Una storia 25

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3Lui si appoggiò pesantemente con le mani al tavolo nel centro della stanza e tirò un lungo respiro. — Non ti avrei mai creduta capace di pensare, e soprattutto di dire, una cosa così volgare. Vedo che ti ho giudicata male.
— Sì — replicò lei. — Credo proprio di sì. Devo assomigliare a mia madre più di quanto io stessa non sospettassi.
Per un momento, colpito dalle sue parole, lui non sembrò in grado di parlare. — Devo andare… — disse poi con un certo sforzo. — Cerca di capire… devo almeno scoprire perché lei possa anche solo aver pensato di…
— Sta a te decidere — ribatté lei in tono inespressivo. — Non ti aspetterò per domani, visto che l’ultima volta sei andato via per due giorni e invece sei rimasto assente una settimana, raccontando poi un mucchio di bugie su ogni particolare del tuo soggiorno. Immagino che siate stati amanti, allora, vero?
Lui si raddrizzò e tornò ad avvicinarsi a lei. — Mio Dio, se tu sapessi com’è ingiusto questo sospetto. No, ma se dobbiamo essere tutti e due sinceri devo dire che io lo desideravo ed è stata lei a rifiutare. Ecco, adesso sai come sono caduto in basso.
Lei contemplò la sua figura familiare, la giacca marrone, la camicia candida, la mano che portava l’anello con lo stemma. — Se è vero che non siete stati amanti in quei giorni, lo siete stati prima… prima delle nostre nozze?
Lui voltò la testa per guardare il panorama del lago, le foglie verde argento dei salici. — Questa è una domanda che non avresti dovuto farmi. Comunque la risposta è sì… una volta sola.
Quel monosillabo rimase sospeso tra loro. Sophie avvertì uno strano senso di sollievo, ma solo per un momento. — Se tutto si è fermato qui, vuoi ancora essere il suo amante? Non voglio credere a una cosa del genere, George, ma devo chiedertelo.
— Non lo so — ripose lui a voce così bassa che lei lo sentì appena, per quanto vicino lui fosse. — Non so più niente. Se lei sposerà Bryce… Dio che tradimento! Devo cercare di impedirglielo.
— Non mi pare che sia affar tuo.
— Non è… — Si interruppe. — Sì che lo è. Devo oppormi a un disastro del genere.
— Come fai a sapere che sarebbe un tale disastro? — chiese lei. — Il maggiore Bryce mi sembra un uomo molto6 attraente. Lasciala libera, George, lasciala al maggiore o a chiunque altro. Non c’è posto per lei qui, fra noi due. Ma soltanto tu puoi togliertela dal cuore — concluse in un tono così freddo e ostile che lei stessa ne fu colpita.
Lui rimase là fermo, rimuginando su quell’idea mentre fissava il giardino illuminato dal sole. — Non hai peli sulla lingua stamattina, vero, Sophie? — disse alla fine. — Cerca di capire i miei motivi. Quando sarò tornato ne riparleremo di nuovo e non ti mentirò. Anzi, ti giuro che non sentirai più una menzogna da me.
— Ma se io ti chiedessi di non andare?
— Non chiedermelo, te ne prego, devo farlo. — E mentre parlava, nella sua mente si formò un pensiero nuovo, che prese forza e diventò un’assoluta certezza: era il suo ritorno che sarebbe stato un momento cruciale. — Sarà l’ultima volta, te lo prometto.
Ma lei gli stava giusto dicendo che, se proprio doveva, allora avrebbe fatto meglio a partire subito. — Che tu vada o meno mi è diventato indifferente, George. Sono tua moglie, ormai, e devo rassegnarmi a questa situazione, ma dubito che parlarne servirà a qualcosa, anche se non ci saranno più menzogne.
— A domani — le disse lui. — Ci vediamo domani.
— Non vale la pena che tu ritorni qui. Ti sei dimenticato che sabato ci aspettano a Mount Street? Può accompagnarmi là Hedges.
— Non può lasciare Jassy sola. — George si raddrizzò. — E anch’io devo stare lontano il meno possibile, finché non sarà nato il puledro.
— Oh — esclamò lei con un sarcasmo che non aveva mai manifestato prima. — So bene chi conta di più in casa nostra.
Punto sul vivo, George si avvicinò al tavolino e, senza quasi rendersi conto di quello che faceva, si versò un bicchiere di sherry e poi lo lasciò là intatto.
— Allora può portarmi Wellings — disse lei decisa. — Voglio essere in Mount Street per l’inaugurazione dell’Esposizione, visto che tuo padre si è dato tanto da fare per organizzare la cosa.
