Dio è morto …

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Giorni fa ero dentro un palazzo e mi accingevo a salirne le scale, quando la mia attenzione venne catturata  da una scritta sul muro
La scritta era fatta di due colori distinti. “Dio è morto” in pennarello nero, “Anche Nietzsche” con un postit incollato subito in basso e in viola (come nell’immagine).
Ciò fa pensare a due diverse mani che hanno scritto in due tempi differenti. La prima che ha fatto sua la famosa massima nicciana, la seconda che ha risposto con sarcasmo o freddo realismo a seconda dei punti di vista. Sulle prime infatti ho pensato alla goliardia di qualche studentello annoiato che abbia voluto sfoderare l’irriverenza tipica dell’età giovanile. Successivamente però, riflettendoci sopra è astraendomi dallo stato d’animo di chi lì ha posto quelle due diverse scritte, mi sono soffermato su di entrambe considerate in un’unica frase, dove forse al punto si potrebbe sostituire la virgola: Dio è morto, anche Nietzsche.
Che suona un po’ come dire: Dio è morto si, ma anche Nietzsche. Colui che D’annunzio definì “il distruttore”, ha ineluttabilmente seguito il corso della natura come tutti.

Se persino Dio può morire, figuriamoci il Superuomo. Poi mi ritornano in mente tristi vicende: gli anziani, i poveri e gli ospedali. Uomini che una volta erano forti e robusti, magari anche risoluti e tutti d’un pezzo, oppure persino arditi e indomabili, insomma delle specie di superuomini, ora stanno rannicchiati nei lettucci, la schiena curva, gli arti inutilizzabili, le labbra tremanti, la voce stentata o assente, la ragione confusa. Perché definire nichilismo ciò che è semplice dissolvimento della natura? È il gioco della natura quello di creare e distruggere dove, forse, come in fisica, ciò che ci appare come distruzione è solo trasformazione. Perché non pensare ad andarcene senza lamenti e senza intristire chi rimane? Non è forse vero che le stelle si spengono senza lacrime né corteo funebre?
Niente mi sembra più inutile che creare un superuomo destinato a impietosire chi, in salute e in forze, si aggirerà fra le corsie dell’ospedale.

Occorre accettare tutto senza inventarsi nuove forme di eroi, è sufficiente accettare la natura, avere fiducia nella natura, confidare che come ci ha permesso di vivere così ha preparato il giusto destino per noi anche passando attraverso la vecchiaia, la malattia, la morte e tutte le cose simili a queste.

E’ sospeso il Voi


Cordialità

134 pensieri su “Dio è morto …

  1. Condivido ma è più facile a dirsi che a farsi.
    Per arrivare a tanta accettazione con cuore sereno bisogna aver fatto molta strada prima ed aver lasciato alle spalle molto della nostra piccola e infante natura umana.

    Complimenti per il tema che è molto profondo.
    Grazie per tutto questo.

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  2. Sto leggendo in questi giorni “cosi parlò Zarathustra”,quindi il post capita a fagiolo.
    Innanzitutto Nietsche non si definisce come superuomo,ma come portavoce di questo cambiamento all’interno dell’umanità che sta ancora avvenendo,e che non è ancora accaduto. Il superuomo come lo intende Nietzsche poi non è un nuovo idolo che si sostituirà ai vecchi dei,ma una conquista dell’uomo da parte dell’uomo stesso,un accettazione gioiosa di sé e del divenire a cui esso è soggetto,e di cui ora diventa soggetto.

    Molto bello.

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  3. Il celeberrimo aforisma di Friedrich Nietzsche, il cui significato era tutto nello svincolo dell’ uomo da qualsiasi dettame religioso e morale a vantaggio di un’ autoregolamentazione valoriale, in questa geniale immagine, costruita sul senso della controbattuta nel post-it, fa percepire, abbattendo totalmente l’ aforisma del filosofo esistenzialista tedesco, quanto la boria umana, estrematizzata nel ‘superuomo’, sia disfacente le opportunità di vivere sereno in comunione con chi ha la stessa sorte: la morte. Ognuno non può vivere a sé e per sé, avesse anche le più accentuate qualità. Il tempo nel suo scorrere e nella sua soluzione finale pianifica tutti.
    Personalmente, con la mia visione cristiana, il passaggio fugace qui è finalizzato al merito di una meta ultraterrena, eterna.
    Come hai dimostrato, Mio Caro Kren, la vita ci offre spunti di riflessione di continuo; è in questo, meritevole eccellere su chi ne è distratto: averne la facoltà, di coglierne e di elaborarli al fine di migliorarsi per propria dignità e per il rapporto con gli altri.
    Sempre squisito nelle Tue esposizioni, Ti Stimo Immensamente per la Tua facoltà di trasmettere valori e lasciare tracce, senza consapevole velleità da parte Tua, per indicare un buon comportamento personale e sociale da osservare.
    Con profondo Affetto,

    Tua Sil

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    • Maria Silvia

      Quando osservo un quadro di Van Gogh, stupendo sotto tutti i punti di vista, se appena appena dispongo nell’animo di un po’ di sensibilità, avverto la disperata solitudine e follia dell’autore che traspare. Nell’uso dei colori , nei violenti contrasti, nel tratto del disegno, nel piegarsi della linea.
      Questa sua pazzia ha prodotto un quadro meraviglioso, ma non per questo non si avverte la sua presenza oscura.
      Le opere di Nietzsche, allo stesso modo, mi sembrano sortire lo stesso effetto.
      Le leggi, alcuni ne vengono affascinati, altri disgustati.
      Sono profonde intellettualmente, ricche di vividi contrasti ma…non puoi non avvertire il senso profondo di qualcosa che non torna, di qualcosa di malato.
      Non mi sembra necessario ragionarci molto sopra, l’intuizione che ci troviamo davanti ad un’opera con queste caratteristiche è troppo evidente. Questo magari non toglie valore all’opera letteraria in sé, ma all’opera filosofica pone un’interrogativo profondo.

      Così come non siamo ben disposti ad accettare teorie varie formulate da personaggi stravaganti ( e il mondo di visionari è pieno), credo che , per coerenza dovremmo applicare al buon Friedrich lo stesso criterio.
      Almeno per onestà intellettuale.
      E mi chiedo… se non fosse stato manipolato a scopi politici il suo pensiero, avrebbe avuto questo successo?
      Grazie a te Sil

      Your Kren

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  4. al di là del bene e del male,nella nostra vera dimensione che è volontà di potenza. Citando un noto aforisma di Nietsche: ” la felicità non è fare tutto ciò che si vuole,ma volere tutto ciò che si fa”.

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  5. “Perché non pensare ad andarcene senza lamenti e senza intristire chi rimane?”

    Perché non tutti, durante l’esistenza, pensano ad un motivo solido e coerente per cui valga la pena morire, quindi, di conseguenza, non ne avranno neanche uno per vivere senza lamentarsi o intristire chi rimane, nel momento fatidico e inevitabile di andarsene.

    Grazie Ninni Milord

    Isy

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  6. E’ facile cadere nel pregiudizio con i suoi termini.
    Il superuomo nicciano non rinnega la morte,la accetta come parte essenziale della vita,”colei che deve superare sempre sé stessa”:questa è volontà di potenza.

    Un tema bello important e decisamente accattivante. Spero, come mi auguro, che possa iniziare una bella discussione come ai vecchi tempi.
    Grazie Nnni

    Massimo
    Ciao e grazie

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  7. Il superuomo nicciano, che si tratti di un’invenzione letteraria o di una suggestione o di una realtà percepibile solo da pochi eletti, non può far sì che la vita superi se stessa.
    La vita umana è un qualcosa di finito, una parentesi fra le due eternità: quella che precede la nascita e quella che segue la morte.
    Tutto ciò che riguarda la vita è caduco ed effimero, il superuomo è destinato alla stessa miseria che tocca agli altri: vecchiaia, malattia, morte.

    La volontà di potenza non può nulla di fronte a queste cose. Rassegnarsi a morire non è volontà di (propria) potenza, è accettazione delle leggi di natura, è riconoscimento del limite della piccolezza umana.

    Grazie per la discussione che sta nascendo

    Ninni

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  8. La vecchiaia,la malattia e la morte sono parte della vita
    E come potremmo morire senza vivere?
    Accettare di essere diveniente significa darsi tutto,non allontanare nulla dal nostro spirito,nemmeno la morte.

    Questo divenire vitale,perché la vita non è qualcosa di statico,da cui vigliaccamente ci rifugiamo.
    Avere la forza di volere la propria morte e di ridere della vita,questo è Superuomo!

    Lilly
    Grazie per questo spunto

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    • Sapresti anche indicare qualche esempio di superuomo in carne ed ossa?
      Nietzsche non mi pare abbia mai indicato nessuno fra gli uomini effettivamente vissuti come paradigma del superuomo.
      Quindi questo superuomo sarebbe o un’invenzione letteraria o un’utopia, in ogni caso niente di tangibile.
      Gli stoici indicavano come esempi del loro ideale di saggio Socrate, Catone, uomini effettivamente esistiti. E indicavano che anche uomini umili e rozzi potevano dare prova di virtù, come i gladiatori quando affrontavano con coraggio la morte nell’arena. Il saggio restava sempre un ideale quasi irraggiungibile, ma comunque possibile e con riferimenti esistiti, e con la possibilità di poter comuque avvicinarsi all’obbiettivo anche senza raggiungerlo del tutto.

      Dice infatti Seneca che “una saggezza perfetta rende la vita felice, ma anche una saggezza non perfetta rende comunque la vita sopportabile”. Qui invece si cade, a mio modo di vedere, in un percorso pernicioso: quello di inseguire un miraggio.
      Il superuomo è l’idealizzazione di qualcosa che non esiste e che quindi non è nemmeno possibile avvicinare.

      Poi farei un distinguo fra dire di sì alla vita e dire di si al destino. Per dire di si alla vita basta non suicidarsi, chiunque non si suicida, implicitamente o no, dice di sì alla vita.
      Dire di si al destino significa invece fare propria la volontà della natura. E’ come il cane legato al carro, se si oppone viene maciullato, se segue il carro ne esce indenne.
      Lo stesso accade alla nostra anima.

      Ninni

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  9. Per me invece definire e inseguire un modello di virtù significa idealizzarlo,trascenderlo.
    Nietzsche dice semplicemente che il superuomo è un essere che ha conquistato sé stesso,che ha smesso di obbedire a morali che si era imposto contro il suo volere.
    Non è quindi inquadrabile in uno stile di vita o di pensiero,ma in una volontà,la volontà di autodeterminazione.

    Grazie e buon pomeriggio

    V

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    • Nietzsche almeno una cosa vera l’aveva detta: la gente ha il terrore di scoperchiare il vaso di Pandora,di mettersi in discussione,magari preferisce rimanere tranquilla e rassicurata dalle proprie verità o necessità,come le chiamano ora.

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  10. Mi sembra si parli di una specie di nichilismo passivo,un atteggiamento di mesta rassegnazione di fronte al mondo,mentre per scoprire il superuomo è necessario andare oltre,al di là del bene e del male,nella nostra vera dimensione che è volontà di potenza. Citando un noto aforisma di Nietsche: ” la felicità non è fare tutto ciò che si vuole,ma volere tutto ciò che si fa”.

    Bello come post e come potrebbe essere diversamente?
    Ciao Ninni ben trovato…

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  11. La filosofia di Friedrich non è fatta per chi vuole stare comodo e rilassato,ma è una scommessa verso l’ignoto,un viaggio oltre ogni metafisica e ragione.

    Paragonarlo ad un visionario e affiancarlo ancora al nazismo conferma ciò di cui sopra. Il bello è che, chi mi parli anche di onestà intellettuale,quando ci si basi su un pregiudizio senza soffermarsi minimamente sul suo pensiero e soprattutto sulle sue conseguenze, è decisamente folle.

    Che dirti, caro Ninni, sei sempre presente con le tue riflessioni e le loro implicazioni. Fai riflettere regalandoci un mondo pieno di significati.
    Ti ho sempre ringraziato per questo e rinnovo i miei grazie.
    Una frase e un gesto e fai ribollire il mare.
    Ciao e buona girnata

    Anna

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    • Certamente il superuomo è inaccettabile per il cristianesimo e per il mondo scientifico, perché tali realtà presuppongono di esistere per una comunità. Invece il superuomo è un solitario, Zarathustra è un solitario, Nietzsche è un solitario. L’uomo non è visto in quanto specie ma in quanto al proprio ego. Russell scrive che l’individualismo conduce o alla megalomania o alla depressione. Può condurre a qualcos’altro? Per contro il conformismo produce altri mostri.
      Quindi la realtà è sempre più complessa di come la riduciamo noi nei nostri schemi che usiamo per semplificarla allo scopo di poterla comprendere.

      La realtà è il gioco fra il semplice ed il complesso che ci tiene sempre in scacco, l’armonia dei contrari diceva Eraclito, e la realtà ama nascondersi. Eraclito era molto amato da Nietzsche, del quale però ha preso alcune cose e ne ha lasciate altre. Ha preso ad esempio polemos come tessuto dell’esistenza, ma non il logos come elemento unificatore degli uomini.

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  12. Nietzsche fa distinzione tra volontà di vivere e di potenza,secondo cui la prima non può esistere perché non si può desiderare qualcosa già in possesso,ovvero la vita.
    Il destino della vita è invece volontà di potenza,anche nella morte se necessario. Non però un vero destino,che ha bisogno di realizzarsi in uno scopo,ma una libertà da sé.

    Grande Milord.
    Un caro saluto

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  13. Una morale è innanzitutto un segno di rispetto nei nostri confronti,e chi non ama se stesso non potrà mai amare gli altri. L’autodeterminazione avviene sempre alla luce della tua…determinazione,appunto,sulla voglia di imporre la TUA legge e giustizia,perché espressione della sua potenza.
    Comunque credo che la filosofia di Nietzsche possa anche non piacere,ma quando la si rifiuta a priori significa che ha colpito nel segno.

    Grazie per le tue riflessioni sempre perfette.
    Ciao Ninni, ben tornato

    E

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  14. Nietzsche è stato pure il massimo profeta dei tempi attuali, l’unico che ne ha saputo scorgere con più di un secolo di anticipo il nichilismo distruttivo che si andava storicamente preparando. E ne fu pure ben cosciente, se era folle (e psicologicamente lo era), la sua follia fu terribilmente lucida.

    Ciao Ninni

    Susi

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  15. Non basta non suicidarsi per dire sì alla vita, a volte capita di dire sì alla vita suicidandosi. Nel momento in cui si vuole il proprio destino non lo si subisce più, ma lo si assume senza finzioni e illusioni fino in fondo.
    Il super uomo è fondamentalmente un eroe tragico, essenzialmente inaccettabile sia per l’ottimismo salvifico cristiano che per quello del pensiero tecnico scientifico.

