Russia, due esplosioni nella metro di San Pietroburgo

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Esplosioni nella metropolitana di San Pietroburgo, almeno 10 morti
La commissione anti terrorismo russa conferma il primo bilancio sulle vittime. I social network rilanciano le immagini di un vagone sventrato e di persone che abbandonano le pensiline invase dal fumo.
Almeno due esplosioni sono avvenute nella linea blu della metropolitana di San Pietroburgo. Lo scoppio principale si sarebbe verificato all’interno di un vagone nella stazione di Sennaya Ploshchad; una seconda esplosione è stata segnalata al Teknologicheskiy Insitut che è la fermata della metro successiva. Secondo fonti ufficiali ci sono 10 vittime, tra cui bambini e le agenzie di stampa russe parlano di 50 feriti.
Tutte le stazioni della metropolitana sono state chiuse.
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Le cause dell’esplosione
Non è chiaro al momento quali possano essere state le cause dell’esplosione. Sui social network circolano alcune immagini che mostrano il deflusso dei passeggeri dalle pensiline invase dal fumo. Almeno sette fermate della metropolitana sono state chiuse e sono in corso le operazioni di evacuazioni dei passeggeri. In una foto si vede un vagone della metropolitana parzialmente sventrato. In un filmato diffuso in rete si notano bulloni vicino ad un vagone della metro. Secondo la stampa russa si tratta di più ordigni da circa 200-300 grammi di tritolo.
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Putin in città
Secondo l’agenzia di stampa russa Ria Novosty il presidente Vladimir Putin è stato informato ed è in costante contatto con le autorità. «I motivi al momento non sono chiari, non escludiamo nessuna pista: né quella criminale, né quella terroristica» ha dichiarato Putin, sottolineando che le indagini «sono in corso». Il presidente russo si trova a San Pietroburgo dove dovrebbe incontrare il suo omologo bielorusso.
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Fuoco, fumo, morti e feriti nella metropolitana di San Pietroburgo. Una nota dell’agenzia russa Tass parla di “dieci morti” e almeno una cinquantina di feriti.

Terrore nel sottosuolo della seconda città russa. Secondo le prime ricostruzioni due esplosioni hanno devastato altrettanti convogli all’altezza di due diverse stazioni centrali della metro di San Pietroburgo. Le prime immagine cominciano a circolare sui social poco dopo l’ora di pranzo e si vedono porte di un vagone sventrato, una fitta coltre di fumo, corpi stesi sulle banchine e passeggeri che scappano verso le uscite. Un testimone dell’agenzia Reuters ha contato otto ambulanze nei pressi della stazione della metropolitana Sennaya Ploshchad. Chiusa l’intera tratta della metropolitana della città. In città era presente anche il presidente russo Putin, che subito ha voluto dichiarare che: “Per scoprire le cause delle esplosioni si indaga in ogni direzione, inclusa quella del terrorismo”.

In città era presente anche il presidente russo Putin, che parlava a un convegno sui media e che nel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare per colloqui il presidente bielorusso Lukašenko.

Subito il presidente si è espresso: “Non è chiaro ancora quali siano le cause, le stiamo vagliando tutte, incluso il terrorismo” ed ha preso in mano il timone dei soccorsi. Putin aveva appena finito di parlare di internet e della necessità di lasciarlo “libero”, pur vietando la circolazione di immagini pornografiche o incitamenti al suicidio, quando proprio sui social sono iniziate a circolare le prime fotografie della deflagrazione. Il presidente ha immediatamente chiamato i servizi di sicurezza interni Fsb.

42 pensieri su “Russia, due esplosioni nella metro di San Pietroburgo

  1. Non si riesce a vivere più . Il terrorismo ha gioco facile, ma molto pericoloso.
    Tremo all’idea che qualcuno possa “stancarsi” di questa situazione.
    Le armi devono tacere, ma si deve trovare una soluzione “dura” per stroncarli.
    Sto diventando pochissimo tollerante.
    Grazie Ninni

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  2. Si, caro Ninni, la notizia ci ha preso tutti e noto, con opiacere, che la tua proverbiale attenzione non si è squalificata neanche un po’.
    Certo, le notizie sono frammentarie.

    Ho paura per Putin: se gliele fanno girare, non oso pensare a cosa possa fare.
    Ciao un abbraccio e grazie

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  3. Caro Antonmaria

    Tragedie del genere stanno diventando cronaca quasi quotidiana. Persone innocenti che si trovano nei luoghi sbagliati, che perdono la vita tragicamente senza colpe proprie. Senza pietà rimangono vittime anche le creature più immacolate: i bambini.
    Le matrici di questa vicenda sono in corso di valutazione, in ogni caso il sacrificio gratuito di persone incolpevoli è cosa abominevole, non si dà alcun valore alla vita altrui.
    Spero il presidente Putin abbia l’ ispirazione giusta per non provocare altre tragedie, pur comprendendo che non si possono subire atti vigliacchi di violenza gratuita, una reazione di difesa è necessaria.

    Un saluto affettuoso.

