pensando a cosa sarebbe successo a lui e ai suoi uomini e se ci sarebbero state conseguenze, ma non riuscì a trovarne, ovviamente a patto di non parlare di alcune cose come la fuga del generale e lo scambio di identità di U-234.
“Comandante il fondale è a 11 metri” lo riportò alla realtà il navigatore
“Molto bene, appena usciti dalla caletta ci prepareremo ad affondare U-HAH” affermò soddisfatto Manfred
“E poi ci toccherà una bella nuotata” aggiunse ironico Hermann, ma il suo sorriso fu subito stroncato da un boato cupo e sordo che proveniva da prua e che squassò il sommergibile, buttando a terra tutti quelli che erano in piedi.
Manfred si rialzò e capì di essersi ferito la testa contro il tavolo del cartografo, un po’ stordito si guardò attorno e vide il terrore e lo stupore sul volto della sua ciurma, percepì che il vascello si stava appruando con un cupo rumore di lamiera che si torceva, poi dal boccaporto anteriore della camera di manovra, quello che si affacciava sul corridoio del quartiere ufficiali, arrivò ruggente un’onda di acqua di mare e Manfred capì che l’esplosione aveva interessato la camera siluri ed aveva aperto una falla
“Chiudete tutti i bocc…” riuscì ancora a urlare prima che una seconda esplosione, questa volta fortissima e sotto di loro, lo scaraventasse contro la paratia di prua e gli facesse perdere i sensi.

Walter aveva finito di cambiarsi, aveva fatto radunare la nuova truppa scesa dal sommergibile e con Franz stavano guardando i primi raggi dell’alba che a Est stavano illuminando il cielo.
U-HAH era ormai fuori visuale semi immerso tra le onde ancora scure, ma la direzione era quella del mare aperto.
La prima esplosione attrasse l’attenzione di tutti: un rombo sordo e un fontanile d’acqua rivelarono a tutti la posizione esatta del sommergibile.
Walter, o meglio da adesso avrebbe dovuto abituarsi al nuovo nome Juan, cominciò a togliersi le bende, con molta calma e guardando sempre verso il sommergibile.
Il secondo scoppio fu sordo come il precedente ma colpì un sommergibile che si stava già appruando e con la scarsa luce dell’ora si poté vedere il ribollire dell’acqua che non lasciava scampo a nessuno dei marinai di U-HAH prigionieri delle sue lamiere.
Infine un terzo scoppio ebbe anche un fugace lampo, forse perché il vascello ormai era appruato ed aveva in parte sollevato la poppa dove avvenne l’ultima detonazione. Walter avrebbe potuto essere più preciso, questa era avvenuta in sala macchine dalle parti della cassa gasolio giornaliera.
In pochi attimi il sommergibile si inabissò lasciando solo un ribollire d’acqua e un sordo suono di lamiere contorte e straziate.
Walter si tolse tutte le bende e si girò per salire in macchina, dietro di sé aveva l’ufficiale alle armi di U-HAH che lo vide finalmente in faccia e con immenso stupore e occhi sgranati affermò
“Ma voi siete Martin Bormann!”
“Lo sono stato” disse, gelido, Walter e contemporaneamente premette il grilletto della sua pistola uccidendo l’ufficiale sul posto.
Quello fu il segnale perché immediatamente alcune raffiche di mitra falciassero gli altri componenti dell’equipaggio, uccidendoli tutti.
“Eliminate ogni segno di riconoscimento e gettate i corpi in mare, ci penseranno i pesci a pulire” Walter salì in macchina seguito da Franz.
L’autista aggiustò lo specchietto retrovisore, evidentemente a disagio
“Portami a casa Franz” disse Walter chiudendo gli occhi e cercando di addormentarsi.

