Genocidi statunitensi: I pellerossa

 

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Il termine “Nativi Americani” ha costretto gli storici a guardare in faccia una verità fondamentale: gli indiani abitavano l’America del Nord da prima di ogni altro. La loro provenienza è ancora parzialmente incerta, mentre, purtroppo, è ben noto il tragico epilogo delle 500 Nazioni. Gli Indiani d’America sono molto simili ai Mongoli che vivono in Asia; questo perché l’attuale Stretto di Bering non esisteva e Asia e America, essendo attaccate fra loro, permettevano così a queste popolazioni il transito fissando la loro dimora dapprima in Canada e successivamente negli Stati Uniti. I loro primi contatti con il resto del mondo, risalgono a circa 1.100 anni d.C.; sono i Vichinghi che hanno l’onore di incontrare per primi questa nuova razza.
Ma la svolta alla loro esistenza avviene nel 1492 quando Cristoforo Colombo, che contava di giungere nelle Indie, sbarca sulle loro spiagge e così chiama questi nuovi popoli “indiani”. Qualche anno dopo, partono le prime spedizioni europee alla scoperta del nuovo continente e quindi la colonizzazione della parte orientale degli Stati Uniti e del Canada con conseguente inizio degli scontri con le tribù insidiate in quelle terre.

Lo sbarco di Colombo
– Nel 1755 gli Inglesi e i Francesi iniziano una guerra per possedere la valle dell’Ohio. Anche gli Indiani partecipano a questa guerra; gli Irochesi alleati agli Inglesi, mentre gli Algonchini si alleano ai Francesi. La guerra termina nel 1763 (verrà così chiamata “la guerra dei sette anni”) con la vittoria degli Inglesi, siglata dal trattato di Parigi.
– Nel 1763 il Parlamento concede ai Nativi il diritto di rimanere sulle terre non ancora cedute e garantisce tranquillità alle loro popolazioni.
Ma intorno al 1770, gli Irochesi sono costretti a firmare il trattato di Stanwick che gli obbliga a spostarsi più a ovest e ad abbandonare le terre dove avevano sempre vissuto.
I coloni europei si espandono sui territori dei Nativi e infrangendo il trattato del 1763, scacciano i Delaware e gli Shawnee, ponendosi contro gli Inglesi che erano favorevoli ad una alleanza con i Nativi.
Negli anni successivi, proseguono le guerre fra Inglesi e Americani, alle quali i Nativi prendono parte, ma quando nel 1787 nascono gli Stati Uniti, per tutte le tribù indiane è l’inizio della fine.
Il primo presidente Washington, inizia una guerra contro gli Indiani che porta alla battaglia di Fallen Timbers, dove gli Indiani subiscono una forte sconfitta ad opera dell’esercito americano guidato dal gen. Waine, complice il tradimento degli Inglesi che, in un primo tempo, avevano promesso loro aiuto.

La battaglia di Fallen Timbers
– Nell’agosto del 1795, le tribù Shawnee e Miami sono costrette a firmare il trattato di Greenville con il quale perdono circa 60.000 chilometri quadrati del loro territorio.
E’ proprio alla luce di questi avvenimenti che Tecumseh, divenuto da giovane capo della tribù Shawnee, inizia un lungo viaggio in tutto il Nord America, con l’intento di convincere gli altri capi a creare uno stato indiano nel quale tutte le tribù risultino unite.
Ma intanto l’uomo bianco continua a volersi espandere e si arriva così al 1830 in cui il Congresso Americano vota un decreto, l”Indian Removal Act”, con il quale moltissime tribù del sud-est sono costrette a lasciare le loro terre e a trasferirsi ad ovest del Grande Fiume Mississippi.
– Fra il 1850 e il 1853 le tribù dell’ ovest, Sioux, Cheyenne, Arapaho, Crow, Apache e Comanche, convinti che l’esercito li proteggerà dai pionieri, firmano trattati per la costruzione di strade e forti nei loro territori. La risposta è sempre la stessa: esercito e pionieri invadono i territori, relegando le tribù in territori insufficienti. Inizia così un periodo in cui gli Indiani si segnalano per una serie di attacchi sia contro l’esercito, sia contro i pionieri.
– Nel 1858 i Messicani sterminano la famiglia di Geronimo che, giurando odio eterno nei loro confronti, inizia la sua personale battaglia contro i bianchi. Viene catturato e rinchiuso nella riserva di San Carlos, da cui riesce a fuggire e scatenare l’inferno nel sud-ovest; viene ripreso ma riesce a fuggire ancora dalla riserva; dopo anni di battaglie, stanco di combattere, si arrende e chiede una riserva nelle terre d’origine per il suo popolo. Ma lui non ci tornerà mai! Finisce la sua vita come attrazione in uno spettacolo itinerante.
Morirà frustato a morte perché, ormai stanco, non riusciva più a fare lo spettacolo.