    Maria Silvia

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  4. Orrore e disperazione. Sensazione di impotenza.
    Non capisco, ma proprio non ci riesco, a comprendere il terrorismo.
    se hai qualcosa da rivendicare, perché poi ammazzi innocenti? Chi ti ascolterà più?
    L’odio e la rivalsa si impadronisce ancora d più il cuore, in un turbine che non si ferma.
    Mamma mia …
    Grazie milord

    Giorgia

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  5. Vittorio Feltri: “Non tutti gli islamici sono terroristi, ma tutti i terroristi sono islamici”

    Sostanzialmente ha ragione, rimane l’immenso MA……Non si hanno notizie degli Islamici che combattano l’estremismo.
    Chiacchiere, moltissime, ma, alla resa dei conti, gli Islamici “”BUONI”” non fanno niente, non muovono un dito per COMBATTERE la piaga di questa vera peste, e non lo fanno perché, alla base di tutto, c’è la solita Religione feroce (che loro definiscono “tollerante”, che considerano tutti gli altri come nemici mortali da ammazzare e/o sottomettere.

    Questo, viene loro insegnato fin dalla nascita, vengono ammaestrati fin dai primi anni di vita e chiunque volesse loro insegnare sulla base della libertà d’istruzione, verrebbe ucciso senza pietà. Vorrei essere smentito, e sarei felice mi si mostrasse la possibilità di un cambio di mentalità.

    Buona sera dottore ha tutta la mia comprensione

    Amedeo

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  6. “… ma, alla resa dei conti, gli Islamici “”BUONI”” non fanno niente,”

    …mi scusi Amedeo, non voglio banalizzare un problema che invece è molto serio ma dimmi tu….e i cristiani “BUONI” che fanno?….quali sono quelli buoni…quelli che da decenni ormai gli esportano la “democrazia” a suon di bombardamenti, o quelli che li foraggiano di ogni tipo di armamento, o sono quelli che acquistano da loro la droga da seminare sul mercato mondiale, o quelli che grazie ai loro dittatori compiacenti scaricano su quei territori ogni sorta di scoria e immondizia della nostra “civiltà”, o quelli che, grazie al caos che da tutto questo deriva, lucrano sulla vita di poveri esseri umani, deportati come futuri schiavi, futuri manovali del crimine e futura carne da macello per i loro traffici che di “CRISTIANO” hanno ben poco!….o forse lei si riferisce a quei cristiani buoni che ogni tanto si ritrovano a far quelle strombazzate ma innoque fiaccolate di solidarietà o i sit-in di protesta che durano l’effetto di una pizza e una birra al sabato sera….o buoni cristiani sono, per te, quelli che dal pulpito della chiesa e del parlamento ti riempiono la testa e ti svuotano la coscienza di chiacchiere e falsi proclami…pensa per un attimo al bambino siriano, e prima di lui qualche altro milione, che da quando è nato vede solo macerie,sente solo boati di bombe e mangia aria e sabbia radioattiva…quanto lo “riscalda” la fiaccolata….lì, il freddo è l’ultimo dei problemi!
    ….e ricordati che insegnare, istruire, portare la verità, come auspichi tu, è un dovere “umano” di chi la possiede, non certo di chi non la conosce….io, tu, noi, la nostra civiltà possedeva questa conoscenza, gli abbiamo fornito altro, gli abbiamo trasmesso il peggio…nostra e solo nostra la responsabilità di quello che stà succedendo non ci sono scuse o attenuanti….anche perché noi “cristiani buoni” continuiamo a sostenere, a credere, a votare e spesso ad adulare, i nostri sciamani, politici, potenti e criminali di turno!

    Grazie Ninni.

    L.

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  7. – Per chi ancora crede che l’Islam sia una religione di pace –
    – Il Corano e le sue Sure –

    Vi sono 123 versi del Corano relativi al combattere ed uccidere per la causa di Allah. Ecco, di seguito, alcuni passaggi:

    “O voi che credete! Non abbiate amici tra gli Ebrei ed i Cristiani” (al-Ma’idah 5:51,11)

    – I musulmani sono incoraggiati ad occuparsi totalmente nel combattimento per la gloria di Allah (Sura 22:73)
    – Allah darà “una grande ricompensa a coloro che combatteranno per lui” (Sura 4:96)

    – Circa gli infedeli (coloro che non si sottomettono all’Islam), costoro sono “gli inveterati nemici” dei musulmani (Sura 4:101). I musulmani devono “arrestarli, assediarli e preparare imboscate in ogni dove” (Sura 9:95). I musulmani devono anche “circondarli e metterli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate, cercate i nemici dell’Islam senza sosta” (Sura 4:90). “Combatteteli finché l’Islam non regni sovrano” (Sura 2:193). “Tagliate loro le mani e la punta delle loro dita” (Sura 8:12)

