La Habana antes de la revolución

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Cuba, La Habana prima della Rivoluzione

1Il governo di Machado, nel 1933, aveva operato delle durissime repressioni contro i movimenti studenteschi che chiedevano di poter studiare come tutti, manifestando quella violenza repressiva che il dittatore cubano aveva alimentato.

Anche nell’esercito si era manifestata l’insofferenza verso il potere, in particolare c’era un diffuso malcontento fra i soldati e i sottufficiali nei confronti dei superiori cosicché il 4 settembre 1933 ci fu la sollevazione, che venne chiamata la “rivoluzione dei sergenti”.
Furono cacciati dal comando i capi e gli ufficiali il cui posto venne assunto dai sottufficiali.
Capo degli insorti era il sergente maggiore Pablo Rodríguez, ma approfittò della situazione il sergente Fulgencio Batista che assunse la direzione del movimento insurrezionale delegittimando Rodríguez.
Batista si fece poi nominare colonnello e divenne capo di stato maggiore dell’esercito.
Intanto i movimenti operai, studenteschi e i partiti di sinistra appoggiarono il golpe militare, venne deposto il presidente de Cespedes e sostituito con Ramón Grau San Martín che assunse il potere il 10 settembre e il suo governo prese misure in favore dei lavoratori, intervenne direttamente contro il monopolio nordamericano che controllava la distribuzione di elettricità e gas, condonò il 50% delle tasse non pagate alla scadenza e prese diverse misure di carattere sociale e giuridico.
In politica il governo assunse misure nazionalistiche, platealmente in autonomia rispetto ai grandi potentati del continente.
Gli statunitensi, allarmati e sollecitati dalle classi tradizionalmente di potere, cercarono di porre rimedio e favorirono il golpe militare di Fulgencio Batista che il 15 gennaio 1934 abbatté il governo di Grau. 

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Da dominatore della politica cubana fino al 1944, mediante presidenti di poca consistenza da lui condizionati o in forma diretta, con provvedimenti demagogici Batista guadagnò il favore delle classi popolari e anche dei comunisti che l’appoggiarono nelle elezioni del 1940.
Nel 1944 volendo darsi un’immagine di democratico indisse le elezioni presidenziali pur non potendovi partecipare perché la costituzione proibiva un terzo mandato presidenziale.
Fu eletto Grau che già era stato presidente e governò dal 1944 al 1948 e dopo di lui Pio Socrates.

Si caratterizzarono entrambi per governi violenti e corrotti.
Alle elezioni del 1952 si prospettava la vittoria di un candidato sgradito a Batista, che, con l’appoggio delle grandi compagnie statunitensi dello zucchero e di Washington, prese il controllo dell’isola con un colpo di Stato.
Gli Stati Uniti riconobbero subito il suo governo. Con la garanzia del suo arricchimento personale svendette il 90% delle miniere di nichel e delle proprietà terriere, l’80% dei servizi pubblici, il 50% delle ferrovie a ditte americane, Cuba divenne la capitale del gioco d’azzardo e della prostituzione, ospitando anche esponenti della mafia americana che si impadronirono di alberghi, case da gioco e di prostituzione, sfruttando il turismo statunitense.
Dopo un tentativo di insurrezione fallito, l’assalto alla caserma “Moncada” di Santiago di Cuba del 26 luglio 1953, e un periodo di reclusione, l’avvocato Fidel Castro si trasferì in esilio in Messico nel 1955. Ebbe qui possibilità di riorganizzare la lotta contro la dittatura con nuovi volontari, tra cui il medico argentino Ernesto Che Guevara.

Il resto è storia moderna.
(Il presente viene scritto per riscattare il peronismo come movimento politico sempre vivo e innovativo)

Ninni Raimondi
(E’ sospeso il voi)

 

73 pensieri su “La Habana antes de la revolución

  1. Un articolo, caro Ninni, che è magia.
    Magia pura.
    Certo che uno spiraglio di quella situazione ci voleva per capire i meccanismi di una rivoluzione tremenda.
    Quella di Castro intendi …
    Ciao

    Francesco

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  2. Eppure ogni volta che parto da lì ho nostalgia perché nessun frangipane è’ così colorato al mondo perché l Havana non è’ Cuba perché lasci infinitamente meno di ciò che ricevi perché la’ c’è l unica statua di Maria incinta e ricordi di antichi splendori che ancora luccicano … 🌈

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  3. La storia di Cuba mi ha sempre affascinata.
    Una storia atipica piena di tante e tantissime sfumature.
    certo la rivoluzione è stata romazaya. Fidel “el Lider maximo” era l’uomo buono che ha liberato il popolo da quella dittatura che aveva distrutto tutta la popolazione della nazione caraibica.
    Ecco, milord, che ci dai i motivi di quella rivoluzione.

    Caspita, una banda di delinquenti assolutamnte asserviti che, per il loro interesse personale, facevano morire anche la loro madre.
    Una storia che si ripete purtroppo.
    Hai spiegato molto bene tutto l’antefatto e ho sentito, anche, il bisogno di andarmi a informare.
    Ne è venuto fuori un quadretto niente male,
    Chiunque, a questo punto (anche un babbuino) avrebbe potuto fare una rivoluzione.
    Il mondo è tanto cattivo…

    Grazie milord.
    Una carezza delicata

    Eleonora

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    • Eleonora Bisi

      Per ottemperare alle motivazioni esposte in calce all’articolo, aggiungerò quanto segue.

      Uno degli aspetti meno conosciuti della storia di Cuba: l’influenza che le teorie di Peròn ebbero rispetto alle forze che realizzarono la rivoluzione cubana nella decade 1940-1950 e in specie su Fidel Castro e sul nascente movimento insurrezionalista.
      Tratto non solo sull’influenza delle idee peroniste sulla rivoluzione cubana, ma anche sulla successiva gravitazione del castrismo trionfante (’59) attorno al peronismo della resistenza e dell’esilio.
      Tutto questo lo inserisco nei commenti.
      Grazie

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      • Milord che onore avere ricevuto una risposta così bella e profonda.
        Mi fai sognare.
        Un approfondimento che leggo, anche da Maria Silvia.
        Una analisi che fa risorgere i morti.
        Guarda, te lo dico, invidio Maria Silvia per il commento che le hai riservato. Che donna fortunata da avere una analisi così compiuta e precisa (Buongiorno Maria Silvia, la consiodero un’amica fidata 🙂 )

        Oh Milord (sospiro)

        Buona giornata

        The Eleonora Bisi project

        😀

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  4. Una precisione, caro Milord, che mi ha sempre affascinata.
    Leggere i tuoi articoli sempre così precisi, che parlano di quella bellezza che è la cultura e la conoscenza dei fatti, da te, così ben descrtti, mi ha da sempre incantata.
    Cuba è una realtà atipica.
    Da un lato c’é tanta sofferenza e povertà (nessuno ha la bacchetta magica), dall’altra c’é quel senso di oppressione che pervade tutti i cubani.
    Coome se dovessero etsrnamente arrendersi ad un fato inevitabilmente crudele.