— Mi ero dimenticato di sabato.
— Non mi sorprende… tra le tue giumente e la tua signora Horton!
— Sophie! — Lui le prese la mano ustionata e gliela strinse. — Smettila, per l’amor del cielo! — Senza accorgersi che lei era trasalita, gliela strinse ancora più forte. — Non sopporto tutto ciò, credimi!
Il dolore era tremendo, ma lei trattenne le lacrime. — Io non avrei mai detto una frase simile, anche se esprime più o meno quello che provo anch’io. Vai dunque, se devi proprio, ma io intendo essere a Londra entro sabato. Non voglio deludere tuo padre. Ci sarà tanto da vedere e sono certa che vorrà fare parecchie visite all’Esposizione, e lo stesso vale per me.
George le lasciò libera quella povera mano, scambiando per un fazzoletto la garza che copriva la ferita. — Accidenti a quella dannata Esposizione! — esclamò, uscendo dalla porta.
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4Emily Horton era molto soddisfatta del secondo marito che si era scelta e l’ultima cosa che desiderava era trovarsi George sulla porta. Ma non era più così combattivo, in verità. Durante il viaggio in treno da Oxford aveva avuto il tempo di meditare. Tutte le accuse di Sophie gli rimbombavano nella testa come martellate. Si era comportato in maniera abominevole con lei. Ed era stato inqualificabile far pagare a lei la propria frustrazione. Arrivato a Paddington fu grandemente tentato di girare le spalle e ritornarsene a casa con il treno successivo. Sentiva di avere fatto una figura meschina in quella scena con sua moglie, lui che odiava più di ogni cosa la mancanza di dignità. Tuttavia era venuto a Londra con uno scopo preciso e non si sarebbe tirato indietro: doveva vedere Emily, scoprire il motivo per cui era arrivata ad accettare di sposare Edgar Bryce…
E poi, che impressione gli avrebbe fatto rivederla? Doveva assolutamente saperlo, anche se poteva voler dire giocare col fuoco. Da Paddington prese una carrozza fino a Wilton Place e salì di nuovo quei gradini dove, meno di un anno prima, era stato così stupito di vederla viva e ancora così bella.
Gli aprì la porta la stessa cameriera di allora. La signora Horton era andata a trovare il fratello, gli disse, e sarebbe stata di ritorno il giorno dopo, nel pomeriggio. George uscì di nuovo sulla strada. Anche questo era già successo, ma questa volta non se ne sarebbe andato a covare il suo malumore al club.
Mentre si avviava verso Mount Street si fermò ad ammirare l’enorme e lucente Palazzo di Cristallo. Il pianterreno era protetto da pannelli di legno, ma più in alto si vedeva il vetro illuminato mentre gli espositori lavoravano fino a tardi per dare gli ultimi tocchi ai loro padiglioni. C’era di tutto: da preziose porcellane e mobili inglesi a tappeti orientali e argenti indiani, da gioielli di fattura squisita a grandi macchinari: tutto quello che un uomo poteva progettare e fabbricare. George rimase per alcuni minuti a guardare, molto più colpito di quel che si fosse aspettato anche dalle pure dimensioni della cosa. Sophie aveva ragione, era un avvenimento storico, qualcosa che si doveva vedere.
Andò a casa a piedi, trovò una spiegazione plausibile per la sua rapida visita e promise a suo padre di portare in città Sophie entro uno o due giorni.
Lord Randolph lo guardò fisso. — Dev’essere una faccenda molto seria per portarti qui così precipitosamente.
— Sì, qualcuno che devo vedere. Si tratta di una cosa molto importante. Avete un bell’aspetto, sapete?
— Be’, non mi illudo certo di ritornare alla salute di ferro dei miei anni migliori, ma per la mia età, me la cavo benino. E come sta la cara Sophie?
— Sta bene anche lei. Era tutta presa dai bagagli quando sono partito — rispose George, con una leggera distorsione della verità, che sperò fosse l’ultima delle sue bugie.
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4— Trovo molto strano che tu sia venuto su per ritornartene a casa e poi di nuovo qui nel giro di pochi giorni — si limitò a osservare Lord Randolph, che non leggeva le sezioni del giornale dedicate agli annunci mondani. — Peccato che tu non abbia portato qui Sophie già fin da oggi.
