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.S.P.Q.P.
Senatus Populusque Panormitanus
Urbs Felix et Regni Caput
Questa è Palermo
Una Palermo incantata che vive nel ricordo della mia infanzia. Una palermo magica e piena di vita, con pregi e contraddizioni.
Per usare una parafrasi: seguitemi non come turisti, ma come ospiti.
Nella sua lunga storia, circa 3.000 anni, la città di Palermo ha cambiato diversi poleonimi in base alle varie dominazioni che si sono succedute al comando della città
Sys o Zyz
Il primo nome documentato è Sys o Zyz (la “z” va pronunciata come una s sonora fricativa alveolare sonora) che in fenicio significa fiore o anche splendente. Molti studiosi infatti credono sia questa la denominazione della città alla sua fondazione.
Il riferimento al fiore è dato dalla forma che dall’alto aveva la città, con due fiumi che si avvicinano molto allo sfociamento sul mare, ricordando il profilo di un fiore.
La tesi che vede il nome Zyz come primo nome della città sarebbe stata spesso criticata da molti studiosi. I fenici utilizzavano la scrittura solo per scopi pratici, quindi non sono presenti fonti scritte di lingua punica che parlano delle città presenti in Sicilia. Questo nome è presente su molte monete trovate presso la città di Palermo e in tutta la Sicilia, e sembra indicare il nome della città coniatrice.
In alcune monete è presente la dicitura Cittadini di Sys.
Palermo era una delle principali città puniche e di conseguenza era probabilmente dotata di una propria zecca, quindi è ipotizzabile che, non essendo state trovate altre monete dello stesso periodo con altri nomi questo sia il primo nome della città. Di poco successive invece sono delle monete con incisione Panormos, il nome greco della città, che quindi potrebbe essere stato assunto successivamente dagli stessi Punici.

Fonte battesimale
Panormos
Successivamente il nome cambiò in Panormos o anche Pànhormos che deriva dall’unione di due parole greche, Pan (tutto) ed Hòrmos (porto), questo particolare nome deriva dalla conformazione stessa della città, che si trovava alla convergenza di due fiumi i quali, circondandola creavano un enorme (per l’epoca) approdo naturale. Oltre a questo la città, come tutte le città fenicie, basava la sua economia sul commercio marittimo. La prima fonte a dare questo nome alla città è Tucidide che descrivendo la Sicilia all’arrivo dei Greci parla di Palermo, Mozia e Solunto come le più importanti colonie Puniche presenti sull’isola.
Il nome Panormos è comunque molto utilizzato dai greci per indicare città rinomate per il proprio porto e lo troviamo in altri punti del Mediterraneo.
Questo nome andò diffondedosi più di quello fenicio, grazie alla maggiore influenza e presenza greca sull’isola, ma, nonostante ciò, i Greci non riusciranno a controllare mai la città che resterà una città Punica ed autonoma fino al periodo romano.
Panormus
Durante la dominazione romana si mantenne il nome greco anche se avvenne una piccola modifica di pronuncia, infatti il nome assimila una forma più simile al latino cambiando la declinazione in Panormus, in questa prima fase però il nome mantiene lo stretto legame con il nome greco.
Balarm
Ulteriore passaggio prima della forma moderna avviene con la dominazione araba, quando il nome originale diviene Balarm come ci viene riportato dagli storici arabi Ibn Hawq e Edrisi e viene pronunciato Bal(e)rm, anche se alcuni storici arabi contemporanei alla dominazione chiamavano la città semplicemente Madìnah che in arabo identifica la città per antonomasia, questo sottolinea l’importanza che aveva raggiunto la stessa città sotto la dominazione araba.
Balermus
Ulteriore passaggio avviene con la dominazione normanna in questo periodo il legame con l’arabo è molto forte, infatti la lingua parlata rimane la stessa e di conseguenza la forma araba diviene dapprima Balermus, echeggiando la precedente pronuncia latina su una base araba, e successivamente Balarmuh sempre con la pronuncia Bal(e)rmuh.
Fondata dai Fenici intorno al 734 a.C Palermo possiede una storia millenaria che con il suo patrimonio culturale ed artistico, riesce ad incantare colui che la viene a visitare.
In quale altra città troviamo culture ed elementi architettonici così vari ed incantevoli? A Palermo passiamo da residenze arabo-normanno a ville in stile liberty, da chiese barocche a teatri neoclassici, e poi chiese, Palazzi, Castelli, Piazze. Porte di città, Mercati storici, Aree naturali e poi buon cibo, ottimo clima e non finisce quì!