    Visi spenti, un trascinarsi giorno per giorno alla ricerca di una esistenza.
    Però, se li interpelli, si fanno uccidere per questa condizione …
    Grazie per il bellissimo brano.
    Avevo bisogno di una sana lettura.
    Grazie e buona serata

    Giorgia

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    • Giorgia Mattei

      Il 26 luglio ’53 il movimento castrista ottiene l’attenzione della stampa internazionale in occasione dell’assalto alla Caserma Moncada. Un’azione di guerriglia il cui scopo è quello di suscitare interesse sulla situazione cubana e sul massacro, ad opera della polizia del dittatore Batista, di un centinaio di combattenti rivoluzionari e semplici oppositori.
      La reazione degli apparati repressivi è furibonda: la cruenta repressione costringe vari guerriglieri fidelisti a cercare scampo all’interno dell’Ambasciata argentina.
      È il caso, ad esempio, di Raul Martìnez Araràras e Antonio Lòpez responsabili dell’attacco, contemporaneo a quello della Moncada, alla caserma del Baymo allo scopo di impedire a questa guarnigione, forte di oltre 400 soldati, di accorrere in soccorso di quelli attaccati dal gruppo di Fidel.

      Il resto è noto.
      Grazie

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  5. di fondo c’é che il comunismo cubane è stato (d’obbligo usare il passato) un comunisma atipicoo.
    Molto diverso da quello russo, per il quale Fidel si diceva entusiasta.Un’economia di guerra che su avvaleva dell’arroganza di stato per imporre il suo potere su tutto e su tutti.
    Un socialismo speculare sul tipo della DDR,di derivazione marxista, ma autoctono.

    La sua esposizione, dottor Raimondi, oltre che essere molto chiara arriva all’essenzialità delle questioni.
    Nessun orpello, ma verità, status politico diretti.
    Sempre perfetto e compiuto.
    Grazie per questo pezzi di autentica storia giornalistica.
    Buon pomeriggio

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    • PickWick

      Nell’Ambasciata argentina de La Habana trovano altresì asilo numerosi sindacalisti del quotidiano ufficiale “Alerta” e altri dirigenti politici sospettati di essere tra i maggiori responsabili dell’operazione guerrigliera. Ci riferiamo a Josè Pardo Llada, dirigente del Partito del Popolo Cubano “Ortodoxo” in cui milita Fidel Castro, il futuro combattente della Sierra Maestra che, a quel tempo, è uno dei maggiori simpatizzanti del peronismo nell’Isola caraibica e già autore di diversi scritti nei quali si esalta il Terzerismo giustizialista.
      L’evidente solidarietà del governo peronista rispetto ai combattenti anti-batistiani contrasta con la posizione di alcuni gruppi suppostamente “antidittatoriali, anti-imperialisti e rivoluzionari“: i comunisti filo-sovietici cubani del Partito Socialista Popolare, per citare solo un esempio, condannano, nella “Carta de la Comisiòn Ejecutiva Nazional del PSP a todos los Organismos del Partido” (30 agosto ’53), il castrismo definendo l’assalto alla Moncada un atto “avventurista, golpista e disperato; caratteristica azione di una piccola borghesia compromessa col gangsterismo“.

      Solo nel luglio ’58, pochi mesi prima del trionfo finale, i comunisti cambiarono posizione salendo sul carro del vincitore.

      Grazie

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      • Una analisi politica dettagliata, profonda e sentita.
        Mi associo al coro di tutte le persone che stanno gustando una pienezza, da lei offerta, così profonda.
        La ringrazio proprio, leo è autenticamente prezioso.
        Buona giornata

        Bruno

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  6. Cuba, dolore e disperazione della civiltà occidentale.
    A parte le sofferenze, ma ci stavano,. Tutto il mondo era contro Fidel che si era permesso di ribellarsi agli americani,
    Bel pezzo di soddisfazione.

    L’ho letto molto volentirei.
    Ciao

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    • Veni Vici Vintrix

      Il rapporto tra la guerriglia castrista e peronismo non sarà per nulla sporadico tanto che Carlos Franqui, militante della prima ora, dirigente della guerriglia, sia nei centri urbani che nella Sierra Maestra, segretario organizzativo del Comitato in Esilio del Movimento 26 luglio e, dopo la vittoria fidelista direttore del quotidiano ufficiale “Revoluciòn”, in un suo libro ricorda che “almeno ai princìpi degli anni ’50, Fidel Castro, simpatizzava con il peronismo antimperialista”.

      Si tratta di un’attitudine per niente estemporanea e basata su contatti organici e su rapporti politici concreti.

      Grazie Enrico

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      • Ninni,

        mi ritengo soddisfattissimo.
        Anche in virtù di quello che sto leggendo qua intorno.
        Mi hai messo nella condizione di vedere e analizzare il problema filosofico-politico da un’altra situazione.
        Un cono di luce che assume uno spessore diverso e forte.
        (Ci siamo sentiti al telefono, in merito, con Gianluigi Top, proprio per questo motivo. Hai posto in essere una considerazione che nessuno aveva mai valutato)

        Ciao e grazie

        Entico

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  7. Caro Antonmaria

    Come nel Tuo stile ed indole, di tutto hai bisogno di approfondire. Quando la curiosità è nel senso di conoscere il mondo e le sue varie realtà, a mio avviso, è virtù tra le più qualificanti, con il vantaggio di mantenere sempre giovane la mente.
    Spero, come me, molti Ti prendano come rifermento.
    Di Cuba, all’ incirca tutti conoscono la storia moderna, ma, degli antefatti, ne dubito siano edotte le più recenti generazioni.
    Sono stata a Cuba, esattamente quattro anni fa, ciò che mi è sembrato evidente e mi ha intristito, è l’ espressione di remissività e mortificazione che si legge sui volti della gente, rassegnata a non conoscere la vera pace, costretta a subire tutte le vicende che sappiamo e di cui Tu, Antonmaria, ci hai fornito ulteriori notizie; praticamente un tirare a campare senza possibilità di affermazioni individuali. Più che gente, la definirei ‘massa cubana’.
    La bellezza e la varietà dei colori del mare, dei territori, della capitale, a me è sembrato contrastassero con la gente, appunto per quanto ho sopra esposto.

    Apprezzo molto, Antonmaria, la Tua opera di cultura, che operi senza alcuna ostentazione del Tuo infinito scibile, offrendo motivo di riflessione a chi Ti legge.
    Grazie, con Gratitudine.

    Maria Silvia

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      • Gentile Lilly

        Hai ragione, tanta bellezza di mare e territorio che inviterebbe alla gioia, invece la gente è in uno stato di mortificazione e vive senza aspirazioni individuali.
        Grazie per avermi lasciato un pensiero di condivisione.
        Un saluto cordiale.

        Maria Silvia

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    • Maria Silvia,

      una bella analisi e un bel’articolo che rispecchia quel dati di fatto di cui ho parlato con Ninni.
      La tristezza di un popolo che ha sofferto e che continua a soffrire.
      Mon dieu, ci sarebbe voluta una rivoluzione sul tipo cinese, con una rieducazione popolare coatta.
      Avresti visto arrendevolezza al destino?
      Sarebbero finiti nei gulag per farsi due risate.
      Ciao e grazie

      Annelise

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      • Annelise

        Ti ringrazio per aver dedicato attenzione al mio commento.
        Probabilmente fraintendo, comunque io sono per la libera espressione individuale, sempre. Mai potrei condividere l’ iidea di un’ educazione popolare coatta, ne aborro proprio l’ eventualità.
        Ti auguro una bella serata.