In poche parole George gli spiegò del puledro morto, dicendogli che era necessario che lui fosse là ad aspettare che Jassy figliasse. — Sophie sarà qui per sabato, stai tranquillo — concluse, ricevendo in cambio un’occhiata penetrante.
— Questo significa che può anche darsi che non ci sarai? E come potrà assistere all’inaugurazione dell’Esposizione se non ci sarai qui tu ad accompagnarla? Io sono troppo vecchio per tutta quella confusione. E perché mia sorella si ostini a voler affrontare la calca, ricevendo spintoni e gomitate da tutte le direzioni, questo non lo capisco proprio.
— Ma credevo di aver capito che avevi dei posti a sedere…
— Sì, certo — ribatté piccato il vecchio. — Tua zia intende andare con Puss Granville e il suo gruppo, portandosi dietro Althea, ma ci sarà comunque una gran ressa. Io ho quattro posti a sedere per te e Sophie, Amabel ed Henry.
George si dimenò imbarazzato sulla sedia. — Se non riuscissi a essere di ritorno qui immagino che ci sarà qualcuno della famiglia che possa scortarla?
— Sarebbe meglio che tu fossi qui — ribadì suo padre, senza nascondere una certa irritazione. — Mi sono dato molto da fare per avere quei posti. Comunque, se proprio devi startene in quelle tue stalle, immagino che il tuo posto potrebbe prenderlo Nigel, il fratello minore di Henry. È molto ansioso di essere là e ha addirittura posticipato il suo ritorno a Oxford per non perdere l’inaugurazione. E poi ci sarebbe il ballo dei Granville a cui tu sei stato invitato, ma anche qui potresti farti sostituire da Nigel. Non hai niente in contrario, spero?
— Certo che no. Sophie dovrà accontentarsi di lui, anche se lo trovo ancora un po’ troppo immaturo. E poi ci sarà sempre Henry nel gruppo. Comunque non rimango a Plummers per mugugnare, come dici tu; devo essere là assolutamente.
Lord Randolph non replicò, limitandosi a proporre a suo figlio di versare dello sherry per tutti e due, visto che era quasi ora di cena. — Sei sempre stato un tipo misterioso — osservò dopo qualche sorso. — Pensi forse che io possa credere a quella scusa della giumenta che sta per figliare? Immagino che quel tuo stalliere, come diavolo si chiama? Be’, ritengo che sappia il suo mestiere, o no?
— Hedges. Sì, ma dopo che abbiamo perso il primo puledro è importante che io sia là.
— Più importante che fare cosa gradita a tua moglie?
— Lei capisce l’importanza della situazione — tagliò corto George.
— Davvero? Che ragazza accomodante! Comunque sarò contento di vederla e di renderle il soggiorno più piacevole possibile.
— Non la sto abbandonando — ribatté irritato George. — Si tratta solo di qualche giorno…
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5— Ma il tempo di venire qui oggi sei riuscito a trovarlo, nonostante tutto. — Sembravano essere tornati ai tempi delle loro schermaglie verbali. Comunque dopo un attimo Lord Randolph fece un gesto conciliante. — Sono affari tuoi, dopo tutto. Ma confesso che certe volte mi chiedo se tu sia consapevole di quale tesoro tu abbia tra le mani.
Sorpreso, George se ne stette in silenzio a sorseggiare il suo sherry, ma alla fine rispose semplicemente che avrebbe accompagnato Sophie a visitare l’Esposizione, quando si fosse liberato dei suoi impegni. Poi, sperando di distrarre il padre da quell’argomento, gli chiese se aveva visto il Palazzo di Cristallo dall’esterno.
— Di una volgarità senza limiti, l’ha definito il “Times” — disse il vecchio, senza comunque farsi abbindolare e sperando soltanto che suo figlio non stesse combinando qualcosa ai danni della ragazza che ormai considerava una figlia. — Be’, io penso di andarci quando le cose si saranno calmate un po’, tanto dura fino a ottobre.
Dopodiché padre e figlio riuscirono a cenare insieme chiacchierando amichevolmente di argomenti senza importanza, ma George non riusciva a togliersi dalla testa quelle parole di suo padre: Sophie un tesoro?
Dopo una notte irrequieta, gli occhi pesanti di sonno, passò la mattinata in compagnia di Warburton; a pranzo l’avvocato lo intrattenne parlandogli delle sue speranze che l’Esposizione fornisse possibilità di buoni investimenti. Nessuno, pensò George, pareva pensare ad altro che non fosse quella mostruosità in Hyde Park.

