Una storia 16

 

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2— Santo cielo! — esclamò “la cara Sophie”, ma poi pensò che sarebbe stato piacevole decorare tutta la casa di sempreverdi, ballare nel salone e scambiarsi regali.
— Sarebbe come ai vecchi tempi — fece George. — Credo che potremmo convincere anche mio padre a venire, o almeno so che tu ci riusciresti.
— Ci proverò — rispose Sophie.
Quanto alla pena che a volte provava, Sophie cercava di ignorarla, come cercava di dimenticare la delusione e i dubbi che l’avevano tormentata durante la luna di miele; era arrivata alla filosofica conclusione che, avendo sposato l’uomo che desiderava sposare, anche se le cose non erano andate come si aspettava, adesso doveva fare del suo meglio per rendere la vita del marito il più piacevole possibile. Quella era la sua unica speranza.
Ai suoi genitori scriveva lettere piene di allegria in cui dava il resoconto delle sue varie piacevoli attività: lo studio dei cataloghi per trovare la carta da parati e le tende del giusto colore per le varie stanze, la sistemazione dei regali di nozze. Sulla mensola del caminetto del suo salottino mise i candelabri che George le aveva comprato a Delft.
Vedeva molto poco George di sera. Sembrava che andasse fuori a cavallo quasi tutti i giorni e la sua conversazione era inframmezzata da osservazioni a proposito dei cottage nella zona di Tinkers Holloz in rovina o al vecchio Jackson che ci deve sei mesi di affitto e io non posso ospitare la gente gratis e via dicendo. Il giovane Henry Box gli era piaciuto e prevedeva di avere una buona stagione di caccia per l’anno dopo. Inoltre era tutto preso dai suoi cavalli e da quelli arabi in particolare, che doveva esercitare regolarmente, e Sophie aveva l’impressione che prodigasse a questi animali tutto il suo affetto. Comunque non l’aveva già avvertita al loro arrivo che la sua massima preoccupazione era quella dei suoi cavalli? C’erano delle potenzialità di affetto in lui, ma non erano riservate a lei. Talora durante il pasto un’osservazione infelice portava a un battibecco, spesso in tono sarcastico da parte di George. Così buttarsi nei piani per la casa le pareva la soluzione migliore, tanto più che in questo almeno lui la sosteneva e approvava il suo operato.
Cominciò anche a muoversi nel paese e a conoscerne gli abitanti, molti dei quali lavoravano nella proprietà. Il rettore della piccola chiesa del paese era un uomo anziano che viveva solo e una donna della zona veniva a preparargli i pasti e a fare un po’ di pulizie. L’arrivo della nuova padrona di Plummers, che pareva interessarsi di tante cose, lo rallegrò. Sophie capì che era un pastore che non si sottraeva ai suoi compiti e alle sue responsabilità, oltre che un uomo colto e percettivo, e lo invitò spesso a cena alla domenica. Trovava interessanti i suoi sermoni e le piaceva chiacchierare con lui; anche a George il rettore piaceva e i due discutevano spesso delle capitali d’Europa che il signor Johnson aveva visitato in gioventù. Solo una cosa mancava e di notte, sdraiata accanto al marito indifferente, Sophie non desiderava altro che amore. L’unione fisica, cominciava a capire, non valeva niente se disgiunta dall’amore. Desiderosa di compagnia femminile chiese a George il permesso di invitare Althea per un paio di settimane.
George si strinse nelle spalle. — Se ti senti pronta per le visite.
— Mia sorella non è una visita.
— Sono convinto che criticherà la tua scelta di colori per la tappezzeria, visto che ha una certa propensione per le cose volgari e sfarzose, che a te grazie al cielo manca.
Lei non fece commenti a quella frecciata, tipica di George, e si limitò a proporre che fosse invitato anche Maurice.
Lui inarcò un sopracciglio. — Sei proprio decisa a metterli insieme, vero?