1U-977 – Caleta di los Loros – 16 agosto 1945 ore 05.15
U-977 era arrivato nella Baia di Rio Negro da poche ore, e il suo comandante, Heinz Gridler, era al periscopio dopo aver comunicato ai suoi uomini che avrebbero atteso lì un po’, poi avrebbero distrutto tutto ciò che non doveva finire in mani nemiche e all’alba, probabilmente del giorno dopo, si sarebbero arresi a Mar del Plata, per evitare malintesi con la marina argentina.
Heinz appena arrivato aveva visto delle luci verso Nord e aveva immaginato che lì U-HAH stesse scaricando il suo carico: la sua missione era dunque finita, aveva scortato discretamente l’altro sommergibile fino a destinazione, ora doveva solo mantenere il segreto per il resto della sua vita e avrebbe avuto un discreto gruzzolo, che era stato depositato per lui in una banca Argentina. Inoltre la sua famiglia, in Germania, avrebbe goduto di alcuni benefici tra cui credito e protezione e non sarebbe finita sotto i Russi.
Il loro viaggio era stato abbastanza tranquillo e senza eventi, appena salpati da Kristiansand avevano fatto rotta verso Nord e, quando avevano ricevuto l’ordine di resa, lui aveva sbarcato tutto il personale che aveva famiglia e che lo aveva richiesto, poi si erano infilati nel Rosengarten, seguendo una mappa che era allegata ai suoi ordini e che si era dimostrata affidabilissima, infine aveva raggiunto prima Capo Verde e poi questa baia in Argentina.
In totale aveva trascorso sessantasei giorni filati in immersione e aveva creduto che l’equipaggio si ammutinasse, ma la paura di essere scoperti aveva avuto la meglio, poi le isole di Capo Verde gli avevano dato un po’ di respiro, consentendogli anche la possibilità di fare il bagno in mare.
E adesso erano lì in un golfo argentino deserto, a supervisionare che nessuno vedesse U-HAH, poi sarebbero stati liberi di compiere il loro destino a Mar della Plata.
Le luci, probabilmente di camion, si erano spente, evidentemente la fase di scarico era terminata e adesso un gruppo scelto, sicuramente capitanato da Dorf, avrebbe auto-affondato il sommergibile per non lasciare tracce.
Questa era un’operazione delicata, normalmente si lasciavano tutte le valvole e i boccaporti aperti, ma anche così c’era il rischio che il sommergibile non affondasse, così alcune volte si ricorreva agli esplosivi, ma c’era un rischio che qualcuno morisse nell’operazione.
Heinz continuò a controllare quel tratto di mare in cui sapeva che U-HAH sarebbe passato, ebbe l’impressione di averlo intravisto un paio di volte, alla debolissima luce dell’alba incipiente, quando tutto d’un tratto gli sembrò di vedere un lampo e capì che una delle cariche aveva detonato su un pezzo di sommergibile esposto, forse era l’ultima perché non vide più nulla e sinceramente sperò che tutta la squadra avesse fatto in tempo ad allontanarsi, prima della scomparsa del battello.
Era un peccato che un tipo XXI facesse quella fine, ma concordava che non lo si poteva lasciare in mani nemiche, solo gli rincresceva di non aver avuto l’occasione di comandarne uno.
Con il periscopio cominciò a segnalare verso le luci dei camion che aveva visto
“U—H-A-H–a-f-f-o-n-d-a-t-o-“ lo ripeté un paio di volte e poi fece rientrare il periscopio, che si muoveva un po’ lento a causa di un danno che aveva subito quando il comandante in seconda, preso dal panico per la lunga segregazione sott’acqua, aveva cercato di ammutinarsi e aveva danneggiato volontariamente il periscopio ordinando l’immersione con il periscopio esteso.
Un altro effetto dei lunghissimi sessantasei giorni sott’acqua era lo strato di muffa e ruggine che aveva ricoperto ogni superficie, compreso anche i cibi non in scatola, ma proprio quegli episodi lo avevano ispirato e il comandante Gridler aveva ordinato che ogni singolo uomo facesse manutenzione al sommergibile, ottenendo sia di avere un equipaggio impegnato che non pensava più alla claustrofobia, sia un sommergibile estremamente efficiente.
I suoi ordini parlavano chiaro, avrebbe dovuto smantellare e distruggere il ricevitore Kurier, ogni comunicazione ricevuta con lo stesso e il suo diario di navigazione, oltre a rendere inservibili i generatori e disfarsi dei siluri.
Ma Heinz aveva pensato che consegnarsi con il sommergibile perfetto sarebbe stato di sicuro un biglietto da visita migliore per lui e i suoi uomini agli occhi delle autorità argentine, e poi c’era la storia di U-530, di cui avevano avuto notizie il 30 luglio, che aveva seguito gli ordini e il cui equipaggio era stato trasferito negli Stati Uniti per la detenzione: magari se avesse consegnato un sommergibile in buono stato la loro detenzione sarebbe durata meno.

6“Emersione” ordinò perentorio
Avevano poco tempo per disfarsi del Kurier e delle comunicazioni prima che sorgesse il sole e il vascello fosse visibile a qualsiasi pescatore.
Non era sua intenzione farsi trovare in quel golfo, magari qualcuno si sarebbe insospettito e avrebbe controllato le coste trovando i segni dei camion che avevano caricato tutta notte.
Una volta emersi Heinz istruì i suoi uomini i quali portarono sul ponte il ricevitore Kurier e senza troppe cerimonie lo gettarono in mare, mentre per i documenti decisero di riempire una cassa e metterci dentro le trascrizioni dei messaggi ricevuti via Kurier, tutti i libri di codici e gli ordini ricevuti a Kristiansand, poi per farla affondare decisero di metterci anche alcune parti di ricambio dei generatori e delle pompe.
Per quanto riguardava il suo diario, non c’era nulla da temere, si era limitato a segnare solo le cose che avrebbe potuto condividere con l’equipaggio, per cui non si faceva mai menzione ad altri sommergibili o a missioni particolari e neppure si era permesso di segnare quanta nafta avevano realmente alla partenza da Kristiansand, Heinz era certo che consegnarsi con quel diario avrebbe distolto ogni attenzione da qualsiasi altra questione che non fosse U-977.
Quando ebbero finito il sole ormai stava per sorgere e ad Est il cielo era ormai chiaro
“Rotta 1-0-9, macchine avanti tutta” ordinò Heinz consapevole che il basso profilo della vela avrebbe reso difficile l’identificazione del suo sommergibile, inoltre, a Capo Verde, avevano sistemato delle lamiere e altro materiale per far sembrare la torretta un fumaiolo.
La mattina successiva, il 17 agosto, erano in prossimità di Mar del Plata, erano in immersione perché avevano avvistato due unità navali argentine, distavano solo otto miglia dal porto e Heinz avrebbe voluto entrare e arrendersi la, ma ormai non sarebbe stato possibile.
Non voleva rischiare con quelle due unità navali, non sapeva nemmeno come fossero equipaggiate e neppure se li avessero già individuati.
Restava solo una cosa da fare. “Emersione rapida, macchine avanti mezza” ordinò
“Segnalatore con me in plancia” aggiunse subito
Pochi minuti dopo, erano quasi le 9 del mattino, U-977 comparve davanti alle vedette di due cacciatorpediniere argentini