Verso le tre si recò di nuovo a Wilton Place e là trovò Emily che scendeva i gradini proprio mentre lui stava per salirli. Vestita di blu, con una graziosissima cuffia primaverile in testa, costituiva davvero una vista incantevole e George rimase per un attimo in ammirazione. La reazione di Emily, però, fu tutt’altro che lusinghiera.
— Oh, santo cielo, così hai visto i giornali? Be’, George, è inutile che mi guardi con quella faccia!
— Devo parlarti — mormorò disperatamente lui.
— Se per caso ti illudi di farmi cambiare idea, stai sprecando il tuo tempo, e anche il mio.
Voleva scendere gli ultimi gradini, ma lui le bloccò la strada. — Ti prego, Emily, concedimi un po’ del tuo tempo.
— Be’ — ripeté lei di nuovo — se proprio devi. Puoi accompagnarmi dalla sarta e poi portarmi a prendere il tè da Gunters. È il posto ideale per uno scambio di idee assolutamente superfluo. È un posto così per bene. Ho una carrozza di piazza che mi aspetta.
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2Lui si fece da parte e si diressero insieme verso la carrozza in questione. Consapevole soltanto della vicinanza di lei nell’angusto spazio del veicolo, George non riuscì a pensare a niente da dire, durante quel breve percorso.
Il cocchiere si fermò davanti a un elegante negozio in Berners Street. — Mezz’ora — gli disse Emily. — Non di più.
George scese dalla carrozza e prese a camminare avanti e indietro per la strada. Non aveva mai visto Londra invasa da una folla così eterogenea: parevano esserci rappresentanze di tutte le nazionalità possibili; si sentivano brani di conversazione in francese o in tedesco e si vedevano uomini dalla pelle scura, individui dalla barba nera provenienti dall’estremo sud, alcuni col turbante, altri in abiti africani, e poi cinesi in papalina di seta nera. Sarà un miracolo se non scoppieranno incidenti, pensò. Ma sembrava anche esserci una presenza più consistente del solito di poliziotti di pattuglia e parecchi gruppi di soldati diretti a passo di marcia verso il parco. Dopo trenta minuti Emily riapparve, come aveva promesso.
Gunters, come ci si poteva aspettare da una così celebre sala da tè era molto affollata, ma dopo qualche minuto furono accompagnati a un tavolino d’angolo che si era appena liberato. George ordinò il tè e un vassoio dei rinomati pasticcini del locale.
Emily gli rivolse un sorriso malizioso. — Immagino che tu sia venuto per dirmi che ho perso la testa e che dovrei farmi rinchiudere.
— Proprio così — sbottò lui, poi abbassò la voce. — Credevo che stessi per sposare quell’avvocato di cui mi avevi parlato.
Si avvicinò una cameriera per servirli e, dopo aver esaminato il vassoio d’argento, Emily scelse una piccola pasta rosa, che la cameriera le posò sul piatto. Poi, prima di dargli una risposta, Emily versò il tè.
— Sì, avevo preso in considerazione l’idea, ma ho presto scoperto che quell’uomo era completamente sotto il tallone di sua sorella, la quale era fermamente intenzionata a continuare a vivere nella casa di lui anche se ci fossimo sposati. E non mi ci vedevo a dividere una casa e un uomo con Josephine Kershaw.
— Ma dovevi proprio scegliere Edgar Bryce? Non c’era nessun altro?
— Non essere sarcastico, George, non ti si addice. Certo che ci sono stati altri in questi ultimi mesi, ma nessuno così di bell’aspetto e di belle maniere come Edgar. E poi è sempre stato un tipo divertente.
— Se è per questo ha saputo divertire anche un’aula di tribunale con la sua testimonianza, per quel che mi ricordo. Ah, scusami, temo di essere di nuovo sarcastico. — George si rendeva conto di comportarsi come un bambino che fa il broncio.
— Vorrei tanto che tenessimo questa conversazione senza recriminazioni — disse lei. — Non mi piace dover ricordare il passato. Comunque la sola colpa di Edgar è stata quella di aver preso le parti di Lawrence, e quello gliel’ho perdonato da un pezzo. Dopo tutto ero io che dovevo essere perdonata, non ti pare? Spero di aver acquisito abbastanza saggezza nel corso degli anni da non dovermi ritrovare di nuovo in una situazione del genere.
— Per l’amor del cielo! — George si guardò intorno in quella sala elegante e piena di gente, con le sue graziose tovaglie, le porcellane e i lampadari scintillanti. Per fortuna il loro tavolino era abbastanza isolato nell’angolo.7 — Il passato lascia delle cicatrici. Com’è possibile che tu riesca a perdonare, e tanto più a dimenticare, mentre io lo trovo impossibile?
— Se la pensi così — mormorò lei — allora compiango tua moglie. Io mi sono lasciata tutto alle spalle, come farebbe chiunque sia dotato di un minimo di buon senso, e lo stesso devi fare tu. È proprio idiota permettere a quella sciocca storia di rovinarti la vita.
— Sciocca storia? E questo che pensi?
— Be’, non è stato niente di più. Non nego quello che abbiamo provato l’uno per l’altra, ma adesso abbiamo tutti e due sette anni di più e da questa distanza io la vedo così. Edgar adesso ha ereditato una bella somma e io sono affascinata dai suoi palloni. Ho già fatto un’ascensione, che ho trovato molto emozionante, e lui mi ripete che non sono ancora troppo vecchia per l’avventura.
George si ricordò che anche Sophie era salita su un pallone ancorato a terra e l’aveva trovata un’esperienza meravigliosa. Com’era stato brusco con lei!
Emily finì la sua pasta rosa e continuò: — Viaggeremo molto, naturalmente, ma la nostra casa sarà quella di Edgar, vicino a Henley. Così saremo vicini, no? — aggiunse con un sorriso provocante. — Spero che, se noi quattro ci incontreremo, tu ti comporterai come una persona civile.
Lui ripensò alla scenata che aveva fatto nel salotto di casa sua, cedendo alla provocazione di Bryce, pensò alla porcellana in frantumi e a come il maggiore gli avesse detto che un’altra persona coinvolta in quella vecchia storia non nutriva rancore nei suoi confronti.
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4Fece un ultimo sforzo. — È chiaro che sei davvero decisa a fare questo passo, ma io non posso che dirti di ripensarci, Emily.
Lei si mise a ridere. — E invece dovresti farmi le tue congratulazioni per essermi conquistata un marito così prestante, ambizioso e attraente.
— Un saltimbanco!
Lei gli lanciò un’occhiata e sospirò. — Nemmeno la gelosia ti si addice molto, George. Un’altra tazza di tè?
Lui buttò a terra il tovagliolo. — Vedo che venendo qui ho soltanto sprecato il mio tempo. Sposalo, dunque, e spero che non ci incontreremo più.
Emily si alzò in piedi e lui non poté fare altro che pagare il conto. Fuori l’aiutò a salire sulla sua carrozza e lei gli tese la mano.
— Addio, George. Non volevo usare un tono così duro con te. È vero che nessuno di noi due dimenticherà mai del tutto l’altro, ma io non passerò certo il tempo a rimpiangere il fatto che non ci siamo sposati. Data la situazione, Edgar sarà un marito molto più di mio gusto.
A quell’ultima stoccata lui lasciò subito cadere la mano che aveva stretto.

