Voynich 1° Capitolo

Il manoscritto Voynich, citato in questo romanzo, esiste realmente. Ogni dettaglio riguardante la sua origine, il suo testo inimitabile, le sue bizzarre illustrazioni e la storia a noi nota è descritto con la massima accuratezza. L’originale è conservato presso la Beinecke Rare Books and Manuscripts Library della Yale University negli Stati Uniti. Nonostante gli sforzi dei più eminenti studiosi e luminari, compresi i crittografi dell’illustre Agenzia per la sicurezza nazionale americana, non è mai stato decifrato. Il codice Voynich rimane a tutt’oggi il libro più misterioso al mondo. Ninni Raimondi . . PROLOGO Roma, 1561 Mentre gli occhi dell’uomo sorvolano la folla, la giovane si concentra per non distogliere lo sguardo. Se lui è abbastanza forte per affrontare tutto ciò, lo è anche lei per restare a guardare. L’uomo arranca sui piedi bendati, riarsi e stritolati dalle torture degli inquisitori. Il boia gli fa un’ultima proposta: abiurare ed essere misericordiosamente garrotato prima di finire sul rogo, o rifiutare e venire bruciato vivo. I suoi occhi incontrano quelli di lei e scuote la testa in modo provocatorio. La giovane vorrebbe trasmettergli conforto e amore, ma non riesce a muoversi. È ipnotizzata da quello che sta accadendo e. sconvolta per ciò che l’uomo le ha chiesto di fare. Per quello che lei ha giurato di fare. Il rogo si tiene di notte, nel cortile illuminato da fiaccole di un’anonima chiesa nei sobborghi di Roma. Un piccolo gruppo, meno di venti persone, si è radunato intorno alla pira solitaria. La Santa Romana Chiesa non ha desiderio di propagandare la morte di quell’eretico, né la sua eresia. La giovane coglie un bagliore rosso con la coda dell’occhio, ma non sposta lo sguardo quando il Grande Inquisitore, il cardinale prefetto Michele Ghislieri, avanza nel suo abito scarlatto. Il Grande Inquisitore ha fatto rilasciare l’eretico dalle autorità secolari per giustiziarlo secondo il precetto della Madre Chiesa: ecclesia abhorret a sanguine, la Chiesa esecra il sangue. Ma è pur sempre il suo spettacolo. E col fuoco ogni spargimento di sangue sarà scongiurato. «Bruciate anche il libro», ordina il Grande Inquisitore. «Distruggete il Libro di Satana con l’eretico.» Quando il boia e i chierici lo perquisiscono e non trovano niente, segue un momento di sconcerto. «Dov’è?» La giovane è pervasa da un’ondata di paura, ma il condannato resta in silenzio. «Eretico, consegnaci il libro o ne pagherai le conseguenze.» Una risata amara. «Cos’altro potete farmi?» «Bruciatelo», intima l’Inquisitore. . Gli uomini lo trascinano sul patibolo e lo legano alla pira. Ammucchiano gli ultimi fastelli di legna intorno alla base, poi appiccano il fuoco con delle torce. La giovane prega che l’uomo soffochi prima che le fiamme gli lambiscano la carne. Aggrappandosi al crocifisso che le ha regalato, ricambia il suo sguardo finché il fumo acre non gli offusca il volto. Soltanto allora abbassa lo sguardo e permette alle lacrime di scorrere. Mentre il fumo sale nel cielo notturno e la carne inizia a bruciare – a cuocere -, quell’odore dolciastro, sorprendentemente familiare, le dà la nausea. Le grida dell’uomo sono brevi, grazie a Dio, ma per lei è una magra consolazione. Quando le lingue di fuoco raggiungono l’apice, il Grande Inquisitore e il suo corteo se ne vanno. Poi anche gli altri si dissolvono nella notte. Sola, aspetta fin quando non rimangono che ossa, cenere e tizzoni ardenti. A quel punto si avvicina al rogo e raccoglie ciò che riesce a trovare dei suoi resti. Nel chinarsi, sente il manoscritto nascosto nella veste e spera che quel Libro di Satana sia valso le torture e la morte atroce che lui ha dovuto subire. E prega con tutto il cuore che giustifichi il terribile voto che le ha fatto fare prima di morire. «Col tempo tutto sarà rivelato», sussurra tra sé scomparendo nel buio della notte. «Il tempo rivela tutto.»