— A quanto ho sentito è andato spesso a Clapham mentre noi eravamo via.
— Ti devo dare atto che mi è sembrato molto colpito dalla bellezza di Althea, del che non c’è da stupirsi. Mi chiedo se abbia già scoperto il cervello di gallina che si accompagna a tale beltà.
— George! Che mancanza di cortesia da parte tua.
— Forse hai ragione. D’altra parte la verità è spesso poco lusinghiera. Comunque Maurice mi ha scritto nella sua ultima lettera che la sua nave sarà pronta a partire tra un paio di mesi, quindi sarà già via, immagino.
Una mattina George insisté a voler portare Sophie a fare una passeggiata con lui fino alle stalle, che erano appena state completate. Tenendosi a prudente distanza dai cavalli arabi, Sophie ammise che erano dei bellissimi animali, bianchi, orgogliosi e forti.
— Vieni — le disse lui, mostrandole un piccolo sauro con una stella bianca sulla fronte. — Questa è la giumenta che ho scelto per te. Vorrei che tu le dessi un nome.
La giumenta guardò Sophie con i suoi occhi dolcissimi e mosse la testa per strofinarsi contro di lei con il muso. Istintivamente Sophie indietreggiò. — Buon Dio, non può farti del male con metà porta del box chiusa. Lascia che ti annusi e cominci a conoscerti.
Sophie non aveva la minima voglia di essere annusata. — Vorrei proprio che non insistessi tanto su questa cosa, George, lo sai come la penso — protestò a bassa voce.
— Ho intenzione di fare in modo che le cose cambino — fu la sua inflessibile risposta, mentre apriva un’altra porta per carezzare e parlare a uno stallone arabo che a Sophie parve enorme. — Adesso ho spazio per altre bestie — continuò — e ho intenzione di impiantare un allevamento di grandi dimensioni, anche se permetterò solo al mio Rojah di coprire le giumente arabe.
“Quando si tratta del suo passatempo favorito George a volte finisce per essere molto volgare”, pensò Sophie. Quando tornarono insieme in casa fu lieta di essere lontana dall’odore di cavalli e di paglia.
Da tutta la contea erano piovuti inviti, ma quello che George fu ansioso di accettare venne dai suoi amici Layton, che erano appena tornati dall’estero. Disse a Sophie di mettere il suo vestito più bello e lei si vestì con cura, rallegrandosi del suo desiderio di volerla elegante. Phoebe aveva imparato ad acconciarle alla perfezione i capelli e il suo vestito giallo primula, opera della sarta londinese che le aveva preparato tutti gli abiti del corredo, aveva una linea raffinata. Peccato che non si potesse fare niente per la sua faccia, pensò Sophie, senza avere idea di quanto diventasse bello il suo viso quando si animava o di come si illuminassero i suoi occhi se qualcosa le interessava.
Quando scese da basso George le fece un cenno di approvazione e le drappeggiò il mantello da sera intorno alle spalle. — Molto graziosa — fu il suo commento.
I Layton abitavano in una piccola casa di stile georgiano, costruita una settantina d’anni prima da un gentiluomo per sua madre e a Sophie quell’abitazione piacque subito. Monica Layton era una donnina vivace e sempre indaffarata con due bambini piccoli nella nursery al piano di sopra. All’arrivo di Sophie le diede subito un bacio di benvenuto.
— Niente cerimonie qui, mia cara signora Randolph, o posso chiamarti Sophie? George e Charlie sono amici da quando erano ragazzi e senza dubbio mettevano in subbuglio la contea con le loro monellerie. Non che il caro Maurice fosse da meno. È stato un piacere incontrarlo al matrimonio. Lo vedremo presto?
