Lo sfincione

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Lo sfincione nella cultura palermitana
Spiegare che cosa sia lo sfincione a chi non ha mai vissuto a Palermo non è semplice come potrebbe sembrare; la maggior parte di questi cadrà in un errore banale, ma legittimo, scambiando questa specialità siciliana per una variante della pizza. Effettivamente le somiglianze ci sono e l’aspetto dello sfincione, ricorda proprio quello di una pizza, magari un po’ più rustica. Un occhio più attento, però, noterà che la sua pasta non è sottile, ma spessa e la consistenza è più morbida di quella di una pizza, è più spugnosa; il nome “sfinciuni” deriva proprio dalla somiglianza tra la sua pasta ed una spugna, in latino spongia, che in Sicilia è diventato sfincia.
Questa differenza sostanziale può percepirla chiunque assaggi per la prima volta uno sfincione, rendendosi conto di come questo sia differente da una pizza.
Lo sfincione, però, non è solo questo.
Non è soltanto una prelibatezza culinaria dal sapore inconfondibile, ma è anche – e soprattutto – cultura.
Per un palermitano è impossibile pensare allo sfincione senza sentire nella propria testa l’eco della voce del venditore ambulante che urla: “chisti sunnu accussì ra bella, vieru! Chi ciavuru!” che significa, più o meno: “queste sono cose veramente belle! Che profumo!”. Questa “abbanniata”, cioè l’urlo dell’ambulante per promuovere il proprio prodotto, è diventata storica perché è stata registrata molti anni fa ed oggi è usata da tutti gli sfincionari, che la riproducono attraverso il megafono del proprio “lapino” – Ape Piaggio – in giro per la città.
Sarebbe impossibile per un non palermitano comprendere il legame esistente tra l’abbanniata dello sfincionaro e l’immediata ed irrefrenabile voglia di sfincione che provoca in chi l’ascolta.
Poco importa se, come recita la voce registrata, più in basso, dell’abbanniata, lo sfincione in questione è “scaissu r’uogghiu e chinu i pruvulazzu!”, cioè “con poco olio e pieno di polvere”, quasi a voler rimarcare il fatto che si tratti di cibo da strada.
Lo sfincione non è solo ed esclusivamente un prodotto tipico dello street food, del capoluogo siciliano e della sua provincia, ma è anche una tra le portate immancabili delle festività natalizie; secondo la tradizione, la ricetta è stata ideata dalle suore del convento di San Vito, a Palermo, per poi diffondersi, come pietanza natalizia, tra la gente più povera della città, che almeno per le feste non voleva mangiare il solito “pani schiettu”, ovvero pane scondito.

Per un palermitano, dunque, pensare allo sfincione rimanda inevitabilmente alle festività natalizie ed alla famiglia.
Come spiegare, allora, lo sfincione ad un non palermitano? Come raccontare il significato profondo che ha per la cultura palermitana? Forse spiegare tutto questo non è possibile, ma, se doveste trovarvi a Palermo, non lasciatevi sfuggire l’occasione di assaggiare una fetta di sfincione nella città in cui è nato

Lo sfincione (sfinciuni o spinciuni, in siciliano) è un prodotto tipico della gastronomia palermitana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Lo sfincione è simbolo della cultura del “cibo da strada” di Palermo.

Al pari della sfincia di San Giuseppe, il nome si fa derivare dal latino “spongia” e dal greco spòngos, ossia “spugna”, oppure dall’arabo isfang col quale si indica una frittella di pasta addolcita con il miele.
Si tratta di una antica ricetta che vede, come ingrediente cardine, il pane di pizza (quello morbido e lievitato però e simile, appunto, ad una spugna) con sopra una salsa a base di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e pezzetti di formaggio tipico siciliano (chiamato caciocavallo).
Lo sfincione si può gustare solo a Palermo e dintorni, presso alcune pizzerie, gastronomie e panifici.

Varianti
Una sua variante è quella preparata a Bagheria, secondo una ricetta alternativa, che non prevede l’uso della salsa di pomodoro, che è sostituita da Tuma (o ricotta), cipolle e acciughe (detto, anche, “sfincione bianco”).