1“S-U-B-M-A-R-I-N-O-S- A-L-E-M-A-N-O” fece trasmettere, con la luce, sulla torretta Heinz finché non vide che uno dei due caccia rispose segnalandogli di fermare le macchine
“Macchine ferme” ordinò tramite il tubo passa voce e si mise in attesa delle scialuppe argentine con cui sarebbe stato abbordato.
Si accese una sigaretta, un lusso che negli ultimi 107 giorni aveva avuto ben di rado e forse era stata la cosa che più gli era pesata.
Pensò un attimo a cosa sarebbe stata la sua vita, avrebbe cercato di tornare in Germania, ma sicuramente parte di lui lo avrebbe richiamato qui in Sud America e non solo per i soldi che avrebbe ritirato una volta libero, ma perché sentiva che questo era un posto di grandi opportunità.
Batté una mano sulla spalla del segnalatore
“Tranquillo, vedrai che andrà tutto bene e tra poco saremo liberi: la guerra è finita ragazzo e noi siamo sopravvissuti!” e cominciò a ridere di gusto.
Aspirò la sua sigaretta fino in fondo, mentre dal cacciatorpediniere calavano due scialuppe: solo ora aveva realizzato che era ancora vivo e il pensiero gli esplose in testa come una mina del Rosengarten.
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77 pensieri su “U-Boot XXI

  1. Non ti nascondo che lo stavo aspettando. Sono passato un milione di volte e praticamente te l’ho visto pubblicare.
    Avvioncente e che da una luce forte, anzi fortissima a tutta la storia.

    E così, con quel “Submarinos Alemano” si è arreso agli argentini.
    Incredibile, hai una fantasia che è vasta sul serio.
    Mi fa pensare, però, che certe cose … possano essere successe per davvero …
    Mà…

    Buona domenica Milord, e grazie per queste perle di letteratura.
    Ciao

    Francesco

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    • Spillo

      Vi ringraziammo per aver onorato la vostra attesa con una “attesa” nell’Attesa.
      “El submarinos Alemano” è il rapporto di scambio con la resa tra le unità della Marina da Cuerra Argentina.
      Una specie di Passi per ottenere quanto pattuito in precedenza.
      Le certe cose a cui fate riferimento sono quelle cose, anzi cosas che rappresentano … chissà cosa..
      Comunque avrete soddisfazione all’ultimo capitolo che è il prossimo!
      Grazie a voi e cordialità

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  2. Un capitolo notevolmente ben scritto. Una potenza evocativa non comune.
    Credo anch’io che siamo alle battute finale e che spaventosamente potrebbe essere aderente alla realtà.
    Mi viene un dubbio, infatti…
    Le auguro buona domenica

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    • Iribarne

      Vi ringraziammo per aver sottolineato la forza evocativa.
      Sì, è vero ci avvicinammo alle battute finali. Adesso l’Unità da guerra è giunta e l’obiettivo è stato raggiunto.
      Vedrà …

      La ringraziai con riconscenza
      Cordialità

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  3. Gentile Milord…
    Quand’ è domenica si aspetta che Voi pubblichiate il nuovo capitolo, ci avete avvinti a mano a mano. Ed è stato un crescendo di suspense per me e, leggendo i vari commenti, un po’ per tutti i Vostri lettori.
    Invitate ad una partecipazione emotiva dei fatti come solo un gran maestro di scrittura può essere capace. Si legge…e si animano ii vari personaggi, si immaginano i loro atti, si captano I loro stati d’ animo…ci si immerge nei loro stessi pensieri, si distinguono le loro personalità e, molto importante, le loro coscienze e i loro valori.
    Davvero bei momenti, quelli dedicati alla lettura di questo spazio. Grazie Milord.
    Con illimitata Stima
    Maria Silviai

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    • Buongiorno signora Maria Silvia,

      mi permetto scriverle.
      E’ vero, la domenica si aspetta il capitolo del romanzo di Milord con attenzione perché è un momento di bellezza e di capire le situazioni.
      Lei scrive con quella giusta equidistanza (di cui ho parlato nel mio commento) che mi fa rendere attenta sia sulle cose che scrive, che sui suoi punti di vista interessantissimi.
      Si vede che lei è una scrittrice.
      Le auguro buona domenica e mi scusi se le ho scritto adesso, ma era da un po’ che volevo dirglielo.
      Grazie

      Eleonora

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      • Gentile Signora Eleonora…
        La ringrazio per il messaggio. Che mi abbia scritto, mi ha fatto davvero piacere.
        Mi piace scrivere. Scrivere, spesso mi ha salvato. Scrivere non è stato mai un’ ambizione, è stato un modo efficace per non sentirmi sola. Scrivere mi appassiona, ma non posso certo aver la presunzione di considerarmi scrittrice.
        Ancora grazie per la Simpatia manifestatami. Le auguro una bella domenica.
        Maria Silvia

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    • Maria Silvia

      La domenica, la giornata del Sole secondo i romani del Sol Invictus è la giornata del riposo, dell’ozio.
      Derivazione cristiana? Nel nostro caso una abitudine apotropaica.
      I personaggi, mia signora, sono la parte caratteristica di questo romanzo che volge, oramai, alle sue battute finali.
      Assistemmo a momenti drammatici ma, come la storia dell’uomo insegna, quando un obiettivo è raggiunto, probabilmente, si aprono le porte dell’Inferno.
      Un Inferno arido di commenti e di situazioni.
      Un Inferno che segna e consegna modi e tempi delle bassezze umane. Dalla fuga al rinnegare i propri affetti in un turbinio che porta allo svilimento umano.
      Nella convulsione e compulsione degli avvenimenti notammo la pervicace volontà di aggrapparsi agli ideali, come al loro stravolgimento.
      Termine ultimo delle miserie umane che una guerra di sangue, dagli esiti incerti e tragici, può comportare.