        Maria Silvia

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    • Maria Silvia

      Grande è l’influenza esercitata della Rivoluzione peronista in America Latina, a Cuba, che il giustizialismo dispiega tutta la sua forza suggestiva, tanto che nel ’56 un articolo sulla rivoluzione castrista asserisce che “Cuba è il fuoco peronista che arde nel Caribe“.

      Questa affermazione è l’eco della congiunzione nell’isola caraibica di due fattori: la presenza diretta del prepotente capitalismo statunitense ed il carattere apertamente controrivoluzionario del comunismo pre-castrista cubano.
      Rispetto alla presenza statunitense è importante ricordare che Cuba fu l’ultimo Paese latino-americano a raggiungere l’indipendenza, liberandosi dal dominio spagnolo (1898) grazie soprattutto alla presenza di truppe USA approdate nell’Isola in virtù del mai chiarito attentato alla nave Maine.
      Il carattere coloniale di questa Cuba, suppostamente “indipendente”, è confermato dalla “carta costituzionale” in cui viene incluso (giugno 1901) il famigerato “emendamento Platt” (dal nome del suo estensore Orviolle Hitchcock Platt, senatore del Connecticut) che afferma esplicitamente: “Cuba consente che gli Stati Uniti possano esercitare il diritto di intervenire per la difesa dell’indipendenza cubana e per il mantenimento di un governo adeguato per la protezione della vita, della proprietà e della libertà individuale”.

      A fronte dell’espansionismo Yankee, già denunciato da patrioti come Josè Martì (“Ho vissuto dentro il mostro e ne conosco le viscere“) sorge un nazionalismo antimperialista intransigente, ma già nel giugno ’22 (non nel ’59 o nel ’60!) un quotidiano de La Habana aveva titolato su otto colonne, in prima pagina: “L’odio per gli USA sarà la religione per i Cubani“.
      Quando per contenere le spinte antimperialiste gli USA utilizzeranno la sanguinosa dittatura del presidente del Partido Liberal, Gerardo Machado (’24-’33), l’opposizione patriottica e popolare sarà obbligata a far ricorso alla resistenza armata, al terrorismo individuale, al sabotaggio e alla cospirazione insurrezionalista.

      È in questa esperienza di nazionalismo rivoluzionario che va ricercata, a mio avviso, non certo nel marxismo, l’etica del castrismo.

      Una strana mobilitazione delle masse popolari, con una rivolta generalizzata e contemporaneo sollevamento militare, pone termine alla dittatura di Machado e conferisce il potere ai rappresentanti del nazionalismo rivoluzionario.
      Ramon Grau San Martìn e, soprattutto, Antonio Guiteras fautore, quest’ultimo di una rivoluzione nazionale antimperialista avente lo sbocco finale in un socialismo autoctono che, come recita il suo programma, non era “una costruzione politica capricciosamente immaginata ma una deduzione nazionale basata sulle leggi della dinamica sociale”.
      Questo governo è, sin dal suo esordio, combattuto dalle forze pro-capitaliste statunitensi ed anche dai comunisti indigeni che organizzano ed armano, in diverse province dell’Isola, numerosi “soviets” allo scopo dichiarato di scalzare il “governo borghese”.

      La sedicente ultrasinistra filo-sovietica combatte un governo popolare dichiaratamente antimperialista in base ad un accordo, raggiunto in piena insurrezione anti-machadista (agosto ’33) dai dirigenti comunisti Cèsar Vilar e Vicente Alvarez che hanno promesso a Machado di sospendere l’insurrezione in cambio del riconoscimento ufficiale del CONC, i sindacati cubani.
      Avviluppati nella logica della “classe contro la classe“, indicata dall’Internazionale Comunista, gli stalinisti Caraibici considerano il “borghese” Machado più degno degli oppositori (impegnati contro di lui in una sanguinosa lotta), al solo scopo di ottenere particolari benefici per la loro parte politica ed essere pienamente legalizzati.
      Astiosamente, alcuni anni dopo, Fabio Grobart, fondatore del PC cubano, affermerà che l’ordine comunista di interrompere l’insurrezione non ottenne esito alcuno in quanto “gli uomini de La Habana – che erano gli unici in grado di ottenere un risultato – eliminarono con un’azione ferma e decisa qualsiasi incomprensione sul carattere dell’insurrezione, sia nel partito che nel CONC, rettificando il momentaneo errore e si adoperarono affinché i lavoratori adottassero unanimamente la decisione dello sciopero generale perché Machado venisse estromesso dal potere”.
      L’azione, risultò comunque esiziale per il governo nazionalpopolare in quanto essa determinò il miracoloso passaggio dei sostenitori di Machado nell’ultrasinistra comunista.

      Una vomitevole mistura che commise ogni sorta di angherie nei confronti dei patrioti cubani

      Ecco la tua netta sensazione di “rinuncia” da parte dei cubani di qualsiasi estrazione.
      Ti ringrazio, Maria Silvia, per l’apporto decisamente proprio che è sintesi, analisi mirata e meraviglia.
      Con grandissima stima

      Antonmaria

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      • Caro Antonmaria

        Come nel Tuo Stile, l’ approfondimento che affronti è frutto di studio e passione per la politica (ci vorrebbero persone motivate come Te nelle istituzioni).
        Particolarmente per questo commento, Ti ringrazio. L’ ho letto più volte. Non conoscevo, lo ammetto, tutte le vicende e risvolti di cui Tu mi hai dato lume, e probabilmente anche ad altri.
        LeggendoTi e seguendoTi nelle interazioni con altri lettori in questa pubblicazione, sono più che mai sicura delle mie convinzioni di Destra.
        Grazie ancora, Antonmaria, per l’ evidente applicazione con cui mi hai risposto, di cui certo potrà beneficiarne anche chi, oltre me, legge.
        Complimenti, davvero tanti!

        Maria Silvia

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    • Maria Silvia

      Leggo della tua onestà politica e intellettuale legata a questo saggio di Ninni.

      Ma leggo anche altro.
      Leggo di una pulizia mentale che ti fa onore.
      Forse, però, dovrei parlare del Ninni uomo e del Ninni politico.
      L’unico che abbia subito due (e dico due) anni di permanenza in Irlanda in quanto mezzo perseguitato e che quella sua permanenza sia stata coronata dalla sua fede politica universale.
      Riuscire a fare diventere legale un movimento politico quale lo Sinn Feinn O emanazione dell’I.R.A. non è da pochi.
      Quanti buffoni italiani si sarebbero preso la briga di far diventare un ideale Idea e combattere per essa?
      Sto parlando del Ninni che ha infiammato la cultura irlandese, scrivendo alle masse e portando le sue idee di destra, adattate alla povera gente.
      Uno Stato sociale pronto per il riscatto e pronto per la naturale tendenza alla felicità.
      Non ne parla mai (ha un senso dell’umiltà fortissimo), ma grazie a lui, molti strati della popolazione, oggi, in Irlanda gode di benefici “di destra” ispirati dai suoi scritti.