    Buona giornata Milord

    Giorgia

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  16. La follia è pur sempre una forma di ricerca dell’assoluto, forse la forma di ricerca che ci porta più pericolosamente vicino ad esso (basti ricordare alcuni illustri matematici, primo tra tutti forse Cantor, non a caso il padre dell’insiemistica, la disciplina che più permette una trattazione razionale della metafisica negli aspetti della totalità e dell’infinito).
    In ogni caso credo che intendendo correttamente Nietzsche non si possa disconoscere la sua estrema rigorosità di pensiero e forse è proprio per questo estremo rigore che la sua filosofia viene intesa come follia. Che lo si voglia o meno Nietzsche ha fatto sì che da lui in poi la filosofia non potesse più essere la stessa e forse anche per questo può essere tanto amato, quanto odiato e disprezzato. Di fronte a nessuna delle sue opere si può di fatto rimanere indifferenti.
    Il problema è comunque intenderlo senza travisarlo, vedendo solo l’invettiva polemica e fermandosi ad immagini caricaturali di facile presa della sua volontà di potenza, del super uomo, dell’eterno ritorno o del contrasto con il cristianesimo.

    La ringrazio dottore.
    Abbia una serena giornata

    Amedeo

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    • Don Amedeo

      La virtù o la si insegue o non la si insegue. Si idealizza una cosa, credo, quando la si astrae dal concreto. La virtù è concreta perché da la felicità. Certo, non una felicità frivola, ma piuttosto una austera; e chi dice che non si possa essere felici e austeri?

      Non credo che l’uomo possa rinunciare ad avere una morale a meno di diventare psicopatico, ossia del tutto privo di empatia. Finché provi qualcosa verso i tuoi simili devi per forza porti un problema morale. Come può uno autodeterminarsi se non alla luce di una qualche morale? L’essere amorale è un abominio e non trovo molto da aggiungere.

      Una volontà che ha come unico scopo quello di imporre se stessa a tutti i costi è una volontà malata, e anche qui non vedo che altro dire.
      Grazie per aver scritto

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  17. Nietzsche non dice di rinunciare ad avere morali o a seguire virtù,ma che siano almeno stabilite dal nostro volere e non da fini idealistici esterni. Come può la felicità essere concreta se la virtù è astratta?
    Un uomo senza morale diventa psicopatico? Ma lo è già se ha bisogno di certi dettami per tenersi a freno,è un cane represso che non affronta la sua follia.

    Buongiorno

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  18. Non sto dicendo che chi respinga a priori le teorie di Nietzsche non lo possa ben conoscere,ma che non prenda nemmeno in considerazione l’idea che possa avere ragione;lo rifiuta quasi con disgusto,come avesse paura di perdere alcune sue certezze.
    E allora gli si da del megalomane,del folle,ecc.

    E invece dimostrano indirettamente che Nietzsche almeno una cosa vera l’aveva detta: la gente ha il terrore di scoperchiare il vaso di Pandora,di mettersi in discussione,magari preferisce rimanere tranquilla e rassicurata dalle proprie verità o necessità,come le chiamano ora.

    Grazie Ninni

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  19. Nietzsche è stato pure il massimo profeta dei tempi attuali, l’unico che ne ha saputo scorgere con più di un secolo di anticipo il nichilismo distruttivo che si andava storicamente preparando.
    E ne fu pure ben cosciente, se era folle (e psicologicamente lo era), la sua follia fu terribilmente lucida.

    Grazie

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  20. La filosofia di Friedrich non è fatta per chi vuole stare comodo e rilassato,ma è una scommessa verso l’ignoto,un viaggio oltre ogni metafisica e ragione.
    Paragonarlo ad un visionario e affiancarlo ancora al nazismo conferma ciò di cui sopra. E il bello è chi mi parli anche di onestà intellettuale,quando ci si basa su un pregiudizio senza soffermarsi minimamente sul suo pensiero,e soprattutto sulle sue conseguenze.

    Ciao, bel post

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  21. La “Libertà” dal conosciuto non si ottiene aumentando la sete d’esistere ma al contrario riducendola. In questo credo di pormi agli antipodi di Nietzsche (ma sono in buona e numerosa compagnia).
    Amo la fragilità dell’uomo, il suo bisogno di pace e le sue paure, provo compassione per il soffrire della vita e ne vedo i limiti, che è giusto che ci siano.
    Non posso pertanto accettare il pensiero di chi insulta la miseria e la povertà degli altri, sia concreta che intellettuale.
    E questo non in base a chissà quali pregiudizi o indottrinamenti o paure di rivelare le vere aspirazioni (bestiali) dell’essere.
    Non ci sono vasi di Pandora che agiscono nelle scelte , ma intuizioni di ciò che ci sembra più o meno vero.
    Ognuno di noi ha dentro di sé quell’aspirazione ad una vita in continua “espansione” e totalmente libera da vincoli sociali o religiosi. Ma è una semplice illusione egoistica, un voler un dolce sempre più grande, più ancora…senza fine.
    Uno che teorizza l’odio come valore (trasvalutazione di tutti i valori mi sembra lo definisca) e la sete-di-potenza di un popolo che deve , avendo fiducia nell’Avvenire ( alquanto nebuloso questo avvenire per Nietzsche), Prevalere sugli altri non mi sembra da tenere in molta considerazione ( sarà un mio limite non comprendere la meravigliosa potenza della follia umana).

    Scrive Nietzsche:
    -Che importerebbe un Dio che non conosce né ira, né vendetta, né invidia, né scherno, né astuzia, né azioni violente? Un Dio simile non lo si comprenderebbe: a quale scopo dovremmo averlo?…Una volta esso rappresentava un popolo, la forza di un popolo, tutta l’aggressività e la sete di potenza dell’anima di un popolo. oggi è ancora soltanto il buon Dio ( ho notato però che Nietzsche non aveva il coraggio di scriverlo minuscolo )…

    Intanto il delirio di uno che pretende di stabilire, secondo il proprio desiderio di odio e vendetta sui suoi simili, quale deve essere la vera natura di Dio cosa ti fa pensare ?
    Osserva solamente la natura di quest’uomo e il terribile odio che si porta dentro.
    Crede forse che una roccia sia più forte di una goccia d’acqua ?
    L’albero più alto e rigido si spezza per primo al vento terribile, la piccola e fragile canna si piega ma non si spezza.
    Chi è più forte dei due ?
    E’ proprio nella sua totale fragilità che risiede la Bellezza dell’uomo e la sua forza e se Nietzsche, a mio parere, fosse riuscito a cogliere nel suo animo questa unità fragile e dipendente della vita, forse non avrebbe speso la sua nell’odio e nelle invettive.

    Non è il fatto che fosse pazzo a crearmi dei pregiudizi sul suo pensiero, ma la constatazione che il suo pensiero lo ha reso pazzo.

    Niente da imparare, scrollare la polvere e andarsene….
    Una personale puntualizzazione.

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  22. Essere spontanei , per me, è proprio annusare il buon profumo che sale dalla stufa d’inverno.
    Se per spontaneità si intende la libertà di odiare gli altri (come la intendeva il filosofo Nietzsche) mi permetta, almeno, di dissentire.
    Il post è bellissimo.

    Ciao
    Raffa

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  23. Nietzsche parla di spontaneità: ma è stato demonizzato da chi anche nelle manifestazioni più sincere ha imparato a vedere solo e specialmente il marcio.

    Buona giornata

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  24. Credo basti questo,è inutile anche discutere se partiamo da queste basi,anche interessarsi alla filosofia.
    Naturalmente ognuno è libero di accettare qualsiasi teoria,ma che sia almeno libero,e non incatenato dalle proprie convinzioni.
    E se ami come dici la fragilità dell’uomo,dovresti farlo fino in fondo,invece c’è troppa forza (orgoglio) nel tuo essere fragile.

    Grazie Ninni.
    Che bella discussione

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  25. Andare contro il mondo che ti vuole veloce, rapido, competitivo, indaffarato, pieno di volontà di potenza, pieni di odio e avversione verso tutto ciò che ti ostacola nella realizzazione di una illusoria “pienezza” di vita.

    E’ molto difficile amare fino in fondo la fragilità della vita, perché accompagnata sempre dal dolore.
    Io ho rispetto per il dolore di Nietzsche come uomo che soffriva ,senza alcuna ironia o pregiudizio perché non concepisco ironizzare sulla sofferenza, ma questo non significa avere rispetto per le sue teorie.

    Grazie Ninni e buona giornata
    PS: è la quinta volta che tento di scrivere, ma sembra bloccato.
    L’assalto alla diligenza?
    ah ah ah
    Ciao

    Maria Sofia

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  26. Nietzsche non si definisce Superuomo, proprio per niente. Il Superuomo è qualcosa che deve ancora avvenire,e di cui lui annuncia l’arrivo. Da parte sua invece,si limita a svelare all’umanità la morte di Dio e il generale nichilismo attuale.
    Si continua a giudicare Nietzsche e non il suo pensiero,in un idolo lo avete trasformato voi.
    Anzi,non credo che lui volesse essere ingurgitato dalla massa ignorante, ma qualcuno che portasse avanti l’esplorazione dell’abisso,la nuova filosofia senza Dio da lui inaugurata. Finora nessuno ha avuto il coraggio,già è tanto se lo si tollera.

    Buona giornata dottore

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  27. Chiedo scusa per il ritardo.

    Premetto che contrariamente a quanto molti pensano Nietzsche non si riferisce con il Nichilismo al normale corso della vita, o meglio al naturale deterioramento della vita quando cessa la fase di ascesa vitale ed incomincia il declino.
    Nietzsche si riferisce ad uno stato in cui già inizialmente la vita si presenta come malata, in profondo stato di crisi. E il malato è l’ uomo moderno che non si accorge del suo stato e continua a perseverare nell’ errore.

    Ho trovato molto interessante e concordo pienamente con te Ninni, che il testo in cui si può capire qualcosa dell’ uomo Nietzsche è Ecce Homo.
    E’ lo stato di bisogno in cui l’ uomo ha sempre vissuto, che ha creato le condizioni in cui si preferisce accettare il nulla ad una realtà altrimenti invivibile.
    Nichilismo è appunto questo, credere nel nulla, Dio, anima, al di là, scienza ed infine tecnica.
    E l’ ultima è la più pericolosa perché crea dei meccanismi auto-distruttivi paurosi.

    L’ uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere.

    Grazie Ninni per questo splendido argomento.

    Monica

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  28. Se Dio è morto si presume, anche, che sia esistito.
    Se mi si dice dov’è la tomba faccio il tour operator. Nietzsche è uno straordinario indagatore sulla genesi culturale occidentale. E’ molto perspicace è ha un grandissimo merito, non è ovvio e fa pensare.
    Il suo giudizio su questa genesi storica dell’Occidente è una stroncatura drastica.
    Ciò che ritiene vada “Oltre” questa civiltà, “Oltre” questa umanità come prodotto storico-culturale è un giudizio che a sua volta il lettore o studioso produce. Personalmente dividerei la critica alla cultura e pensiero dalla proposta sul suo superamento.
    Marx in fondo fa la stessa cosa su contesti concettuali diversi: analisi critica e storica del materialismo e proposta per il superamento delle contraddizioni che si evidenziano storicamente.
    Non è detto che il “corpus” letterario sia così pedissequo nell’accettazione, ovverossia l’analisi giusta corrisponda coerentemente ad una proposta altrettanto giusta.

    Vorrei dividere l’argomento Nietzsche in tre parti.
    A) Il parallelo che vien fatto fra Nietzsche e lo stoicismo
    B) L’ambiguità di Nietzsche
    C) Se Nietzsche propone una forma di saggezza.

    A) Noto che viene spesso fatto un parallelo fra il dire di si alla vita di Nietzsche e l’accettazione del destino degli stoici. Lo stoico è tale in quanto separa la volontà di Dio inteso come natura-logos universale dalla volontà dell’uomo. L’uomo trova dinnanzi a sé due sfere: le cose che non sono in suo potere e le cose che sono in suo potere. Le cose in suo potere coincidono essenzialmente con la libertà di poter accogliere nel proprio animo esclusivamente quelle impressioni o rappresentazioni che egli giudica conformi a guidarlo verso la virtù e che gli garantiscono l’imperturbabilità dell’animo dalle cose esterne. Queste cose in suo potere sono l’opinione, l’appetizione, l’avversione, il movimento dell’animo. Le cose che non sono in suo potere sono il denaro, il corpo, la reputazione, il potere. Queste cose che non sono in suo potere vengono anche definite indifferenti, e fra queste si colloca appunto anche la vita. Quindi uno stoico non potrebbe mai dire di si alla vita in quanto non è nel novero delle cose in suo potere, eccezione fatta per l’uscire dalla vita quando il permanervi sarebbe una lesione alla propria dignità. E nemmeno credo che Nietzsche avrebbe inteso di accettare il proprio destino, poiché ciò implicherebbe l’accettazione di un logos divino contrario all’autodeterminazione superomistica.
    Quindi chiedo a voi in che senso Nietzsche sarebbe stoico.
    B) Riguardo all’argomento Dio mi pare che Nietzsche sia fortemente ambiguo. Se, come mi pare di capire, Nietzsche avrebbe constatato la morte di Dio per farlo risorgere dalle sue ceneri, un po’ come il bestemmiatore che proprio perché bestemmia si dimostra più vicino a Dio, non quadra tutto ciò con le conclusioni cui è giunto riguardo alla morale. Perché per lui la morale è un’invenzione di comodo dell’uomo, un atto di codardia forse. Ma questo mal si accorda con l’esistenza di un Dio che è la sublimazione estrema della morale
    C) Gli stoici distinguevano esplicitamente la filosofia dal discorso sulla filosofia. Il discorso sulla filosofia riguarda i filosofi teoretici o, come li chiamava Kant, gli artisti della ragione. La filosofia propriamente detta in questo caso è invece l’amore e ricerca della saggezza.
    Mi chiedevo quale tipo di saggezza proponesse Nietzsche.

    La massa è ignorante per definizione, composta da individui che influenzano la propria opinione rispetto a quello che pensano gli altri individui. Se vuoi eliminare l’ignoranza devi eliminare la massa e permettere ad ognuno di pensare come vuole la propria testa.

    Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
    arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
    il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
    di me, con un terrore di ubriaco.

    Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
    alberi case colli per l’inganno consueto.
    Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
    tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

    E. Montale.

    Grazie

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  29. Anna

    Sono lieta di poterti confutare quanto da me estrapolato dalla lettura di Nietzsche in merito alla tua seconda e alla terza argomentazione, per la prima espongo soltanto l’ opinione che il parallelo tra Nietzsche e lo Stoicismo proprio non lo vedo, non fosse altro per come lui stesso ne parla nell’ aforisma n. 9 di Al di là del bene e del male nel primo capitolo: Sui pregiudizi dei filosofi.
    E per non dar adito a dubbi ne parla decisamente male, asserendo che hanno scambiato la natura della natura stessa per la loro necessità di essere come loro sentono di essere.

    Sull’ argomento Dio non mi risulta affatto che Nietzsche possa ritenersi ambiguo.
    Si è professato ateo per vocazione in Ecce Homo e afferma che Stendhall gli ha anticipato (mi sembra che dica rubato) una frase che avrebbe potuto avere lui stesso come autore:
    – L’ unica giustificazione di Dio, per i mali del mondo, è che non esiste.
    Quindi, secondo me, non si può affermare che lui lo resusciti.
    Per me, Nietzsche tende ad evidenziare che gli atei ancora non si rendono conto di ciò che comporterebbe il loro misfatto.
    Anche perché, pur rifiutando la religione, hanno abbracciato altre fedi, tra cui quella della scienza o della tecnica. La ‘ Morte di Dio’, senza essersi liberati del bisogno metafisico, è inutile. Infatti afferma che è ancora troppo presto per trovare negli atei quel cambiamento radicale del loro porsi che ci si dovrebbe attendere in seguito a tale eccezionale evento.