Geronimo e i suoi guerrieri
– Fra il 1862 e il 1868, nonostante sia in corso la Guerra di Secessione, il generale Carleton e Kit Carson attaccano i Navajo che rifiutano di trasferirsi in una riserva ad est del New Mexico. Dopo anni di lotte, stremata dalla fame e dalla malattia, la tribù accetta il trasferimento.
Lo stesso trattamento fu riservato agli Apache che, con i loro capi Mangas Coloradas e Cochise, prima di arrendersi, per alcuni anni seminano il terrore compiendo massacri passati alla storia.
– Nel 1864 i Cheyenne attaccano un treno merci. Il colonnello Chivington come risposta attacca il villaggio di Sand Creek, nonostante gli Indiani espongano la bandiera bianca in segno di resa. Nella strage non si risparmiano nemmeno donne e bambini. I Sioux guidati da Nuvola Rossa e da Cavallo Pazzo, per vendicare Sand Creek, attirano in un imboscata un reggimento dell’esercito ed uccidono tutti gli uomini. Seguono una serie di scontri con perdite da una parte e dall’altra, ma che mettono in evidenza la strategia, il valore e il coraggio dei due capi Sioux.
– Nel 1868 i Cheyenne di Pentola Nera, che era sopravvissuto a Sand Creek e si era battuto per la pace fra bianchi e Indiani, vengono attaccati di sorpresa da Custer sul Washita River: è una strage.

L’attacco al campo sul Washita River
– Nel 1872 sono i Modoc a fuggire da una riserva in cui erano stati confinati assieme ai Klamath con i quali non erano in buoni rapporti. Guidati da Kintpuash (Capitan Jack), raggiungono le loro terre sui Lava Beds. Grazie all’astuzia del loro capo e al territorio impervio resistono a lungo all’inseguimento degli Americani, costringendoli ad una delle guerre più dure e costose. Kintpuash viene catturato e impiccato.
– Il 1876 è un anno importantissimo nella storia dei Nativi. I Sioux di Toro Seduto e Cavallo Pazzo si uniscono ai Cheyenne di Due Lune e tengono una grande cerimonia chiamata “Danza del Sole” sulle rive del fiume Rosebud. Dopo qualche giorno vengono attaccati dalle truppe del generale Crook, ma dopo uno scontro durissimo Cavallo Pazzo e i suoi uomini resistono e hanno la meglio.
Viene successivamente ordinato al generale Custer di andare in avanscoperta, ma quest’ultimo senza aspettare i rinforzi decide di attaccare. Toro Seduto viene avvisato dell’arrivo dei soldati e insieme agli altri capi, riesce ad organizzare una difesa che si trasforma rapidamente in attacco. I soldati di Custer vengono travolti nella famosa battaglia del Little Big Horn. Questa è la vittoria più importante nella storia dei Nativi.