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3E continuò a chiacchierare, mettendo Sophie a suo agio. Charlie Layton era molto diverso: era un gentiluomo contadino, di corporatura massiccia, la faccia rubiconda e una risata piuttosto rauca. Socievole e accomodante, sedeva a capotavola dispensando la sua ospitalità e insistendo che Sophie si servisse due volte di tutto. Bevve molto e al termine del pasto, quando la signora Layton si alzò e propose a Sophie di lasciare gli uomini soli con il loro porto, disse: — Portiamoci il vino nella sala dei fucili, George, voglio mostrarti il mio nuovo acquisto.
— È incorreggibile — fece sorridendo la signora Layton, e portò Sophie nel salotto, dove venne servito loro il caffè.
Dopo che George ebbe visto ed esaminato il nuovo fucile da caccia di Charlie, i due si sedettero a finire il porto: George in una vecchia poltrona che aveva occupato molte volte e Charlie coi piedi sul tavolo. — È meraviglioso riaverti — esclamò — e vederti sistemato qui a Plummers, per di più, con una moglie così deliziosa. Sei stato via troppo a lungo.
— Forse. La frattura con mio padre è stata profonda.
— Be’, adesso vi siete riconciliati, da quel che ho visto al tuo matrimonio. Nessuno penserà più a quella brutta faccenda. Ormai è finita da tempo, vero? E ho letto della povera signora Horton sul Chronicle, un anno o due fa, credo.
George posò il bicchiere. — Il Chronicle era male informato, Charlie. Come mio padre.
Improvvisamente, mentre tornavano a casa sulla carrozza, George disse a Sophie: — Domani vado in città per un giorno o due: ho degli affari da sbrigare con Warburton. Non avrai problemi a stare qui, vero, con un esercito di domestici che si prendono cura di te?
— No di certo — fece Sophie, pienamente d’accordo con lui. — Ma credo che verrò con te. Potrei approfittarne per passare un po’ di tempo con il papà e la mamma.
— No, non questa volta — la interruppe in fretta lui. — Vado a cavallo a Oxford, poi prendo il treno. Si tratta solo di un giorno o due.
— Perché non prendi la carrozza, allora, in modo che possiamo andare tutti e due insieme? — obiettò Sophie, ma lui ripeté: — No, non questa volta. Tornerò prima se vado da solo.
— Ma a me piacerebbe venire. Perché non ti prendi un po’ più di tempo e non porti anche me? Tuo padre sarebbe felice di vederci, ne sono certa, e io potrei andare da Maples a cercare una poltrona comoda per la mia camera da letto. — Gli rivolse un rapido sorriso. — Certe volte ho la sensazione che i nostri antenati vivessero molto scomodamente.
— Mio nonno era contrario a qualsiasi mobile che incoraggiasse la gente a distendersi, invece di sedersi come si deve, con la schiena eretta. Comunque programmerò una visita di noi due più avanti, magari in ottobre — promise lui con un sorriso accomodante.
— Ma perché non adesso, visto che vai comunque a Londra? Sul serio, George…
Lui cominciava a spazientirsi. — Sul serio, Sophie, ti ho già spiegato il motivo e ti sarei grato se non continuassi a insistere.
Sophie era stanca e un po’ irritata di questo suo rifiuto e non aveva voglia di lasciar cadere l’argomento. — Ho così voglia di vedere il papà!
— Mi spiace — replicò lui in tono duro. — Sono sicuro che avrai parecchie cose da fare qui.
— Questo non c’entra affatto — esclamò lei, pur sapendo che sarebbe stato più saggio lasciar perdere. Ma non si sentiva particolarmente saggia, in quel momento. A quanto pareva suo marito non desiderava altro che potersene stare lontano da lei per un po’ di tempo, ecco perché insisteva a voler andar via da solo! — Comunque, se la mia compagnia ti disgusta tanto, troverò parecchio da fare. Tanto più che non ti vedo mai durante il giorno, comunque.
— Pensavo che il motivo lo capissi da sola. Dopo avere trascurato tutto così a lungo… a proposito, ti ho già detto che ho una mezza idea di darmi all’agricoltura? C’è della bella terra in vendita a nord della nostra, devo occuparmene al più presto. — Le lanciò un’occhiata, ma al buio riuscì solo a vedere il suo profilo. — Non riesco a capire perché fai tante storie; certe volte sai essere inaspettatamente testarda.