A Paddington George prese l’ultimo treno per Oxford. Quando arrivò là, lo stallaggio era chiuso per la notte e fu costretto a fermarsi all’albergo che aveva il suo nome. Qui passò la seconda notte insonne, tormentato dai suoi pensieri. Per colpa della sua infelicità aveva inflitto a Sophie grandi sofferenze non solo fisiche (e con sua grande vergogna gli venne in mente quella notte di due settimane prima), ma anche psicologiche. A Sophie che non aveva nessuna colpa! E se adesso le sue dure ma sincere parole lo avevano offeso, doveva ringraziare solo se stesso. Non aveva forse sfidato troppo la sua pazienza? Doveva vederla, dirle… ma forse la loro ultima lite aveva creato una spaccatura insanabile? Era stato detto troppo? Chissà. L’unica cosa che sapeva era che doveva tornare a casa da lei.
Il giorno dopo fu trattenuto allo stallaggio, fumante d’impazienza, e così fu solo a mezzogiorno che imboccò il lungo viale che portava a Plummers.
Nel cortile un mozzo di stalla venne di corsa a prendere il suo cavallo e, seguito da Brandy, George entrò in casa. Quando vide il signor Street, gli chiese dov’era sua moglie.
— Ma… è partita, signore, credevo che lo sapeste. È partita ieri per Londra.