    – Se un musulmano non si unisce alla guerra, Allah lo ucciderà (Sura 9:93). Al fedele deve essere detto “il calore della guerra è violento, ma più violento è il calore del fuoco dell’inferno” (Sura 9:81)
    – Un musulmano deve “combattere per la causa di Allah con la devozione a Lui dovuta” (Sura 22:78)
    – I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro (Sura 9:123)
    – I musulmani devono essere “brutali con gli infedeli” (Sura 48:29)
    – Un musulmano deve “gioire delle cose buone” che ha guadagnato con il combattimento (Sura 8:69)
    – Un musulmano può uccidere ogni persona che desidera se è per “giusta causa” (Sura 6:152)

    – Allah ama coloro che “combattono per la sua causa (Sura 6:13). Chiunque combatta contro Allah o rinunci all’Islam per abbracciare un’altra religione deve essere “messo a morte o crocifisso, o mani e piedi siano amputati da parti opposte” (Sura 5:34)

    – “Chiunque abiuri la sua religione islamica, uccidetelo”. (Sahih Al-Bukhari 9:57)
    – “Assassinate gli idolatri ogni dove li troviate, prendeteli prigionieri e assediateli e attendeteli in ogni imboscata” (Sura 9:5)

    – “Prendetelo (l’infedele n.d.t.) ed incatenatelo ed esponetelo al fuoco dell’inferno (Sura 69:30)
    – “Instillerò il terrore nel cuore dei non credenti, colpite sopra il loro collo e tagliate loro la punta di tutte le dita” (Sura 8:12)
    – “Essi (gli infedeli ndr) devono essere uccisi o crocefissi e le loro mani ed i loro piedi tagliati dalla parte opposta (Sura 5:33)
    – “Sappiate che il paradiso giace sotto l’ombra delle spade” (Shlih al-Bukhari Vol 4 p55).

    Ovviamente non conosco il Corano a memoria e mi sono aiutato da un “Corano” in lingua italiana e da Wkpd
    Grazie

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    • Ringrazio io Voi, Antonmaria, che avete dettagliato i controsensi della pseudo religione islamica. Perché una fede non può istigare ad uccidere. Anche dove potesse esistere odio, deve promuovere il perdono. La pace, la convivenza in concordia, il bene per il prossimo devono essere gli obiettivi.
      Quella musulmana, è religione e condotta di vita totalmente incompatibile ed inconciliabile con le altre religioni, particolarmente la cristiana. Abbiamo quotidianamente dimostrazione che gli aiuti per l’ integrazione sono vani, procurano, anzi, danni per chi li accoglie. Indiscutibilmente la religione cristiana dovrebbe essere accoglienza per i più sfortunati, ma ciò deve essere applicabile a chi porta riconoscenza, si comporta bene e si adoperi per la pacifica integrazione e convivenza. A non dover considerare tutti terroristi, però è intollerabile che vogliano stravolgere le nostre consuetudini e leggi per imporre le loro. Se vogliono essere ospitati, devono adattarsi alla civiltà che li accoglie.
      Antonmaria, il Vostro apporto è veramente appropriato, utile e sollecitante la riflessione. Spero leggano in tanti, particolarmente chi si camuffa ‘buonista’, magari ha propri tornaconti in questa spropositata accoglienza di chiunque. Sarebbe da non perdere di vista che, almeno, il trattamento che si riserva agli immigrati, sia riservato parimenti agli indigenti nazionali.
      Grazie.
      Con la Stima l’ Affetto e la Gratitudine di sempre,

      Maria Silvia

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      • Con la loro scellerata politica estera gli USA di Obama hanno permesso all’Isis di espandersi e di prendere il potere.
        La stessa cosa successa anni prima in Afganistan quando gli USA favorirono i talebani nella guerra contro i Russi.
        Fratelli Musulmani, Talebani, Isis e compagnia cantante sono frutti dell’Islam, nati nell’Islam.
        L’Occidente a volte pensa di servirsene, ma rimane sempre incartato!

        Una verità, lady Maria Silvia mia signora, è che (e questo è un nostro parere squisitamente personale), L’Islam sia assolutamente incompatibile con la Civiltà occidentale.
        Lontano da tutti quei valori che sono alla base di una pacifica convivenza.
        Il medioevo fattosi Fede.
        Quel medioevo che, a fatica, quest’occidente malandato sembra avere superato.
        L’integralismo, in ogni caso, è sempre fonte di danno e guaio.

        Si parte dalla “democrazia” (o pseudo tale) per giungere alla sfrenatezza più assoluta dimenticandosi che, la nostra libertà espressiva e di agire, termina laddove inizia quella altrui.
        Grazie per quanto avete scritto

        Con stima

        Antonmaria

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      • Maria Silvia

        Nell’impossibilità di farlo, le democrazie occidentali sono chiamate a dialogare con i leader arabi moderati affinché promuovano all’interno dei loro Paesi quelle riforme capaci di combattere povertà e sottosviluppo dalle quali si origina il rancore contro il mondo industrializzato e, più in generale, la modernità. In passato, tale dialogo è stato segnato dalla scelta della realpolitik: si sostenevano economicamente e politicamente i regimi più dispotici in cambio della promessa di stabilità.

        Buona giornata

        Anna

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  8. Caro Antonmaria

    Sempre profondo, ineccepibile e preciso nel significare le Vostre tesi e convinzioni.
    Vi ringrazio per l’ ulteriore apporto, che ho letto e riletto e che mi trova in toto d’ accordo.
    Un affettuoso saluto.