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PARTE PRIMA
IL LIBRO DI SATANA

1 Svizzera, quattro secoli e mezzo dopo La prima sensazione non era stata di paura, ma di tristezza: la tristezza che dovesse finire in quel modo. Aveva accumulato una fortuna durante la vita, fatto investimenti immobiliari in tutto il mondo, imparato diverse lingue e portato a letto più donne di quante riuscisse a ricordarne, eppure adesso la sua vita sembrava priva di senso. Aveva vissuto solo e sarebbe morto solo, ignorato e dimenticato, il suo corpo dato in pasto agli animali o sepolto sotto il cemento in un cantiere edile. Sarebbe stato come se non fosse mai esistito. «Inginocchiati al centro del telo di plastica.» Mentre obbediva, le mani giunte in preghiera, notò la sega chirurgica, il sacchetto di plastica a chiusura ermetica e il rotolo di nastro isolante vicino al piede destro del sicario. Non aveva bisogno di alzare lo sguardo verso la Glock semiautomatica calibro 19 nella mano sinistra dell’uomo per sapere cosa sarebbe accaduto. Conosceva quella procedura meglio di chiunque altro: era stato lui a inventarla. Prima gli sarebbero arrivate due pallottole in testa. La mano sinistra sarebbe stata amputata e messa nel sacchetto, poi il corpo sarebbe stato avvolto nel telo di plastica nera e sigillato col nastro isolante. Infine, uno stormo di avvoltoi avrebbe disposto del suo cadavere e il killer avrebbe recapitato al mandante la mano mozzata come prova della morte. «Sai chi sono io?» chiese l’uomo. « La mano sinistra del diavolo. L’assassino più temuto al mondo.» «E il mio vero nome? Conosci la mia vera identità? Guardami. Guardami in faccia.» Fu allora che la paura ebbe il sopravvento, una paura paralizzante. Non riusciva ad alzare lo sguardo. Era troppo spaventato da ciò che avrebbe visto. «Guardami», ripeté il killer. «Guarda negli occhi l’uomo che ha distrutto la tua vita e ti ha condannato per sempre alla dannazione.» Alzò lentamente la testa. Poi il cuore sembrò cessare di battergli in petto. Il volto dell’assassino era il suo. Stava fissando i propri occhi. Tremando ancora per lo spavento, il fragore di un feroce latrato trapassò l’incubo e lo riportò alla veglia. Nick Raimo emerse lentamente dal sonno chimico e aprì gli occhi, ma i cani da guardia fuori dalla casa abbaiavano ancora come i segugi infernali a caccia della sua anima. Colto dal panico e disorientato, puntò lo sguardo nelle tenebre. Non riconobbe subito la sua camera: la clinica l’aveva dotata di così tante apparecchiature da farla sembrare una stanza d’ospedale. Tamponandosi il sudore sulla fronte madida, si tastò la cute calva. I capelli, folti per un uomo allo scadere dei quarant’anni, erano stati la sua unica vanità. I chirurghi dicevano che sarebbero ricresciuti, ma non avevano dimostrato altrettanto ottimismo sulla debellazione della malattia. Mentre si carezzava la testa, diede uno strattone al tubicino endovenoso sul polso e la flebo di vetro piena di sostanze chemioterapiche tintinnò contro l’asta. Rallentò il respiro e si tranquillizzò. Detestava avere paura. Fino a pochi mesi prima, quando era stato ricoverato in un’esclusiva clinica svizzera nelle vicinanze del suo rifugio alpino, sulle vette sopra Davos, era lui la fonte di ogni paura: La mano sinistra del diavolo. Rinomato per l’inesorabile efficienza, si diceva che, non appena un committente gli comunicava il nome della vittima designata, era come se fosse già morta. Adesso era lui quello che stava per crepare, la persona che doveva affrontare l’imminente mortalità. .
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Con la mano andò a sfiorarsi automaticamente il cavallo del pigiama di cotone, come per afferrare quello che gli avevano tolto. I chirurghi avrebbero preferito che si fosse presentato prima che il seminoma si diffondesse. Gli avevano detto di prestare attenzione a una lista di sintomi, una volta concluso l’ultimo ciclo di chemioterapia. Ma il cancro non era l’unico dei suoi problemi. Mentre fissava l’oscurità, ascoltando le apparecchiature e il ritmo del proprio respiro, prese in esame la sua situazione. Non aveva parlato con nessuno della malattia e il personale della clinica gli aveva garantito la massima riservatezza. Tuttavia sapeva che la notizia aveva già iniziato a trapelare. Prima del ricovero, aveva declinato tre incarichi. E molti altri clienti avevano provato a contattarlo durante la segregazione imposta dall’intervento e dalla chemioterapia. Presto le dicerie si sarebbero tramutate in conclusioni, e le conclusioni in azioni. I clienti avrebbero iniziato a chiedersi per quale motivo non avesse risposto alle loro chiamate, alcuni avrebbero addirittura sospettato che fosse passato alla concorrenza. I nemici avrebbero fiutato il profumo del sangue e colto l’occasione per regolare vecchi conti. Forse erano già all’opera. Un tempo poteva anche essere stato un leone, il re della foresta, ma adesso era un animale ferito e gli sciacalli assetati di vendetta, ora più spavaldi, lo stavano accerchiando. Se non fosse morto per il cancro, sarebbe stato per un proiettile. In un modo o nell’altro, per lui era la fine. I cani abbaiarono ancora e avvertì una nuova morsa di panico. .