      Ninni, a Galway, è una specie di eroe.
      La realizzazione del sogno dell’individuo che si rapporta con il sociale.
      Un uomo grande e completo che, pur di difendere gli strati più deboli, non ha esitato a farsene carico, diventando, lui stesso, motivo di imitazione con scritti e dottissime spiegazioni, tanto da avere ispirati due, e non uno, ma due movimenti politici..

      Vorrei ringraziarti per le parole di speranza politica e di convincimento.
      Non se ne leggono tante ultimamente.

      Leggo e ritrovo, però, Ninni l’ideologo, il maestro che ha risvegliato le coscienze contro quel demone rosso e maledetto rappresentato dal comunismo, che ha combattuto strenuamente.

      Molti uomini politici devono a Ninni in qualità di politico.
      Molti “Act” sono di sua ispirazione.
      Ninni si è sempre distinto per essere in prima linea per i diritti delle persone per bene.
      Delle persone che lavorano e si sacrificano nel trinomio di Dio, Patria e Famiglia, da qualsiasi parte si trovino.
      Chi tenta (e qua dentro ne ho letto un paio, di mistificare l’ideale di destra con un becero comunismo assassino, ha trovato pane per i suoi denti.
      Un saluto e un caro abbraccio a te e a lui.

      PS: dopo averti letta, affermo anch’io di essere profondamente e pervicacemente di destra (sono sicura che il termine, però, più calzante sarebbe fascista)…
      Grazie Maria Silvia.
      Ti voglio bene e ti ammiro.

      Maria Luisa

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      • Maria Luisa

        Ti ringrazio per gli apprezzamenti, non avresti potuto rivolgermi complimenti più gratificanti.
        Da qualunque punto di vista si valuti, Ninni è un Uomo straordinario. Inutile che io ne spieghi i motivi, che sono ‘universalmente’ risaputi, e, lo stesso Ninni, forse si sentirebbe a disagio: la Sua umiltà è grande quanto l’ immensità dei valori che porta con sè, tra i quali l’ onestà, la giustizia, il coraggio di difendere le proprie idee a qualsiasi costo.
        Ti sono riconoscente per la particolareggiata esposizione dei fatti, o meglio delle eroiche imprese, che riguardarono Ninni durante la Sua permanenza in Irlanda e i cui benefici per la gente sono perduranti; che il Suo impegno politico fu così determinante, non me ne fece capacitare. Ma, appunto, la Sua Grandezza sta nella Sua Umiltà.
        Voglio, altresì, ringraziarTi per la manifestazione di Stima ed Affetto, che, sicuramente, ricambio.
        Buona serata.

        Maria Silvia

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  8. Passo a leggere e rimango colpita dalla facoltà di sintesi che è in te.
    In un colpo sei riuscito a dare l’idea e i motivi di una rivoluzione.
    Devo registrare, anche, che, i motivi belli e buoni, non sono stati mai dati.
    Il popolo cubano si è trovato i mezzo agli interessi americani e alla convenienza sovietica.
    Fidel ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte.

    Una spiegazione che ci mancava.
    Semplicemente bello e bravissimo
    Ciao Ninni

    Hilde

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    • Hilde Strauss

      Approvando e attivamente partecipando all’alleanza tra destra reazionaria e stalinisti, volta a porre fine al governo Grau-Guiteras, il colonnello Fulgencio Batista si appropria del potere direttamente o per mezzo di presidenti fantoccio fin dal ’39, cancellando ogni spazio democratico e costringendo le opposizioni alla lotta armata.
      È per questo che Grau San Martìn fonda il Partito Rivoluzionario “autentico”, le cui basi ideologiche si richiamano a “varguismo, cardenismo e peronismo: al MNR boliviano, ad Acciòn Democràtica venezuelana”. A sua volta Guiteras costituisce l’organizzazione rivoluzionaria politico-militare “Joven Cubs” con caratteristiche nazionaliste e socialiste.
      Il gruppo nazionalista influenzato dal fascismo segue operando militarmente con i settori insurrezionali del Partito “Autentico” costituendo numerose organizzazioni di combattenti
      (Unione Insurrezionale Rivoluzionaria, Organizzazione Autentica, Movimento Socialista Rivoluzionario).

      Detto in due parole.
      Ti ringrazio per l’intervento

      Ninni

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  9. L’uomo che entra trionfalmente all’Avana l’8 gennaio del 1959 in piedi su una jeep è un giovanotto di 32 anni, alto 1.90, molto miope, con una lunga barba e una divisa militare verde oliva.
    Nato sotto il segno del Leone il 13 agosto del 1926, è laureato in legge.

    Si è già sposato e ha divorziato. Ha tre figli: Fidelito, nato dal matrimonio con Mirta Diaz Balart; Jorge Angel e Alina, frutto di due relazioni extraconiugali.

    Volevo, semplicemente integrare quanto tu, caro Ninni hai molto intelligentemente scritto.
    I motivi di una rivoluzione, … e il suo epilogo nella persona del Lider Maximo.
    Bravo proprio

    Ciao

    Susi

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    • Susi

      Fidel si iscrive all’Università dell’Avana ed inizia la sua attività politica.
      La sua naturale vocazione rivoluzionaria lo porta a simpatizzare con i gruppi insurrezionalisti -non smobilitati dopo la vittoria- del Partito “Autentico” che mantenevano certe caratteristiche nazional rivoluzionarie.
      Entra così nell’Uniòn Insurreccional Revoluzionaria di Emilio Tro.
      Secondo quanto affermano alcuni autori egli milita all’interno dell’UIR come “indipendente” per evitare di schierarsi col Movimento Socialista Rivoluzionario che, pur essendo parte dell’UIR, vuole sostituire Tro portando al vertice dell’organizzazione Mario Salabarrìa.

      Salabarrìa è precisamente la stessa persona che nel ’47 organizza l’Ejèrcito de Liberacion de Amèrica, diviso in quattro battaglioni – rispettivamente denominati

      “Antonio Guiteras”,
      “Màximo Gòmez”,
      “Josè Martì”,
      “Augusto Cèsar Sandino”,

      con l’intenzione di invadere Santo Domingo, per abbattere la dittatura di Trujillo, e allo stesso tempo progetta di accendere un fuoco guerrigliero nel Nicaragua di Anastasio Somoza.
      Fidel Castro, insieme a Carlos Franqui, è parte di questa spedizione nonché uno dei pochi che riesce ad evadere, dopo tre mesi di prigionia, dal campo di concentramento di Cayo Confite, dove i rivoluzionari sono detenuti dall’esercito cubano timoroso delle reali intenzioni di questo numeroso gruppo armato.
      La prima azione che possiamo definire “armata” di Castro, anche se è solo una giovane recluta, è del tutto in linea con la prospettiva peronista.

      Grazie ciao

      Ninni

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  10. I primi decenni dopo l’indipendenza di Cuba furono politicamente molto instabili e segnati da un sempre maggiore malcontento nei confronti degli Stati Uniti e delle loro ingerenze.
    Nel giro di vent’anni ci furono ben tre colpi di stato militari. Il 4 settembre del 1933 i soldati e i sottufficiali dell’esercito cubano organizzarono la cosiddetta “rivoluzione dei sergenti”: i vertici militari furono cacciati e sostituiti con i sottufficiali e il sergente Fulgencio Batista divenne capo di stato maggiore dell’esercito.