Perché non provare a realizzarlo in casa?
Vi spiegherò, passo passo, come realizzare l’impasto, come fare la versione palermitana e quella bagherese.

COME FARE LO SFINCIONE IN CASA
A Napoli la pizza e a Palermo lo sfincione, uno dei cibi di strada che è possibile acquistare, oltre alle panelle e agli arancini di riso alla siciliana, giusto per citare alcuni cibi fritti e ghiotti.
Si tratta di una pasta lievitata dalla consistenza morbida, simile a una focaccia, che viene condita con salsa di pomodoro, filetti di acciughe, origano e caciocavallo. Insomma, un alimento semplice, ma capace di sintetizzare bene i sapori di questa regione.
È una preparazione nata dalla necessità di mangiare qualcosa di diverso dal pane almeno durante il Natale, ma oggi è possibile acquistarlo praticamente tutto l’anno.
Lo sfincione, infatti, non è solo tipico di Palermo, ma viene preparato anche a Bagheria ed è un vero e proprio piatto che non può mancare a tavola il giorno prima di ogni festa del periodo natalizio, dall’Immacolata all’Epifania.
A questo punto occorre anche parlare delle differenze tra le due ricette.
Lo sfincione palermitano, come ho detto, viene condito con sugo al pomodoro e altri ingredienti salati; mentre quello bagherese è principalmente dolce, bianco, morbido e viene condito con ricotta e mollica. Occorre però dire che, in realtà, lo sfincione acquistato in strada risulta essere più croccante.

Non siete curiosi di sapere come vengono preparati entrambi?
E allora continuate a leggere.

LO SFINCIONE
L’impasto dello sfincione colpisce per la sua morbidezza; il suo nome deriva dalla sfincia, dolce che viene preparato in occasione della festa del papà, un po’ come le zeppole di San Giuseppe, nome che a sua volta deriva dal latino spongia, ovvero “spugna”.
L’impasto di questa preparazione è molto simile a quello del pane, realizzato quindi con ingredienti semplici come farina, lievito, olio. Viene poi condito con olio, formaggio, origano e nella variante di Bagheria sulla sua superficie è possibile trovare ricotta, pecorino siciliano e talvolta verdure, ad esempio le zucchine.
Piace a grandi e bambini e tutti dovremmo provare a prepararlo almeno una volta nella vita.

COME FARE LO SFINCIONE ALLA PALERMITANA
Lo sfincione alla palermitana è una sorta di focaccia soffice che viene condita con un’abbondante dose di sugo al pomodoro, caciocavallo a fette e origano e il suo sapore viene amplificato dall’aggiunta di qualche acciuga.
Per fare lo sfincione palermitano gli ingredienti sono:
800 g di farina 00;
25 g di lievito di birra;
2 cipolle;
500 g di pomodori pelati;
100 g caciocavallo fresco;
250 ml di acqua;
100 g filetti di acciuga sottolio;
origano;
pangrattato;
olio extravergine d’oliva;
sale;
pepe nero;
acqua.

La prima cosa da fare è sciogliere il lievito in poca acqua tiepida: lasciatelo poi riposare per una decina di minuti. Prendete un tegame capiente e impastate la farina con il lievito, versate ancora un po’ di acqua tiepida, lavorate il composto e aggiungete altra acqua solo quando la precedente è stata assorbita. Attenzione alla dose di acqua che ho dato, perché è solo indicativa: ogni farina ne assorbe in modo diverso, quindi è probabile che ne avanzi un po’ o che, al contrario, ne occorra dell’altra. Il consiglio, quindi, è quello di aggiungere un po’ di acqua alla volta, fin quando non si ottiene un impasto morbido, ma non colloso, e un pizzico di sale.