Scopritela.

Affresco sulla navata centrale
La Cattedrale di Palermo
La Storia
Attorno al 1170, durante il regno di Guglielmo II, l’arcivescovo di Palermo l’inglese Walter Off the Mill, dalla tradizione ricordato col nome di Gualtiero Offamilio, iniziò la costruzione di un nuovo Duomo. Si trattò in realtà della ricostruzione di una preesistente antica cattedrale gravemente danneggiata dal terremoto del 1169.
La Cattedrale gualteriana cronologicamente costituiva la terza delle chiese succedutesi nel sito; in questo luogo infatti sorgeva, già in età paleocristiana (IV secolo), una basilica distrutta intorno alla metà del V secolo durante le persecuzioni vandaliche, sulle cui rovine fu costruita dal vescovo Vittore e per volontà di San Gregorio Magno nel 590, la “Sanctae Mariae Basilica”, consacrata nell’anno 604.
Durante l’occupazione saracena nel IX secolo, la chiesa venne ristrutturata ed ampliata per essere trasformata in una grande moschea.
Con l’avvento dei normanni la chiesa fu restituita all’originale culto cristiano (1072) e reintegrato il vescovo Nicodemo che, in clandestinità, durante la dominazione araba aveva continuato ad esercitare il culto cristiano.
Il progetto edilizio dell’arcivescovo era molto ambizioso, la sua realizzazione richiedeva ingenti risorse, e la tradizione popolare spiega le possibilità economiche dell’Offamilio con il ritrovamento di un mitico “gran tesoro” fuori le mura della città, tesoro che servì per la costruzione della chiesa e del monastero cistercense di Santo Spirito ed il cui rimanente fu speso per la nuova “Majuri Ecclesia” palermitana.
L’Architettura
Opera grandiosa, l’originaria costruzione gualteriana si sviluppava su un impianto basilicale suddiviso in tre navate, innestato ad un “santuario” costituito dall’assemblaggio del transetto con un corpo a tre absidi, di cui quella centrale di dimensioni maggiori.
L’impianto era a croce latina e presentava una teoria di dieci archi a sesto acuto rette da gruppi di quattro colonne di granito egizio, provenienti da costruzioni di età classica (probabilmente ricavati dal materiale di spoglio dell’antico tempio nicodemiano) per ognuno dei lati della navata maggiore, più un gruppo di colonne binate dello stesso ordine, alle due estremità.
Venti finestre bifore per lato illuminavano la navata maggiore e altrettante le navate laterali.
Il coro riceveva luce attraverso le arcate del “Cleristorio”, loggiato architettonico di origine nordico, che si apriva in alto nelle volte del presbiterio. Il tetto della navata maggiore era ligneo e strutturato a capriate, “riccamente decorato e sorretto da diciannove travi dipinte”.
Il sacro edificio, consacrato nel 1185, in onore di Maria Santissima Assunta, era ancora incompiuto alla morte del suo committente (e probabile architetto), avvenuta nel 1190, appena un anno dopo di quella del grande re Guglielmo II.
La morte impedì all’arcivescovo la completa realizzazione del suo grandioso progetto, ma è probabile che anche i mezzi finanziari di cui disponeva non furono sufficienti.
Fin dalle sue origini, la Cattedrale di Palermo ebbe funzioni di culto e di fortezza, e anche quella di tempio funerario riservato ai re, alle loro famiglie e agli arcivescovi. Furono infatti riservati a tal fine due spazi simmetrici nel “santuario” ai lati del coro.
La Cattedrale palermitana, la cui storia riflette e sintetizza quella della città, ha subito, attraverso i secoli, continui rimaneggiamenti, restauri, aggiunte e modifiche, di cui talune a volte discutibili. Alla prima metà del XV secolo, risale il prezioso portico della facciata meridionale, mirabile manufatto architettonico-scultoreo del maestro della fabbriceria del Duomo, il “Magister Marammae” Antonio Gambara.