    Maria Silvia

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  9. Un delitto, adesso, provare a parlare di integrazione.
    integrare cosa?
    Lo so, è difficile da dire.
    E che per questo pagheranno anche degli innocenti, dovessero essere due su cento, Ma mi chiedo, però:
    Perché tutti questi esodi biblici non vengono fatti verso i paesi arabi?
    Cosa ci stanno a fare a Dubai, oppure in Arabia Saudita?
    Non lo vogliono? Danno fastidio? Ma proprio tutti qua?
    Il guadagno che se ne va, nell’asservimento di popolazioni, qual’é? Manod’pera a basso costo e voti in disparte?
    Caro Milord, mi viene da vomitare…
    Buona giornata

    Isy

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  10. Chiariamo anzitutto che si tratta di una guerra. Una guerra dichiarata formalmente dalla centrale del terrorismo internazionale di matrice islamica capeggiata da Osama Bin Laden con la nascita nel giugno 1988 del Fronte internazionale per la Guerra santa contro gli ebrei e i crociati. Il suo manifesto esplicita una strategia di conquista dei paesi musulmani, in primis l’Arabia Saudita, per riesumare la Umma, la Nazione islamica. In quest’ambito si legittima il massacro di tutti i civili e i militari stranieri, a cominciare da americani e israeliani, considerati complici dei regimi musulmani che si vorrebbero abbattere.

    Si tratta quindi una guerra di natura aggressiva, non reattiva. Bin Laden è riuscito prima a privatizzare il fenomeno del terrorismo, emancipandolo dal monopolio degli “Stati-canaglia” degli anni Settanta e Ottanta (Iraq, Iran, Siria, Libia, Sudan e Yemen), poi a globalizzare una rete di cellule attive e dormienti presenti sia nei paesi musulmani sia in Occidente.

    Grazie buona giornata

    V.

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  11. Dopo l’11 settembre 2001 si è accentuato il coordinamento tra Al Qada e diverse sigle del terrorismo di matrice islamica nei territori palestinesi, Iraq, Turchia, Marocco, Yemen, Indonesia, Pakistan, Libano, Egitto e Algeria, fino a promuovere delle attività terroristiche in franchising, che sono cioè ispirate da Al Qada ma firmate da sigle locali.

    In questo contesto, Al Qada dà la linea sul piano ideologico e religioso, mentre le singole cellule sono sostanzialmente autonome sul piano del finanziamento, procacciamento di armi ed esplosivi, individuazione dei bersagli e scelta dei tempi dell’attentato. Se non si tiene conto di questo contesto, si incorre facilmente nell’errore di immaginare reattiva una guerra del terrore che è invece aggressiva, così come si confondono i due livelli: i burattinai, che fanno capo a Bin Laden; i burattini del terrorismo, prodotti dei diversi terreni di coltura, che si annidano nelle aree delle crisi più accese, soprattutto nei territori palestinesi e in Iraq.

    Personalmente ritengo che gli eserciti sono asimmetrici ma in conflitto ideologico.
    Gli attacchi dell’11 settembre 2001, condotti da Al Qada contro gli Stati Uniti, hanno fatto emergere l’esistenza, dentro il mondo musulmano, di gruppi di attivisti accomunati dall’odio verso l’Occidente, la democrazia, la libertà, il rispetto dei diritti umani.
    Al Qada è il catalizzatore di un odio ideologico antecedente all’11 settembre ed è a questo odio che si rifanno le cellule islamiche che abbiamo visto all’opera in diverse località, da Madrid a Bali, da Beslan a Taba, da Riyad a Istanbul.
    Quest’odio ha in comune con il nazisfascimo ed il comunismo tre elementi: la convinzione che la democrazia liberale sia un sistema di governo in mano a lobbies spregiudicate, espansioniste e militariste; la visione del nostro sistema di vita come una società corrotta e immorale; l’avversione nei confronti degli ebrei.

    Come il nazismo si proponeva di creare l’Impero dei Mille Anni ed il comunismo sovietico la società ideale dell’uguaglianza, anche l’Islam radicale (ovvero estremista) ha un disegno globale: la cancellazione dalla carta geografica degli Stati arabi e musulmani frutto della decolonizzazione, considerati corrotti e filo-occidentali, per dare vita ad un Califfato pan-islamico retto da un’interpretazione radicale della legge coranica, per poi sfidare da una posizione di forza l’Occidente con l’obiettivo di vendicare la caduta di Costantinopoli, riconquistando le terre europee che furono sotto il dominio dei Califfi e distruggendo lo Stato di Israele. Trattandosi di un conflitto ideologico, lo scontro sarà di lunga durata. Anche perché, al momento, nessuno ha a portata di mano una definizione militare di vittoria: il progetto globale di Al Qada non appare realizzabile in breve tempo ma anche l’eliminazione di tutte le micro-cellule che lo perseguono non è prevedibile in tempi stretti.