      Sarà così?
      L’ultimo Capitolo, l’epilogo, sarà il prossimo e Vi garantimmo la sorpresa finale.
      Grazie per averci scritto rispondendo, mia signora, onorando questo spazio web.
      Vi lasciammo, fra le dita, le nostre cordialità più sentite

      Antonmaria

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    • Si, mi è piaciuto il suo commento che si è elevato per bellezza e espressione.
      Mi è piaciuto questo:

      “ci si immerge nei loro stessi pensieri, si distinguono le loro personalità e, molto importante, le loro coscienze e i loro valori.”.

      Brava
      Bye
      Kate

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  4. Un capitolo che è una chiave di volta per la storia stessa. Una storia che mi ha preso e che, arguisco, nelle sue ultime battute prende e coinvolge completamente.

    -Tranquillo, vedrai …
    Ecco quest’epilogo che mi sembra scaturito da un film di Humphrey Bogart.
    un film dalle tonalità forti per una storia che regala e ci ha regalato momenti di estrema attenzione.
    Un abbraccio, ovunque tu sia e buona domenica

    Louis

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  5. Leggo questo nuovo capitolo decisamente rapita.
    E a questo punto immagino che si rivolge a più parti, perché con gli avvenimenti, rientra in linea con le aspettative.
    Allora Milord, come per gli altri capitolo. ho stampato anche questo e in formato a4 (una pagina per ogni facciata, siamo a 495 fogli.
    Me la farai, poi, la copertina?
    devo dire che questa volta, come capitolo, mi hai portata al cinema.
    Un cinema bello, tranquillo e importante.
    Hai aperto uno spiraglio, che dico spiraglio? Una voragine sulla storia.
    Come ha sempre sostenuto mio padre, se è possibile scrivente bene, vuol dire che è già successo.
    Ecco che continua a venirmi il tarlo che tutto questo possa essere successo già.

    Io, forse, non riesco e non ho la bravura per rimanere equidistante nelle valutazioni (bisogna essere veramente bravi e tra poco lo dirò alla persona), ma gli ordini secchi di comando li ho sentiti nelle orecchie e di contro nel cervello.
    Poccola notina:
    Sai dirmi chi è quell’ufficiale tedesco biondino che spesso metti in giù?
    L’ho visto altre volte: è proprio carino, anche se è un boia assassino.
    Ti lascio, milord, un grazie per questo ennesimo capitolo e ti saluto augurandoti buona doenica.
    Ciao e grazie

    Eleonora

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    • Eleonora Bisi

      Ancora un piccolo sforzo mia signora e vedrete il Vostro volume nella biblioteca preferita.
      Quell’Ufficiale in uniforma delle Waffen SS della “Erste Leibstandarte Adolf Hitler”, è stato l’ufficiale superiore di un reparto di Elite dlle SS Combattenti, del Terzo Reich, più giovane nella storia dei corpi speciali d’assalto di tutti gli eserciti, con una decorazione massima per una istituzione bellica.
      Decorato al valore, direttamente dalle mani del Capo del Governo, dell’Ordine dei Cavalieri della Gran Croce di Ferro di Prima Classe con Fronde, diamanti e spade.
      Quel maggiore, un vero eroe, quando ebbe l’altissimo Onore di riferimento, aveva 23 anni e a seguito di un ordine secco, si lanciava in una missiona a carattere suicida, dove riusciva – grazie a diversi stratagemmmi – a catturare un’intera Divisione corazzata (la 3° Inglese) sguarnendo un intero fronte e capovolgendo le intere sorti di quello scacchiere di guerra.
      Un vero eroe, non un assassino. I soldati che servono la nazione in cui prestano la loro opera e impegno, sono dei bravi cittadini, da qualsiasi parte prestino il loro servizio.

      Grazie

      Cordialità

      😀

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  6. Un capitolo che prende e riempie il cuore e l’anima.
    Milord,, ma è bellissimo quello che leggo. Un capitolo bello e preciso anche con un particolare lessico.
    Io sono compiutamente attratta da queste righe, che raccontano di una particolare situazione che potrebbe essere presente.
    Una situazione che mi fa paura eccome.

    Milord, veniamo alle richieste:
    Che vuol dire “Macchine avanti tutta” e che mantiene il basso profilo della “vela”?
    ma i sottomarini non hanno vela giusto?

    Complimenti per il bel capitolo.
    Buona domenica

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    • Giorgia Mattei

      Cercammo di esere aderenti alla reale realtà mia signora.
      L’angolo delle risposte:

      Macchine avanti tutta significa, nello specifico, Macchine avanti tutta! (macchine al massimo della potenza)

      – Viene chiamata “Vela” in un sottomarino, il complesso in acciaio costituito dalla torretta di uscita, con approntato cannoncino anti aereo e tubi periscopio. Di solito a forma trapezzoidale, ricorda, appunto una vela stilizzata.
      Grazie cordialità

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  7. Leggo, con entusiasmo, questo capitolo che mi ga dato la bellezza di leggere un brano di spessore.
    il sottomarino, il battello da guerra più subdolo, è una grande fucina di veri uomini. E bisogna essere veramente veri e pronti.
    La resa calcolata e tutto il resto.
    mamma milord, che patema d’animo e che storia.
    se penso che anch’io ho contribuito alla creazione di questo romanzo ….
    saltello dalla gioia.
    Ninni ti regalo un bacio con semplicità e .. buona domenica.