61 pensieri su “Una storia 25

  1. Alla luce del tovagliolo per terra mi viene da pensare soltanto una cosa per il prossimo capitolo: Dai Sophie che ce la puoi fare.
    Dagli un calcio, ma prima gli devi tagliere le …
    ahhhaaahahaahahahahaha

    Ciao Milord🙂

    la manu

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  2. Ho letto, con interesse, anche questo capitolo.
    A parte la perfezione stilistica, la bella espoisizine della lingua italiana e la struttura de “Una storia”.
    Un opera veramente bella e ponderosa, con un filo ragionato, elegante e soprattutto con una lezione di fondo: si può fare letteratura senza bestemmie, situazioni violente e parolacce varie.
    Un bel lavoro.
    Secondo, in ordine di tempo ma non per ultimo: ho fatto una ricognizione dal tuo primo capitolo fino ad adesso.
    Hai scritto, fino ad ora, ben 25 capitoli, perfettamente inseriti nella realtà romanzata, eleganti, sensati e perfettamente scorrevoli. Questi capitoli sono corposi, nel senso che non sono racchiusi in un “post”da Blog. Ma sono capitoli in piena regola con foto, scenografia e regia.
    Un’opera, veramente notevole considerando che, dalla mia ricognizione risultano quattro capitoli a settimana e in un caso cinque.
    Ho riletto il tuo piano dell’opera e il tuo “intenzionario”. Ovvero: “Un’oretta per scrivere e correggere e pubblicare”.

    Amico mio, la tua fama ti precede.
    Bello.
    Ciao e buona giornata
    Un abbraccio

    Glg

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  3. Caro Lord Ninni,

    le devo confessare tutta la mia ammirazione per questo capitolo che ho letto quasi con ingordigia.
    Una bellezza sfolgorante.
    Lo sa?
    Mi sono persa tra le parole e tra questa storia che è atenzione e sviluppo.
    Lei, caro Lord Ninni, brilla per la costruzione dei dialoghi. Dialoghi perfetti e molto realistici.
    Dialoghi che prendono al cuore.

    Profondamente ammirata e incantata.
    Buona giornata

    Loredana

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    • Loredana B.

      La ringrazio per le espressioni gentili che, rilevammo, furono un po’ esagerate quasi adulatrici.
      Come avrà modo di notare, presso questo spazio web, insiste una forte passione per la letteratura e per la poesia.
      Null’altro.
      Grazie

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  4. caro Lord Ninni,

    ho passato l’ultima ora a leggerla. Ho letto molto di lei e dei suoi racconti. Ho letto delle sue emozioni e dei suoi intimi pensieri e devo dirle che mi ha affascinata.
    Sono riasta incantata davanti alla bellezza delle poesie .
    Innamorata davanti alla forza espressiva dell’incanto di un racconto.
    A proprosito di racconti.
    Li ho letti tutti i racconti dei mille aghi.
    Quelli che ha scritto ogni girno per due settimane. Uno più bella dell’altro. Racconti che colpiscono nell’animo e nel cuore. Lei, Lord Ninni (posso chiamarla Ninni, oppure Antonmaria come ho letto da qualche parte utilizzato da una lettrice?) ha un modo di scrivere importante, bello, soave.
    Riesce a penetrare dentro le coscienze.
    Si, mi ha sconvolta con qualche racconto che mi ha preso il cuore.
    Mi è piaciuto quello dedicato ad una ipotetica donna, dove parla dei due gemelli.
    Le confesso che mi sono commossa.
    Con il cuore che iniziava a palpitare fortissimamente.

    Non ho mai provato una cosa così importante dentro.
    Ne sono entusiasta proprio.

    Anch’io mi diletto a scrivere e ho scritto tanto: poesie, racconti, soprattutto d’amore.
    Mi piacerebbe un giorno potergliele fare leggere.
    Riporto, qua, una sua frase che è sconvolgente e che mi sono scritta e sembra dedicata a me proprio, me la sento proprio:

    “… e nel silenzio ascolterai
    queste parole
    che, dalla notte al giorno,
    ti parleranno di me
    e del mio amore.
    Di notti lunghe
    ad aspettare
    tra cinguettii profumati,
    promesse.
    e una buonanotte che non arriva.
    Tra silenzi tuoi
    e un amore
    che stava già nascendo
    per te, mS.”

    bella l’immagine di definire il proprio pensiero come un cinguettio.
    Mi ha colpito questa cosa

    Sono entusiasta.
    Tornerò, mi creda.
    Sua

    Loredana

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    • Loredana B.

      La ringrazio per le espressioni eccessivamente lusinghiere, incensanti e ossequiose.
      Le emozioni descritte e da Lei evidenziate, sono patrimonio di tutti i lettori di questo spazio web (e sono veramente tanti, mi creda: alla data del 3 gennaio 2017, sono 28.711 facilmente riscontrabile nella colonna accanto).
      Personalmente, rilevo come eccessiva la Sua affermazione e azzarderei, anche, leggermente offensiva nei confronti di tutti gli ospiti:
      Sono rimasta incantata davanti alla bellezza delle poesie .
      Innamorata davanti alla forza espressiva dell’incanto di un racconto.”