    “L’estrema mutevolezza dello scenario dello scontro” deriva da quanto sopra esposto. Le interpretazioni olistiche possono avere un senso propagandistico, di mobilitazione dell’opinione pubblica dei paesi occidentali – tutt’altro che convinta e compatta nel sostenere la guerra al terrorismo (o meglio, le guerre ai terrorismi).
    Ma sono analiticamente e quindi operativamente devianti.
    Se impostassimo la guerra ai terroristi islamici come guerra all’Islam non solo faremmo il gioco del nemico. Peggio: perderemmo la guerra. In un momento di candore, lo stesso Bush ha ammesso che questa guerra, così impostata, non si può vincere. Proprio perché non è una guerra “classica”, ma una somma di guerre molto peculiari, fra loro solo parzialmente connesse (soprattutto per via ideologica).
    Cosa vuol dire allora vincere la guerra?

    Vuol dire raggiungere una serie di obiettivi; in primo luogo impedire la radicalizzazione permanente della “nazione islamica”, giacché essa significherebbe presto o tardi il raggiungimento degli obiettivi geopolitici di Osama e associati.
    Tali obiettivi, poi, potrebbero essere graduati ed andare dalla presa del potere in alcuni Stati chiave fino alla liquidazione di Israele (bersaglio primo e più vicino dei jihadisti) consentendo così la saldatura al terrorismo palestinese.

    La sconfitta di questi progetti, invece, aprirebbe la prospettiva di uno sviluppo più integrato – fra quei paesi e noi occidentali – di alcune parti del mondo islamico, segnatamente quelle arabe, al cui destino sono legati nostri (italiani) vitali interessi di sicurezza e di approvigionamento energetico.
    Il ripudio delle “terribili semplificazioni” del “pensiero unico” su come vincere la guerra al terrorismo implica analisi e strategie molto più selettive e mirate su scala regionale e nazionale.
    Gli strumenti da mettere in campo sono, come sempre, bastoni e carote.
    Cominciamo dai primi, l’intelligence (raccolta e diffusione per opportuni canali delle informazioni sui vari gruppi islamisti, intensificando la cooperazione internazionale sulla base dei minimi comuni interessi condivisi) e le connesse operazioni di infiltrazione e disarticolazione delle cellule terroristiche e delle loro reti di finanziamento, evidentemente possibili soprattutto grazie alla collaborazione dei paesi di origine dei jihadisti; l’uso selettivo di forze speciali ed eventualmente di forze armate ordinarie quando si tratti di liberare un territorio o uno Stato preso in ostaggio dai terroristi (Afghanistan e secondo Bush anche Iraq, connesso in un modo o nell’altro ad al-Qaida); la deterrenza (campagne politiche, operazioni finanziarie, etc.) nei confronti soprattutto degli apparati militari o di potere che in alcuni paesi islamici si rivelano ambigui o collusi col nemico.
    Quanto alle carote: in primo luogo, gli incentivi politici, economici, di status e di immagine agli Stati e alle società che dimostrano di volere e sapere sradicare la cultura e le organizzazioni che sostengono il terrorismo islamico, soprattutto in vista di una loro integrazione nei circuiti internazionali degli scambi, ma nel rispetto delle loro identità culturali e nazionali e senza ambizioni o pretese coloniali (occupazioni dirette o indirette di spazi fisici o immateriali, come da “guerra all’islam”).
    Una cura particolare dovremmo dedicare alle comunità islamiche presenti in Italia e in Europa, poiché creando un modello di convivenza possiamo rinviare un’immagine positiva del nostro Paese nel mondo di origine degli immigrati e dimostrare che il dialogo e la collaborazione sono possibili, contrariamente a quanto predicato dagli ideologi del jihad.
    Naturalmente, il progetto di convivenza si deve rivolgere soprattutto alle aree musulmane più vicine o più sensibili agli estremisti, perché sono loro che debbono essere riportate nell’alveo del dialogo, non quelle moderate che ne sono già parte per definizione.

    Gli “islamici di servizio” non ci servono, sono un boomerang.
    Infine, dovremmo sensibilizzare le opinioni pubbliche europee e occidentali intorno ai rischi e alle poste in gioco nella guerra al terrorismo, riportando questo slogan su terra e curando di non isterizzare un pubblico che potrebbe essere incline a reazioni irrazionali e controproducenti – nella direzione dello “scontro di civiltà”. Inoltre, consapevoli che per un certo periodo di tempo dovremo abituarci a convivere con questa minaccia, e che comunque la tecnica terroristica non potrà essere abolita una volta per tutte, dobbiamo ritenere che solo l’uso strategico di tale tecnica da parte di alcuni gruppi islamisti possa essere efficacemente represso. Purtroppo, tutti i dati di cui disponiamo dimostrano che stiamo perdendo la guerra di propaganda e che l’icona bin Laden è più appealing che mai nel suo mondo di riferimento.