    Anna

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  30. Lui parla di saggezza selvaggia,probabilmente per intendere un saggezza che sia spirito e corpo,riconciliante con il cosmo e il suo ciclo infinito.
    Anche in questo caso vedo affinità con la virtù stoica

    Salutamme Milò dalla partenope Capitale

    Dudù

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  31. La figura del destino in Nietzsche è sostituita da quella dell’eterno ritorno, probabilmente influenzato dalle idee di Boskovich, secondo la scuola analitica americana.
    Una sorta di atomismo rivisitato che mi ricorda l’essere parmenideo.

    Mi rimane difficile capire come possa essere (si tratterebbe di metafisica pura).
    E’un punto che devo ancora affrontare con intelligenza.

    Bella la discussione.
    Ciao

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  32. La cosa più difficile da capire e la più enigmatica per l’altezza a cui Nietzche l’ha portata, riguarda il percorso che porta sia alle cime che agli abissi come direbbe lui.
    Ossia il percorso della de-sogettivazione attiva.

    Qui il mito e le barzellette si confondono, invero non ci trovo nè mito nè follia, solo una esasperante, per la mia pochezza intellettuale, lucidità di giudizio.

    Ciao

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  33. Gli stoici facevano bene a distinguere:
    Nietzche riprende la tradizione antica martellando sui discorsi della filosofia moderna, in particolare, ma non solo, quello su Dio e in generale la Metafisica.
    Quello che cerca di fare è di riproporre proprio una etica del fare, che però non dia per scontato alcun Dio e alcun soggetto.

    La differenza sta proprio nell’assenza di Dogma.
    Nel caso specifico usa spesso la figura del Cristo come modello di etica: Gesù agisce nel Mondo senza mai esserne toccato completamente guidato da una forza demoniaca che viene spesso accompagnata collo sgomento dagli apostoli (vedere i loro timori sul lago di Tiberiade) che poi questa forza demoniaca sia stata fagocitata dalla cultura giudaico-romano è altra cosa.

    In questo senso parla di Anticristo.
    Si tratterebbe di aderire alla forze, misconosciute per l’uomo ,dell’eterno ritorno, viste come danza, come guerra, come ricerca della morte (ricordo per esempio il terremoto di Lisbona, in cui Nietzche era l’unico ad aggirarsi per le strade).
    E’ chiaro che ognuna delle figure deve essere vista sotto una nuova luce, tramite un attenta meditazione dei suoi aforismi e scritti.

    Non si tratta semplicemente del movimento dei corpi, non si tratta semplicemente di odio raziale, non si tratta di setta religiosa apocalittica.

    Buona giornata

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  34. Nietzsche abbraccia si un destino tragico,non a caso parla di eterno ritorno e di amor fati,quindi potremmo dire che è molto vicino alle posizioni stoiche.
    La differenza è che il destino a cui va incontro è umano,non vi è alcuno scopo superiore a cui attendere,solo sé stessi. Egli accetta il fato fino in fondo,senza separare il bene dal male,fino a non vederlo più.
    È un’evoluzione spontanea dallo stoicismo quando ci si rende conto che il logós è estraneo alla nostra natura di uomini.

    Ciao Ninni, buona giornata

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  35. Parliamo di una morale nichilista,di Dio.
    E’ rimasto solo il cadavere,eppure nessuno sembra o vuole accorgersene.
    Della virtù è rimasta solo una convenzione sociale,interiormente non la sente vera più nessuno poiché l’armonia con il cosmo è totalmente scomparsa dopo la morte del divino. Insomma trattasi per Nietzsche di un retaggio antico (infantile) che più non ci appartiene ormai.

    Ciao e buona giornata

    Isy

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  36. *) Proseguo il contraddittorio

    D’accordo sull’improbabilità del parallelo con lo stoicismo.
    Del resto Nietzsche attacca Socrate, il simbolo paradigmatico degli stoici.
    Sul fatto dell’ ateismo nicciano sono un pò più in dubbio.
    “Dio è morto! Dio resta morto! E noi l’abbiamo ucciso! Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue? Che acqua useremo per lavarci? Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?”
    Inizialmente potrebbe sembrare il commento ironico di un ateo che prende in giro i credenti, i quali avrebbero prima creato e poi ucciso il loro Dio. Ma l’ultima frase “Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?” sembra detta per introdurre il superuomo.
    E’ questa l’ambiguità.
    Perchè se non è ironico, allora il suo ateismo non sembra tale.
    Se è ironico, non si capisce perchè dovrebbe dovrebbe annunciare il superuomo proprio a quelli che sta ironizzando.
    Per quanto riguarda la saggezza, quelli che avete elencato sono comportamenti saggi, manca un principio di saggezza cui poi la vita dell’uomo dovrebbe uniformarsi.
    Qualsiasi filosofia che insegue una saggezza indicherebbe tali comportamenti da seguire. Ciò che intendo è che per i platonici il principio della saggezza era la vita contemplativa, per gli stoici la virtù, per gli epicurei la capacità di non provare dolore, per gli scettici la sospensione del giudizio, l’amore per il prossimo per i cristiani. Ma la filosofia di Nietzsche non so se sia del genere che insegni una qualche forma di saggezza. E mi pare quindi strano il riferimento a Zarathustra o Zoroastro, intendendo quello storico realmente esistito. Un profeta dovrebbe professare un certo tipo di saggezza

    Nel momento in cui non si riconosce il logos inteso come ragione seminale che è presente in ogni cosa, è difficile essere stoici.
    L’eterno ritorno è l’escatologia eraclitea che fu condivisa da parte degli stoici, non tutti.
    Credo che Nietzsche si riferisse ad Eraclito, esplicitamente ammirato, più che agli stoici. Il fato è per gli stoici la volontà di Dio (la natura-ragione univesale), accettare il fato significa accettare la volontà di Dio, ed è tale accettazione che libera lo stoico dal vincolo della sua schiavitù. E’ schiavo finchè non accetta che le cose sono come sono perchè così le ha volute Dio. Quindi dire che Nietzsche accetti il fato, ossia la volontà di Dio, mi pare ambiguo.
    La morale nichilista ha secondo me come unico scopo la distruzione, il nichilismo è il punto e fine che si mette al discorso. Non ha senso essere nichilisti e poi profetizzare un nuovo modo di vivere. L’Apocalisse non è un diversivo, è la fine e punto.
    La sua saggezza potrebbe essere quella scossa selvaggia con cui sembra voler risvegliare gli uomini intorpiditi del suo tempo, qui gli fa eco Freud con il presunto eccesso di civilizzazione di cui soffrirebbe l’uomo. Ma ciò potrebbe essere anche solo il frutto dell’industrializzazione alienante.
    E non era ancora arrivato Frederick Taylor!

    Non credo sia possibile una saggezza senza Dogma, in quanto saggezza è agire anteponendo un certo giudizio all’azione, il giudizio precede l’azione. Distinguo il dogma frutto di una religione rivelata dal dogma che viene da un’intuizione iniziale successivamente setacciata ed esplicata razionalmente, come nel caso delle filosofie ellenistiche.
    Il fatto è che Nietzsche vuole porsi a metà fra un saggio ed un distruttore di saggezze, ed è questo stare a metà che me lo rende incomprensibile.
    Di sicuro ammirava l’imperscrutabilità di Eraclito e desiderava esso stesso essere imperscrutabile.
    Ma alla fine lo vedo sempre a metà: distruttore o edificatore; dissacrante o riscopritore di un antico senso di sacralità; saggio o dionisiaco; lucido o folle.
    E’ forse in questa sua scissione la causa del suo successo, del riconoscersi in lui dell’uomo moderno. Ma ciò è preoccupante, perchè la scissione dell’io è la schizofrenia.

    Grazie per gli interventi

    Ninni

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  37. Raimondi
    1) … Nel momento in cui non si riconosce il Logos

    Non vedo perché il fato sia necessariamente volontà divina,
    Il fato nicciano è umano,ossia l’uomo è già manifestazione del caos a cui è soggetto (quindi non c’è nessun libero arbitrio).
    Quello che l’essere umano dovrebbe fare è assecondare sé stesso,il flusso del divenire che gli scorre dentro il corpo.
    In questo senso volontà significa sia auto-superamento che allo stesso modo ricongiungimento con la propria intima essenza naturale.
    La differenza con lo stoicismo è che lo stoico separa il corpo dallo spirito,mentre per Nietzsche è tutt’uno.

    Nietzsche non appoggia il nichilismo,anzi lo critica apertamente sotto le mentite spoglie del Cristianesimo.
    A suo avviso infatti il nichilismo imperante è un dato di fatto,cosi come la morte di Dio.

    Sto provando un piacere sovrumano, questa mattina, a leggerla.
    Una soddisfazione per lo spirito proprio.
    Grazie di cuore

    V

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  38. PS:
    Sembra che la situazione si sia sbloccata: mi ha preso il commento subito.
    PPS: con quello e con lo spessore di quello che Lei sta scrivendo, chi vuole che le risponda?
    Il livello è altissimo.
    Stia bene e buona giornata

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  39. Seamur
    1/2 … Non vedo perché il fato …

    Io continuo a vedere contraddittorio questo discorso nicciano.
    Perché Lei dice che Nietzsche non vuole il nichilismo ma lo condanna, poi però Lei stesso scrive che l’uomo deve assecondare se stesso.
    Ma se non si separa l’anima dal corpo, allora assecondare se stesso vorrebbe dire assecondare anche i propri istinti più bassi.
    Perché capita a tutti, quando ci sentiamo arrabbiati o scossi o distratti, di pensare inconsciamente a cose terribili. Chi non è mai stato inconsciamente attraversato da balenanti pensieri criminosi che poi scompaiono non appena ci si rimpadronisce del proprio senno?

    Non si può assecondare se stessi se prima non si fa un distinguo sui contenuti della propria coscienza.
    Lo farà Freud, l’avevano già fatto Socrate e Platone, ma Nietzsche mi pare si limiti ad un ascetismo aristocratico teso a separare gli eletti dalla massa rozza e ignorante.
    Anche negli eletti, però, albergano istinti alti e istinti animaleschi, perciò non basta assecondare se stessi.
    Anzi assecondare se stessi diventa proprio la più perniciosa forma di nichilismo, perché servire il proprio ego significa abbandonare tutti i valori che non siano l’imposizione di se stessi, ammesso che sia un valore.
    Lo scopo dello stoico non è di imporre la propria potenza ma di assimilarsi a quei valori che non sono esaltazione del proprio ego, ma manifestazione di una ragione universale che permea ogni cosa e che corrisponde a Dio.

    Ma qui Dio non è il creatore del mondo ne una figura antropomorfa.
    Dio è il principio eracliteo che mantiene vivo l’universo, il fuoco che mantiene intatta la sua natura pur mutando in continuazione e che tutto trasforma.
    E questo fuoco è il corrispondente fisico della ragione, poiché anch’essa muta e assimila a sè le cose mantenendo invariato il principio del proprio funzionamento.
    La libertà dello stoico sta quindi nel non opporsi a questa continua trasformazione delle cose operata dal logos e quindi nel non opporsi al suo destino che è volere di Dio in quanto frutto delle trasformazioni regolate dal principio del logos.
    Siamo lontani da Nietzsche per cui l’accettazione del destino è più che altro un temprarsi alle difficoltà della vita per aumentare la propria, effimera aggiungo io, potenza.

    La ringrazio per aver scritto

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  40. Nietzsche accetta l’analisi di Schopenauer, ma ne capovolge completamente il concetto di volontà .
    Schopenauer dice di togliere ogni volontà, per arrivare ad una sorta di nirvana.Nietzsche invece accetta ed esalta la volontà in quanto corrispondente alla realtà e alla natura. Nietzsche dice”ego fatum”, io sono il fato, il mio destino. Quindi attacca tutto ciò che è pensiero che è rinuncia che è sacrifico.La morale è un narcotico che non fa risplendere nella sua magnificienza e possenza l’uomo.
    La volontà di potenza nasce dalla contrapposizione a quella verità che sarebbe nata dalla genesi della morale che avrebbe contaminato la cultura
    Secondo Nietzsche tutti i pensieri trascendentali sono destinati ad essere smascherati e chi li vede cadere si trova di fronte al nulla, al disorientamento, all’assenza di valori di riferimento.Ma cadono proprio perchè i valori sono falsi. Profetizza che durerà due secoli questo sbandamento

    Un bell’argomento
    Buona serata

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  41. Mi sorge una domanda stupida: Ma il Superuomo non è un’altra forma di morale? La morale del guerriero ? Una morale “spartana”?
    A me sembra che Nietzsche veda nella Natura solo quello che desidera vedere e che si raccorda con il suo pensiero.
    Nella Vita non esiste solo la Volontà di potenza (o di essere) ma anche la Volontà di Non-essere ( desiderio di non esistere).
    Ogni cosa esistente contiene in sè anche il suo contrario. Così la volontà di potenza contiene in sè pure la sua negazione.
    I polmoni, per respirare, si dilatano e si contraggono.

    Ciao grazie

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  42. Io qua vedo una contraddizione, nel pensiero di Nietzsche non in quello che giustamente scrivi, fra ‘il presente coincide con l’eternità’ e ‘essere un ponte’. O si vive il presente o si è una transizione, tertium non datur mi pare.

    Ad maiora

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  43. Così pure la Vita esce da sè e rientra in sè. L’uscita da sè può essere intesa come volontà di potenza ( o di essere), il rientrare in sè come volontà (potenzialità) di non-essere.
    Il suo odio mi sembra soprattutto rivolto verso la morale ebraico-cristiana e lo stato esistenziale dell’uomo (penso in questo caso anche il proprio vissuto personale, visto come limitante la sua volontà di dominio sugli altri). Ma non gli veniva mai il dubbio che quello che lui riteneva vomitevole e rivoltante, per altri era l’esatto contrario?
    Che ritenevano Alto e Nobile ciò che lui detestava? Che proprio il rifiuto della supposta volontà di potenza (vista come semplicemente una forma illusoria di egoismo) era Nobile e da “Guerriero”? E non erano essi stessi “nella Vita”?

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  44. Nietzsche definisce nichilismo la tendenza della cultura occidentale a costruire pensieri trascendentali
    Il superuomo vive allora il presente, non indebolisce la propria vitalità nel passato o nel futuro
    L’eterno ritorno all’identico è strettamente collegato al superuomo.
    E’ il presente, perchè conta solo il presente.Il tempo è una clessidra che alternativamente il sù e giù fa scorrere i granelli del tempo e dove il presente coincide con l’eternità
    Bye

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  45. La tragedia è rappresentazione del reale e non la realtà in sé. Nietzsche ha voluto far coincidere le due cose vivendo come un eroe tragico, chi non vorrebbe scrivere il proprio film e poi recitare la parte del protagonista? Se questa è considerata filosofia ne prendo atto, ma per me è un’altra cosa.
    Ciao

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  46. Una citazione è figlia di una propria interpretazione (e precedente lettura) del testo,poiché si estrapola una parte che si considera come più significativa. Al di là del significato letterale,anche Nietzsche può essere letto in diverse maniere,superficialmente da chi ne rifiuta le istanze e ne intravede contraddizioni,ma anche in maniera più approfondita da chi invece ne trova una filosofia di gran interesse.