Le fasi finali della battaglia di Little Big Horn
– Nel 1877 anche i Nez Perce sono costretti a lasciare la loro terra nella valle di Wallowa, per trasferirsi in una riserva; una parte della tribù non accetta e si dà alla fuga inseguita dall’esercito. Inizia così una lunga marcia da parte dei Nativi guidati da Capo Giuseppe, durante la quale si susseguono gli scontri con l’esercito americano e che li porterà a raggiungere l’accampamento di Toro Seduto in Canada.
– Nel 1878, dopo la battaglia di Little Big Horn, i Cheyenne e gli Arapaho accettano di andare a vivere nelle riserve, con la promessa del governo americano di poter fare ritorno alle loro terre qualora la riserva non fosse di loro gradimento. Naturalmente la riserva si rivela arida e senza selvaggina da poter cacciare e i Nativi guidati da Coltello Spuntato e Piccolo Lupo iniziano una fuga per poter tornare nelle loro terre che porterà ad ottenere una riserva nelle loro terre dopo anni di scontri e numerose perdite di uomini.
– Il 12 dicembre del 1890 l’esercito si reca a casa di Toro Seduto per arrestarlo. Soltanto dopo tre giorni i soldati riescono ad entrare nella casa difesa dai guerrieri fedeli al loro capo; Toro Seduto cade ferito mentre Red Tomahawk gli infligge il colpo di grazia.
Sempre nel 1890 il settimo reggimento di cavalleria raggruppa i Sioux a Wounded Knee Creek con l’intento di trasferirli verso altre riserve. A causa di qualche scontro, i soldati aprono il fuoco e alla fine uccidono più di trecento tra uomini, donne e bambini.

Grande Capo Nuvola rossa

Chippewa
– Fra il 1891 e il 1898 tutti i Nativi vengono relegati per sempre nelle riserve, ad eccezione dei Chippewa che danno origine ad una rivolta che termina in un bagno di sangue.
Dal 1900 in poi nascono associazioni sensibili ai problemi degli Indiani che cercano di salvaguardare la cultura e la vita dei popoli nelle riserve e nel 1934 nasce l’Indian Reorganization Act, con il quale gli Indiani riescono ad ottenere qualche diritto in più e la restituzione di piccola parte dei territori a loro sottratti nel corso di decenni di guerre indiane.

Cavallo pazzo
Sulla data di nascita del grande condottiero non vi è unanime accordo; c’é chi sostiene che sia nato nel 1844 e chi insiste sul 1849. Celebrato per il suo coraggio in battaglia, Cavallo Pazzo era visto tra la sua gente come un uomo sacro al quale “la visione” aveva dato incarico di preservare e difendere le tradizioni e il modo di vita dei Lakota Sioux.
Anche se giovane di età, Cavallo Pazzo era un guerriero leggendario.
Aveva già rubato molti cavalli ai Crow prima di avere tredici anni e guidò la sua prima spedizione di guerra prima di compierne venti.
Cavallo Pazzo combatté nella guerra del 1865-1868 guidata dal Capo degli Oglala Sioux Nuvola Rossa contro i coloni americani del Wyoming e giocò un ruolo chiave nella distruzione del battaglione guidato da William J. Fetterman a Forte Phil Kearny nel 1867.
Cavallo Pazzo guadagnò la sua fama tra i Lakota non solo per la sua destrezza e audacia in battaglia, ma anche per la sua fiera determinazione nel preservare il modo di vivere tradizionale della sua gente.
Non permise, per esempio, ad alcuno di scattargli qualche fotografia. E combattè per impedire gli insediamenti degli americani nelle terre dei Sioux in seguito al Trattato di Forte Laramie del 1868, contribuendo alla riuscita degli attacchi alla spedizione nelle Colline Sacre (le Black Hills) inviata dal Generale George Armstrong Custer nel 1873.
Quando nel 1876 il Dipartimento per la Guerra ordinò a tutte le bande dei Lakota di rientrare nell’ambito delle riserve loro assegnate, Cavallo Pazzo divenne uno dei leader della resistenza indiana. Strettamente alleato ai Cheyenne, anche grazie al suo legame con una donna Cheyenne, riuscì a radunare un contingente di Sioux e Cheyenne forte di 1200 persone in un unico villaggio e costrinse il Generale Crook ad un rapido dietrofront il 17 giugno del 1876 allorquando il Generale stava tentando di risalire il Rosebud Creek diretto verso l’accampamento di Toro Seduto sul Little Big Horn.
Dopo questa vittoria, Cavallo Pazzo unì le proprie forze a quelle di Toro Seduto e il 25 giugno 1876 guidò la sua banda nel contrattacco che portò alla distruzione del VII Cavalleria guidato dal Generale Custer, assalendo gli americani da nord e ovest, mentre i guerrieri Hunkpapa Sioux, guidati dal capo Gall, li caricavano da sud e da est.
Successivamente alla schiacciante vittoria conquistata sul campo al Little Big Horn, Toro Seduto e Gall si ritirarono in Canada mentre Cavallo Pazzo rimase a combattere il Generale Nelson Miles che inseguiva i Lakota e i loro alleati implacabilmente durante l’inverno 1876-1877.
Questa continua pressione militare su gente che, dopotutto, non poteva contare su una costante forza militare e che doveva fare i conti con la presenza delle famiglie, unitamente alla spaventosa diminuzione della presenza del bisonte nelle praterie del nord, costrinse Cavallo Pazzo alla resa il 6 maggio 1877; fatta eccezione per Gall e Toro Seduto, fu l’ultimo capo di assoluto rilievo a capitolare.
Persino nella sconfitta Cavallo Pazzo restò uno spirito indipendente e nel settembre del 1877, quando lasciò la riserva senza autorizzazione, per portare sua moglie ammalata ai suoi familiari, il Generale Gorge Crook ordinò che fosse arrestato, temendo che stesse organizzando un suo ritorno alle armi.
Sulle prime Cavallo Pazzo non si oppose all’arresto, ma quando comprese che lo stavano conducendo in una cella, cominciò a lottare e mentre le sue armi venivano tenute da uno degli ufficiali, un soldato lo ferì a morte colpendolo con una baionetta alla gola.
Che brutta morte per il miglior condottiero, stratega, padre della patria maestro di onestà e di ottimi principi morali.
Era il 4 settembre 1877.