— Se è per questo anche nel tuo carattere ci sono dei lati che non mi sarei mai aspettata.
Lui resistette alla tentazione di chiederle di spiegarsi meglio, ma sapeva bene che sarebbe stata una grande imprudenza e così si ritirò nel suo angolo e incrociò le braccia. Il resto del viaggio si svolse in silenzio. Sophie si sentiva turbata da questo battibecco e trovava che il comportamento di suo marito a volte fosse al di là della sua comprensione.
La mattina dopo, prima ancora che Sophie fosse scesa a fare colazione, George era già partito, sentendosi ben poco orgoglioso di se stesso. In ogni caso si rifiutò di guardare in faccia la verità. Per Dio, in fondo era suo marito e sperava proprio di non dover litigare per ogni quisquilia! Non che scappare via per un po’ allo scopo di andare a trovare Emily potesse essere considerata una quisquilia, in verità.
Quando fu a Wilton Place, la cameriera di Emily gli disse che la signora era fuori, ma gli chiese se voleva aspettarla. Così George si sedette nel salottino, la finestra aperta su una strada che gli parve molto rumorosa dopo il silenzio di Plummers. Su un tavolino c’era un ricamo interrotto, con l’ago ancora infilato nella stoffa, come se Emily fosse uscita di fretta; sulla scrivania vide parecchie lettere e sul tavolino accanto alla poltrona un libro: George sedeva a disagio sul bordo della sedia, le mani strette tra le ginocchia, fissando tutte queste testimonianze di una vita quotidiana di cui lui non faceva parte.
Gli parve che fosse passata un’eternità quando la porta si aprì. — Emily! — esclamò e balzò in piedi, attirandola poi a sé appassionatamente non appena lei ebbe richiuso la porta.
Lei si lasciò baciare poi si liberò, gli indicò la poltrona e prese posto di fronte a lui. — Avresti fatto meglio a non venire — fu la prima cosa che gli disse, con un sorriso che gli fece balzare il cuore in petto. — Speravo proprio che fossi rinsavito.
— Non sei contenta di vedermi?
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4— Credo di no. Sei una complicazione per me, George. Ma visto che ormai sei qui, raccontami un po’. Come stai? È andato bene il tuo viaggio all’estero?
— La mia luna di miele, intendi? — le chiese lui in tono risentito. — Sarebbe stato tutt’altro partire in luna di miele con te. È stato un disastro, Emily.
— Davvero? — Lei lo guardò costernata. — Perché? Mi rifiuto di sentirmi responsabile di un tale insuccesso e tanto meno voglio causare sofferenza a tua moglie.
— La colpa è tutta mia, non avrei dovuto sposarla. Sarebbe stato meglio mandare tutto a monte, anche se mancavano solo due giorni al matrimonio. Avrebbe sollevato un grande scandalo, lo so, ma io sono abituato a essere la causa di scandali, non sei d’accordo? — concluse con un breve scoppio di risa privo di allegria. — Tanto alla fine tutto viene dimenticato.
— Credi? Può darsi. Quanto a me, però, adesso che comincio di nuovo a essere accettata nella buona società, ho la sensazione che esistano ancora delle persone che ricordano e mi guardano in maniera strana. Per non parlare di quella povera ragazza. Abbiamo già fatto abbastanza danno noi due, George. Non penso che ti sarebbe facile continuare a vivere in pace con te stesso se noi ricominciassimo ad avere una relazione… a spese della sua felicità. E comunque sei sposato ormai, e faresti bene a starmi lontano.
— Come posso? — le chiese lui con voce angosciata. — È te che amo, Emily, ho sempre amato te. E non è possibile che il destino ci abbia fatto rincontrare solo per separarci di nuovo! Dimmi che posso venire a trovarti, almeno qualche volta.