    Ciao Ninni complimenti per l’argomento

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  47. Più che evolversi credo che l’uomo debba prendere coscienza del mondo in cui vive. L’azione pacificatrice del commercio, dove non si fa più la guerra perché si è capito che non conviene a nessuno, ha portato all’allargamento progressivo delle frontiere del mercato arrivando alla globalizzazione. In questo contesto viviamo in un unico mondo globale dove tutto è interdipendente e dove tutti hanno bisogno di tutti.
    Buongiorno
    Vale

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  48. Alla prima lettura mi era sembrato solo un cavillo. Da un punto di vista, diciamo, logico il fatto di considerare una totalità non implica l’impossibilità di cogliere una parte di essa. Infatti quando dici “una concatenazione di eventi” anche tu assumi implicitamente una forma di ‘segmentazione’. Se considero qualche minuto di una partita di calcio, o una mano di una partita a carte, lo posso chiamare un “pezzo di partita”. Questo non implica minimamente che misconosca che quel pezzo è parte di una totalità, propriamente intellegibile come sequenza di una ‘concatenazione’

    Ciao

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  49. Concordo, la filosofia propone delle idee, delle opinioni in cui poi ognuno sviluppa il proprio schema, le proprie interpretazioni, la propria fede o convincimento.
    Io credo maggiormente nella fiduciosa dimensione trascendente anche grazie alle considerazioni di Nietzsche (…che sto esplorando in un libro molto interessante che contiene: L’Anticristo – Crepuscolo degli idoli – Ecce homo…)

    Grazie e buona giornata

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  50. E’ mia opinione che un filosofo non deve seguire determinati schemi in cui tutti vi si possano riconoscere. Ma deve affermare e con forza le sue idee. Questo è quello che Nietzsche ha fatto ed io gli sono grato per ciò che la mia mente riesce a sfiorare o coltivare grazie alla sua filosofia.
    Buona giornata

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  51. L’ attualità di Nietzsche invece è enorme, il rischio di un oblio lo correrà quando, come ho già detto, le condizioni sociali peggioreranno e il bisogno metafisico farà rispuntare nell’ uomo ideali ascetici e sociali. Ma questo è il futuro senza scampo che Nietzsche aveva previsto, se l’ uomo non dovesse evolversi. E purtroppo il modo in cui Nietzsche aveva ipotizzato che questa evoluzione potesse avvenire è, sempre a mio avviso, altamente
    Buona giornata a lei
    V

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  52. Superbestia
    La perfetta unione dell’odio con la fredda ideologia amorale ammantata del disprezzo di casta, di razza, aristocratico, chiamiamolo come pure come vogliamo, sono solo parole…
    Buongiorno

    Furio

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  53. Dio è morto, anche Nietzsche.
    Incredibile ma vero!!
    Le mani dell’ uomo si sono sempre macchiate di sangue innocente e quasi sempre per ideali sociali o follie religiose, anche se entrambe travestiti da intenti supremi, miglioratori, divini.
    Ma stiamo scherzando?
    La follia ha attraversato varie epoche con uomini che dovrebbero aver avuto un fortissimo senso di colpa, eppure ciò non li ha distolti dai loro intenti e le loro mani sono ancora bagnate del sangue delle loro vittime.
    Il Medioevo, il Rinascimento, la Rivoluzione Francese, per non parlare poi degli esiti della Rivoluzione d’ Ottobre, e quindi non solo del Nazismo.
    E questi non sono che una minima parte dei genocidi che l’ uomo ha commesso.
    Basti pensare a quanti primogeniti sono stati sacrificati in nome di Dio.

    Ciao Nì

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  54. Sia Nietzsche che Freud, a mio avviso, insieme a Marx, hanno determinato la più grande rivoluzione di pensiero da duemila anni a questa parte, anche se devono ringraziare l’ altra triade che li ha preceduti: Kant, Hegel, Schopenhauer.
    Ciao

    "Mi piace"

  55. Per me una filosofia che non insegna a vivere è solo un sapere astratto che in sé non chiarisce nulla, poiché ogni critica, sempre secondo il mio parere, nasconde e contiene già implicitamente un modo di pensare e una presa di posizione. Nessuno è depositario dell’oggettività, né Socrate né Kant né Popper. Alla fine la conoscenza ha senso nel suo adattarsi all’uomo (o viceversa) e non come conoscenza in sé.
    lamanuintellettuale

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  56. .

    .

    La nostra visione del mondo è il software che ci fa funzionare, ne abbiamo bisogno e in questo senso la filosofia antica è psicoterapia. Non esistono uomini sani e uomini malati, la condizione normale dell’uomo è quella del malato, perchè c’è la nostra parte istintuale che tende sempre a mettere in scacco i nostri progetti razionali. Ovviamente non si può negare la nostra parte istintuale, però deve essere in qualche modo pacificata con quella cosciente-razionale. La nostra visione del mondo ha la capacità di mutare significativamente le nostre relazioni conscio-inconscio. Nietzsche critica la filosofia che fornisce una visione del mondo, io dico che questo è invece l’unico scopo della filosofia e mi domando di conseguenza in che senso Nietzsche sarebbe un filosofo. E’ chiaro che non può esistere una visione del mondo universale perchè a differenza dei computer gli uomini hanno una propria coscienza, quindi è necessario che ci siano varie forme di filosofie e di psicoterapie. Ciò che è universale è il bisogno dell’uomo di una visione del mondo su cui orientarsi.
    Il nichilismo è la caduta dei valori umani: Dio, morale, giustizia ecc. Ma perchè mai tale giudizio nichilista dovrebbe essere apodittico? Io sono d’accordo con chi sostiene che i caratteri fondamentali dell’uomo non mutano nella sostanza. Diventiamo più civili, siamo diventati troppo umani per non inorridire dei successi di Cesare disse Goethe, e non riteniamo più necessario punire i rei con frustrate, pubbliche gogne e condanne a morte. Però abbiamo sempre bisogno di un riferimento di una guida. Ed occhio all’ipocrisia del pensare di esserci liberati dal bisogno di una filosofia, di una guida. E’ effimera l’illusione di questa civiltà di massa che apparentemente rifiuta ogni giogo e poi si mette in fila per farsi sodomizzare da quei quattro slogan ripetuti perentoriamente e sistematicamente che la guidano. Basta fare una analisi dei giornali e telegiornali per capire che tutto è basato sulla ripetitività, sulla creazione di una routine che renda ogni comportamento omogeneo e prevedibile. Se non decidiamo noi che direzione prendere veniamo comunque guidati dalla corrente. A ciò dovrebbe servire la filosofia. Quelli come Nietzsche che ipocritamente condannano il nichilismo sono quelli che invece lo nutrono per poterlo usare come scudo morale e sentirsi autorizzati a vomitare su tutto e tutti. Certo il mondo non è rose e fiori, ma a chi non è mai capitato di ricevere un aiuto disinteressato, un sorriso incoraggiante proprio nel momento del bisogno? Ma è meglio non riconoscerlo mai così si può sparare su tutto e tutti, anche su quelli che i valori ancora ce li hanno in barba al nichilismo.

    Nietzsche fa una distinzione fra chi è maturo e chi è immaturo. Gli essere maturi non possono volere altro che da sé stessi,non hanno più nulla da chiedere alla vita e quindi si donano generosamente alla morte. Contrariamente gli essere immaturi vogliono vivere e avere di più (volontà di potenza) ed è il dolore che li spinge a desiderare. Le due forze,di vita e di morte,sono complementari,come nella Natura. La critica di Nietzsche sta proprio nel fatto di aver escluso la vita,la lotta per la vita dall’esistenza umana,perché la morte senza una vita dietro non ha significato.
    Il Nirvana buddhista è si trascendente rispetto alla vita, alle sue sofferenze ed alle sue effimere soddisfazioni.
    Non vedo nulla di più trascendente che uscire dal ciclo della vita come intende fare il buddhista.

    Il fato è la concatenazione degli eventi, se lo frammenti non è più fato, è qualcos’altro. Un evento che in sè può essere negativo, nella prospettiva della concatenazione degli eventi può diventare positivo e viceversa. Esempio banale: perdo un lavoro (episodio negativo), dopo un anno (concatenazione degli eventi-fato) ne trovo uno molto migliore (fato positivo). Spostandosi più avanti nel tempo può capitare che quel lavoro sia causa di un incidente e di conseguenza il fato va valutato negativamente. Perciò il fato va giustamente guardato alla luce dell’eternità, dove i singoli eventi mutano in continuazione dissolvendosi e dove il fato stesso rappresenta la necessità, le cose vanno in un certo modo e non possono altrimenti perchè determinate da una natura universale che sfugge alla nostra volontà e che col continuo gioco di creazione e distruzione mantiene vivo il cosmo. Ciò che può fare invece l’uomo è perfezionare la sua anima, rendendola imperturbabile e serena, così che possa rimpadronirsi della sua natura tornando a ciò da cui proviene essendo essa una parte, un’emanazione della volontà divina del cosmo. Questo pensavano gli stoici a giustificazione della loro morale, e ognuno può pensarne ciò che vuole. Ma al di là del pensiero stoico credo che un frammento di fato sia una cosa costitutivamente diversa dal concetto di fato che si riferisce alla totalità degli eventi, e che l’espressione ‘pezzo di fato non abbia molto senso. Il tutto è più che la somma delle parti. Vivere al presente significa staccarsi dalle contingenze del momento e connettersi con la natura eterna universale. Significa uscire dal molteplice ed entrare nell’universale, Nietzsche invece rimane nel molteplice, e così deve fare per non contraddire la non necessarietà della morale. Poiché in una prospettiva universale ci deve essere qualcosa che ci accomuna e quindi una stessa concezione di ciò che è bene, dunque una morale
    Gli dei erano oltre quel limite, ma finché il dio ancora non era morto, gli uomini potevano sperare in una sacra alleanza in cambio di una loro adorazione, una santa alleanza che l’amorevole Dio cristiano non poteva certo negare alle sue creature da Lui create a Sua immagine e per le quali si era persino fatto come loro offrendosi in sacrificio. In fondo con l’assassinio di Dio, gli uomini speravano di essersi liberati del più tirannico padrone metafisico in cui avevano proiettato la loro stessa immagine ideale, la sua morte li apriva all’infinito, ma non si accorsero che con quell’inevitabile assassinio ora restavano nudi davanti all’infinita inumana violenza del divenire, che ogni scudo di cui si erano avvalsi era andato in frantumi e non erano per nulla pronti alla tragedia e così affidarono alle macchine la loro profonda vergogna per essere solo uomini.
    Se così è non vi è nulla di più spiritualmente metafisico di questo materialismo, esso è sempre più lo spirito santo di un Divenire assoluto in cui la vecchia materia liquefacendosi evapora e fluttuando svanisce in una pura eterna relazione trasformativa dominata da prassi senza alcun progetto.
    Ma Heidegger scrive un secolo dopo Nietzsche, e che secolo! Eppure Nietzsche, impazzendo, pare chiaramente presentire ciò che si andava preparando.
    Se Dio è morto d’altra parte non basta certo predicarlo invocandone la necessità salvifica per farlo resuscitare. Né basta rifugiarsi nella quotidianità di un piccolo sentimento residuo verso se stessi, al tepore del proprio focolare, per far sembrare meno cruenta la propria lacerante, funzionalmente dovuta immolazione.

    Eppure la morale di quei deboli e malriusciti ha sempre più dominato sull’immoralità dei forti. E’ questo che l’aristocratico Nietzsche non coglie: al vertice della volontà di potenza ci sono stati gli ipocriti e la volontà di potenza ha benedetto loro, i falsari e i mistificatori, i predicatori che illudono di eterne e consolanti felicità di là da venire, non la tragica terrestre nobiltà sprezzante del Superuomo, poiché è loro che davvero servono ad essa, sono loro i suoi servi più alacri, i “Grandi Inquisitori”, i giudici asceti senza alcuno scrupolo, i custodi del Sacro divenuto Santo su cui impartire precetti morali, se non addirittura “naturali”. Precetti di cui si fanno interpreti e custodi a grande consolazione del popolo tutto. Il cristianesimo, voluto da Paolo, non è stato che il trionfo della volontà di potenza.
    Affinché da esso una volontà di potenza ancora più grande potesse sorgere.

    Grazie a voi

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  57. Non basta conoscere come fare per togliere di mezzo la paura, poiché ogni volta che si conosce sorge un orizzonte sconosciuto, dinnanzi al quale si sperimenta il proprio limite, che lo si riconosca o meno, e anche la fiducia nella scienza positiva non basta a liberarsi dalla presenza di quel vergognoso limite umano.
    Gli dei erano oltre quel limite, ma finché il dio ancora non era morto, gli uomini potevano sperare in una sacra alleanza in cambio di una loro adorazione, una santa alleanza che l’amorevole Dio cristiano non poteva certo negare alle sue creature da Lui create a Sua immagine e per le quali si era persino fatto come loro offrendosi in sacrificio.
    In fondo con l’assassinio di Dio, gli uomini speravano di essersi liberati del più tirannico padrone metafisico in cui avevano proiettato la loro stessa immagine ideale, la sua morte li apriva all’infinito, ma non si accorsero che con quell’inevitabile assassinio ora restavano nudi davanti all’infinita inumana violenza del divenire, che ogni scudo di cui si erano avvalsi era andato in frantumi e non erano per nulla pronti alla tragedia e così affidarono alle macchine la loro profonda vergogna per essere solo uomini.
    Forse, prima di capire l’errore di Nietzsche sulla religione e sulla metafisica, occorrerebbe innanzitutto capire cosa si viene ormai intendendo per materialismo.

    Scrive Heidegger in “Lettera sull’umanesimo”:
    L’essenza del materialismo non sta nell’affermazione che tutto è solo materia, ma piuttosto in una determinazione metafisica per la quale tutto l’ente appare come materiale da lavoro. L’essenza del lavoro secondo la metafisica moderna è pensata in anticipo nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel come il processo auto organizzantesi della produzione incondizionata, cioè come oggettivazione del reale ad opera dell’uomo esperito come soggettività. L’essenza del materialismo si cela nell’essenza della tecnica (…) Nella sua essenza la tecnica è un destino, entro la storia dell’essere, della verità dell’essere che riposa nell’oblio Essa risale infatti alla tekne dei Greci non solo nel nome, ma proviene in un senso storico essenziale dalla tekne intesa come un modo dell’aletenein, cioè del rendere manifesto l’ente. In quanto forma della verità la tecnica ha il suo fondamento nella storia della metafisica

    Se così è non vi è nulla di più spiritualmente metafisico di questo materialismo, esso è sempre più lo spirito santo di un Divenire assoluto in cui la vecchia materia liquefacendosi evapora e fluttuando svanisce in una pura eterna relazione trasformativa dominata da prassi senza alcun progetto.
    Ma Heidegger scrive un secolo dopo Nietzsche, e che secolo! Eppure Nietzsche, impazzendo, pare chiaramente presentire ciò che si andava preparando.
    Se Dio è morto d’altra parte non basta certo predicarlo invocandone la necessità salvifica per farlo resuscitare.
    Né basta rifugiarsi nella quotidianità di un piccolo sentimento residuo verso se stessi, al tepore del proprio focolare, per far sembrare meno cruenta la propria lacerante, funzionalmente dovuta immolazione.