La Corona di Costanza
Il portico, ritenuto un grande capolavoro dell’arte siciliana, rimarca fortemente i caratteri stilistici dell’architettura catalana in gotico fiorito. natale cattedraleLe tre arcate ogivali, di forma arabeggiante, fiancheggiate da due torri laterali, sono sovrastate da un grande timpano, inquadrato da una fascia decorativa di elementi scultorei che raffigurano animali in movimento, figure vegetali e antropomorfe “l’albero della vita”. Sotto il portico, si trovano bassorilievi di grande interesse storico, che celebrano l’uno l’incoronazione di Vittorio Amedeo II di Savoia, l’altro quella di Carlo III di Borbone, avvenute entrambi nel Duomo palermitano. Nel 1466 l’arcivescovo Nicola Puxades arricchì il duomo di un pregiatissimo coro ligneo intagliato fatto di 78 fastosi stalli corali, in stile gotico catalano.
Nel XVI secolo si volle ornare l’abside maggiore della chiesa con una grande tribuna marmorea, della cui esecuzione fu incaricato il più grande scultore siciliano del Cinquecento, Antonello Gagini.
La famosa tribuna, che richiese più di mezzo secolo di lavoro (la terminarono i figli di Antonello), conteneva in due ordini di nicchie 47 statue di santi ed era sovrastata dalla figura del Padre Eterno tra una gloria di angeli. Opera grandiosa e di grande ricchezza artistica, la tribuna del Gagini pur col suo carattere discordante con quello dell’antica cattedrale gualteriana, era per essa altamente decorativa, anche se mancava di un criterio unificatore. La sua sciagurata distruzione rientra nell’opera di rinnovamento della Cattedrale avvenuta nella seconda metà del XVIII secolo (la maggior parte delle sue statue furono sistemate fuori dal tempio a coronamento delle mura esterne). La decorazione esterna della chiesa fu compiuta in tempi diversi, compresa la costruzione degli ordini superiori delle quattro torri angolari scalari, del prospetto occidentale e ancora della torre campanaria attuale (costruita in stile neogotico nel 1805 su progetto di Emanuele Palazzotto).

Costanza

Fonte battesimale
Nei continui tentativi di adeguare l’antico edificio allo stile architettonico dei tempi, nel 1767 don Ferdinando Fuga, regio ingegnere alla corte dei Borboni, su commissione dell’arcivescovo Filangeri, elaborò un grandioso progetto di totale trasformazione e ammodernamento della chiesa. Accantonato per molti anni, il progetto fu ripreso e affidato alla direzione degli architetti Giuseppe Venanzio Marvuglia e Salvatore Attinelli, che vi lavorarono dal 1781 al 1801. Questi lavori comportarono la cancellazione di almeno tre quarti della primitiva architettura: gli interni dell’antica fabbrica furono totalmente riconfigurati, vennero smembrati i gruppi di colonne tetrastili, per fare posto ad una severa sequenza di grandi pilastroni intercalati da archeggiature a tutto sesto della più severa concezione neoclassica. Profonde alterazioni subirono le navate, sia quella centrale che quelle laterali. La trasformazione più evidente riguardò l’area presbiteriale, modificando nelle proporzioni l’originale “titulo” (coro) ed “antititulo” dell’antica basilica gualteriana. Il coro modificato fu prolungato fino all’abside maggiore, si ricostruì il transetto e nel contempo fu innalzata una solenne cupola neoclassica, la cui altezza doveva sovrastare tutte le altre della città. La Basilica normanna venne pesantemente deturpata e si trasformò in un’austera chiesa della controriforma, abolendo così ogni ricordo di quella che fu la più grande delle Cattedrali normanne di Sicilia.
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Anche l’esterno subì delle trasformazioni, in analogia alla riconfigurazione dei volumi originari dell’interno, mantenendo comunque sempre una impronta non priva di raffinatezze architettoniche. La decorazione esterna originaria, caratterizzata da una ricca decorazione a tarsie bicrome (in cui la pietra chiara è alternata con pietra lavica) venne in parte occultata: la parte absidale del prospetto orientale, è quella più originale (XII secolo), presenta una decorazione ad intreccio di archi ciechi, a tarsia lavica, con motivi geometrici che si intersecano dando vita al tipico disegno a doppia archeggiatura, analoghi motivi ornamentali si ritrovano parzialmente anche nelle absidi del Duomo di Monreale. Del suo attuale aspetto, assieme al portico del fronte meridionale, questa è la parte della Cattedrale più suggestiva, di più elevato fascino architettonico e che colpisce più il visitatore.