E dopo questa parentesi torniamo al nostro impasto.
Lasciate lievitare la pasta nella ciotola infarinata, coprite con un canovaccio pulito o con pellicola alimentare e lasciate lievitare per 2 ore.
Intanto, dedicatevi alla preparazione del condimento.
Preparate i pomodori schiacciandoli con una forchetta e affettate la cipolla finemente. Prendete una ciotola, fate dorare la cipolla in un giro di olio e poi unite i pomodori, un po’ di sale e di pepe. Versate anche un po’ di acqua, qualche cucchiaio, e lasciate cuocere a fiamma lenta per una trentina di minuti. Mescolate di tanto in tanto e se vi sembra il caso, aggiungete ancora un po’ di acqua.
Trascorso il tempo di lievitazione prendete l’impasto e stendetelo fino a ottenere uno spessore di qualche centimetro, quindi trasferitelo in una teglia oleata e sistemate sulla superficie le acciughe spezzettate.
Coprite con il caciocavallo fresco tagliato a listarelle e versate la salsa al pomodoro, usando un cucchiaio.
Unite una spolverizzata di pangrattato e l’origano, quindi infornate lo sfincione a 200° e cuocete per circa 20 minuti.
Una volta cotto lasciatelo raffreddare per qualche minuto prima di servirlo.

Ma vediamo adesso come realizzare lo sfincione usando il lievito madre, che vi consentirà di avere un risultato ancora più morbido e con un profumo invitante.
I tempi di lievitazione sono più lunghi, per quanto riguarda la preparazione del condimento potete far riferimento alla ricetta più in su.

Gli ingredienti per il primo impasto (chiamato poolish) sono: 120 g di farina Manitoba; 160 ml di acqua; 120 g di lievito madre rinfrescato e pronto per essere usato. Gli ingredienti per il secondo impasto sono: 400 g di farina 0; 100 g di farina di semola; 210 ml acqua; 15 g di sale; 1 cucchiaino di miele; 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva.

Cominciamo quindi a fare lo sfincione palermitano con il lievito madre.
La prima cosa da fare è preparare il primo impasto, ovvero il poolish: sciogliete il lievito nell’acqua tiepida e incorporate la farina un po’ alla volta fino a ottenere un impasto molto idratato ma omogeneo. Coprite la ciotola con la pellicola trasparente e lasciate lievitare per 12 ore o tutta la notte.
Il giorno dopo prendete il poolish e unite il lievito, l’acqua tiepida, l’olio e amalgamate il tutto. Versate anche le due farine, impastate e poi aggiungete il sale. Se preferite, impastate utilizzando una planetaria altrimenti lavorate l’impasto manualmente, mettendoci un po’ di energia.
Impastate fin quando non otterrete un composto omogeneo e morbido; trasferitelo sulla spianatoia e fate le classiche pieghe, ovvero portate verso il centro prima un bordo e poi un altro, facendoli sovrapporre (pieghe a libro).
Date all’impasto la forma di una palla, riposizionatelo in una ciotola, copritelo e lasciate lievitare per 2 ore, l’ideale sarebbe farlo in forno spento con luce accesa.
Riprendete la pasta lievitata, spostatela sulla spianatoia leggermente infarinata e sgonfiatela gentilmente con le dita; datele una forma rettangolare, fate nuovamente le pieghe a libro e fate lievitare di nuovo in una ciotola coperta, per 1 ora.
Riprendete l’impasto, sgonfiatelo leggermente con le mani, avvolgetelo come a formare una palla e fatelo riposare in frigorifero ancora per 1 ora e mezza.
Trascorso questo tempo, portatelo fuori dal frigo, lasciate che la sua temperatura si alzi leggermente.
Prendete una teglia, ungetela con un po’ di olio e sistemate l’impasto dopo avergli dato la forma di un rettangolo.
A questo punto, sistemate il condimento e infornate in forno preriscaldato a 220° per circa 20 minuti.

COME FARE LO SFINCIONE BAGHERESE
Lo sfincione di Bagheria viene condito con la Tuma, una sorta di pecorino stagionato, la ricotta, le cipolle, le acciughe e l’origano.
Vedremo come realizzare l’impasto.

Gli ingredienti per realizzare lo sfincione bagherese sono:
250 g di farina 0;
250 g di farina di grano duro o semola;
25 g di lievito di birra;
12 g di sale;
2 cucchiai di olio extravergine di oliva;
300 ml di acqua.