Durante questo sfogo appassionato Emily era rimasta immobile in silenzio, ma quando lo vide alzarsi e avvicinarsi lo fermò subito. — E per che cosa? Non riesco a dare retta a quello che mi dice il buon senso quando sono tra le tue braccia. Ma devo assolutamente agire in modo ragionevole.
— Io non mi sento affatto ragionevole — gemette lui, posando un braccio sulla mensola del caminetto. — So solo che ti amo e che non posso stare lontano da te. Lascia che venga, di tanto in tanto. Ti supplico, per l’amor di Dio…
— Non certo per amor suo — ribatté lei, e George ricordò tutt’a un tratto che era molto devota. — Ma probabilmente sono già dannata — continuò con un sorrisetto ironico. — Però tu devi tornare a casa e non far soffrire tua moglie.
— Non occorre che lei ne venga a conoscenza.
Emily lo guardò esasperata. — Non ho mai sentito un’ingenuità simile. Dovresti sapere fin troppo bene anche tu che prima o poi le cose vengono a galla. Se cominciassi a frequentare questa casa, se a qualche ficcanaso venisse in mente di raccontare a tua moglie il motivo per cui suo marito si reca così spesso a Londra, allora povera la tua Sophie! — Lui scosse la testa, scoraggiato, mentre lei continuava. — E non fa certo parte dei miei piani essere l’amante fissa di chicchessia.
— E quali sarebbero questi tuoi piani? — chiese lui, con un cattivo presentimento.
— Il matrimonio — rispose lei senza esitare. — Credi forse che voglia trascorrere il resto della mia vita in questo piccolo appartamento? È vero che noi due siamo stati amanti, George, chi lo nega? E che quando tu mi hai ritrovata quella notte è stato come rivivere il passato, però non è questo il futuro a cui aspiro. Ma lui si era alzato dalla sua poltrona e l’aveva presa tra le braccia. Quando la sua bocca trovò quella di lei, si sentì travolgere da tutto il desiderio represso e la frustrazione delle ultime settimane. Questa era la donna che voleva, che aveva sempre desiderato, e che un crudele destino gli aveva negato proprio quando avrebbe potuto sposarla.
Quando alla fine dovette staccarsi da lei, erano entrambi senza fiato. — Oh, non vedi? — protestò debolmente Emily. — Questo sarà la nostra rovina. Una passione così intensa non può durare a lungo. Abbiamo troppo poco in comune… Non è questo che voglio.
— Come puoi dirlo, dopo questi ultimi minuti? Non posso vivere senza di te, Emily!
Lei si liberò dalle sue braccia in qualche modo. — Sciocchezze! Non siamo più bambini e l’esperienza mi ha insegnato che non c’è molto posto per le grandi passioni nella nostra vita. Oh, sì, è vero, non posso negare di desiderarti, ma ti assicuro che non ho la minima intenzione alla mia età di rimanere un’amante, quando potrei avere la possibilità di essere una moglie.
Disperato, lui si voltò e si avvicinò alla finestra, guardando fuori senza vedere nulla.
— Credo che faresti meglio ad andartene, adesso — gli disse lei dopo un momento. — Tanto più che io stasera esco.
— Esci? E con chi?
— Questo non riguarda certo te, mio caro George — ribatté Emily con un lieve sorriso.
— Ma certo che mi riguarda — ribatté lui in tono quasi violento. — Tutto di te mi riguarda. Ma capisco quello che intendi. Non potrò mai essere tuo marito e adesso per te non sono niente.
— Non mi esprimerei proprio così — mormorò Emily — però questa è la situazione. La mia vita è qui a Londra e la tua è a Plummers. — Si avvicinò al caminetto, la mano sul campanello. — Adesso devi andare, George.
— Immagino di sì, se hai un impegno — fece lui, riluttante. — Con amici?
Lei esitò. — Con il maggiore Bryce.
— Bryce? Buon Dio, Emily, sei pazza?
— Non credo. In fondo era il migliore amico di Lawrence.
— Ma… dopo quello che ti ha fatto…
— Ho dei rimorsi di coscienza per la fine di Lawrence e vorrei saperne di più. Lui mi racconterà com’è morto.