    Il terrorismo è una galassia di movimenti e di forme, talvolta in contrasto gli uni con gli altri, ma con lo stesso duplice obiettivo.
    Il primo è combattere l’Occidente, contrastandone – e magari distruggendo o almeno diminuendo – il potere politico, militare, economico e culturale, perché esso costituisce una perenne minaccia contro i Paesi islamici, per il fatto che cerca di dominarli politicamente e militarmente, derubandoli delle loro ricchezze (il petrolio) e asservendoli ai suoi interessi, e per il fatto che intende imporre ai musulmani il suo sistema democratico (che è un’offesa ad Allah, al quale – e non al popolo – appartiene il potere) e, soprattutto, i suoi costumi corrotti e corruttori.

    Grazie per questi interventi qualificanti

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  12. Il secondo obiettivo del terrorismo è di distruggere i governi e i governanti dei Paesi islamici che si sono alleati con l’Occidente, soprattutto con l’America – che è il peggiore nemico dell’Islam – e pongono se stessi e i propri popoli al servizio degli occidentali, come sono, per esempio i padroni dell’Arabia Saudita,
    Nella prima guerra del Golfo permisero agli Stati Uniti di servirsi del territorio saudita – terreno sacro per la presenza dei luoghi santissimi dell’Islam: la Mecca e Medina – come base militare e logistica per attaccare un’altro Paese musulmano, l’Iraq!

    Buongiorno Ninni

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  13. Oggi l’Arabia fornisce agli Stati occidentali il petrolio che serve loro per dominare il mondo islamico.
    Ecco perchè Osama bin Laden tra i punti programmatici di Al-Qada, poneva in primo luogo la lotta contro gli Stati Uniti e poi contro l’Arabia Saudita per togliere ai governanti di tali paesi il petrolio che doveva servire per il benessere dei popoli islamici.

    Ciao Ninni
    Buona giornata

    Sony

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  14. Quanto agli strumenti da usare per combattere il terrorismo, bisogna assolutamente escludere la guerra “preventiva” contro l’uno o l’altro degli “Stati-canaglia”.
    Io la penso così

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  15. Le due guerre contro l’Afghanistan e l’Iraq hanno dimostrato chiaramente che la guerra al terrorismo lo fa crescere, lo rafforza e, soprattutto, lo giustifica nei suoi atti più nefandi.
    Ciao milord dalla partenope Capitale

    Dudù

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  16. Se l’esercito israeliano per uccidere presunti terroristi, distrugge intere abitazioni, dove vivono – e muoiono – donne e bambini, perché Hamas non può attaccare gli autobus che trasportano a scuola i bambini israeliani?

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  17. Scartata la guerra come strumento per combattere il terrorismo, si deve puntare in maniera più risoluta sull’azione preventiva e investigativa; soprattutto sul coordinamento e sullo scambio di informazioni dei diversi Paesi occidentali: azione che, purtroppo, spesso è carente, anche per motivi di prestigio nazionale e di gelosia professionale.
    Un abbraccio Ninni.
    Buona giornata
    (ma che bella discussione che si è creata qua. Pirtroppo il tema non è bello, ma è bello poter discutere con quella franchezza che si registra sempre qua.

    Un bacio

    Lilly

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  18. Un grave handicap di cui soffrono le forze di contrasto al terrorismo è non solo l’esiguo numero di persone che conoscono l’arabo, ma soprattutto che hanno piena cognizione della cultura – vale a dire, la mentalità, i modi di pensare, i sentimenti – dei popoli musulmani.
    Uno dei tantissimi problemi che vanno risolti…
    Ciao

    G.

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  19. L’analisi potrebbe essere condotta anche rilevando che l’Islam radicale ha tre livelli.
    Il nucleo è composto dai gruppi terroristi, i loro finanziatori ed i leader religiosi che li legittimano.

    Il secondo livello è quello degli Stati che li proteggono ed il terzo è costituito dai milioni di persone che scendono in piazza in capitali come Il Cairo, Damasco o Rabat urlando slogan anti-occidentali. Ogni livello esige un tipo differente di risposta. Contro i terroristi la risposta non può che essere militare e di intelligence, una lotta senza quartiere con l’uso di ogni mezzo nel rispetto della legge.

    Nei confronti degli Stati che li proteggono bisogna esercitare forti pressioni internazionali affinché le leadership cambino politica e, solo come estrema soluzione, si può fare ricorso all’intervento militare per ottenere un cambio di regime. Il fronte più difficile è il terzo, perché è proprio l’opinione pubblica dei Paesi musulmani il terreno dove il terrorismo germoglia e dove, dunque, può essere davvero sconfitto.
    Solo l’emergere di voci moderate, politiche quanto religiose, all’interno dell’Islam può fare terra bruciata attorno ai terroristi. Le nostre democrazie possono difendersi, blindarsi, decidere interventi militari, sanzioni e rovesciamenti di regimi, ma il terrorismo islamico può essere definitivamente sconfitto solo dai musulmani stessi, riuscendo ad emanciparsi dall’odio ideologico antioccidentale per poter costruire società più libere, proprio come avvenuto per i popoli dell’ Est con la pacifica rivoluzione del 1989.

    Un discorso a parte va fatto sull’infiltrazione di cellule terroristiche nei Paesi non-musulmani.