    Lilly

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  8. carissimo Milord,
    ecco un’altra perla che mi fa tornare alla memoria i libri scritti dagli stessi comandanti di sommergibili che sono potuti tornare in patria. Come già vi dissi, sulla II guerra mondiale ho letto posso dire tutto ( di tutte le nazionalità per poter fare un raffronto coerente). Mi permetto di consigliare la lettura de: Gli dei del Mare di Thaddeus Von Tuleja che racconta in questo volume le imprese coraggiose di comandanti della marina tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale. Non è certo un’apologia del nazismo questo libro: la marina, infatti, operò sempre nel rispetto del codice d’onore militare, al punto che questo fu riconosciuto dagli stessi alleati al termine della guerra. Von Tuleja non parla di politica, ma vuole ricordare i valorosi comandanti e marinai che, spesso in condizioni d’inferiorità numerica e di armamento, combatterono x la loro nazione a volte anche fino al sacrificio supremo. Alcune sono storie molto famose, come la battaglia e l’autoaffondamento della corazzata “Admiral Graf Spee” davanti all’estuario del Rio della Plata e le imprese della “Sharnhorst” in Nord Atlantico, altre meno note come l’attacco del sommergibile U-47 alla flotta inglese ormeggiata a Scapa Flow, nelle Orcadi, superando sbarramenti e violente correnti, e la guerra del mercantile armato “Pinguin”, che affondò sei navi nemiche cariche di rifornimenti, prima di soggiacere al suo inevitabile destino. A settant’anni dalla fine del conflitto, questo libro testimonia storie di guerra e di marineria, di uomini coraggiosi, tedeschi e inglesi, che combatterono x il loro paese senza odio x i nemici in nome di un antico codice cavalleresco, cercando, x quanto possibile, di risparmiare la vita anche dei loro avversari ). Perdonatemi sono una vera appassionata.

    Tornando al vostro meraviglioso scritto: lo trovo sempre più realistico ed obbiettivo. Il desiderio di Manfred di portare a termine quella scomoda e subdola missione al più presto, per poi essere libero di andare via mettere al sicuro il suo equipaggio e affondare il sommergibile. Nella sua tristezza si incontra però quasi una sensazione di liberazione. Aver compiuto il proprio dovere fino in fondo. Walter lo trovo un essere spregevole che pur di salvare la sua pelle non esita a compiere nefandezze irripetibili. Ma conosciamo bene la storia e sappiamo che ce ne sono stati tantissimi di casi simili nella realtà.

    Che Manfred e il suo sottomarino venga fatto esplodere è indicibilmente doloroso. Mi sono sentita addosso quegli scoppi e saperli morti mi ha veramente addolorato nel profondo. Ma la famosa scatola sigillata verrà ritrovata…!
    Tutto il resto del racconto è interessantissimo, nuove losche attività sono pronte a prenderci nel turbine degli eventi.
    il vostro è un vero capolavoro Milord e lo dico con tutto il cuore.
    Aspetto con ansia la prossima puntata.
    Scusatemi la prolissità ma è troppo bello l’argomento.

    Un sincero abbraccio

    Giovanna

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    • lady Giovanna Orofiorentino

      Preferimmo leggere e far leggere il Vostro commento e commentazione direttamente ai sigg. lettori.
      Non avemmo parole per descriverne la bellezza e immediatezza.

      La Admiral Graf Spee, l’incrociatore pesante (Corazzata) fu la protagonista della battaglia del Rio de la Plata – Ar, la prima vera battaglia navale della seconda Guerra mondiale.
      Lasciammo ai signori lettori l’onere di osservarne, con mezzi propri, l’epopea difficile e difficoltosa e sicuramente interessante.
      Perdonateci mia signora, preferimmo, in questo modo semplicemente e per la complessità delle operazioni, onorarVi nel vostro apporto.
      Di contro tenemmo preziosissimo il Vostro invito alla lettura dello specifico volume da voi segnalato.
      Siete preziosa mia signora.
      Moltissimo.

      Grazie e cordialità

      Ninni

      La storia siamo noi

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      • Grazie Milord
        Vi chiedo scusa ulteriormente per la mia prolissità, cercherò di essere più sintetica nel futuro. non vorrei urtarvi con le mie intromissioni così lunghe.
        Vi auguro una splendida giornata

        Giovanna

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    • Ecco un bel commento che ho letto (scusi se mi esprimo male, ma ci provo).
      Sapere e conoscere cose nuove, non vivere nel buio è bellissimo, se anche le persone danno una mano a capire.
      Grazie Orofiorentino

      Bye

      Kate

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  9. Un capitolo di possanza, bello pieno e che non da spazio a tanti ragionamenti.
    Si sente la presenza della guerra come se lei , caro dott. Raimondi, abbia combattuto in ambiete di conflitto di guerra o che ner sia stato, in qualche modo , parte attiva.
    La leggo, mi creda e non posso fare a meno di pensarlo.

    Una immagine descrittiva e soprattutto di pathos che è fortissima.
    La ringrazio per la sua ricerca continua, in una forma personale di ringraziamento.
    Buona sera

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  10. La vita di bordo in un sottomarino da combattimento del Terzo Reich non deve essere stata una passeggiata.
    107 giorni di navigazione stroncherebbero chiunque.
    Una sistemazione per le coscienze che andiamo cercando, non esiste in quei frangenti.
    Frangenti di dolore, frangenti di morte. Quanto ci avranno studiato su quei modelli, per adattarsi ad una fuga, una fuga che ultima assicura qualcosa?
    mah, stareno a vedere.
    Ninni te lo dico: sei un fenomeno della natura. Hai scritto questo romanzo seguendo precise indicazioni dai tuoi lettori e guarda cosa ne è venuto fuori.
    Molto bello, molto vero.

    Ci avviciniamo a grandi passi verso l’epilogo, vero?
    Sono curioso di sapere a cosa ti sei riferito.
    Buona serata

    Enrico

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    • Vintrix

      I giorni di Navigazione sono gli aghi conficcati nelle carni di ogni singolo.
      Non si conosce la destinazione (almeno non nella sua interezza) , ma soprattutto non si conosce l’esito della mossione stessa.
      Missione disperata?
      Incognita?