Tantissime e pregevoli sono le opere d’arte che si conservano nel Duomo, soprattutto del periodo rinascimentale. Tra le tante preziose testimonianze d’arte oggi esistenti nel tempio, si devono ricordare la cappella del Sacramento, con un prezioso ciborio secentesco in lapislazzuli, l’altare del Crocifisso in cui si venera un antichissimo simulacro di Cristo, di grande intensità drammatica, dono di Manfredi Chiaramonte nel XIV secolo, le acquasantiere della navata centrale opere di Domenico Gagini e Giuseppe Spatafora, un fonte battesimale di forma ottagonale, opera degli scultori Filippo e Gaetano Pennino, la Madonna Libera Inferni, opera di immateriale bellezza di Francesco Laurana e tantissime altre opere di grandi artisti. Infine la famosa cappella di Santa Rosalia, luogo di venerazione per i palermitani, posta nell’abside minore del transetto di destra, che conserva i resti mortali della Santa Patrona della città racchiuse in una preziosa urna d’argento, pregevolissimo lavoro di abili artisti siciliani del seicento su disegno di Mariano Smiriglio. Le statue della tribuna del Gagini, che erano state lungo tempo all’esterno, alla fine dell’ultima guerra, sono state riportate nell’interno e addossate ai pilastri della navata maggiore. Occorre inoltre, far cenno sia del tesoro, ricco di preziosi paramenti e suppellettili, argenti sacri e paliotti d’altare, i cui pezzi di maggiore interesse sono la corona e i gioielli tratti dal sepolcro di Costanza d’Aragona, sia della cripta (che secondo molti studiosi appartiene all’antica fabbrica nicodemiana), ricca di antichi sarcofagi di cui alcuni paleo-cristiani.

I sarcofagi dell’Imperatore e dell’Imperatrice (da destra a sinistra)
Le tombe reali e imperiali
Posti in un angolo della Cattedrale, a sinistra dell’ingresso del portico meridionale, troviamo gli avelli regali, che originariamente, come già accennato, erano situati nel coro.
Caratterizzati da una semplicità grandiosa e solenne i sepolcri dei monarchi siciliani sono una delle maggiori attrattive per chi visita la Cattedrale.
Nel primo vano troviamo la tomba dell’imperatore Federico di Hohenstaufen realizzata in porfido massiccio e baldacchino sempre in porfido a forma di tempio.
Simile alla prima è la tomba della moglie, l’imperatrice Costanza d’Altavilla, mentre il baldacchino è in marmo bianco e presenta una decorazione musiva con tessere d’oro: incassata nella parete di fondo della cappella troviamo il sarcofago in marmo bianco di epoca romana, dell’imperatrice Costanza d’Aragona, figlia di Alfonso II d’Aragona e prima moglie di Federico II, nel cui fronte è scolpita una piacevole scena di caccia. Nel secondo vano si trova il monumento sepolcrale del grande Federico II, tutto in porfido rosso appoggiato su un basamento formato da due coppie di leoni che sostengono l’urna nella curva dei loro dorsi: il sarcofago di Federico reca scolpiti sul coperchio, dei tondi dove sono rappresentati i quattro evangelisti, il Redentore e una Madonna con Bambino.
Il sarcofago contiene altri due corpi, quello di Pietro III d’Aragona e quello di una giovane donna la cui identità è ancora avvolta nel mistero (forse la nipote Beatrice, figlia di Manfredi).
Dietro la tomba di Federico si trova il sarcofago di Ruggero II, primo re di Sicilia, costruito in lastre di porfido squadrate sostenuto da telamoni scolpiti in marmo bianco, è coperto da un baldacchino marmoreo con decorazione musiva, molto simile a quello della figlia Costanza d’Altavilla: nella parete di sinistra che delimita la cappella con la tomba di Federico, troviamo il sarcofago di Guglielmo d’Aragona duca di Atene e figlio di Federico III d’Aragona.
Due dei sarcofagi di porfido sono quelli che re Ruggero II fece sistemare nel Duomo di Cefalù per accogliere le sue spoglie e quelle del suo successore.
Il nipote dell’imperatore, non rispettando le volontà del nonno, con un atto di prepotenza nel 1215 li fece traslare nella Cattedrale di Palermo, che accolsero le salme di Federico e di Costanza d’Altavilla.