    La ringrazio per questo tema decisamente bello.
    Buona domenica

    Amedeo

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    • Don Amedeo

      Eppure la morale di quei deboli e malriusciti ha sempre più dominato sull’immoralità dei forti.
      E’ questo che l’aristocratico Nietzsche non coglie: al vertice della volontà di potenza ci sono stati gli ipocriti e la volontà di potenza ha benedetto loro, i falsari e i mistificatori, i predicatori che illudono di eterne e consolanti felicità di là da venire, non la tragica terrestre nobiltà sprezzante del Superuomo, poiché è loro che davvero servono ad essa, sono loro i suoi servi più alacri, i “Grandi Inquisitori”, i giudici asceti senza alcuno scrupolo, i custodi del Sacro divenuto Santo su cui impartire precetti morali, se non addirittura “naturali”.
      Precetti di cui si fanno interpreti e custodi a grande consolazione del popolo tutto.
      Il cristianesimo, voluto da Paolo, non è stato che il trionfo della volontà di potenza. affinché da esso una volontà di potenza ancora più grande potesse sorgere.

      Qualche parallelo lo vedo fra il ‘nulla è’ e ‘Dio è morto’, frase anche qualcosa fosse non sarebbe conoscibile o comunicabile e ‘non ci sono fatti ma interpretazioni ‘.
      Del resto nonostante Nietzsche sia un contemporaneo ha pescato a piene mani nella filosofia antica, soprattutto fra i presocratici, e molte sue idee sono chiare riproposizioni dei filosofi che furono.
      Non per niente la sua concezione del tempo continua ad essere circolare nonostante l’introduzione del superuomo.

      Platone ha scritto sempre (o quasi) in forma di dialogo, mai (quasi) parlando in prima persona.
      Ciò dovrebbe testimoniare una certa riviviscenza dell’oralità.
      E pare che i principi primi della sua filosofia non siano contenuti negli scritti ma solamente comunicati oralmente ai più avanzati dell’accademia.
      Certo, se non avesse scritto sapremmo poco o nulla di Socrate, concordo quindi che questo discorso sia un po’ contraddittorio.

      Ma non meno credo vada sottolineata l’importanza del dualismo fra oralità e scrittura per comprendere la filosofia antica.
      1) Dio non esistendo per il non credente, non può essere mai nato tanto meno morto
      2) Dio è, ed è quanto basta per un credente.
      3) ammesso e non concesso che la morale cristiana abbia talmente condizionato il corso della storia, allora vediamo la storia prima di Cristo, dove tutti erano felici e contenti e non c’erano guerre morali e guardiamola oggi dove Dio è morto, dove tutti sono ancora felici e contenti senza guerre e problemi per tirare a campare.
      .Mi si dimostri storicamente che la morale cristiana sia il colpevole
      3) e chi sarebbero questi nobili e forti: gli assetati di potere, gli assassini, i dominatori, il moderno capitalista finanziario che se ne strafrega degli altri?
      4) e meno male che ci sono gli asceti in un mondo di bestie assetate di sangue
      5) anche la vita è un’illusione se andiamo a fondo .Le sentenze potrebbe darle solo colui che ha la verità assoluta,cioè nessuno.
      6) e sulla storia delle fedi c’è una forte ignoranza.
      Basterebbe ricordare lo gnosticismo, lo zoroastrismo, il cristianesimo, per capirne i sincretismi.

      Mi limito a dire che, colui che fa parlare Zaratustra, cioè il profeta del zoroastrismo che ha in Mazda l’Assoluto, avrebbe dovuto approfondire le dottrine e sapere ad esempio che nelle catacombe e nelle fonti battesimali paleocrsitiane ci sono i simboli del zoroastrismo.
      Dire che non c’era fede prima del cristianesimo è dire una bestialità storica, come se il Vecchio Testamento biblico l’avessero scritto i cristiani invece degli ebrei.
      Il Dio ebraico, prima del cristianesimo sancisce un’Alleanza e garantisce una Terra Promessa, fingiamo di non sapere anche questo?
      Dio non è mai stato buono, perchè preusupporrebbe che potrebbe essere anche cattivo.
      Dio è, semplicemente, inconoscibile (come figura inconoscibile e filosofica).
      E gli ebrei fanno bene, persino, a non scriverlo e menzionarlo a sproposito.

      Io vedo bestie con biechi e cinici interessi che piegano le leggi dalla loro parte, triturando esseri umani per i loro scopi.
      Creano miserie, mandano in guerra uomini, oppure, facendo migrare popoli, come manovalanza, da assoldare per 1 euro all’ora di lavoro.

      Un mondo libero e senza morali.
      Dove si può uccidere e rubare, si può essere pervertiti senza essere perseguiti.
      Ecco, siamo finalmente oltre il bene e il male, oltre l’uomo.

      La vera filosofia non può essere espressa con la parola né scritta, né orale (perché comunque sempre mistificante), ma con l’azione e i comportamenti.
      Erano i Cinici (assai invisi a Platone) e pure gli Scettici a sostenerlo (e che appoggio completamente).
      Ai primi si rifà l’ultimo Foucault che, nella raccolta “il coraggio della verità”, ricorda che per costoro la verità non andava né detta né predicata, ma agita, resa prassi (e un po’ questo richiama il buddismo zen).

      Come Diogene di cui si dice che, per confutare l’argomento di Zenone sulla impossibilità del moto, senza dire nulla e da filosofo performer, si alzò in piedi e si mise a camminare avanti e indietro.
      Bisogna riconoscere che si deve avere il coraggio di una filosofia assai più varia ed espressiva.

      Il coraggio di parlare e vivere le proprie espressioni.
      Cos’altro ci resta?
      La ringrazio, Don Amedeo, per aver onorato questo argomento.
      Buona domenica.

      Ninni

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  58. L’uomo (seguendo gli dei in cui aveva proiettato la propria immagine di potenza nel cui sovrumano pur tuttavia era ancora possibile vedere l’umano) ormai è antiquato, che lo si voglia o meno e qui sta la grande differenza rispetto all’età del bronzo.

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  59. Certo, della medesima pasta umana, quindi le loro individualità sono esposte alle medesime problematiche.
    Se poi la distinzione tra atei e credenti riguarda la fede in principi aprioristici definiti è indubbio che vi possano essere (e vi sono stati) tanti atei di fede ben superiore a quella di tanti credenti.

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  60. Il problema della differenza insorge quando si pone a referente di questa fede una personificazione divina (una sorta di rappresentazione umana collocata nell’ultraumano), in particolar modo quella discendente dalla tradizione giudaica e dal cristianesimo che più direttamente ci riguarda.

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  61. Dio che per Nietzsche è morto va a mio avviso ben oltre questo ambito di fede, è definitivamente morto un modo di sentire il mondo e si tratta di una morte ben più radicale di quella che fa capo a una questione di religiosità o meno.
    Buongiorno a lei e grazie per la Sua dottissima risposta

    Amedeo

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  62. La speranza è una figura così fortemente cristiana (del grande ottimismo cristiano)… mi chiedo se a volte la “disperanza”, quando incontra gli uomini giusti non possa persino fare di più.
    Tu hai nominato alcuni grandi pensatori/rivoluzionari (chissà se nel loro intimo davvero speravano o disperavano), io mi accontento di citare dei versi, sono quelli di Cyrano, lo spadaccino ha sempre combattuto contro soprusi, arroganza e ingiustizie (un tema a te molto caro) e colpito a morte in un agguato, mentre nel delirio continua a battersi, così dice:

    Che dite?… È vana… so… la resistenza adesso,
    ma non si pugna nella speranza del successo!
    No, no: più bello è battersi quando è in vano. — Qual fosco
    drappello è lì? — Son mille… Ah, sì! vi riconosco,
    vecchi nemici miei, siete tutti colà!
    La menzogna?
    Ecco, prendi!… Ecco, ecco le Viltà
    ed ecco i Compromessi, i Pregiudizi!
    Che io venga a patti? Mai! — Ed eccoti anche te,
    Stoltezza! — Io so che alfine sarò da voi disfatto;
    ma non monta: io mi batto, io mi batto, io mi batto!

    Buona giornata

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  63. Gli asceti rappresentano una potenza maggiore in un contesto storico dove l’ uomo non sa più agire, in netta decadenza in confronto ai periodi forti della Storia Umana ( e mi riferisco agli Egizi, ai Greci ed ai Romani ), dove gli asceti erano relegati in templi e anche se tenuti in alta considerazione non avevano molto influsso sugli uomini.

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  64. Non una potenza di più alto grado, ma la maggiore potenza esprimibile in un determinato contesto storico, e che purtroppo include anche la nostra epoca.
    Tutto ciò che esprimo è di carattere opinabile.
    Nessuna verità, soltanto il frutto del mio pensiero.

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  65. La confusione che regna su questo argomento è veramente grande.
    Ti ringrazio Ninni per averlo messo in evidenza.
    I nobili che intende Nietzsche non sono paragonabili agli attuali squali feticisti ed autodistruttivi che dominano il mondo.
    Secondo Nietzsche anzi questi sono i naturali successori degli asceti.
    Grazie e buona giornata

    Isy

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  66. Sul fatto che sulla Storia delle fedi ci sia molta ignoranza, non posso essere che d’ accordo.
    Naturalmente io ho opinioni diverse dalle tue, anche perché ho una prospettiva diversa, come dire dall’interno (sono un credente), mentre invece tu mi sembra che la veda dall’esterno (che credente non lo sei).
    Nessuna valutazione sul merito, soltanto una puntualizzazione.
    Ma ciò non implica che si possa ipotizzare ignoranza di Nietzsche su tali argomenti.
    Prima che gli venisse affidata a 23 anni la cattedra universitaria aveva per molti anni svolto la mansione di filologo e la sua cultura è immensa ed in ogni direzione.
    A 15 anni traduceva Orazio in tedesco e a diciassette, mi sembra, Schopenhauer in latino.
    Le date possono essere inesatte ma ciò non toglie che dimostra di conoscere molto bene la Storia delle religioni in tutta la sua opera.

    Ciao dalla partenope Capitale

    Dudù

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  67. La Fede ha avuto un ruolo diverso in ogni contesto storico-sociale.
    La Fede come noi la intendiamo, nel senso Cristiano, non ha nulla a che vedere con la Fede Ebraica ad esempio.
    Come popolo Sacerdotale per eccellenza, gli Ebrei non si pongono nemmeno la possibilità che Dio non esista, la loro Fede è un vero simbolo di Fiducia nel fatto che Javeh continui a vegliare su di loro e a proteggerli, loro che si reputano il Popolo Eletto.
    Ciao Ninni.
    Un abbraccio

    LMR

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  68. Certamente, anche una singola cellula possiede una sua conoscenza, senza sapere nulla di questa conoscenza.
    L’essere umano è invece probabilmente l’unico essere vivente che sa di sapere e di non sapere, è quindi l’unico osservatore.
    Bonjour

    Annelise

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  69. Proprio per non fare di tutta un’erba un fascio è necessario distinguere il significato di “tecnica” per come si prefigura oggi rispetto agli albori della storia umana, e questo sarebbe appunto compito filosofico e non semplicemente storico.
    La tecnica è connaturata all’uomo, in quanto l’uomo, non avendo risposte preordinate, proprio in virtù della sua consapevolezza è esposto al mondo.
    Allo stesso modo la volontà di potenza è anch’essa il frutto di questa consapevolezza umana che in quadra il mondo sempre e solo da un punto di vista soggettivo, il senso di un io che si sente sempre messo in gioco e reagisce tentando di dettare il gioco.

    Ciao

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  70. fino a qui il protagonista è sempre l’uomo, non così dopo lo sviluppo tecnologico industriale con il ruolo primario assunto dalla macchina (intesa non semplicemente come strumento di lavoro, ma soprattutto come modo di pensare la produzione).

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  71. Oggi l’uomo (chiunque: il super tecnico espertissimo nel suo settore, il dirigente di una multinazionale come l’ultimo dei consumatori con il suo magico touch screen in mano) è inferiore ai suoi strumenti e in quanto tale ne è strumento, mentre il più misero degli agricoltori dell’età del bronzo non era inferiore alla sua vanga.
    E allo stesso modo la volontà di potenza non è più la sua, se non in deliri e vaneggiamenati del tutto riprovevoli: la volontà di potenza è della macchina tecnica, perché solo essa è capace di realizzzarla efficacemente.
    Dunque l’essere umano è chiamato ad adeguarsi al meccanismo, secondo procedura per funzionare come deve.

    Buona giornata Ninni
    Eleonora

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  72. La base di un’etica tutta diversa rispetto al passato che sostituisce il bene e il male con il funzionante e il non funzionante, un’etica che produce i suoi reietti dannati e i suoi beati ben inseriti e premiati, ma non è più un’etica umanamente fondata.

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  73. Dio non è stato mai buono fino al Cristianesimo. E’ quest’ ultimo che ha rimosso l’ alone di negatività di Dio comunque presente in ogni religione, compresa il Vecchio Testamento Ebraico, e lo ha eletto a Suprema Bontà.
    Il male è di pertinenza del Diavolo e di Satana, dice Dio, dopo averli creati….
    Mi sembra, però, che sia il mandante …
    Ciascuno può pensarla su Nietzsche come vuole. Dal mio punto di vista, a parte la sua Metafisica: Oltreuomo, Eterno Ritorno e simili, rimane il Quarto Grande di sempre, insieme a Socrate Platone ed Aristotele.
    Grazie per l’argomento speciale e per l’interesse enorme che riesci a suscitare.
    Un genio davvero.
    Ciao

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  74. Indicami un filosofo in cui non fosse presente una vena di follia. La follia è per molti versi presente in ogni uomo, specialmente nei filosofi. I suoi effetti dipendono soltanto dal periodo storico in cui si è inseriti.
    Nietzsche è Grande ed Eraclito è il suo profeta.
    Ah, ah, ah.
    iascuno ha i suoi difetti e se li tiene.

    Ciao

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  75. I dualismi, dal sistema filosofico di Hegel sono risolti, figurati Nietzsche …
    Cioè non mi sto inventando niente, ed è molto facile per me rispondere.
    La religione e la filosofia che cosa sono?
    Sono il medesimo contenuto, ma in forma diversa.
    Entrambe rispondono alle stesse domande fondamentali, entrambe credono ad un certo sistema di verità, soltanto che la fede usa la ritualità e in generale la rappresentazione, mentre la filosofia impiega il pensiero puro.

    Ecco risolto il dualismo!