      In questa guerra caratterizzata dalla morte di un modo di pensare (antico) verso un modo di vedere (moderno) degli stati, abbiamo assistito a tutto e al suo contrario.
      La forza delle idee non riseide, spesso e soltanto, in quella delle menti.
      Alcune volte sono necessari i cosiddetti “pugni sbattuti sul tavolo”.
      Grazie e cordialità

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  11. Ho letto, fino in fondo, questo capitolo che, leggendo i commenti precedenti, é il penultimo.
    Mi/ci hai fatto entrare, in argomento, immediatamente, quasi usando una formula alchemica da dove hai estratto l’oro, se si può parlare di oro riferendosi a dei nazisti in fuga.
    Già la storia in sé, ma come l’hai condotta, mi fa notare e partecipe di un momento importante e particolare della storia dell’uomo.
    Una storia pericolosamente attuale.
    Una storia che coinvolge e illumina.
    Quasi figli della disperazione che, coinvolgendo ci, preme per perdersi nelle brutture e nelle bassezze umane.
    Non mancano i momenti di tensione, ma tu sai dosarli con maestria e dinamismo.
    Non smetterei mai di leggerti.

    Buona giornata un abbraccio

    L.

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  12. Siamo nei termini e al termine, ormai, di una storia che personalmente mi ha tenuto interessato, per molti aspetti, ad alcune vicende legate nell’immediata storia d’Italia,
    Lei, caro dott, Raimondi, è riuscito a focalizzare molti dei problemi connessi con la natura umana.
    Primo di questi la natura umana stessa.
    Davanti ai bisogni di vita e alla propria esistenza spariscono quegli ideali che, sovente, spingono ad onorare gli ideali che ci animano.
    Ecco che nasce il Tradimento (spiace scriverlo maiuscolo, ma è l’unico modo che ritengo opportuno per sottolinearlo).
    Il tradimento, come in questo caso, non si delinea alla “persona”, ma decisamente ad una intera classe politica (più o meno scelta dalla volontà popolare), e al popolo che lo sostenne.
    Viviamo, così, in un Limbo di paure e incertezze che costringono, in particolari momenti, ad usare la forza di un argomento, piuttosto che qualche altra cosa.

    Il suo capitolo, dott, Raimondi, è mirabile e ammirabile, proprio per la duplicità di questa forma.
    Lei ci ha offerto “una” verità.
    Una verità scomoda, è vero, ma da sapiente analizzatore delle pulsioni umane, ci mette davanti al fatto e ai fatti compiuti.
    Un ottimo capitolo che prepara una, sicuramente, ancor più ottima conclusione.
    Mi conforta leggere alcune pagine così belle.
    Le auguro una buona giornata

    Amedeo

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    • Amedeo d’A.

      Aspetti importanti quelli da voi evidenziati che risultano importanti nel vostro discorso lodevole.
      Una storia che se vera e reale, nei suoi aspetti peculiari intrinseci ed estrinseci, dovrebbe fare inquietare e non poco. Un po’ come rinnegare una cera storia d’Italia, come per esempio la forma monarchica, soltanto perché la forma repubblicana ha prevalso.
      Come sarebbe azzardatamente inutile non trarre insegnamento dalle vicende storiche altrui, per imparare le nostre.
      In ogni caso abbiamo una messe di informazioni e di spunti che sarebbe, veramente, impegnativo poterne fare un riassunto.
      La storia, così come la viveste, questa romanzata, ormai volge al termine e i giochi sono fatti.
      probabilmente nella finzione si può sempre avere modo di studiare una soluzione di comodo per tutti.
      Nel fattore reale, purtroppo no.
      Vogliate accettare don Amedeo i sensi della nostra più alta stima
      Vi ringraziammo
      Cordialità

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  13. Ti seguo in questi momenti in cui le sorti di una guerra sanguinaosa si intrecciano con le sistematiche offese all’Uomo.
    Sei bravo milord.
    Adesso scappo, ma ti leggo 8almeno duemila volte al giorno)

    Au revoir

    M.

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    • Melissa T.
      (Sospendo unilaterelmante, per comodità, il Voi)

      le offese per l’Uomo sono sistematiche quanto le sue violazioni sono sistematiche.
      Grazie per aver scritto pur essendo pressata da svariati impegni.

      Cordialità

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  14. Ho letto tante volte questo capitolo, preferendo maturare le parole e i tratti.
    Avrei potuto scrivere già da ieri.
    Mi sono trattenuta percvhé, come sovente accade milord, ad ogni rilettura scoprivo differenti modi e differenti coni di luce a cui riferirmi o sondare.
    Quindi abbiamo una tempesta emozxionale quale può essere l’abbandono di un battello da guerra, soprattutto se si tratta del proprio equipaggio.
    Cosa spinge quegli uomini rudi a uniformarsi alle brutture della guerra?
    Non credo siano soltanto quelle pulsioni di sopravvivenza. Pulsioni che colpiscono e prendono i più durante una fuga o l’eliminazione di persone a noi care.
    I silenzi, i ricordi, si mescolano con i desideri più reconditi, precipitando e precipitandosi dentro un baratro di inaudita profondità.

    Ecco che mi fate assistere alle ultime, misere e umane, battute:
    “S-U-B-M-A-R-I-N-O-S- A-L-E-M-A-N-O”.

    In un’unica battuta d’immagine, tutta la storia, la vita e l’esserci.
    In un’unica battuta l’esistenza di tante “esistenze” racchiuse in una unica frase.
    Quasi a coronare una vita di idee e di ideali e concludendosi in quella frase che racconta, nella sua interezza e frase, tutta unìesistenza, in vita, ma prossima all morte di tante vite che hanno incrociato, intersecandosi, molte e molteplici passioni umane.