E qui chiudo la mia umile e modesta dedica al miglior popolo che mai umanità possa aver conosciuto.
Un popolo amorevole e fiero che ha tanto da insegnare.
Grazie per aver letto.
Ninni Raimondi
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22 pensieri su “Genocidi statunitensi: I pellerossa

  1. Tra i genocidi compiuti dagli Usa prima della Seconda guerra mondiale voglio citare solo i due che mi sembrano più significativi: lo sterminio dei nativi americani (gli “indiani”) e il massacro del popolo filippino. Tralascio, invece, la Guerra di secessione anche se, a detta degli storici, è stata la guerra civile più sanguinosa della storia umana.
    Sarà un caso?
    Gli inglesi arrivarono a Jamestown nel 1607.
    Dal 1610 iniziò lo sterminio dei nativi americani che proseguì fino al 1890, anno in cui il settantesimo cavalleggeri dell’esercito nordamericano massacrò la popolazione Lakota, nel Sud Dakota.
    Assetati di oro, argento e pellicce, i bellicosi cow-boys a cavallo, armati di fucili, ebbero, gioco facile contro, popolazioni pacifiche che erano armate solo di archi e frecce, e non conoscevano la polvere da sparo, il denaro e la proprietà privata. Voglio riportare qui un brano, che descrive molto bene il lungo calvario attraversato dai nativi dopo essere venuti in contatto con i conquistatori europei:
    Dopo lo storico sbarco del 1492 di Cristoforo Colombo, per anni l’Europa, lacerata da sanguinose guerre di religione, non si mostrò molto interessata al nuovo continente.
    Successivamente la bramosia di possesso, il mito dell’oro, l’interes­se verso nuove terre, la passione per le pregiate pellicce, l’imperativo missionario di “mettere il nuovo continente sotto la protezione di Dio” e il fascino dell’avventura, rappresentarono un micidiale cocktail distruttivo.
    Ben presto l’insieme di questi elementi si tradusse in atrocità e oscenità di ogni tipo. una miscela esplosiva che rese via via sempre più manifeste le peggiori disposizioni dell’uomo.
    Quel misto di avventura e ingordigia funse da propulsore e spinse verso occidente i grandi velieri.