    Ciao

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  76. Non credere alla realtà è proprio una provocazione infatti, per spiegare quanto non abbia senso ipotizzare che esistano non credenti, che cioè non credano in nulla!
    Dire Dio non esiste è proprio come dire la realtà non esiste.

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  77. La morte di Dio è il cristianesimo stesso che la annuncia, e questo è il punto fondamentale di ogni svolta del processo di conoscenza, in quanto porta il pensiero a risorgere dal corpo alla verità dello spirito.
    E questo significa: la verità la si ottiene solo a costo di una perdita di naturalità e immediatezza, di cui si deve fare interiormente rinuncia (e ciò vale per ogni coscienza, sia essa denominata credente o non credente, superstiziosa o non, bianca o nera).
    Grazie Ninni e buona giornata

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  78. Tempo fa ho visto un video in cui Severino spiegava il termine polemos e in fondo corrisponde a quello che avviene.
    Delle persone semplicemente hanno tesi differenti e si confrontano in maniera civile e rispettosa senza alcun rancore personale.

    Ciao

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  79. Sono una strana credente perchè da tempo ho capito che ci sono diverse modalità di conoscere e interpretare.
    Puoi leggere un testo antico in modo letterario, in modo spirituale o in modo mitico-psicologico.
    Erano forme pre-logiche di trasmissione di saperi.
    Nei monoteismi non esiste il dio separato, persino nelle teologia sulla trinità si è fatto un gran polverone.
    Nell’ebraismo la Torà è come per noi la costituzione della repubblica italiana. Lì ci sono le normative, le festività, le modalità di comportamenti dettagliati. Queste cose appaiono noiose ai non ebrei che leggono la bibbia veterotestamentaria. Gli ebrei hanno una organizzazione sociale. religiosa che ha garantito loro la sopravvivenza in qualunque comunità estera, con il limite che tendono ad essere un gruppo chiuso.Ma guarda che esiste anche da loro una visione atea o comunque laica.L’islam è troppo distante dalle origini delle fedi per interessarmi, ho delle idee in proposito per cui è nato. Era un popolo dedito al nomadismo con aggregazioni parentali e tribali, ma privo di identità di nazione di un popolo. Un poco come i pellerossa americani divisi fra loro.
    Nel crisitianesimo è la figura di Cristo che è centrale e non è un asceta.

    Ciao Ninni e buona giornata

    Anna

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  80. Conosco la vita di Nietzsche era il preferito del miglior filologo.
    Così come ho visto la sua casa di vacanza in Engadina presso il passo.del Maloia.Era sicuramente un fine erudita, ma non capisco perchè fa parlare Zaratustra ed è contro il cristianesimo,prima o poi dovrò approfondirlo

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  81. La mia impressione è che Nietzsche odia la metafisca e odia il cristianesimo in quanto ci vive in questa cultura. Ritenendo la metafisica il luogo in cui l’uomo ha spostato il suo essere,congelandone quindi motivazioni, speranze e aspettative, spostando come nelle religioni qddirittura in un aldilà la giustizia, depotenza la propria esistenza nella vita mondana.
    Ma io interpreto invece il cristianesimo come interpreta lui la vita, per questo per lui non provo risentimenti o quant’altro.

    Buona giornata Ninni

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  82. Bisognerebbe leggere attentamente i Vangeli e poi studiarsi come sono stati interpretati.
    Per me l’aldilà è una scommessa che dipende totalmente da come vivo quì e ora.le speranze, motivazioni sono nella vita semmai il comportamento deve essere morale nel senso di amore e rispetto, ma questo è un sistema valoriale condiviso anche dai laico e codificato nei principi che dovrebbero governare le organizzazioni socialli di tutta l’umanità, a prescindere da fedi .

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  83. Bisognerebbe fare una discussione sulla conoscenza o come intendiamo che sia.
    La mia domanda era per introdurre il fatto che le forme di conoscenza con la filosofia vengono schematizzare e ordinate dentro un linguaggio logico.
    Questa è una delle forme del conoscere.
    Grazie pe il tuo intervento che è luce

    Ciao
    Melissa

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  84. E’ questa forma di conoscere ,impiantata sul modello scientifico galileano che aprirà allo sviluppo della tecnica, filosoficamente da Cartesio in poi .
    Platone rappresnta più di tutti il passaggi odal linguaggio mitico alla filosfia. Aristotele categorizzarà e costruirà la logica predicativa.
    L’iperurano di Platone…… Urano è il padre di Cronos e questi è il padre di Zeus.Il cielo e la terra generano il tempo ed erano i titani ,gli dei abitano nel mondo degli umani. Questo avvicinamento e i precedenti influssi filosofici aprono alla separazione fra metafisca e scienza della natura, ma con un identico linguaggio logico.
    Se la perfezione, l’assoluto, il principio di identità, l’essere abitano nel lugo che è e non può divenire, tutto ciò che esiste,compresi noi siamo contraddittori nella conoscenza.Se Parmenide si ferma all’essere che è e la struttura originaria di Severino al principi dì identità, abbiamo solo spostato la religione di Dio dentro la logica, ma comunque lì è tutto immobile.E’ la forma logica del conoscere della filosofia greca il problema originario –
    La tecnica è semplicemente l’ordinamento schematico di una conoscenza, ciò che oggi chiamiamo tecnicamente know how.
    La forma logica non può che predicare verità deteministiche se vogliamo dare un valore di verità o falsità alle proposizioni come dice Wittgenstein.Nietzsche non utilizza la logica sceglie di comunicare per aforismi ed Heidegger si giustifica di non avere il linguaggio appropriato che non è quello classico della metafisca.

    Un bel tema.
    Ciao “camerata”!

    😀

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  85. Se la tecnica è conoscenza ed è una forma efficiente economicamente tanto più nella socializzazione organizzativa si divide il lavoro, nascono i mestieri, si ruolificano le persone, si costruiscono gerarco-funzionalità, che apparirono da subito, poi sono esplose nella modernità con invenzioni e scoperte amplificandone le forme, perchè crea ricchezza, il vero nodo è l’egemonia culturale che costruisce la volontà di potenza. Il linguaggio logico e la matematica che ne deriva è tipicamente calcolativo e si sposa benissimo con l’osservazione della natura fisica,
    La tecnica in sè e per sè non è limitabile perchè è conoscenza di base e poi applicazione pratica.L’egemonia semmai è la problematica da limitare. Solo lo stesso calcolo potrà riconfigurare l’egemonia .
    La volontà di potenza si ferma solo per calcolo di convenienza sulle riconfigurazioni da effettuare in quanto mette in crisi se stessa.

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  86. La causa è la forma del linguaggio scelto e la divisione netta fra metafisica e natura fisica.Così la filosofia rischia di essere solo metafisica e le scienze applicando il calcolo logico matematico fa ciò che conviene all’egemonia della volontà di potenza.

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  87. Il mito essendo simbolo di potere di un dominio di un dio era anche timore di oltrepassare quel limite,prima ancora di essere precetto morale era paura di una ritorsione della natura da parte di un dio .

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  88. se si deve morire, cerchiamo però di morire in piedi, se saremo sconfitti (ciascuno di noi nelle sue battaglie, non sempre e non necessariamente comuni a noi tutti, ovviamente) ciò che conta di più (più dell’ esito) é comunque il combattere degnamente.

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  89. Non si può invocare la “decadenza dei tempi” a giustificazione del tramonto dello spirito di potenza aristocratico. Se i leoni sono stati sconfitti dai sorci restano comunque i sorci i vincitori e pertanto i detentori della maggior potenza che in quanto tale comunque li giustifica ed è questa loro vittoria a determinare l’età dei sorci e non l’età dei sorci che determina, nostro malgrado, il prevalere dei sorci. Se si è coerenti fino in fondo con l’idea di potenza, chi perde non può recriminare proprio nulla, il risultato giustifica tutto.

    Mi stia bene

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  90. Chiedo scusa se non posso intervenire.
    Qua è tardissimo e sono proprio stanca. Mi sono divertita e ho imparato tantissimo a leggerti.
    Ciao dolce Ninni

    Kate
    Fm Canberra aus

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  91. Hegel spiega cos’è la coscienza infelice, mentre Nietzsche non vuole spiegare nulla quando nella Gaia Scienza direttamente annuncia: “Dio è morto! Dio resta morto!” e finisce a chiedere: “Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?.
    Non c’è proprio nessuna coscienza infelice a essere spiegata qui, il contesto (e quindi il senso dirompente dell’annuncio nicciano) è del tutto diverso.
    Altrimenti questa riflessione si sarebbe forse dovuta intitolare: “Dio è morto. Anche Hegel”, o magari “Dio è morto. Anche il cristianesimo”.

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  92. Certo che è il cristianesimo che annuncia la morte di Dio, e chi altro potrebbe farlo?
    Nietzsche era figlio di un pastore luterano e di sicuro aveva conosciuto assai bene il cristianesimo e inteso che la morte di Dio (dell’idea di Dio), ormai non ne preannunciava più alcuna resurrezione

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  93. La tecnica ormai non è più solo un modo di agire che discende da una conoscenza teoretica, ma è un modo di pensare che ormai detta il senso di ogni conoscenza e che esige che non possa esservi nulla di significativo oltre il fatto tecnico, ossia oltre il risultato di una trasformazione produttiva sempre in atto.
    C’è una discontinuità profonda nella storia del pensiero occidentale che determina la mutazione della tecnica nella storia umana e che è la conseguenza di un cambiamento profondo dell’orizzonte metafisico: è una sorta di liberazione da qualsiasi immutabile, di eterno resta solo il divenire fine a se stesso a cui nulla deve considerarsi sottratto, ogni resistenza si configura oltrepassabile e il limite è solo il limite sempre in via di superamento della potenza tecnica stessa a cui tutto finirà per sottomettersi, uomo compreso, destinato a esserne temporaneo strumento in qualità di funzionario specialistico, esecutore sistematicamente collaborante di corrette procedure.
    La calcolabilità è ciò che garantisce la massima efficacia di controllo tecnico e per questo tutto va inquadrato nei termini di calcolabilità, secondo profilo economico. Non è quindi che il mondo si rivela sorprendentemente conforme al calcolo con cui lo modella la scienza, ma che il mondo deve essere inteso, visto e definito in modo calcolabile, conquistando alla calcolabilità anche ciò che al momento pare da essa esorbitare, facendone caso statistico.
    Caro amico mio, lontano e vicino amico di emozioni, cerco di essere presente a quanto la tua genialità ci propone.
    Una bellezza che ha dell’incredibile.
    Ti auguro ogni serenità e dolcezza.

    Theresa Elizabeth
    Washington DC

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  94. Il pensiero principe a cui tutto va rapportato diventa così quello economico che misura la funzionalità in termini di numeri che rappresentano i costi e i benefici, e ormai neppure ci accorgiamo di quanto sia paradossale, dato che non esiste scienza che si sia dimostrata più farlocca della macro economia in ogni sua previsione, a confronto delle quali i vaticini degli antichi aruspici erano di gran lunga più attendibili.
    La tecnica si configura sempre più come prassi assoluta nella sua completa autoreferenza trasformativa.
    E tutto questo sarebbe stato inconcepibile prima della rivoluzione industriale e dello sviluppo della scienza moderna.

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  95. Per tutti

    Mi sembra che bisognerebbe interrogarsi su questa fantomatica “volontà di potenza”.
    Cosa vuol dire?
    Volontà di possedere o volontà di essere?
    Volontà di possedere di più (degli altri) o volontà di essere di più (degli altri)?
    L’ideale ascetico nasce come volontà di non possedere per essere di più (inteso come più libero dal desiderio di possedere). Il vero ascetismo è vuoto di dispute, è affrancamento dal desiderio di possesso e in ultima analisi libertà dal desiderio stesso di essere (e da quello più profondo in noi ma potente di Non-essere, di Non-esistere).
    Il cristianesimo non conosce il vero ascetismo in quanto, a mio modesto parere, tenta di mascherare la volontà di essere ai massimi livelli ( in eterno) sotto la maschera dell’umiltà e della rinunzia al desiderio di possedere. Ma quello che va a morire nelle nostre secolarizzate società capitalistiche “occidentali” non mi sembra l’idea di Dio , ma bensì la maschera morale imposta per duemila anni dalle istituzioni.
    Maschera morale che si sta sciogliendo come cera ( all’interno delle istituzioni religiose stesse) in quanto la “desiderabilità” del possedere (beni materiali e idee) è semplicemente divenuta più accessibile per il prodigioso sviluppo della tecnica.
    Ma il desiderio d’immortalità e d’affidamento (senza impegni morali troppo vincolanti e frustranti per il proprio godimento terreno) è ancora potentissimo.
    Proprio in queste ore folle oceaniche accompagnano applaudendo la mummia di Padre Pio. Dio è morto?
    Idealmente è più forte e vivo che mai, per me.
    Quelli che stanno morendo sono i precetti morali che hanno accompagnato la religiosità per millenni. Il Dio che impone obblighi e doveri ( il Dio dei “comandamenti”) verrà sostituito dal Dio “soft”, il Dio Amore che tutto accetta e tutto perdona (in particolar modo i nostri godimenti terreni irrinunciabili).
    L’idea di Dio non sta morendo, secondo me, sta passando un periodo di Krisis, di turbamento, ma foriero di un tempestoso ritorno, di una crescita e di una raffinazione con l’approdo definitivo al Dio-fai-da-te di cui vediamo già le prime avvisaglie.
    Il nichilismo ha poche possibilità contro un ideale che nasce dalla sostanza stessa che forma l’uomo: il desiderio.
    E il desiderio non può far altro che desiderare.
    L’approdo sarà un Dio che conferma e benedice il desiderio.