L’Imperatore e l’Imperatrice sono tumulati, nei rispettivi sarcofagi, l’uno di fronte all’altra in quanto, l’Imperatore stesso, credeva che nel Giorno del Giudizio, entrambi i coniugi levandosi dal mondo dei morti si sarebbero visti negli occhi riconoscendosi e per questo rimanere insieme per l’eternità.
Una delicata storia d’amore che viene da molto lontano.
Alcuni studiosi sostengono invece, che il sarcofago di Federico sia uno dei due “cefaludensi” e che l’altro sia quello di Enrico.
Occorre ricordare che nella sua lunga e tormentata vita, la “Chiesa Madre” è stata silenziosa testimone della vita del popolo palermitano come di tantissime vicende storiche.
Oggi più che un monumento, rappresenta una preziosa testimonianza di espressioni artistiche e architettoniche diverse e visitarla è come sfogliare della pagine di storia immortale e di arte.
La Cattedrale di Palermo fa parte del percorso arabo-normanno patrimonio mondiale dell’Unesco
Cordialità
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Che bello.
Mi fa sognare tutto questo.
Grazie
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Bella proprio la Cattedrale. Immensa e decisamente “importante”.
Me la ricordo quando ho visitato l Capitale della cultura: Palermo.
Ma non offenderti, Ninni
Fra i tanti edifici religiosi che offre Palermo questo si impone per la sua visibilità e per l’aspetto esteriore.
Deludente il museo e la cripta, malandati, trascurati, bisognosi di un allestimento da rivedere secondo i criteri museografici attuali.
Il bellissimo camaleuco (la corona imperiale) di Costanza (XIII secolo) meriterebbe una più adeguata presentazione.
Ma su tante cos, per esempio, mi hai illuminato.
Non sapevo, per esempio di Balarm …
Grazie Milord
Vale
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La mia prima volta nel “profondo sud” è stata un’esperienza che proprio non avrei mai immaginato. Mi ero informata presso amici chiedendo (e adesso quasi me ne vergogno) quali fossero i posti dove non andare e per tutta risposta mi ero sentito dire che Palermo era una città sicura.
Ebbene avevano ragione!!!!
Oltre ad essere una bellissima città Palermo è abitata da gente molto perbene, gentile, disposta a darti un a mano senza nulla chiedere in cambio.
Sono stato nei vicoli più (apparentemente) pericolosi e devo dire che non solo nessuno mi ha disturbato ma bensì ad ogni richiesta di informazioni facevano a gara per aiutarti.
Sicuramente ritornerò e mi porterò appresso qualche amico milanese che ancora non ci crede.
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E’ stata una esperienza bellissima vedere gli splendori di Palermo dall’alto del bus scoperto.
Ho torvato un tempo meraviglioso e una termperatura mite sembra di essere in estate, la gentilezza del personale che mi ha accolto è veramente ammirevole.
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Ho visitato questa cattedrale durante un soggiorno a Palermo. Architettonicamente stupenda. Una delle cattedrali piu belle che abbia mai visto.
Bellissima grazie Ninni, che bella iniziativa.
Grazie
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La bellezza della cattedrale è qualcosa d’indescrivibile. Ne ammiro la sua maestosità quasi ogni giorno. Consiglio di visitare questo monumento per chi farà tappa A Palermo.
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Ho sempre pensato, purtroppo solo immaginato, che avere una terra d’ infanzia che abbia dato ricordi lieti sia una delle più concrete fortune che possano capitare.
I bei ricordi giovanili contribuiscono consistentemente al senso di appagamento della propria vita. Anche se a nessuno la vita risparmia periodi poco felici, poter avere il riferimento delle radici in un luogo preciso in cui si è vissuti i primi della vita gioiosamente, è appunto un’ inestimabile fortuna e, in qualche modo nei momenti in cui se ne ha bisogno, fanno compagnia.
L’ Amore, la Passione, Caro Antonmaria, si legge efficacemente in questa pubblicazione dedicata alla città in cui viveste i primi anni con la Vostra Famiglia, sicuramente felicemente.
Palermo, che non conoscevo, a mano a mano l’ ho apprezzata tramite Voi, ed anche con ciò che ho appena letto, posso far tesoro dei tanti aspetti affascinanti di genere storico, artistico, folkloristico che rendono prestigiosa e incantevole Palermo.
Alla fine, citando la storia d’ Amore Immortale tra Federico e Costanza, me la fate immaginare…e anche di più.
Grazie, col significato più ampio.
Maria Silvia
Vostra Sil
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