      Per quello che riguarda la Sua notazione sul preferire, in comunicatività, se chiamarci con “Ninni” o peggio ancora “Antonmaria”, la informo che, come da galateo, lei deve rivolgersi alla nostra persona chiamandoci unicamente con il diminuitivo vezzeggiativo di Ninni, in quanto è l’unico ad apparire nella intestazione di questo spazio web ed è l’unico ad essere abilitato alla comunicazione.
      Antonmaria è il nostro nome proprio, che può (a discrezione) essere usato dalla donna per la quale dedico, dedicando, molte personali liriche.
      A null’altro è assicurata tale opzione.

      La prenda proprio come una diffida formale.

      Per cui di “coscienze penetrate e di sconvolgimenti cardiaci” gradirei non sentirne più parlare!
      Per quanto riguarda l’ipotetica donna e alla quale Lei fa riferimento, la informo che, si tratta di Maria Silvia, una nostra particolarmente seguita e stimatissima lettrice, alla quale è stata dedicata, quella che lei ha definito, una poesia che le si cuce addosso.
      Non ammetto, nello specifico, saccheggiamenti di sorta!

      In ultimo, ma non per ultimo, il cinguettìo a cui Lei fa menzione, si riferisce a fatti specifici personali per i quali non né ammetto la discussione.
      Le poesie, i racconti, le immagine, i romanzi, sono coperti da Copyright per cui, il semplice fatto di vedere un mio componimento “copia/incollato”, saccheggiato e svilito nella dedica, mi fa venire l’orticaria.

      E per terminare, il fatto che lei si offra ( … sua Loredana) seppur nei saluti, così spavaldamente, mi urta notevolmente.
      Non se ne abbia a male, ma io sono sempre stato molto diretto ed esaustivante.
      Se Lei ritiene di poter sopportare i duri paletti che, in questo spazio web esistono, per una sana, rispettosa ed educata convivenza letteraria, lei è la benvenuta.
      Ad inverso, se non dovesse ritenere di sentirsi soddisfatta, a tutela di chi legge e delle persone che qua vengono per amore della letteratura, la invito ad andarsene senza porre altro indugio.

      Sia che decida di rimanere, sia che vada via, le auguro buona giornata.

      Ninni Raimondi

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  5. Un capitolo bell e soprattuutto lineare.
    Faccio molto infretta Milord, ma ci tenevo a lasciare la mia traccia.

    Giusto perché sono qua, anche se non la vedo (vedo invece che c’é bisogno urgente del mio saluto per un motivo nuovo …) saluto la mia amica maria Silvia.

    Lasci un saluto per tutti

    Buona giornata
    Ripasso

    Anna

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  6. Un capitolo bellissimo pieno di profondità letteraria.
    Bello proprio.

    Caro Ninni, mi sento in obbligo di salutare Maria Silvia.
    Qua dentro, grazie a qualche bionda con la permanente, l’aria diventa irrespirabile.

    Un caro saluto ad Anna e Manuela

    Isy

    😦

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  7. Sono onorato di scrivere presso questo elevatissimo spazio web di bellezza e letteratura.
    Dove educazione e signorilità trovano ampi spazi.
    Le rivolgo, A., i miei migliori saluti da estendere a donna Maria Silvia.
    Con i miei deferenti omaggi

    Amedeo

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  8. Caro Antonmaria
    (spero che questo nome rimanga il mio esclusivo modo di chiamarTi)

    Giustamente, è arrivato il momento in cui Sophie deve far valere la propria Dignità. Era stata sinora silente, pur conoscendo la verità. E forse lo sarebbe stata per sempre se non fosse stato che il marito non abbia voluto ingannarla, ancora, con menzogne e, probabilmente, con un altro tradimento. Vedendo, però, che George stava per ulteriormente approfittarsi della sua remissività e del suo onesto comportamento di moglie, esprime la sua posizione, le sue ragioni e lo mette di fronte a delle importanti decisioni.
    Per l’ ennesima volta, George assume un atteggiamento immaturo, da biasimare in un uomo.
    George è in una sorta di incanto, spero che ne esca e capisca la realtà delle cose:
    Emily è tutt’ altro che una donna a cui aspirare;
    Sophie è davvero quel tesoro, come ne parla Randolph padre.
    Comunque sembra proprio che, gli ultimi dialoghi con Sophie e appunto il padre ed Emily, lo stiano svegliando e consapevolizzando.

    Grazie, Antonmaria, per tutti i bei momenti di lettura.
    Con Stima, Affetto e Devozione.