    Sulla Plaza de la Revolucion, l’enorme spiazzo dell’Avana dove si tengono le manifestazioni del regime facendo accorrere centinaia di migliaia di persone – e dove anche Papa Francesco ha avuto la sua glorificazione – di fronte al monumento a José Marti, innalzato come eroe e prodromo delle conquiste socialiste cubane, ci sono due disegni che rappresentano i volti della rivoluzione che ha portato Cuba a ciò che è stata almeno fino a stanotte. Da una parte Ernesto Che Guevara, dall’altra, ad altezza e dimensione simile, Fidel Castro.

    Si, come dice Maria Silvia, l’aria di rassegnazione ha fermato il tempo a una rivoluzione.
    Ce ne voleva un’altra e tutto si sarebbe sistemato.
    Grazie Ninni.
    Grazie di cuore..
    Un abbraccio e ciao

    Lilly

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    • Lilly Simoncelli

      Approvando e attivamente partecipando all’alleanza tra destra reazionaria e stalinisti, volta a porre fine al governo Grau-Guiteras, il colonnello Fulgencio Batista si appropria del potere direttamente o per mezzo di presidenti fantoccio fin dal ’39, cancellando ogni spazio democratico e costringendo le opposizioni alla lotta armata. È per questo che Grau San Martìn fonda il Partito Rivoluzionario “autentico”, le cui basi ideologiche si richiamano a «varguismo, cardenismo e peronismo: al MNR boliviano, ad Acciòn Democràtica venezuelana.

      A sua volta Guiteras costituisce l’organizzazione rivoluzionaria politico-militare “Joven Cubs” con caratteristiche nazionaliste e socialiste. Il gruppo nazionalista influenzato dal fascismo segue operando militarmente con i settori insurrezionali del Partito
      “Autentico” costituendo numerose organizzazioni di combattenti (Unione Insurrezionale Rivoluzionaria, Organizzazione Autentica, Movimento Socialista Rivoluzionario).

      Grazie

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  11. Viviamo entro una tempistica di vita che è stretta.
    Ai margini di qualsiasi pensiero o ripensamento. Hai descritto i motivi della rivoluzione castrista, che però ciunque avrebbe fatto a quelle condizioni,con dotta presenza.
    Ma avevano aderito al blocco delle opposizioni, mi sembra no?

    Importante è lo spessore con cui si affrontano le tematiche.
    Quello spessore cje ti è consono
    Quello spessore che parla di attenzione, guisa e ri fatti.
    Grazie Ninni.

    Buona giornata

    G.

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    • Grande Flagello

      Al blocco di opposizioni non aderisce il partito Comunista il quale, dal ’38, seguendo la nuova linea “antifascista” della IIIª Internazionale, considera Batista suo possibile “alleato”.

      Fogurati con quale coraggio li si definiscono comunisti antifascisti quando, all’inizio erano, proprio, semi-alleati.

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  12. caro Ninni,

    grazie per averci ricordato quella serie di motivi che hanno portato ad una rivoluzione piuttosto forte.
    Se posso, questi stessi motivi, almeno nella loro sintesi, mi ricordano “altri” motivi che riguardano il vecchi continente e tutta la baracca che lo compone.
    Italia in testa.

    Ma …

    Buona giornata e grazie per questi spunti mai banali
    Ciao

    Valerio

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  13. Un bel buongiorno davvero, questa mattina.
    Uno di quei buongiorno che ti prendono alla gola e che non ti lasciano.
    Leggo i motivi di una rivoluzione operata in massa e con trasporto.
    Quella stessa rivoluzione che, nell’intento di salvare se stessa, è stata durissima proprio con il popolo che intendeva difendere.

    Munificenze del comunismo…

    Grazie Ninni.
    Grazie di cuore.
    Buona giornata

    Elena

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  14. Ecco una serie di motivi per cui è valsa la pena di morire.
    Perchè parliamo, anche dei morti, no?
    Quel numero di azzittini che hanno avuto passioni e interessi e che sono spariti miseramente nel dimenticatoio.
    Mi chiedo, ma dov’é l’intelligenza quando ci mettiamo sul trono per decidere qualcosa?
    Grazie Ninni di questo tuo resoconto bello, preciso e perfetto.
    Un resoconto che è ottimo come paura per tutti.

    Buon giorno

    Franci

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  15. Molto completa come come rassegna di cattiverie e brutture.
    Un elenco cge fa pensare a tutte quelle sofferenze per cui nn esiste una via di uscita per popolo.
    Un bel resoconto sulle cause scatenanti.
    Grazie Ninni, sei un fernomeno

    Mary

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  16. Caro Ninni, che argomento “de fuego”.
    Una cannonata. Ecco perché mi sono preparata a puntino.

    Scusa Ninni, questo è un argomento che mi affascina molto. Lo sai, perché te ne ho parlato, che da ragazza il mio impegno politico fu proprio impegnatovo tale da farmi avere un’idea “importante” della politica stessa.
    Stai descivendo una situazione sociale densa di perché e di enigmi che la stessa storia non sa sciogliere.
    Si quelle furono le caratteristiche principali.
    Ma quale fu, però, l’oggetto che, dopo avere tanto sofferto (bello da parte tua parlare delle cause, che io penso però, siano legatissime all’effeto) si presentò come valifda alternativa alla sofferenza a el dolore?

    Mi spiego meglio
    Quarant’anni fa veniva ucciso Che Guevara.
    Il comandante guerrigliero aveva cercato di esportare il fenomeno rivoluzionario cubano sia in Africa che in America Latina che, essendo egli argentino, considerava nella sua interezza un po’ come la sua patria.
    I fuochi di guerriglia dovevano accendere la rivoluzione: è quel “fuochismo” che avrebbe affascinato Giangiacomo Feltrinelli, molto poco leninista ma romantico e garibaldino assai..

    Erano tempi, caro Ninni, di passioni. Forti, fortissime passioni.
    Il “Che” era il mio idolo e in suo nome, se tu sapessi, a quanto collettivi ho dato voce …

    Eccoti serviti gli ingredienti per questo bellissimo articolo.
    Veramente sintetico ed entusiasmante.
    Mi ricollego, per esempio, a Maria Silvia, che tratta l’argomento (con la sua grande sensibilità e bravura) portando l’esempio di una popolazione deturpata nerl suo animo…
    Una turpe condizione che, nata dai motivi da te esposti, si è complicata nella forma in cui la conosciamo oggi.
    Bello il passaggio (ma questi sono i fatti) in cui hai evidenziato lo stato di degrado morale.
    Che Guevara pose e propose lo stato del popolo.
    Fidel?
    Fidel diventò lo zimbello del mondo anche se gli devo riconoscere la paternità di una rivoluzione importante che ha fatto scuola, per il comunismo, per anni.
    Il male assoluto, comunque, è stato il revisionismo comunista che ha rovinato il pensiero del popolo e il riscatto rosso e proletario.
    Avrebbe dovuto imparare da Kruchiev, un èpolitico infallibile e illuminato.