    In effetti il problema è che all’uomo di oggi manca una riflessione sulla tecnica. La tecnica ha reso anacronistica la filosofia, perchè il suo più alto ideale, la repubblica di Platone, lo stato amministrato dai filosofi, non è più applicabile nemmeno utopisticamente in questo mondo.
    Perchè il massimo potere non è più quello degli stati ma, grazie alla tecnica, è nelle mani delle multinazionali che assumono sempre più potere e ormai la prevaricazione è la regola. Perchè le multinazionali hanno lo scettro della tecnologia molto più degli stati, possono decidere, comunicare, raccogliere informazioni assai più velocemente rispetto ai lenti organismi statali burocrati e formalizzati. Prendi il presidente degli Stati Uniti che dovrebbe essere l’uomo più potente del mondo ma che è ormai poco più che come il frontman di un gruppo rock, canta ma il testo lo scrivono gli altri. E’ il primo presidente nero e da quanto è stato eletto la polizia non ha mai commesso tanti omicidi indiscriminati di neri, predica la regolamentazioni delle armi e negli stati del sud vengono fatte leggi che ne facilitano la circolazione. Chi è che comanda, il frontman o gli interessi delle multinazionali produttrici di armi?
    Nel sud america c’è uno stato che vorrebbe regolamentare le estrazioni minerarie in vista di seri rischi geologici, ma non ne ha l’autorità perchè la multinazionale che estrae ha l’autorizzazione dell’organizzazione mondiale del commercio.
    Le agenzie internazionali di rating possono in quattro minuti spandere notizie che farebbero crollare in poco tempo mercati e stati.
    Chi è che comanda?
    Questo non lo sappiamo ma lo possiamo presumere, comanda chi ha più tecnologia. Inoltre la tecnologia è più veloce delle regolamentazioni, quindi LA TECNOLOGIA E’ DI FATTO IRREGOLAMENTABILE, NON CONTROLLABILE DALLE LEGGI.
    Quindi qui non si tratta della morte di Dio, si tratta di un potere immenso in amno a pochi e verso cui la democrazia può ben poco perchè ne è inconsapevole, non riesce a vederlo.
    Si pensa a facebook, smarthphone, tablet, acquisti on line; tutte cose divertenti. Ma intanto le nostre menti sono obnubilate e ci facciamo manovrare come marionette o come muli col paraocchi che tirano nella direzione prefissata guidati dallo zuccherino della seduzione tecnologica: il nuovo smarthphone, i pagamenti a rate, il finanziamento in un minuto, dire tutto su facebook.
    Quindi caro Nietzsche, pur apprezzando lo sforzo qui si tratta di altro.
    Forse nemmeno Dio basterebbe per cambiare le cose, perchè la tecnologia sembra poter cambiare il mondo più rapidamente di quanto farebbe lo stesso Dio, al quale bisogna comunque riconoscere l’opzione dell’Apocalisse. La distruzione finale, forse quello è l’unico potere che gli è ancora legittimo.
    Come visionario io indicherei, più di Nietzsche, un altro personaggio non meno istrionico ma che ha avuto meno fortuna postuma: Gustave Le Bon. Egli profetizzava la venuta della civiltà di massa (avveratasi) e sosteneva che la massa non desidera altro che essere comandata e che, anzi, sarebbe persino disposta ad implorare perchè qualcuno lo faccia.
    Lui invocava il meneur de folle, il mattatore delle folle che si è poi materializzato nei vari Mussolini, Hitler e compagnia bella.
    Oggi il meneur de folle è la seduzione tecnologica.

    Siamo l’unica cultura sul pianeta che duemila anni fa ha scelto questa strada: con la sua potenza e con i suoi limiti.
    A me forse appare più lampante perchè le antiche scritture ,non solo spirituali, sono o semplice racconto o metafora ma insieme sono terra e cielo, ciò che sarà metafisico e fisico naturale.
    Un indiano parlava per metafore, un pellerosse lo stesso, Gesù nei vangeli è raccontato come narrazione con dentro parabole.
    Nietzsche sceglie volutamente la forma dell’aforisma deviando completamente alla strutturazione del suo pensiero in un procedimento logico. Perchè? Quel linguaggio ha ancora la capacità di unire sentimenti, ragione, spirito, corpo :non divide.
    A Nietzsche se togli l’empatia del suoi aforismi svuoti completamente la narrazione.
    Il linguaggio formale logico divide nettamente il razionale dall’irrazionale, da ciò che è ascrivibile nella determinazione del mondo fisco per deduzione, da ciò che è invece compreso nello psichico, emozione, sentimento, nell’intuizione.

    Ieri il razionalismo e il realismo erano dentro la metafisica, oggi è la scienza che ti parla di realtà e ragione: l’empirico ha svuotato il mondo metafisico .Il risultato è l’uomo alienato, così come la tecnica che è asettica e standard, dove l’uomo è solo risorsa quanto una materia prima o il denaro: queste sono le conseguenze ,non le cause.

    La filosofia del linguaggio, l’analitica, tenta il colpo finale verso la metafisica. La logica formale predicativa, ma soprattutto proposizionale è decisamente calcolativa in quanto raffronta proposizioni .Il problema fra metafisica e scienze naturali è sempre stato linguisticamente la divisione fra concetto ontologico e mondo fattuale, che non è solo la divisione di eterno ,perfetto e il divenire contraddittorio .
    Insomma l’indirizzo logico (o comunque linguistico) veicola la forma conoscitiva nelle modalità in cui l’uomo si relaziona con la totalità della conoscenza.
    La logica cerca di togliere ambiguità, ma in realtà diventa asettica in quanto toglie parte di umanità.

    Queste problematiche appaiono probabilmente a me più chiare, perché l’esegesi e l’ermeneutica sono il procedimento di traduzione interpretativa di un uomo d’oggi che è dentro lo schematismo logico , rispetto all’originario scrivente che invece poneva una metafora con una chiave simbolica e segnica diversa mentalmente e come pensiero.
    Ad esempio il Gesù nei Vangeli non è assolutamente descritto in termini logici, la parabola è una metafora dell’esistenza. Quando con l’ellenizzazione del pensiero i padri della Chiesa e più tardi la scolastica traducono la Bibbia , ma addirittura la interpretano in chiave aristotelica, quel pensiero originario è deformato, indirizzato e veicolato dentro uno schema linguistico.
    Per Nietzsche vale la stessa cosa. L’aforisma è una forma di pensiero che si esprime contenendo concetti, simboli e significati impliciti e intimi fra loro. Se io divido l’interpretazione con la chiave logica tolgo il sentimento o lo spirito dell’autore che potrebbe invece esserne essenza
    Non so fino a che punto riesco ad essere chiaro. Le mie sono semplici considerazioni per riflettere, non vogliono nemmeno esser tesi . Perché in fondo quello a cui volevo arrivare è il dire che noi oggi siamo ciò che fu scelto linguisticamente a suo tempo che tradotto vale a dire che la nostra mente vede il mondo da una prospettiva avendone perse altre.
    Allora : se Gesù scrive per parabole e Nietzsche per aforismi, qual è la chiave traduttiva linguistica per avvicinarci il più possibile all’essenza del pensiero degli autori?
    Oggi ,per adesso almeno, ha vinto la logica e il calcolo, con tutti i pregi e i difetti che questo sistema ha prodotto e produce: lo sviluppo da un parte della ricchezza attraverso la manipolazione della natura, e la disumanizzazione e l’alterazione della stessa natura, dall’altra.

    La decadenza, la malattia, la morte non sono fenomeni avversi alla potenza: gli sono propedeutici. Niente dura in eterno,nemmeno una stirpe nobile. Diciamo che il sole è stato sconfitto dalla notte, o dalla luna, quando tramonta e se ne va? No, tramonta per tornare di nuovo a splendere in cielo, come a mezzogiorno (questo significa l’eterno ritorno). La volontà di potenza è autosuperamento, tanto più l’ostacolo è difficile da oltrepassare tanto più questa forza è grande; se viene meno questa necessità si va incontro alla vecchiaia, alla morte. Non è un caso che gli ultimi nobili fossero dediti solo al lusso e alla cura di sé, mancava loro questo bisogno di nuove conquiste e di nuovi domini: si preparava il primo segno di una decadenza. Ragione per cui sono diminuiti i guerrieri e hanno assunto sempre più importanza prima i filosofi e poi i preti.
    In Grecia con Socrate e Platone,a Roma con il cristianesimo.
    L’errore dei nobili è stato quello di creare il concetto di Dio, di idea in sé.
    Perché di fronte a Dio siamo tutti uguali;il resto ovviamente è stata una conseguenza.
    Ora che però Dio è morto,è tempo per una nuova classe aristocratica di emergere.
    Nietzsche è un perfetto determinista, sa gestire la coerenza interna al suo discorso.
    Io invece da parte mia spero di essere stato chiaro

    Il potere immenso è il potere della tecnologia che è reso possibile dalla definitiva scomparsa di ogni orizzonte definitivo, poiché tutto è reso, in linea di principio, realizzabile, quindi ogni orizzonte potrà essere sempre tecnicamente superabile e lo sarà, non utopicamente, non in un altro mondo, ma proprio in questo, non in un futuro indefinito, ma continuamente e tangibilmente istante dopo istante.
    Ma questo potere, sia ben chiaro non può essere per nulla dell’individuo, perché l’individuo non può scegliere, ma solo utilizzare (come dice uno spot osceno che ho appena sentito su una marca delle telecomunicazioni: “ora siamo liberi anche dal dover scegliere”, ossia la libertà come felice totale schiavitù finalmente realizzata per noi).
    La democrazia è stata la struttura politica più propedeutica al modo di pensare tecnico, ma inevitabilmente finisce con l’esserne svuotata, ridotta a un guscio vuoto, che riduce la politica alla sola ricerca della soluzione tecnica per accaparrare sempre più il consenso che illuda di governare.
    E’ chiaro che chi possiede il know how sembra possedere la stessa immane potenza tecnica, ma anche questa di poter possedere la tecnica, è del solo illusione, l’illusione di chi è posseduto da ciò che crede di possedere per trattenere il mondo a sé, nell’ambito dei suoi scopi.
    Il capitalismo è solo una delle possibilità offerte al modo di pensare tecnico (quella possibilità che trova la sua misurazione nell’accrescimento del capitale e dunque nella alienazione ad esso della dimensione umana), ma produzione e consumo sono connaturati alla tecnica stessa, poiché è solo nella produzione di ogni producibile e riproducibile che la tecnica può realizzare la propria potenza.

    Nietzsche vede la soluzione nell’assunzione piena (come ha ricordato Garbino) della volontà di volere che sola esprime la potenza vitale dell’individuo. Ma è una soluzione inevitabilmente tragica (resa tragica proprio da quell’eterno ritorno dell’identico che è l’ultimo inevitabile oggetto di questa volontà stessa che vuole rimanere coerente a se stessa). Per questo alla fine l’oltreuomo realizza se stesso in una tragedia che continuamente per necessità si ripete. Un questo senso sta la radicale anticristianità di Nietzsche. Nella volontà di volere c’è sì un orgoglio smisurato che possiamo certo giudicare folle, ma che esige una totale sincera coerenza, un rifiuto radicale di ogni illusione di progressiva speranza.

    Grazie a tutti per aver scritto

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  96. Il dibattito che ha suscitato la chiosa del post-ti della vignetta, è stato davvero interessante e, da quanto ho letto, la stessa si è ampliata verso tanti significati.
    C’ è da dire, Caro Kren, che solo una persona speciale ed ispirata come Te avrebbe potuto ispirare tanto interesse alla discussione.
    Io dico che il mito del Superuomo è un’ illusione sia che lo si analizzi da credente che da non credente (in Dio, quello per antonomasia).
    Nietzsche, asserendo ‘Io sono il mio unico dio’, volendo stabilire una morale da sè, voleva distruggere quella coscienza personale che non può separarsi dall’ essere facente parte di una comunità e del mondo in generale. L’ indifferenza verso la coscienza (intesa come sensibilità verso il bene ed il male per decidere l’ uno o l’ altro) porta ad una concentrazione/devozione verso se stessi che è preferibile non tentare di immaginare una società di soli elementi così.
    Con l’ assenza di limiti della propria libertà dell’ oltreuomo, Nietzsche voleva convincere che si sarebbe ucciso quel Dio che secondo lui non era mai neppure esistito ed era un artifizio creato.
    Resta in rilievo, secondo me, la superlativa arroganza di stabilire l’ inesistenza di Dio, ovviamente in concreto mai da lui potuta dimostrare. Le idee, le supposizioni non dimostrate non possono arrogarsi di essere verità. Per contro, parimenti io non posso dimostrare che Dio esista, ma ho la mia idea che possa corrispondere nello stato di benessere interiore nel comportarsi bene. Tutti mirano ad un’ esistenza serena, ebbene io dico che, soffermandosi a percepire l’ universo di cui è componente la natura attorno a noi, si hanno suggerimenti per adattarsi all’ equilibrio della natura stessa, fonte incontrastabile di equilibrio. Purtroppo, questi son tempi che quell’ equilibrio sfugge per l’ arroganza dell’ uomo di volerla sfidare, oltre modo sfruttare e per la prepotenza dello stesso di voler a tutti i costi prevalere sugli altri, a volte senza scrupoli proprio (dunque, benedetta sia la morale che impartiva il Catechismo Cristiano delle origini) oppure desiderando posizioni e cose (in senso lato) degli altri. Se fossero tutti in equilibrio, individuerebbero e sfrutterebbero le proprie risorse e potenzialità personali per il miglior impiego di esse e per raggiungere il valore dell’ autostima e conseguente serenità con se stessi e nel rapporto con gli altri.
    Quello che io intendo Dio, per quello che durante la vita ho percepito, è ciò che tramite noi è possibile per Lui manifestarsi. Nati con la dotazione della percezione del Bene e del male, la condotta nell’ uno o nell’ altro senso ci fa vivere nel Migliore o nel peggiore dei modi, parlo dal punto dì vista del valore della Serenità, valore che penso per ognuno conti. Nei momenti di venti esistenziali contrari, la serenità del proprio Profondo è sempre di vantaggio nell’ affrontarli.
    Ho espresso opinioni molto personali, senza velleità. Ti ringrazio, Caro Kren, per avermelo permesso.
    Mi complimento con tutti i Lettori intervenuti. A prescindere le posizioni, tutti gli apporti sono stati appropriati ed autorevoli.

    Ancora grazie.
    Ti Adoro.

    Tua Sil

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    • Maria Silvia

      La ragione è logica: se la tecnica esprime il massimo grado di potenza, essa deve essere continuamente esplicata in tutta la sua potenza (come la macchina che deve rendere al massimo), che è potenza di realizzare qualsiasi cosa che non contraddica la riuscita tecnica.
      Se non ho fiducia nell’esistenza di Dio, è inesorabile che io debba decidere di avere fiducia in qualcos’altro.
      La fiducia resta teoria, ipotesi, un ottimo ripiego opportunistico, fin quando l’esistenza empirica e pragmatica ci presenta il dover scegliere.
      Allora la fiducia si trasforma in fede, è fede e non c’è sotterfugio dialettico o interpretazione personale che possa evitare il suo manifestarsi oggettivo
      Postulato valido per il cattolico, l’agnostico e l’ateo, ecco che tutti hanno una fede (anche se la chiamano fiducia relativa) per davvero.
      E che tutti, morte permettendo, possono ritrattare.

      Direi che c’è sempre un’alternativa nell’avere fede (poiché qui di questo si tratta, non di fiducia, né di amicizia) nella volontà assoluta di Dio o nella legge ontologica del caso, ed è la socratica consapevolezza di non poter sapere (né per pura logica, scienza o trascendente rivelazione).
      Consapevolezza che non implica certo un non agire (né una rinuncia di assunzione di responsabilità per questo agire), ma appunto un agire fiducioso, dove questa fiducia (che non è fede, quindi non è cieca) potrà sempre rivelarsi errata (e dell’errore sa assumersene le conseguenze).
      L’alternativa è sapere dell’errore che sempre accompagna il nostro agire, credere, pensare, senza immaginarsi (avere fede in) assoluti che ce ne possano liberare.
      Dunque un sì, detto per fiducia, è diverso da un sì detto per fede: il sì detto con fiducia sa del proprio errore di aspettativa (proprio in quanto non si aspetta un assoluto), ma è comunque pronto ad assumersi il rischio di una scelta sempre incerta.