    Maria Silvia

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    • Donna Maria Silvia

      Permettimi di estenderTi il significato di “sentimento” o “sentimenti” su cui tu, con molta eleganza e tanta classe, hai basato il tuo bellissimo commento.
      Quando il sonno stacca la presa, il primo sentimento che deve invaderci è il sentimento delle cose.
      Cosa intendo, dunque, per il sentimento che tu descrivi (sia per George, sia per Sophie?
      La capacità dell’uomo di prendere coscienza amorosa di quanto lo circonda.
      Il sentimento delle cose non è un moto intimistico dell’animo, ma è uno stadio della conoscenza del reale. Il soggetto “che sente” è così sensibilmente trasportato verso l’oggetto, cioè verso la realtà delle cose, da porsi subito nell’atteggiamento dell’attesa.
      Le cose invadono il suo sguardo e la sua mente; penetrano con la stessa forza d’urto che si sprigiona nel momento in cui gli si aprissero gli occhi per la prima volta.
      Il cuore di questo “osservatore” avido di verità, pronto a commuoversi, è come in febbrile all’erta.

      Il sentimento amoroso delle cose è anche la condizione della loro conoscenza e la condizione del riconoscimento, nella realtà, del valore originariamente desiderato: la bellezza.
      Ma cosa sia la bellezza, quali innumerevoli definizioni siano state date dalle diverse culture di questa parola, è un argomento molto complesso.
      Non solo nella tradizione cristiana, il bello era considerato in un nesso con il vero e il bene.
      Se la bellezza si conforma al vero non può che essere in consonanza con natura e ragione; quindi, per il pensiero cristiano-cattolico, che da Agostino e Balthasar interviene ripetutamente sul tema, la bellezza, interiore ed esteriore, ontologicamente connaturata all’Essere creatore, si riflette nel Creato, come splendore del vero.
      Così, essa acquista consistenza e concretezza; non è una realtà effimera e transitoria.
      E’ qualcosa che muove la libertà dell’uomo eticamente.
      Tra etica ed estetica la parentela è strettissima e nella contemplazione della bellezza ogni atto morale viene vissuto più intensamente, perché “l’entusiasmo che nasce dalla bellezza dell’anima e dell’essere moralmente corretto e fautore della Dignità, è incomparabile con quello che nasce dalla dedizione”.
      Dal sentimento delle cose al riconoscimento della bellezza interiore il passo è breve, poiché se si guarda la realtà con amore, la dignità non può rimanere nascosta; esce allo scoperto.

      Un passo ulteriore è rappresentato dalla contemplazione, parola caduta in disuso o erroneamente riferita a processi spiritualistici di sublimazione, privi di qualunque consistenza cognitiva.
      La vita contemplativa, nel nostro caso la dignità e la rettitudine morale, non si contrappone alla vita attiva, bensì la integra e la illumina.
      Contemplare la bellezza significa riconoscerne razionalmente la natura rivelata e incorrotta.
      Contemplazione è sinonimo di stupore, laddove lo stupore non sia pura reazione sentimentale.
      Nella analisi di tutto questo, dolce Maria Silvia, permane una tensione razionale che si traduce in lucidità di sguardo, commosso e capace di riconoscere la bellezza: la tua.
      Nella multiforme varietà della dirittura morale (unica in verità) e nel festoso contesto di incontro tra persone, esperienze e realtà la questione sentimento (quello da te sottolineato) è la contemplazione della bellezza più profonda e più matura che abbia mai letto.

      Ti ringrazio per avermi riservato un commento di così spessore che, rimane, orgoglio e vanto personale e per questo umilissimo spazio web.
      Grazie, ti sono proprio grato.

      Antonmaria
      (Sì è una tua esclusività chiamarmi così)

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  9. Permettimi, Antonmaria, di esprimere simpatia e ringraziare Anna blu, Manuela Rovati, Isabella Ozieri, Hilde Strauss, Amedeo d’ A., Elena Simonin per la solidarietà dimostratami.
    Convengo con loro che, certi comportamenti, sono impropri e qualificano in difetto chi li esprime.

    Con sincera commozione, cordialmente Vi saluto.
    Grazie anche a Te, Antonmaria.

    Maria Silvia

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  10. Antonmaria

    Vorrei ringraziare anche i Sigg. Annelise, Gianluigi Top, Veni Vidi Vintrix, Susi, Spillo per essersi aggiunti alle espressioni di solidarietà nei miei confronti.
    Un saluto cordiale a Tutti.

    Maria Silvia

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