    Grazie Ninni.
    Ho perso un po’ di tempo a scrivere perché ho cercato di essere, questa volta, all’altezza dell’articolo e dei commentatori (una bravissima l’ho già citata).
    Non era possibile fare la solita “gara” a chi scrive mia (ne rivendico la paternità, con tutta umiltà).
    Ti lascio un caro saluto con tantissima stima.

    Annelise
    a Paris

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    • Annelise

      Ultimamente una domanda mi è sorta in testa: e se i successori di Stalin da Khrushchev a Gorbachev, non fossero mai stati revisionisti (o come li chiamate voi comunisti: traditori della lotta operaia e comunista) e avessero mantenuto una linea marxista-leninista ?…
      La risposta mi sembra ovvia, li per li, stavo per dire che probabilmente L’URSS esisterebbe ancora oggi e che probabilmente la maggiorparte dell’europa sarebbe sotto il socialismo e la democrazia proletaria, ma poi, ragionando meglio ho notato che:

      1: La Yugoslavia sarebbe probabilmente rimasta revisionista, in quanto Tito non sarebbe morto politicamente lo stesso. Sarebbe rimasta comunque uno stato revisionista amenoché non fosse scoppiata una rivoluzione socialista, o amenoché Tito non fosse tornato al marxismo-leninismo.

      2: Probabilmente L’URSS, avrebbe adottato il pensiero di Mao, ma la Cina, alla morte di Mao sarebbe degenerata nel revisionismo.

      3: Anche se Gorbachev, non fosse mai stato un revisionista, L’URSS e il campo socialista, sarebbero potuti cadere ugualmente a causa di eventuali errori di Gorbachev, nell’applicare il marxismo-leninismo.

      Tuttavia, ci tengo a sottolineare che anche se un’eventuale caduta dell’URSS sarebbe stata possibile, non sarebbe stata certa ed oggi l’Unione Sovietica potrebbe esistere ancora assieme a tutto il campo socialista dell’est europeo.
      A questo punto ci si potrebbe chiedere cosa sarebbe successo se il revisionismo non fosse mai trionfato neanche in Cina, ma se il revisionismo non avesse mai trionfato da nessuna parte oggi, molto probabilmente quasi tutto il mondo sarebbe sotto il socialismo e di conseguenza il motivo della rivoluzione cubana sarebbe troppo semplice e visto che a me piace rendere le cose intriganti ho deciso di creare una diplomatica affermazione dicendo che il revisionismo non trionfò in URSS, ma in Cina si.
      Inoltre se il revisionismo in URSS e nel campo socialista dell’Europa dell’est non fosse mai trionfato, non sarebbe mai stato costruito il muro di Berlino, che fu un’opera trotskysta, revisionista e sciovinista di Kruschev.

      Altro elemento importante sarebbe stata la rivoluzione cubana, nel senso che la rivoluzione cubana non fu marxista-leninista (ma puramente e squisitamente giustizialista), quindi probabilmente anche se avesse trionfato, l’URSS non avrebbe mai avuto rapporti di collaborazione con Cuba e quest’ultima sarebbe stata considerata dai sovietici come una sorta di Yugoslavia 2.0.
      Quello che mi scrivi, Annelise, mi lascia basito per un tuo certo cerchiobottismo di maniera che leggo.
      Ciao e grazie per l’intervento.

      Ninni

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      • NINNI,

        Che imbroglio
        😀

        Sai, per riprendere il bandolo della matassa, sarebbe bastato che la sinistra di tutti quei partiti comunisti (URSS, Cina, Jugoslavia ma anche Italia, Francia, Spagna ecc.) avesse elaborato una linea e una strategia concrete, e il revisionismo non avrebbe prevalso. E molto probabilmente i successori di Stalin non si sarebbero chiamati Krusciov, Breznev, Gorbaciov ma Malenkov, Molotov, Kaganovich per dirti, e oggi magari avremmo Zyuganov 😀

        Tito non poteva “ritornare al marxismo-leninismo” perché non l’aveva mai assimilato. Una volta che si assimila la concezione comunista del mondo e si continuano ad applicare la linea di massa e lo studio teorico sistematico, nonché la lotta tra le due linee, non c’è bisogno di parlare di “ritorno al marxismo-leninismo” perché non lo si tradisce mai. Tito, Kardelj, Rankovic ecc. rappresentavano la destra del Partito Comunista Jugoslavo (che addirittura smantellarono degradandolo al rango di una “Lega”), e la sinistra non riuscì a opporre una linea concreta (lavoro molto più difficile poiché si sa che distruggere è molto più facile che costruire) e fu distrutta dalle infami e inumane persecuzioni titine.

        L’URSS non poteva adottare in toto il Pensiero di Mao, al di là delle formule generali valide per tutti i paesi (guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, lotta tra le due linee, continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, linea di massa ecc.), perché per il resto esso era stato escogitato per la situazione specifica della Cina e degli altri paesi semicoloniali come essa. Inoltre aveva già il patrimonio del leninismo, che avrebbe potuto arricchire inglobando i contributi di Mao in quest’ultimo. Per il resto, analogo discorso di prima: la Cina non sarebbe caduta nel revisionismo se la sinistra del Partito Comunista Cinese (rappresentata dalla cosiddetta “Banda dei Quattro”, che poi erano decine e decine di compagni in più, i “quattro” erano il centro dirigente) avesse opposto una linea seria e conseguente alla destra rappresentata da Hua Guofeng e Deng Xiaoping. Invece, e Mao questo lo ravvide all’inizio del 1976, i “quattro” si staccarono dalle masse e opposero nient’altro che dogmatismo, in questo caso facendolo in modo così estremo da scivolare talvolta nel vero e proprio deviazionismo di sinistra. È per questo che la cricca di Hua e Deng ha avuto gioco così facile nel condannarli e vincerli suscitando pure i favori delle masse cinesi.

        Se Gorbaciov non fosse mai stato un revisionista, l’URSS sarebbe in piedi tutt’oggi. Singoli errori non inficiano certo la stabilità del sistema socialista! Anche Stalin ha commesso errori, ma non per questo l’URSS è caduta, anzi: ha vissuto il suo momento di maggiore stabilità e ha contribuito attivamente all’espansione del campo socialista.

        1) Beh, se il revisionismo avesse trionfato solo in Cina ma non nel resto del campo socialista, le cose resterebbero semplici nonostante i tuoi sforzi 😀 La Cina sarebbe stata unanimemente condannata e isolata dal resto dei paesi socialisti, come lo fu la Jugoslavia nel 1948.

        2) No no no, qui compagno sbagli proprio. Il Muro di Berlino non fu “un’opera trotzkista, revisionista e sciovinista di Krusciov”, fu una necessità oggettiva della DDR per difendersi dagli attentati terroristici e dai tentativi d’infiltrazione e corrosione da parte dei revanscisti tedesco-occidentali. Non a caso poche settimane prima della costruzione del Muro ci fu un attentato all’Università di Berlino (che si trovava nel settore sovietico) e un altro attentato fu sventato all’ultimo momento dalla Stasi sulla principale ferrovia della DDR. Altra cosa è sottolineare l’errore in malafede di Erich Honecker di esaltare l’esistenza del Muro anziché lavorare strenuamente, come i coreani, per la riunificazione del paese.