    Ciao Ninni, complimenti.

    Ciao
    Glg

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  20. Qui il fronte è duplice: da un lato si colloca la sicurezza e dall’altro l’immigrazione. La necessità di proteggersi da individui che si confondono nella popolazione civile pone la questione del confine fra sicurezza collettiva e libertà personale, destinato ad essere regolato da un nuovo complesso di leggi. Negli Stati Uniti le dure polemiche sulle disposizioni dei Patriot Acts dimostrano quanto sarà difficile percorrere questa strada.

    Anche per ciò che concerne l’immigrazione, si tratta di adattare le leggi alla realtà del post-11 settembre, garantendo piena integrazione ai nuovi venuti ma chiedendo in cambio un rigido rispetto delle leggi nazionali.

    Ma ritengo che la domanda principale sia:

    Quanto pesa la mancata soluzione della questione palestinese nella genesi e nello sviluppo del Jihad globale?

    Certamente l’eventuale soluzione della questione palestinese eliminerebbe uno dei terreni di coltura più floridi del terrorismo.
    Tuttavia oggi la questione palestinese è ostaggio del terrorismo islamico e laico palestinese.

    E non viceversa.

    E’ questo terrorismo che impedisce una soluzione negoziata che consentirebbe la nascita di uno Stato palestinese in grado di convivere pacificamente al fianco di Israele.
    Perché questi terroristi disconoscono il diritto di Israele all’esistenza e legittimano il massacro degli ebrei.
    Così come è un dato di fatto che la leadership dell’Autorità nazionale palestinese ha perso l’occasione storica di dare una terra al proprio popolo con il rifiuto di Yasser Arafat di sottoscrivere un accordo di pace a Camp David nel 2000.
    Per tutto ciò è più verosimile che si pervenga a una soluzione solo dopo il contenimento del terrorismo a livello locale e internazionale.
    Fra i musulmani, soprattutto arabi, ritengo che pesi oggi molto più di quanto non abbia mai contato per bin Laden.
    La sua soluzione sarebbe un enorme passo in avanti verso la vittoria.
    Ma le notizie che vengono da questo fronte non sono incoraggianti.

    Concordo anch’io con il ritenere che sia probabile arrivare prima a metabolizzare la guerra al terrorismo che a risolvere, d’intesa con tutti i protagonisti, la questione israelo/palestinese.

    La distruzione d’Israele è l’obiettivo che il terrorismo – in particolare, quello di Hamas, diramazione in territorio palestinese dei Fratelli Musulmani da una parte, e dall’altra quello in stretto legame con gli Hezbollah libanesi – persegue con accanimento in relazione al valore simbolico che riveste, in quanto è la presenza, su un territorio islamico, degli Stati Uniti.
    A mio avviso, non è ipotizzabile, per il terrorismo palestinese e internazionale, nessuna possibilità di accordo con Israele, perchè ciò significherebbe lasciare in mano agli “infedeli” un territorio che Allah ha dato ai palestinesi come “lascito fino alla fine del mondo”.
    Perciò fa opera meritoria, dinanzi ad Allah, chi uccide gli israeliani “usurpatori” ed è un “martire” (shahid) ogni attentatore “suicida”, poiché muore per Allah e per ridare e Lui e al suo popolo un suolo che è stato usurpato con la forza e consegnato ad estranei, venuti dall’Occidente.
    Allo stato attuale – considerato che ad ogni attentato di Hamas e dei “martiri di Al-Aqsa” corrisponde una reazione israeliana omicida e altrettanto crudele – non si vede come si possa uscire da tale circuito.
    In realtà, se le due parti non si convincono che solo un negoziato leale e realista può far uscire israeliani e palestinesi da una situazione rovinosa per i due popoli, non ci sarà mai pace in Medio Oriente.
    Non possiamo sottacere, tuttavia, che leggendo i testi di Al Qada, o di altri gruppi e leader islamici radicali, ci si accorge che la questione palestinese viene affiancata a quelle cecena, irachena, afgana e del Kashmir.
    Per l’Islam radicale la Palestina è il fronte di lotta contro gli ebrei così come la Cecenia lo è contro i russi, il Kashmir contro gli indù e l’Iraq e l’Afghanistan contro gli eserciti dei crociati.

    Il riscatto dei musulmani dall’oppressione passa attraverso la Guerra Santa ed il sacrificio – da qui gli attacchi suicidi – contro il nemico infedele. Tutto ciò è indipendente dalle scelte politiche che i governi di Gerusalemme, Mosca, New Delhi, Washington, Londra, Varsavia o Roma possono fare.
    Se anche il governo israeliano decidesse da subito di accettare tutte le richieste dell’Autorità Nazionale Palestinese – confini, rifugiati, divisione di Gerusalemme – la crisi non avrebbe fine perché il nazionalismo palestinese degli anni Sessanta e Settanta, che inaugurò il terrorismo con i dirottamenti aerei, la strage degli atleti di Monaco e gli attacchi alle Sinagoghe, è stato soppiantato dentro i Territori di Cisgiordania e Gaza da gruppi come Hamas, Jihad islamica ed Hezbollah il cui obiettivo è la liberazione dell’intera Palestina – ovvero la distruzione di Israele – al pari di quanto i miliziani di Basayev vogliono il ritiro delle truppe russe dall’intera Cecenia e la guerriglia pakistana persegue la riconquista di tutto il Kashmir indiano.
    Se è vero che un accordo negoziale fra Israele e palestinesi toglierebbe all’Islam radicale un cavallo di battaglia, solo la sconfitta del terrorismo consentirà una svolta definitiva della situazione. Dunque, anche secondo me, tempi lunghi. A meno che l’emergere di una nuova leadership palestinese riesca a depurare i Territori dalla presenza dell’Islam radicale, creando le condizioni per trattare su una composizione permanente del conflitto.