    “Submarinos Alemano” e un esistenza si chiude.
    “Submarinos Alemano” e un passato di sogni e speranze crolla miseramente;
    “Submarinos Alemano” e in un idioma sconosciuto, affonadno gli ideali;
    “Submarinos Alemano” e crollano tutte le certezze di una vita.

    Milord, questo capitolo è un capolavoro.
    Non oso immaginare l’ultimo.

    Abbiate una serena giornata e … grazie per quello che ci regalate.

    Anna

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  15. Ho letto il capitolo, questo penultimo capitolo e mi sono sentita triste, perché sta finendo il romanzo.
    Un romanzo che mi ha accompagnato lungo percorsi oscuri frutto di sentieri battuti dalla cattiveria umana.
    Un bel passaggio dettato dalla bella scrittura.
    Ciao Ninni

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    • Sonia Liverani

      Grazie, il romanzo volge al suo termine e con esso le speranze di una classe politica che avrebbe potuto trarre beneficio, anche, dal presente racconto.
      Ovviamente stiamo scherzando.
      Grazie per avere scritto

      Cordialità

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  16. Un capitolo che è importanza e forza proprio per quello che da e che si fa consegnare dalla storia.
    un ambito di storia che emana quella forza da te descritta in lunghi e tantissimi passaggi.
    Un silenzio grave di tensione dopo le esplosioni?
    Il generale un criminale arido.
    Una forza in questo rimanzo, piena di tanto e tante cose.
    Grazie milord.

    isy

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    • Isabella Ozieri

      certo quelle esplosioni hanno segnato l’inizio della fine. Una fine che, ingloriosa per una Unità da Guerra (se mai più essere considerata Gloria uccidere in modo sistematico delle persone che non sai perché devono morire ….)

      Ladu Isy, vi ringraziammo della lucidità e della bellezza, sempre, dei vostri commenti.
      Abbiate le nostre cordialità

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  17. Leggere una storia così, perdonami, mi rattrista un poco.
    Siamo alle battute finali di un romanzo che mi ha fatto pensare e riflettere su l’uomo e su tutte quelle situazioni che all’uomo ritornano. Come una rappresentazione teatrale che, deve continuare ad andare avanti, mentre dentro si muore un poco, ogni giorno di più.
    Manfred, un idolo, per serietà e per forza, Sembra uscito dal “decalogo dei buoni propositi” dell’uomo virile. Quasi transtorico.
    Esistono, ancora e per fortuna uomini così. dedicano la loro vita a tanti ideali e ne portano avanti uno o pochi. Non si sa quanti e non si sa per quanto.

    La vita, così mutevole, riserva delle sorprese. Come per esempio quel generale nazista.
    L’ultima specie di uomo. L’ultimo inaffidabile boia (ma sarà l’ultimo) che possa avere solcato il pavimento di quel sottomarino.
    Hai dato, mon cheri, l’immagine della cavalleria comunque.

    Si, convengo che l’immagine che dai è forte e che sembra tu abbia avuto o affrontato particolari momenti di guerra (questa è l’impressione), ma devo capire che, un grande scrittore come te, particolarmente seguito, non si limita al racconto.
    Abbiamo navi oceanografiche e sottomarini in cui il velo del mistero è proprio lì.
    Oggi anche le ragazze ti hanno letto e mi hanno fatto notare quanto bello, nel racconto, è l’immagine di questi uomoni che in nome degli ideali compiono il loro dovere fino in fondo. (Ti salutano)

    Lascio a questo commento, un po’ troppo lungo ma sentito, un saluto e l’attesa, come per tutti qua dentro, di un qualcosa di nuovo che esca e scaturisca dalla tua penna.
    Qualcosa che sappia prenderci il cuore.
    Sempre bello e sempre capolavoro.
    Buona sera a te e a tutti i tuoi splendidi lettori.
    Au revoir avec bisous

    Annelise

    A Paris

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    • La ringrazio.
      Effettivamente la figura di Manfred ricorda quella del Milord proprio per questa grande dignità e profondo rispetto e coerenza che, il Comandante del sottomarino, manifesta verso i suoi uomini e la patria.
      Lo spirito del romanzo è tutto questo, in effetti.
      La ringrazio
      Buonasera

      Annelise

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    • Sì, un senso cavalleresco della dignità umana con una spiccata forma di coraggiosa determinazione.
      Manfred intuisce che “vivi non si torna” e nella sua profonda dignità si smarca dal mondo intero e agisce.
      E’ vero, c’é tantissimo Ninni in tutto questo.
      Ha attinto a piene mani, oppure è quello che lui avrebbe fatto.

      Ciao

      Manuela

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    • Annelise Baum

      Vi ringraziammo per le espressioni delicate che accostaste, addirittura, alla rappresentazione teatrale che vi è propria.
      Manfred è un buon personaggio che si è trovato a dover combattere una guerra che potrebbe esser lontana dai suoi principi.
      Abbiate le nostre cordialità

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  18. Eccoci in Argentina.
    E qua le cose si fanno pesanti e sicuramente più complicate anche se il comandante Manfred sa il fatto suo.
    Il generale si è rivelato per quello che è e loro, gli sgherri, hanno fatto il buono e cattivo tempo.

    L’ultimocapitolo, su un romanzo scritto con una bravutra innegabile, probabilmente sarà una chiusura di storia che ci porterà a una soddisfazione grande.
    Compiere questo percorso ha significato pazienza, tolleranza, e sicuramente analisi dei propri ideali che sono sempre alla base di qualsiasi cosa.
    Un capitolo bello e soprattutto significativo.
    Saluti sistematicamente sentiti.