        3) La rivoluzione cubana non fu marxista-leninista, questo è vero, ma fu comunque una rivoluzione antimperialista e di liberazione nazionale, quindi l’URSS (come alla fine ha fatto) avrebbe dovuto appoggiarla comunque, perché dovere imprescindibile di ogni paese socialista è appoggiare le rivoluzioni antimperialiste anche se non socialiste, nello spirito dell’internazionalismo proletario. L’URSS avrebbe quindi comunque avuto rapporti di collaborazione con Cuba (giustamente), come l’URSS di Stalin ne aveva con l’Italia fascista, con la Germania nazista, con l’emirato afghano, con l’India e col Pakistan, con gli USA, col Vietnam ecc.

        Annelise a Paris

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  17. Annelise Baum

    Io non ho detto che l’URSS non avrebbe avuto rapporti con Cuba in quanto paese anti-imperialista.

    Ho semplicemente detto che non avrebbe considerato Cuba come socialista e che seppur appoggiandola come anti-imperialista avrebbe considerato Cuba come una specie di Yugoslavia 2.0., nel senso che avrebbe considerato Cuba come un paese a capitalismo di Stato.
    Per il resto, delle tue affermazioni devo sottolinearti che, non una, ma tutte, mi sembrano “campate” in aria.

    Infatti Honecker, la Stasi, il Muro erano espressioni Marxista-Leninista nel pieno senso del termine anzidetto.
    Il controllo del Popolo sul Popolo era una delle formew più marxiste.
    Il sistema popolare di verifica per una rivoluzione culturale delle masse e delle linee sociali, avveniva dopo una verifica dei principi di appoggio delle linee antimperialiste di comodo e di maniera.

    In ultimo, ma non per ultimo, non ho mai chiamato compagni neanche i miei colleghi di studio a scuola, a partire dalle Elementari.

    Grazie per la risposta.

    Ninni

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  18. Ninni

    Soltanto per aver letto il tuo “Santo” apporto (delicato, ma profondissimo) a Maria Silvia mi chiedo: ma cosa vogliamo di più?
    Una spiegazione filosofico dottrinaria di una corrente politica dominatrice che è stata il castrusmo e il marxismo.
    Gai spiegato sufficientemente i risvolti di tutta una politica giustizialista (la revolucion) e non ti sei riservato su nulla.
    Anzi…
    Ecco
    qua a testimonianza di quanto hai scritto e si è scritto ti chiedo, formalmente, di lasciarci il Tuo dotto parere sulla differenza tra destra e sinistra.

    Per piacere perché qua dentro, a quanto pare, ti si chiama compagno senza voler considerare il tremendo insulto che si pone alla tua persona.

    Ninni, per favore, in nome di una collaudatissima amicizia, salda, ferma e inossidabile,rendici edotti – secondo il Tuo pensiero- dei significati di Destra e Sinistra.
    Ti prego, so che ne sei in grado (sono memorabili i nostri discorsi sulla filosofia politica applicata alle masse di destra e sinistra).
    Se ben ti ricordi, proprio per questo motivo, sei stato motivo di discordia tra il mio “uomo” di allora e te.
    Lui, di estrazione comunisto/onsurrezionalista e tu quale fautore dell’ I.R.A. (Irish Republican Army- Esercito Repubblicano Irlandese, di destra. Anzi, di una destra radicalissima, ma con solidissime basi politiche, tanto da essere accettata dalle major del tempo (acti law 150035, on Dublin, by the Chancelor)
    Te lo ricordi?
    Andrew che ti svegliò in piena notte perché il governo irlandese, sulla base dellòa tua analisi politica, aveva aperto alla Politics Act, con il riconoscimento dello Shinn Fein (l’I.R.A.) quale forza politica di destra su solidissime basi sociali (Lo stato sociale e sua metamorfosi – Ho ancora i tuoi scritti che vennero letti, da Sean Mallory, in Parlamento a Dublino).
    Ti sei sempre defilato con tantissima umiltà.
    E probabilmente è proprio questo che ti ha portato in braccio a tutti, proprio lì, in Irlanda.
    Sei un eroe per le tue idee rivoluzionarie di destra.
    Non me lo dimentico … eroe!

    Ti prego (io non prego a nessuno, ma qua lo faccio).
    Ti prego, dacci la tua visione differenziata tra destra e sinistra, al livello occidentale, italiano.
    Ti prego.
    Sono in tanti a chiedertelo, grazie a quel carisma forte, fiero, onesto, gentile, ma profondamente umile e rispettoso dei bisogni e del dolore delle masse.
    Ninni, per favore!!!

    Ti ringrazio per quello che andrai a fare…

    La tua amicissima

    Maria Luisa

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  19. Tra Destra e Sinistra
    Evoluzione e validità di una dicotomia politica

    di Ninni Raimondi

    Che cos’è la Destra, che cos’è la Sinistra?” cantava Gaber con ironia tagliente.

    E la domanda sembra oggi più attuale che mai, senza trovare per altro una risposta definitiva nel mondo delle scienze politiche.
    Cosa intendiamo oggi quando parliamo di Destra e Sinistra?
    Questi due termini nascono all’indomani della Rivoluzione Francese, quando nelle prime riunioni del Parlamento a sinistra prendevano posto gli esponenti della corrente più rivoluzionaria e a destra invece si sedevano i componenti dei partiti filo monarchici.
    Al centro trovavano collocazione invece coloro che con spregio venivano definiti i membri della “palude”, in quanto la loro posizione circa le linee da seguire all’indomani della Rivoluzione erano ancora mutevoli e poco chiare.
    Se con la Rivoluzione Francese i termini di destra e sinistra fanno la loro comparsa per la prima volta sulla scena politica, configurandosi da subito come elementi essenziali della democrazia con cui vedono la luce, con gli anni i significati dei due termini si arricchiscono di connotazioni.
    Nel 1848 viene pubblicato il “Manifesto del Partito Comunista” di Marx, libro che condizionerà la storia del secolo e mezzo successivo e nel bene o nel male finirà con l’influenzare la definizione degli ideali di sinistra e per opposizione anche quelli di destra.
    Il Novecento si apre con la Rivoluzione Russa e sul continente europeo nell’arco di due decenni si configura l’era dei totalitarismi.
    Il dramma della Seconda Guerra Mondiale rinnova l’adesione della popolazione europea alla democrazia da cui aveva preso le distanze: si riafferma nei cuori dei cittadini il valore della libertà e l’importanza delle scelte individuali in campo politico.
    Sconfitte le dittature, si inaugura l’era delle grandi ideologie.
    Da un lato il capitalismo americano, dall’altro il comunismo sovietico, di cui ancora non si conoscono appieno le tragiche somiglianze con le forme più violente del Medioevo.
    Nel blocco occidentale, unico scenario realmente rispondente al modello di democrazia liberale, il bipolarismo si accentua e la dicotomia destra-sinistra è sempre più forte.