Per fare lo sfincione bagherese la prima cosa da fare è setacciare le due farine insieme, dare la classica forma a fontana con foro centrale. Versate al centro il cubetto di lievito sciolto in un po’ di acqua tiepida, e l’olio.
Cominciate ad amalgamare gli ingredienti e versate lentamente l’acqua, l’impasto dovrà risultare morbido ma non colloso quindi orientatevi con le dosi di questo ingrediente man mano che lavorate la pasta.
Adesso inglobate anche il sale, lavorate l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata per una quindicina di minuti.
Trasferite la pasta in una ciotola unta d’olio, copritela con la pellicola trasparente o con un canovaccio e lasciate lievitare per almeno 1 ora e mezza o fino al raddoppio di volume.
Trascorsa questa fase prendete una leccarda e ungetela con un po’ di olio, sistemate l’impasto e stendetelo con le dita.
Versate il condimento, nel paragrafo successivo vi diremo passo passo come realizzarlo, e infornate in forno caldo a 220° per circa 30-40 minuti.
Una volta pronto estraetelo dal forno e lasciatelo intiepidire prima di gustarlo. E adesso saltate al paragrafo successivo per imparare a realizzare il gustoso e profumato condimento.

Nel video potete ascoltare l’abbannio di uno sfincionaro che per attrarre l’attenzione dei passanti grida: “Ch’è bello vieru, uora u sfurnavu, uora… chi ciavuruuuuu” ovvero “guardate che bello e che odore, ora l’ho sfornato, ora” !
Pietanza povera, che nasce dalla necessità di non presentare, per le feste, il solito Pane, ma qualcosa di diverso, in una veste intonata alla circostanza.
Lo dice nella sua struttura (farina e lievito) probabilmente araba, mentre il suo nome è stato attribuito in Sicilia.

E qua un esempio di “abbanniata” palermitana
Cordialità

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14 pensieri su “Lo sfincione

  1. Ho sempre amato il cibo da strada.
    il più verace e il più vero e umile.
    A Palermo ho avuto modo di gustare la stigghiola e il pane con la milza.
    Mi è sfuggito lo sfincione ma troverò chi, attraverso le sue indicazioni, me lo preparerà in casa.
    La ringrazio
    buona giornata

    Amedeo

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  2. Il piacere, continuo stupore, dei gusti che si assaporavano da bambini e che rimangono!
    Questi tempi, purtroppo, stanno favorendo la scomparsa di molte tradizioni. Quindi ho letto con piacere dello sfincione, specialità della storia e cultura palermitana, che sussiste e che mantiene tutte le sue caratteristiche modalità per essere venduta, tramite l’ abbanniata. Poi Voi, Mio Caro Kren, sapete suscitare sempre interesse e curiosità, dunque vorrei provare la ricetta, ovviamente quella palermitana.
    Grazie

    Vostra Sil

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  3. Interessante nella esposizione e spiegazione con radici precise, caro dott. Raimondi.
    Non sono assolutamente bravo a cucinare, per carità.
    Infatti ho stampato la ricetta e l’ho girata alla mia “badante”.
    Da non credere: ancora non l’ha preparata.
    E quindi continuo a sognarne il sapore.
    Grazie e buona domenica

    B.

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  4. Io l’ho mangiato proprio a Palermo e anzi devo ringraziare il mio carissimo amico Enrico, palermitano DOC, che mi impose di mangiarlo.
    In realtà ero diffidente perché usciva dai canoni della pizza.
    E infatti non è una pizza ma un cibo, prelibatissimo, che va oltre.

    Ciao Ninni, buona domenica

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  5. Sabato sera.
    Il silenzio in casa la fa da padrone e allora giro, in internet un po’ svogliata.
    Sono indecisa se cucinare qualcosa.
    Una serata in compagnia di me stessa.
    Una serata di silenzio e di bellezza lontano dal mondo.
    Poi sono tornata, come faccio sempre, qua.
    Avevo tutti gli ingredienti in casa, erano le sette e mezza.
    Caro Ninni, alle nove e quaranta ero davanti a mezzo chilo di sfincione.

    Che bontà
    Semplice, gustoso e completo.
    L consiglio anch’io.
    Per un sabato diverso …

    Ciao e buona domenica

    Loredana

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