    Il destino dei nativi americani e delle loro antiche culture (e probabilmente del mondo intero) era segnato: la presunta “civiltà” europea, boriosa e dispotica, ne aveva decretato l’epilogo.
    Certe volte, quasi quasi, mi vergogno di essere cittadina americana.
    Come possiamo parlare di pace e definire i massacri degli altri se pi, noi, siamo un popolo massacratore?
    Grazie Ninni per avermi e avermelo ricordato con quel tuo, ormai proverbiale, profondo senso di giustizia.
    Grazie

    La tua amica
    Theresa Elizabeth Warren
    Boston

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  2. Ma com’è potuto accadere?
    E cos’è successo realmente?
    Da dove è scaturita tanta ferocia?
    Di chi sono le maggiori responsabilità?
    Si poteva evitare lo sterminio?
    Ridurre i patimenti?
    La gran massa di film western descrive la realtà dei fatti oppure fa mistifica?
    Si può pensare a una verità storica?

    Grazie Ninni, ti apprezzo e ti ammiro per questo lavoro che, insieme a gli altri due, da un profondo riconoscimento umano ad un popolo che va ricordato per la sua grandissima digniità.

    Maria Sofia

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  3. Alla iniziale generosità dei nativi ben disposti verso i bianchi che li depredavano delle pellicce, dunque, i bianchi, popolo eletto di Dio, cui era stata affidata “la divina missione evangelizzatrice”, risposero con avidità e maltrattamenti d’ogni tipo, e non si fecero alcuno scrupolo poiché gli indigeni erano considerati “crudeli, selvaggi, barbari e figli di Satana”.

    Sei grande Ninni.
    Grazie, mi sono stampata tutto.
    veramente molto bello

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  4. Il genocidio degli indiani venne accompagnato dal commercio degli schiavi che venivano costretti a lavorare nelle terre dove prima vivevano i nativi.
    Una macabra politica dello sterminio e della schiavitù sostenne la nascente industria occidentale.
    Per fortuna e grazie a Dio, io sono australiana e ne vado fiera.

    Ciao Ninni

    Kate

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  5. Se mi capiterà di leggere o ascoltare gli USA che parlano di diritti umani, non potrò evitare di ripensare a queste tre pubblicazioni con cui hai dato riscatto alla verità sulla storia dei Nativi Americani e all’ ipocrisia di quando, appunto, spudoratamente giudicano le ingiustizie operate in altri Stati quando proprio l’ America ha sulla coscienza il più vergognoso genocidio di tutti i tempi.
    Ho letto con tanta tristezza. Quanto sembra impossibile tanta cattiveria, arroganza, prepotenza, prevaricazione ad opera di uomini nei confronti di loro simili che difendevano il più scontato dei diritti: mantenere la terra dove essi ed i loro padri nacquero.
    Che bella azione, questa Tua Caro Kren. Non altri avrebbero potuto, perché è difficile trovare chi abbia memoria col coraggio di darle utilità nel presente. Perché è così: che almeno si ricordi e se ne parli perché certi scempi non si ripetano.
    Ti Adoro.

    Maria Silvia
    Tua Sil

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  6. Le riserve indiane erano zone destinate ad accogliere le tribù indiane , che l’avanzata dei bianchi scacciava, mano a mano, dai territori d’origine.
    Erano i territori che ai bianchi non interessavano , sia perché non possedevano ricchezze minerarie da sfruttare sia perché erano troppo aridi o freddi per consentire agli europei l’agricoltura o l’allevamento. Le popolazioni native, fiere e coraggiose , combatterono a lungo contro l’invasore bianco.

    Grande grazie

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  7. Sin dall’arrivo dell’uomo bianco, la storia degli indiani è stata un susseguirsi di guerre dai tempi coloniali fin quasi a cavallo di questo secolo. Lo scontro tra le due culture, quella indiana e quella bianca con le alleanze di varie tribù con gli europei a scapito di altri indiani, venne chiamato Guerra dei 4 secoli. All’interno di quella saga di conflitti e di guerre c’è molta della stessa storia indiana: la distruzione della cultura, il movimento delle tribù, la cessione di milioni di acri di terreno, la mutevole politica delle potenze coloniali europee, Stati Uniti e Canada nei confronti degli indiani e la vita di molti grandi personaggi.