    Dal dopoguerra fino alla caduta del muro di Berlino, destra e sinistra hanno dei significati chiari e definiti.
    Parlare di Sinistra vuol dire riferirsi a valori come rivoluzione, progressismo, ipotesi di giustizia sociale, studio delle minoranze.
    Citare la Destra è, all’opposto, sottintendere valori come la meritocrazia, il conservatorismo, l’adesione alla tradizione, il pragmatismo, la famiglia, il lavoro.
    Con la caduta delle ideologie i termini destra e sinistra hanno in parte perso la forza del loro significato.
    In qualche modo da termini di contenuto sono diventati dei contenitori da riempire con valori adeguati al presente in cui viviamo.
    Ed è in questo contesto che si fa largo un nuovo quesito: ha ancora senso parlare di destra e sinistra oggi?La domanda finisce per aprire un nuovo terreno di scontro accademico tra politologi di destra e politologi di sinistra.
    Per i pensatori di sinistra, la dicotomia, pur avendo subito una trasformazione strutturale, resta valida.

    Se infatti da un lato la fine del bipolarismo mondiale ha portato come conseguenza una certa contaminazione di valori tra destra e sinistra “tradizionali”- portando per esempio la destra ad accettare una seppur minima partecipazione dello Stato nell’organizzazione economica del Paese, in particolare nel settore del Welfare (epocale in questo senso il passo compiuto dagli Stati Uniti d’America con la decisione di assicurare l’assistenza medica a tutti i cittadini) – vero è che su determinati valori restano immutate le visioni opposte tra esponenti di destra ed esponenti di sinistra.
    Ne sono un esempio i concetti opposti di disuguaglianza sociale e disuguaglianza naturale, strettamente legati per altro alla dicotomia egualitarismo/ meritocrazia.
    Ma anche il valore che la tradizione ancora rappresenta per i partiti di destra, in opposizione all’accento posto dagli esponenti di sinistra sull’idea di emancipazione.
    Ancora, la destra punta su un’idea risolutiva del “fare”, cercando di smarcarsi dall’importanza attribuita dalla sinistra alla “progettualità”.
    Secondo illustri filosofi, tra cui Bobbio, questi opposti finiscono per essere il significante della dicotomia destra-sinistra che dunque, supportata dalle reali implicazioni che i temi sopracitati ancora avrebbero sullo scenario politico, resta valido strumento per la comprensione della sfida democratica tra i partiti.

    Diversamente la pensano i principali politologi della destra, che in primo luogo ritengono la difesa della dicotomia destra-sinistra una battaglia della sinistra per mantenere una rendita di posizione politica.
    La ragione di tale conclusione sarebbe data dal fatto che i due termini che compongono la diade si presenterebbero, nella visione dominante per l’opinione pubblica, come fortemente diseguali e squilibrati.
    Se davvero destra e sinistra singolarmente sono privi di contenuto ma rappresentano solo dei contenitori all’interno dei quali può essere inserito qualunque tipo di valore diffuso e accettato collettivamente, non esiste allora alcuna ragione, secondo questa corrente di pensiero, per cui la dicotomia non possa essere rimpiazzata da una nuova coppia di termini che suggeriscano in maniera più attuale e immediata i concetti a cui si riferiscono.
    Nascono così le proposte di basare, per esempio, la sfida politica sulle categorie di Comunitari e Liberal. Ma numerose altre sono le alternative proposte: locale/globale, Occidente/Terzo Mondo, populismo/new class, centro/periferia, inclusione/esclusione, politica/anti-politica, particolarismo/universalismo, individualismo/organicismo, statalismo/anti-statalismo, moderno/anti-moderno.
    Tutte categorie che, secondo chi le propone, hanno la capacità di attraversare trasversalmente le tradizionali famiglie politiche, potendo così venire a creare inedite forme di confronto o conflitto politico, non più riconducibili al consueto schema della politica parlamentare.
    Altro punto su cui la dicotomia destra/ sinistra appare criticabile è lo sviluppo esponenziale di movimenti trasversali a-politici o pre-politici. Ne sono un esempio i partiti ecologisti, i diversi movimenti indipendentisti e autonomistici, i movimenti che si ispirano al populismo, per non parlare delle varie specie di integralismo politico-religioso sempre più diffuse nel mondo.
    Che posizione dare a questi grandi centri propulsori di idee e azioni nel panorama politico tradizionale?
    Sono di destra o di sinistra?
    Basta etichettarli come extra-parlamentari per risolvere il quesito?
    La crisi politica che il mondo Occidentale sta vivendo è lampante ed è quindi certamente utile e fecondo interrogarsi su quali possano esserne le cause, anche a partire dalle categorie politiche che fino a oggi hanno contraddistinto il panorama politico internazionale.
    Ma forse ciò che davvero manca alla politica attuale non è un valido nome per la dicotomia all’interno della quale si sviluppa il confronto democratico. Quello che spaventa e crea una sempre più grave disaffezione e distanza dei cittadini dalla politica è probabilmente il fatto che, indipendentemente da come si vogliano chiamare le categorie politiche, queste restano sempre e solo dei contenitori.
    E che i contenuti sembrano tuttora mancare. In un’era dominata dalla velocità, dalla possibilità di proporre e diffondere punti di vista rapidamente e ovunque, in un mondo caratterizzato sempre più dal pluralismo, le idee sembrano le vere grandi assenti sul panorama politico.
    Nonostante l’incalzare del progresso tecnologico e dei cambiamenti di costume, la politica non sembra in grado di accogliere e fare proprie le innumerevoli correnti ideologiche che attraversano la società, restando ancorata a retoriche antiquate e sempre più lontane dalla società reale e dalle sue esigenze.

    Così come la libertà di scelta delle prime democrazie del Novecento ha in qualche modo colto impreparata la maggioranza della popolazione, che paralizzata ha non-scelto rifugiandosi nelle certezze promesse dalle dittature, così sembra che la pluralità di pensiero e gli orizzonti possibili di una società multietnica abbiano messo all’angolo l’intraprendenza e la volontà di adeguarsi alla contemporaneità, tenendo destra e sinistra anacronisticamente zavorrate a un passato che non solo non c’è più, ma di cui non si cerca neppure di comprendere le dinamiche.
    Difficile dire se destra e sinistra siano termini esaustivi oggi.
    Certamente, la scena politica attuale non sembra essere ancora stata in grado di rimpiazzarli, anche se la confusione circa le scelte ideologiche che stanno alla base dell’una o dell’altra restano. Soprattutto, resta la difficoltà per gli elettori di comprendere quali differenze la scelta dell’una o dell’altra parte comporterebbero sulla Realpolitik dei propri paesi, specie in un periodo di crisi economica come quello che il mondo occidentale si trova ad affrontare in questo momento.

    Grazie e buona serata.

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  20. Destra e sinisra, che concezione sbagliata rimane ancora.
    Le analisi politiche?
    Tutte errate se4 vogliamo considerare il momento importante di adesso.
    Un adesso dove i valori sono diventato disvalori e dove abbiamo altre priorità che non discutere di politica.
    La crisi economica e esistenziale ci ha portato a nontenere più conto di quello che, nell’immediato, ci serve per vivere.

    Ninni hai scritto un saggio di politica che serve per capore e capirsi su tutto quello che è sociale.
    Grazie, grazie davvero.

    Buona sera

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  21. Una situazione politica può giustificare una rivoluzione?
    ho presonota di quello che hai scritto e ne faccio tesoro.
    Sei bravo, ma soprattutto sei “umano” e mi piace sulle risultanze politiche.
    Grazie.
    (Grazie anche agli altri apporti…)

    Buona serata

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