    Grazie

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  21. La stragrande maggioranza dei popoli islamici e dei credenti musulmani sparsi nel mondo è non soltanto aliena da qualsiasi tentazione estremista ma ripudia apertamente lo strumento terrorismo.
    Questo porta molti di noi a ritenere che quello in corso non sia un conflitto di civiltà o un conflitto di religioni. Per questo si pone il problema: con chi trattare?
    E’ sufficiente l’accordo con l’Islam moderato e maggioritario per cercare una via d’uscita dal conflitto, oppure è necessario chiederne il coinvolgimento diretto (e, quindi, l’alleanza) nella lotta al terrorismo fondamentalista?

    I dati di cui disponiamo dicono che una parte maggioritaria delle opinioni pubbliche dei paesi islamici non è affatto aliena da qualsiasi tentazione estremista né ripudia le “azioni di martirio”. Cito solo un sondaggio dell’americano Pew Research Center dell’inizio 2004, da cui risulta che Osama bin Laden gode dei favori del 65% dei pakistani, del 55% dei giordani e del 45% dei marocchini, laddove Bush godeva rispettivamente del consenso del 7,3 e 8% della popolazione.
    Sarebbe, altresì, interessante un’indagine anagrafica in detti paesi onde verificare quanti nuovi nati siano stati chiamati Osama, dopo l’11 settembre 2001 (pare moltissimi).

    Buona serata dottore.

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  22. Quella in corso non è ancora una guerra di civiltà, ma rischia di diventarlo se continuiamo a percorrere i binari finora seguiti.

    La campagna d’Iraq è stata sotto questo profilo un disastro strategico, perché ha estremizzato le opinioni pubbliche islamiche, ha diviso i nostri governi dalle nostre opinioni pubbliche, indebolendoci, e rischia di consegnare nuove e più avanzate basi logistiche ai terroristi dopo il nostro graduale disimpegno.

    E.

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  23. La stabilizzazione dell’Iraq nel medio periodo è ancora possibile, a patto che coinvolga tutte le componenti locali e il mondo islamico circostante, e non si riduca al sostegno degli elementi più filo-occidentali e, quindi, oggi più impopolari.
    Buona sera dottore

    Amedeo

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  24. Indubbiamente, dovrebbe essere l’Islam “moderato” a combattere il terrorismo, i suoi ispiratori e i suoi fiancheggiatori; ma che cos’è l’Islam “moderato” e chi sono i “moderati”?
    Buonasera Ninni.

    Elena

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  25. Si dice abitualmente che la massima parte degli islamici siano “moderati” e quindi siano contro il terrorismo: ma si tratta di concetti generici, ambigui e di difficile precisazione, come i termini “moderatismo-moderati”, e di supposizioni non provate, come l’affermazione continuamente ripetuta che la grandissima maggioranza dei musulmani sia “moderata”!

    Ciò, forse, è vero per i musulmani residenti in Europa, ma non si hanno prove certe che sia vero per l’oltre miliardo di persone che compongono l’Umma islamica.

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  26. Se il nemico è l’Islam radicale ed il conflitto è ideologico, allora trattare significa accettare le condizioni di Al Qaeda: ritirare ogni tipo di presenza occidentale dalle terre dell’Islam ed assistere passivamente all’abbattimento di tutti i governi e i regimi dei Paesi arabi e musulmani.

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  27. La strategia della moderazione non ha pagato perché la repressione interna ha contribuito a rafforzare, non ad indebolire l’Islam radicale.
    Serve, dunque, un approccio nuovo, offrire sostegno ed aiuti solo in cambio di riforme reali. Questa è la nuova frontiera del dialogo fra Occidente ed Islam.

    Buongiorno Ninni

    Elena

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  28. Gentile Anna

    Ha la mia ammirazione e apprezzamento per I Suoi apporti alla corrente pubblicazione. Interessante la discussione creatasi tra i lettori intervenuti. Evidentemente, la pace internazionale è questione di tutti.
    Il concetto che mi ha espresso è di persona coerente e pacifica, certamente da me condiviso. Ma la sensazione che ho forte, è che si parli a sordi. Per la miglior sorte della gente, i capi non sembrano agire. Discutere col fanatismo è molto difficile.
    La ringrazio, leggerLa è sempre interessante.
    Le auguro una bella giornata.

    Maria Silvia

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