    Dala partenope Capitale

    Dudù

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    • Diadumeno

      “Vivi non si torna”!
      Ecco, purtroppo, il Leit Motiv di molto soldati (in special modo incursori) che hanno caratterizzato la guerra in parola.
      Grazie per la descrizione bella e sentita della vostra commentazione.
      Un caro saluto alla vostra partenope capitale

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  19. Eccomi finalmente.
    Scusa se me la sono presa comoda, ma ho letto e riletto più volte sia il capitolo, sia alcuni commenti che mi sono sembrati bellissimi come spessore (qua dentro come potrebbe essere diversamente?).
    La storia è bella per le cose che sono successe e nella sequenza che si immagina sia essere la più plausibile.
    Il sottomarino tedesco arriva in Argentina e mentre il comamdante Manfred ritiene che l’Organizzazione che ha fatto fuggire il generale, sia una specie di associazione che mira a degli scambi di favore, il generale ha pronto la morte nera per tutti.
    Era tutto previsto.

    Manfred con l’onore e la dignità riesce a portare a termine “L’ultimo ordine che la Patria gli chiede”. Il generale, nella sua infamia, tenta di distruggerlo a cannonate.
    Una storia miserrima tra persone della stessa specie, ma anche della stessa nazione.
    Cosa può esserci di strano?
    Assolutamente nulla.
    Una reazione, uno scatto o sussulto al quale non abbiamo assistito.
    Ma, caro Ninni ci tengo a dirlo, ho assistito ad una delle più belle pagine scritte che abbia letto qui dentro, per particolari, scorrevolezza e bravura.
    Ti lascio un abbraccio milord, in attesa di leggere, domenica, la conclusione di un sicuro capolavoro, da annoverare in tutta la tua produzione di genio e arte.

    Grazie
    Buona serata

    Manuela

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    • Manuela Rovati

      Il sottomarino tedesco arriva in Argentina e mentre il comamdante Manfred ritiene che l’Organizzazione che ha fatto fuggire il generale, sia una specie di associazione che mira a degli scambi di favore, il generale ha pronto la morte nera per tutti.
      Era tutto previsto.

      Ci colpì, moltissimo, il vostro passaggio.
      Grazie per esserci e cordialità

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  20. Diana

    La resa senza condizioni, è sempre stata una situazione che ha fatto soffrire più di un combattente.
    L’ordine di resa è un po’ come sopravvivere a un figlio; lo si ha a fianco e diventa un abitudine averlo presente in casa.
    Un po’ come, se presente anche un marito compagno della vita, lo si mette in archivio assieme alla prole su indicata.
    Certamente non confacente all’onore e alla dignità di cui parlaste.
    Ecco, riprendendo la vostra affermazione: “Infatti, chi glielo fa fare?”, notammo come certe realtà, annotate dalla comodità di stare dietro ad un monitor, non impegnati in altre attività più consone alla vita quotidiana ( come, per esempio, accudire ai bambini, riflettere sul proprio consorte, o impegnarsi nella propria attività lavorativa ), comporta l’analisi, non sempre compiuta, di un fatto storico.
    Manfred è sicuramente un uomo dallo spessore notevole (così lo volemmo).
    Indiscutibile è il fatto che alcune situazioni, specifiche, si evolvano in un senso più che in un altro. Per cui il cambiamento auspicato si forma e conforma nei seguenti modi:
    Possiamo noi (come se vi stessimo scrivendo in presenza della nostra consorte, ovviamente, compresa nelle decisioni di vita personale e facente parte della sfera affettiva primaria, – giusto per completare quanto indicammo, più su, circa la prole e il marito…) modificare quelle che furono le decisioni prese dal singolo?
    Decisamente no!

    Nei silenzi della coscienza si maturano le decisioni; decisioni inoppugnabili e imprescrittibili.
    Decisioni che non offrono alcuna soluzione di continuità, in alcun tempo!

    Vi ringraziammo per la generosa ultima considerazione, in fin dei conti, espressione di tutto il vostro commento.
    Cordialità

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    • Milord, torniamo a toccare tasti dolenti? A quanto pare qualcuno non vuole capire. Condivido in pieno il vostro commento e vi sono sinceramente vicina.
      La stima che ho per voi è immensa e il vostro passo ” (come se vi stessimo scrivendo in presenza della nostra consorte, ovviamente, compresa nelle decisioni di vita personale e facente parte della sfera affettiva primaria, – giusto per completare quanto indicammo, più su, circa la prole e il marito…) lo trovo davvero profondo e toccante che chiunque può ben comprendere.
      Vi mando tutta la mia simpatia e il mio affetto, porgetelo anche alla persona che vi ama acui voglio un gran bene.

      Vostra
      Giovanna

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  21. Ho impiegato un poco nel leggere (un poco la traduzione) ma ci sono riuscita.
    Un passo molto bello e pieno di molti significati.
    la guera mondiale che studiamo sui libri non è quella che ci raccontano i nostri padri o che i nostri nonni hanno vissuto.
    Adesso stanchi portiamo la nostra intelligenza fuori da tutto e che andiamo di fuori.

    Mi sto aiutando con il Google translator, quindi vi chiedo perdono se sbaglio qualche termine.
    Manfred è delizioso e credo che sia proprio tu milord.
    Poi devo dir che ho letto moltissimo commenti belli, pieni interessanti.
    Tutto sempre bello my milord.
    Lascio, allora, un saluto ai miei cari amici e un caro saluto a Ninni.

    Greetings from Kuala Lumpur. He will share the day after tomorrow but it’s nice peterti also follow from here.

    kisses

    😀

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