      Certo, si può anche perdere la propria vita per fiducia verso un amico (ossia condere fiducia anche se essa rischia di essere mal riposta), senza che questa fiducia sia mai fede.
      La fiducia accetta il suo essere relativo e quindi il rischio del relativo che è l’errore.
      L’IO CREDO (l’assunzione a priori) è inevitabile, ma è declinabile in modo diverso a seconda di come lo si assume: per fare un esempio è diverso dire “credo che domani pioverà”, da “credo in Dio Padre onnipotente”.
      L’inglese è più chiaro in merito, distingue “I think” da “I believe”.
      In italiano va specificato il senso in cui si crede.
      La scienza biologica ci insegna (se bene intesa, correttamente; e non: deformata, non compresa, “irrazionalisticamente imbastardita”) che lo spirito di collaborazione, l’ empatia, la “compassione” (quelle che per lo meno al livello di evoluzione raggiunto dalla specie umana si esplicano come “qualità morali”) sono parte integrante e di non poco conto della “buona qualità adattativa” dei viventi, mentre l’ egoismo ottuso é evolutivamente pessimo, debolissimo, “mal riuscito”, “sfigato”, degno di essere spietatamente eliminato dalla selezione naturale (ben più potente e invincibile di qualsiasi cosiddetta -malamente- “eugenetica” o pratica razzistica di selezione artificiale di pretese “qualità superiori”.
      Il riferimento non é necessariamente a Nietzche, quanto piuttosto ai razzismi reazionari.

      Se Dio esistesse dovresti spiegarlo a lui che la tua “non fiducia” nella sua verità ontologica non ha condizionato chi hai deciso di essere, ed è stata solo un’opinione che non ha arrecato danni al suo progetto.
      Né più e né meno come chi ha deciso di avere fede il lui.

      E qui arriviamo all’ “egoismo”.
      L’egoismo motore e fine di ogni lotta per la vita?
      Ma per esserci l’egoismo dovrebbe esserci un ego e sembra piuttosto difficile poterlo immaginare per un lombrico, un fungo, un alga azzurra, che pur tuttavia a quanto pare partecipano alla lotta per la vita.
      Certo, negli esseri umani, questo ego può essere a volte smisurato tanto da volerlo infilare in ogni dove, magari anche in un batterio, ma forse anche il loro ego così prorompente non è che un accadimento illusorio, una sorta di miraggio da cui non ci si riesce a liberare, finché la morte non ce ne libera restituendoci a una realtà senza illusione.
      O forse l’egoismo è un modo tutto umano per sentire e chiamare la tautologia di ogni essente (che solo deve mantenere stabile la propria essenza, senza poterla comunque comprendere) e qui azzardo: l’egoismo è ottuso, è ottuso come la tautologia quando, volendo dire la cosa in sé nella sua totale identica autoreferenzialità, appare privo di qualsiasi significato, di qualsiasi essere per altro e assume, questo dovere tanto insensato quanto assolutamente necessario, come volontà di volere, come Nietzsche appunto.

      Grazie Sil per la luce apportata, sei un Bijou
      Bests and kisses

      Ninni/ Kren

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  97. Il lombrico, il fungo, il batterio, ecc. sopravvivono e si riproducono come individui (cioé sopravvivono come specie) solo se i meccanismi organici (metabolici) del loro corpo e i loro comportamenti (almeno nel caso degli animali, specialmente dei più complessi) necessari al mantenimento della loro vita e alla loro riproduzione funzionano sufficientemente bene.
    Ma le specie, oltre a sopravvivere, anche evolvono; e per questo non basta il buon funzionamento delle funzioni organiche e comportamentali necessarie alla sopravvivenza e riproduzione individuale.

    Infatti i meccanismi e comportamenti indispensabili alla sopravvivenza e riproduzione individuale sono ben lungi dall’ esaurire la totalità delle loro funzioni organiche e del loro agire: come era solito rammentare il grande Stephen Jay Gould, la parte più bella e interessante, più meravigliosa (e so bene che si tratta di valutazioni soggettive; ma di fatto universalmente condivisibili dall’ umanità, salvo casi decisamente patologici) della vita, dalle penne caudali dei pavoni, ai colori dei pappagalli, alle criniere dei leoni, ai musi dei gatti, ai canti degli usignoli, ai fischi dei merli, ai profumi delle rose o delle viole, al sapore del cioccolato o delle uve, ecc. ecc., ecc. (inesauribile sarebbe l’ elenco dei possibili esempi), eccede il necessario per la sopravvivenza/riproduzione, esula completamente da qualsiasi pretesa forsennata “lotta per l’ esistenza” (espressione “vetero-darwiniana” scientificamente alquanto superata) o esasperata “pressione selettiva”: anzi, spesso in qualche misura può anche essere limitatamente, “relativamente antiadattativa”.

    E inoltre sono proprio queste amplissime “deroghe” dalla pretesa necessità che tutto nei viventi sia in funzione dell’ “egoistica” sopravvivenza e riproduzione del singolo individuo a permettere l’ evoluzione e la meravigliosa diversificazione della vita, mentre l’ “egoistica” riproduzione esasperata del solo “perfettamente adatto” all’ ambiente a scapito “degli altri” (nel caso particolare della nostra specie di un preteso “superuomo” o “oltreuomo” che dir si voglia) imporrebbe alla vita una grigia, tristissima uniformità; peraltro assi precaria, effimera, rapidamente spazzata via dal continuo mutare dell’ ambiente che richiede variabilità e “tolleranza del diverso e relativamente meno adatto” oggi (del preteso “sottouomo” o “appartenete a razze inferiori” del nazismo, del sionismo e di tutti gli altri razzismi), che domani probabilmente sarà l’ unico “provvidenzialmente” adatto a salvare la specie dall’ estinzione in un ambiente inevitabilmente mutato.

    La selezione naturale non é affatto una forsennata e spietata lotta egoistica di tutti contro tutti (anche se l’ egoismo coesiste con l’ altruismo nei comportamenti animali); ed anzi in larga, probabilmente preponderante misura (in proposito non é possibile un calcolo quantitativo preciso, una misura attendibile, ovviamente! E dunque la valutazione é condizionata dalle caratteristiche soggettive più o meno altruistiche e più o meno ottimistiche o viceversa di ciascuno di noi) é affetto, solidarietà, “pietas”, “caritas”, compassione, simpatia, empatia, collaborazione, dono, altruismo, ecc.

    Ciao best in the world e grazie per lasciarci esprimere al meglio su argomenti a cui tutti pensano e nessuno ne parla.
    Sei un fenomeno
    Un caro saluto

    Anna

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    • Anna

      Sicuramente la vita non è solo istinto egoistico, ma pure compassione, altruismo, carità, ecc. Il problema però è che, sia l’istinto egoico che la pietas, mi appaiono entrambi come Necessità che la vita manifesta per essere. La necessità però nega la Libertà nel profondo. Se ho necessità di odiare, o necessità di amare,per fini che sono miei in modo fittizio ( inerenti all’Io) perchè invece sono sostanzialmente solo modalità della vita biologica, cade ogni pretesa spirituale e cade ogni possibilità per l’Io di “uscire da tutto questo”. E’ possibile trovare Libertà all’interno di/da questo processo eterno di divenire e trasformazione? E’ che valore può avere il semplice trovare Pace all’interno di queste necessità , aderendo col “cuore” ( come è professato da molti pseudo-spiritualismi e filosofie spiccie) ad esse?
      E’ illusorio pensare (o intuire) che esista una dimensione interiore non toccata dalle necessità, non necessaria in se stessa? Una dimensione che potrebbe forse essere definita come vera Libertà da…?
      Ho letto in vari post frasi molto dure contro l’ascetismo e l’ideale ascetico, visto come essenzialmente parassitario, negante la volontà di potenza, di odio, ma anche di pietas della vita stessa.
      Ma il vero ascetismo, vuoto da dispute, si fonda per sua natura proprio nella disperata ricerca di quella Libertà dalle necessità della vita stessa. Consapevole che l’aderire alla vita e illudersi di trovarvi pace (all’interno del laccio delle necessità) è rimedio inefficace contro la natura dolorosa stessa dell’esperienza del vivere.

      Che poi per molti la vita non appaia come dolorosa, ma qualcosa da godere e assaporare incessantemente, è l’apoteosi della necessità, la sua autentica modalità d’essere, il suo inganno.
      (E qui per me vedo un’ insufficiente visione profonda del reale)
      La necessità ci fa ballare tutti alla sua musica.
      E il fatto che questa musica sua via via frenetica, cupa oppure soave e melodiosa, non cambia in nulla il fatto che noi non possiamo far altro che ballare disperati…a volte tristi, a volte allegri, ma sempre…schiavi.
      Grazie per aver scritto

      Ninni

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  98. Feticismo.
    Nella teoria di Marx, il fenomeno tipico dell’economia monetaria, e di quella capitalistica in particolare, per cui le merci non rappresenterebbero semplici oggetti fisici ma rispecchierebbero rapporti sociali e situazioni antropologiche
    Prendo l’incipit dalla Treccani online.
    Mi pare adeguato, anche se poi sullo svolgimento dissento.

    Il problema con Marx è quello.
    Non ho dubbi, anche perchè così inizia il capitale.
    E su quello mi soffermo, perchè se su Hegel medito sul primo capitolo.
    (ossia la questione se esista o meno un soggetto…e per Hegel sia chiaro: non esiste).
    Su Marx mi fermo sulla prima frase, dinamitarda, e ovviamente sottovalutata.

    Ciao Nì

    Maria Luisa

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    • Maria Luisa

      “La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una “immane raccolta di merci” e la merce singola si presenta come sua forma elementare.
      Perciò l’indagine comincia con l’analisi della merce.
      La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo.
      La natura di questi bisogni, per esempio il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia, non cambia nulla.
      Qui non si tratta neppure del come la cosa soddisfi il bisogno umano; se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come oggetto di godimento o per via indiretta, come mezzo di produzione”

      Ma dietro a tutto questo vi è una antropologia umana assai complessa e non analizzata.
      Come a dire che il mondo in cui viviamo è dominato da oggetti, e che questi oggetti sono “frutto” di bisogni umani sia di sussistenza che di piacere.
      Vale a dire che noi raccogliamo feticisticamente ciò che per noi ha valore.
      Ossia che il soggetto si identifica come altro da sè, come oggetto.
      Ossia come oggetto sociale, convenzionale dice più avanti Marx.
      Sono supposizioni importanti e che mi lasciano insoddisfatto.
      Di certo spiegano molto bene il perchè la tecnica diventi qualcosa che domini l’uomo.
      Sono d’accordo che l’uomo, se vuole, può bloccare questa tecnica, ma il fatto è che l’uomo non vuole, per via di un dislocamento del soggetto.
      (che è ovvio se è vero, come sembra del feticcio, avviene per via meramente dialettica, Hegelianamente secondo ragione, ma formale.)

      Grazie

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  99. Hegel spiega cos’è la coscienza infelice, mentre Nietzsche non vuole spiegare nulla quando nella Gaia Scienza direttamente annuncia: “Dio è morto! Dio resta morto!” e finisce a chiedere: “Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?”.
    Non c’è proprio nessuna coscienza infelice a essere spiegata qui, il contesto (e quindi il senso dirompente dell’annuncio nicciano) è del tutto diverso.
    Altrimenti questa riflessione si sarebbe forse dovuta intitolare:
    “Dio è morto. Anche Hegel”, o magari “Dio è morto. Anche il cristianesimo”.

    Mi sembra
    Bye

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    • Gabriele P.

      Certo, che è il cristianesimo che annuncia la morte di Dio, e chi altro potrebbe farlo?
      Nietzsche era figlio di un pastore luterano e di sicuro aveva conosciuto assai bene il cristianesimo e inteso che la morte di Dio (dell’idea di Dio), ormai non ne preannunciava più alcuna resurrezione (proprio come, si potrebbe dire, la morte di Hegel per la metafisica.

      Grazie Ciao

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  100. Credo che la scienza in generale e la biologia in particolare non possano servirsi di concetti vaghi, qualitativi, imprecisi e del tutto soggettivamente valutabili come “forti” o “deboli”, “accorti” o “non accorti (=ottusi?)”, “spirito”, ecc., bensì di concetti precisamente definiti come “fitness (in italiano adattamento all’ ambiente)”.

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  101. Dio è morto, oggi più che mai

    Forse all’inizio erano metafore, adesso non lo sono più, sono un vero e deliberato attentato alla diffusione condivisione di idee. Mi viene da ridere istericamente: le parole come yogurt: ieri significavano una cosa, poi sono scadute e ne significano un’altra, in maniera reale, non metaforica.
    Per dirla con Battiato
    Quando il sacro parla, il sublime prende forma

    Salve

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  102. Se ci pensi bene questa concezione delle cose è già stabilmente presente nella nostra coscienza, e ce ne accorgiamo, ad esempio, quando – nonostante tentiamo di accettare l’idea che esista una “industria” finanziaria che crea plusvalore dal semplice scambio di valori nominali.
    Non riusciamo a considerare veramente quell’attività creazione di valore collettivo, quindi intimamente la giudichiamo immorale, perchè non contiene lavoro umano utile agli altri, ma solo ed esclusivamente guadagno sopra il lavoro degli altri.

    Ciao

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  103. Ho pensato al concetto di volontà di potenza.
    In realtà è solo un estratto del discorso che ne fa Nietzsche, in aperta polemica con Darwin e la sua teoria della selezione naturale (in sintesi afferma che la lotta per la vita è solo un eccezione e che avviene in favore dei deboli e non dei forti).

    Buona giornata

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  104. Non esiste, tra persone equilibrate alla ricerca della Verità, la possibilità di non doversi schierare (quindi decidere in virtù del libero arbitrio), su decretate e sancite contingenze, solo grazie alla Fede personale.
    Nietzsche ha optato che Dio è morto, io che Dio è vivo

    Bell’argomento
    Grazie e buongiorno

    Micaela

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  105. Per quanto vogliano farci credere il contrario, nel nostro animo la parola “speculazione” sarà sempre un termine negativo, perchè – come diceva Marx – siamo capaci di dare un valore solo ed esclusivamente al lavoro che gli altri fanno per soddisfare i bisogni della collettività, e – piu’ o meno consciamente – non riusciamo a non considerare un furto la cresta fatta sul lavoro altrui.

    lamanuinritardissimo

    🙂

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  106. La volontà di potenza è una “forza” che tende a consumare,in virtù del suo continuo fluire e del suo eterno gioco di creazione e distruzione,e non a conservare la specie.
    Il forte è, in primis, anche un maledetto.
    Una questione che spesso da adito a fraintendimenti, legati molte volte ad analisi superficiali della sua filosofia.
    Spero di essermi spiegata

    Ciao Ninni
    Buonagiornata

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  107. In fondo alla storia – nel mio modo di vedere le cose – c’e’ un unico grande bivio: una strada porta all’autodistruzione, l’altra porta alla fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, mediante il conferimento di un giusto compenso a chi crea valore utile per gli altri con il proprio lavoro, senza l’applicazione di guadagni da sfruttamento sul lavoro altrui. In pratica, in una società perfetta, ciascuno fa la propria parte e ne riceve in cambio l’esatto equivalente, in questo modo il significato che le merci portano con sè è sincero e onesto, e il valore è dato dalla loro reale utilità per la collettività e non contiene traccia di speculazione e di bugia.

    Solo in questo modo, secondo me, alla lunga una società umana complessa come la nostra puo’ trovare stabilità e reale benessere duraturo.

    Buongiorno

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