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22 pensieri su “Una storia 16

  1. Caro Antonmaria

    Questo capitolo conferma il tenore del rapporto coniugale dei protagonisti: George fa il marito in modo appena sufficiente, mentre Sophie fa la moglie responsabilmente. E questa, sapendo di aver accettato un uomo che non la amava, non si lamenta e cerca di svolgere al meglio il suo ruolo.
    Avendo io preso a cuore la brava ed ineccepibile Sophie, se posso esprimere il mio sentimento nel leggere, ciò è davvero tanto triste. In aggiunta, George riprova a riprendere la relazione con Emily.

    Fantastico tanti sviluppi, ma proprio non saprei quale potrebbe essere il più probabile. Dunque attendo con impazienza il prosieguo.
    Sempre grazie, Antonmaria.
    Con Stima e Affetto,

    Maria Silvia

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    • Per Maria Silvia

      Cara Maria Silvia,

      convengo, completamente, con il tuo commento (devo dire sempre bello e appropriato) che Sophie si comporti da moglie responsabile. Nella storia, come giustamente tu ci fai notare, la penna di Ninni ci descrive situazioni e dimensioni che sono credibilissime.
      Frutto di osservazioni profonde e facoltà di sintesi non comune.
      Credimi, cara Maria Silvia, rileggo il tuo commento e trovo mille spunti e spunti di riflessione.
      Da scrivere per giorni e giorni interi.
      Di questo ringrazio Ninni per la sua appropriatezza, ma ringrazio te per aver saputo analizzare, con occhio critico, il momento del racconto (nello specifico questo capitolo).
      Ti ringrazio per questo.
      Vi completate, per bellezza e proprietà di linguaggio e lo devo ammettere!!

      Mi sovviene alla mente una massima che, mio padre, mi soleva ripetere:
      Ricordati, dietro un grande uomo c’é, sempre, una grande donna.

      Ciao e grazie anche a te.
      Con stima

      M.

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      • Cara Annelise

        Ho letto con commozione il Tuo messaggio. Mi sento davvero onorata per il Tuo apprezzamento e per la Stima espressami.
        Dei nostri commenti, ha molto merito Ninni. Egli riesce, con il Suo Talento Unico, a farci immedesimare così verosimilmente negli ambienti, situazioni e personaggi narrati, che poi è semplice per i lettori commentare con le proprie impressioni.
        Ripeto grazie per le espressioni di amicizia, che vorrei Tu sentissi ricambiata.
        Il mio augurio per una bella serata.

        Maria Silvia

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    • Signora Maria Silvia

      convengo con Lei sulla sua analisi, precisa e segnata.
      Una disamina soddisfacente sotto molti punti di vista.
      Noi partiamo dal principio che, la penna può descrivere quello che l’occhio osserva.
      Qua assistiamo, però, alla narrazione di una situazione che si lega a una consuetudine “antropologico/familiare” di rilevanza.
      Ninni ha fatto molto bene a trasporre, su carta, una situazione che, difficilmente, è comprensibile.
      Mi associo a quanto sottoscritto da Annelise.
      Sento il bisogno, addirittura, di significarlo: esiste un corredo al sogno.
      Sempre descritto bene.
      Buona sera.

      L.