    Il tema delle guerre indiane è ricco di suggestioni. per la maggior parte degli storici europei, con il loro atteggiamento dichiaratamente filo europeo, gli indiani erano un ostacolo e una minaccia all’espansione pacifica dell’uomo bianco e provocatori di violenze di frontiera. La prevenzione antica nei confronti degli indiani alimentava a sua volta l’opinione popolare, secondo cui gli indiani erano selvaggi, i coloni vittime e i pionieri, i soldati e i cowboys, eroi.
    Ma con il mutare della prospettiva della storia i ruoli si sono invertiti. Mentre la cultura indiana suscita un senso di meraviglia, la distruzione sistematica di quella cultura non può provocare che un senso di risentimento. Parlare in termini generali o dare un’interpretazione morale all’una o all’altra parte, può indurre in errore. si parla per esempio molto della pratica dello scotennamento e quale delle parti la praticò per prima. Ma è ancora da stabilire se questa pratica era in uso prima dell’arrivo dell’uomo bianco. Comunque si può affermare che gli europei furono i primi a codificare tale pratica, mettendo taglie sulla testa e sugli scalpi degli indiani. In ogni caso, nel corso delle battaglie, sia gli indiani sia gli europei si diedero alla pratica dello scotennamento e ambedue commisero torture.
    Comunque non tutti i bianchi possono essere paragonati a personaggi come Andrew Jackson e John Chivington, razzisti e noti per le loro crudeltà contro gli indiani, né tutti gli indiani possono essere incolpati per le crudeltà usate da alcune tribù contro pacifici coloni. Vi erano guerrieri indiani che non avevano alcuna pietà, ma anche altri che lottavano solo per l’onore personale senza alcun piacere di uccidere. Per dare un esempio, gli indiani delle Pianure avevano un costume secondo cui la bravura più grande di un guerriero era quella di avvicinarsi il più possibile ad un nemico durante la battaglia, toccarlo con una mazza, senza però infliggergli ferite. Vi erano dei coloni bianchi, commercianti e missionari, che difendevano i diritti degli indiani ed altri che non pensavano ad altro che sfruttare gli indigeni per il proprio tornaconto.

    A volte la politica ufficiale dei bianchi cercava di proteggere gli indiani dalle invasioni di frontiera da parte dei bianchi e a volte quella politica provocava l’estinzione degli indiani stessi. Il fatto che spesso gli indiani lottassero insieme all’uomo bianco contro altri indiani, durante il periodo del Contatto, era una conseguenza del loro modo di vivere anteriore. Per gli indiani era predominante il valore della tribù su quello della razza, come per i bianchi che consideravano di più la loro nazionalità e la loro religione, della razza. Alcune contese intertribali duravano per generazioni. Le guerre avevano una varietà di funzioni nella storia della cultura delle tribù, era un rituale, un rito di passaggio all’età virile, o un mezzo per provare qualità simili a quelle di un dio, come dimostrano le società delle Pianure, o un mezzo necessario per procurare il sostentamento per la tribù, che avveniva attraverso delle incursioni, come facevano gli Apache del Sud-Ovest. Le guerre avevano anche uno scopo politico che serviva a stabilire delle confederazioni tribali, come nel caso della Lega Irochese del Nord-Est.

    Grazie a tutti per avermi letto e per aver apprezzato la “trilogia”.
    Grazie davvero e cordialità.
    Ninni

    Piace a 19 people

  8. E qua cascano tutti gli asini del pianeta.
    Non ricordo (se non nei libri di letteratura) negli ultimi vent’anni, che nessuno si sia preso la briga di sputtanare quella fogna che sono gli Stati Uniti per il loro comportamento “ANTI UMANITA'”.
    Che schifo.
    Grazie a te, Milord, gli stiamo dando una bella rinfrescatina a lorsignori.
    Ti apprezzo

    Maria Luisa

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