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      • Preg.ma Donna maria Silvia

        mi associo, senza alcun dubbio, alle manifestazioni di simpatia che leggo e che condivido, pienamente nella forma e nella sostanza.
        Il Vostro commento è un capolavoro di finezza
        Buon pomeriggio

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      • Gentile Signora Hilde

        Il genio di Milord è risaputo, altrettanto il suo talento letterario. Aggiungiamo che Egli, per realizzare certi capolavori, si dedica ad una preventiva ricerca e documentazione molto meticolosa per far immedesimare al meglio i Suoi lettori.
        La ringrazio di cuore per le gentili espressioni, i Suoi apprezzamenti mi onorano.
        Una buona serata per Lei.

        Maria Silvia

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    • Donna Maria Silvia

      mia signora, scrivere di emozioni,rapportando e riportando situazioni, non è facile. Le difficoltà furono di ordine pratico e psicologico.
      Pratico perché, molto spesso, termini, terminologie e vocaboli non ci vengono in aiuto.
      Psicologico in quanto, una attenta analisi delle persone, nello specifico Sophie e George (giova ricordare che vivono vite proprie e in condizioni di forte stress psichico) stanno vivendo un momento per loro irripetibile. Un momento che, però, servirà a buttare, in ogni caso, delle precise basi per il loro futuro di coppia.
      Vi ringraziammo per la precisa analisi e affidammo, alle vostre nobili dita, le nostre cordialità

      Antonmaria

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  2. scusa Ninni ma non mi ero accorta. Oggi sono a casa e stoverificando tante cose (lettura e correzione) per cui, probabilmente per non curanza, non ho fatto aso alle notifiche.
    Leggo questo capitolo, sempre profondamente scritto, con una soddisfazione enorme.
    Intanto la descrizione che dai è sempre superlativa.
    Ma andiamo con ordine.
    Mi associo a quanto scrive la mia preziosa amica Maria Silvia: si Sophie matura uno sforzo enorme nel portare avanti un rapporto che si basa sulla unicità della presenza di, appunto, Sophie.
    Ma George che fa’
    Si è fatto prendere la mano (lo condannerei senza appello se non sapessi che lo hai scelto quale co-protagonista, quindi cos’ cattivo cattivo non è!) e approfitta di Sophie che giudico, assolutaente ignobile.
    Tutto questo relazionato e portato dagli eventi mi fa rimanere con l’attenzione al massimo.
    Cosa dire di Plummers?
    Ce la stai facendo amare.
    Incredibile come, una residenza, possa scatenare le più belle fantasie.
    Mi è piaciuta la tua ricostruzione storica del “cacciatore” al servizio…
    Era una usanza che si consolidava per i grandi proprietari terrieri, proprio nel periodo in cui fai riferimento al romanzo.
    Ecco, il romanzo.
    Proprio di questo volevo riferirti. Sono innamorata del raomanzo romantico. Quel genere di romanzo che offre la parte più oscura di se stessi, ma che ci regala le emozioni più profonde. Quelle emozioni che sai regalarci con la tua lirica illuminata.
    Ti leggo con tantissimo interesse.
    In attesa del prossimo capitolo che ci parlerà, sicuramente, di un mondo, di alcune vite e di tanti sentimenti, a noi sconosciuti, ti lascio un saluto ammirato.
    Grazie, di cuore, per quello che riesci a regalarci.
    Sono consapevole.
    Buona giornata

    Annelise
    da Parigi

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  3. Esiste un inizio e una fine sui rapporti in cui ci relazioniamo?
    Siamo in grado di assimilare gli eventi dell’uomo in rapporto alla sua, propria, presenza?
    Ecco che ci soccorri, caro amico mio, in questa ricerca che non può avere fine, ma che si relaziona all’esserci.
    Plummers rappresenta tutto questo.
    Un punto di arrivo, ma anche di partenza. Un punto che ci regala tutta la bellezza di esserci.
    Grazie Ninni.
    Grazie di cuore.
    Con tantissima ammirazione

    L.

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