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Per la prima volta da quand’era bambino, Raimo provò una sensazione di paura. Non della morte, che ormai aveva perduto il fascino della novità, ma di quello che sarebbe venuto dopo. Dal momento della diagnosi e dell’intervento, si era trovato costretto a riflettere su una vita dedita alla violenza, e aveva concluso che uccidere per guadagnarsi da vivere, al prezzo della dannazione, gli aveva fruttato solo cose di nessun valore: il denaro e i suoi vani emblemi. Si sentì percorrere da un brivido di freddo. Doveva dare un senso alla sua vita, prima di perderla. Allungò la mano per prendere il rosario di legno sul comodino – un dono d’infanzia, conservato più per valore affettivo che per fede – e lo strinse al petto. Rivolse lo sguardo verso le tende che schermavano la finestra e immaginò il profilo delle vette oltre essa. Generalmente la bellezza e la segregazione del rifugio alpino gli ispiravano un senso di pace, ma quella volta andarono soltanto ad alimentare il suo senso di solitudine e di clausura. Perché i cani continuano ad abbaiare? Scosse il capo, cercando di mettere a fuoco i pensieri, e controllò l’orologio accanto al letto: le 03.16. Sentì l’infermiera del turno di notte messa a disposizione dalla clinica sussurrare nel corridoio e meditò su quanto gli costasse essere accudito a domicilio. Mentre ascoltava distrattamente quella voce delicata, ne udì una seconda, più profonda. Raimo si alzò a sedere, col cuore in gola, frastornato dalle vertigini e senza fiato.

C’era un uomo. In casa sua. In piena notte. . Non c’era da sorprendersi che i suoi molti nemici si fossero fatti avanti, ora che era debole e indifeso. Ma come avevano fatto a trovarlo? Nessuno alla clinica sapeva della sua professione. E quasi nessuno conosceva l’esatta posizione di quella casa. Ma si rese conto che quello non contava. Tutti avevano un prezzo. Ripensò agli uomini che in passato avevano provato a nascondersi da lui. Li aveva snidati e li aveva eliminati. La paura lo elettrizzava. Doveva vivere. Non poteva permettere che lo uccidessero. Nel buio più totale cercò qualcosa con cui difendersi, ma le infermiere avevano fatto piazza pulita, a eccezione dei macchinari e delle medicine che lo tenevano in vita. Non c’era niente con cui toglierla, la vita. Ascoltò i passi che si avvicinavano alla porta chiusa: c’era qualcosa di vagamente familiare in quell’incedere irregolare. Ignorando il dolore e lottando contro la nausea che minacciava di sopraffarlo, scese dal letto. Doveva fare qualcosa. Il sudore gli colava dalla fronte per lo sforzo. Il solo starsene in piedi lo faceva tremare di fatica. Avevano trovato il coraggio di affrontarlo soltanto ora che lo credevano più vulnerabile, l’ombra dell’uomo di un tempo. Ma gliel’avrebbe fatta pagare. Li avrebbe uccisi. Provò a tendere il sottile filo del rosario, ma si spezzò. Dopo aver fatto scivolare i grani sul letto, staccò il tubicino attaccato alla cannula sul polso e l’altro capo assicurato alla flebo, poi se lo avvolse stretto intorno alle mani per formare una garrota. Una volta trovato l’equilibrio sulle gambe, attraversò la stanza e si posizionò dietro la porta. Lentamente la porta si aprì e una lama di luce solcò il tappeto. Adesso lui non sentiva più la nausea, né la debolezza. L’intruso si fermò sulla soglia per un istante, come per decidere se entrare o no, poi fece capolino all’interno. Raimo non gli diede il tempo di vedere il letto vuoto. Non appena comparve la testa dell’uomo, gli avvolse la garrota intorno al collo e tirò con forza. Col filo d’acciaio, Raimo poteva strangolare un uomo in pochi secondi, recidergli la giugulare e spezzargli la trachea. Ma il tubicino di plastica si allungò, ritardando il soffocamento e salvando, così, la vita dell’intruso. .

Mentre lottava con le braccia debilitate per stringere la presa, Raimo notò il collare e gli indumenti dell’uomo e si accorse che era disarmato. Poi si rammentò del suo passo aritmico: era zoppo. Voltò l’uomo con violenza, in modo da guardarlo bene in faccia. Mentre fissava quegli occhi sporgenti, furibondi, Raimo rimase impietrito. In quell’istante capì perché quell’uomo era arrivato con la protezione della notte. Non per ucciderlo, ma per difendere la propria identità da occhi indiscreti. Raimo allentò la stretta. «Leo, alla fine sei venuto.» Non cercò di dissimulare lo spavento e la gratitudine. «Non riesco a crederci.» L’uomo sputò e tossì, massaggiandosi la gola. «Sei il mio fratellastro, Nick. Hai detto che stavi per morire, ovvio che sono venuto.» I suoi occhi si colmarono di disprezzo. «Allora, cosa vuoi da me? Cosa puoi volere da un prete?» La gratitudine e l’imbarazzo di Raimo si confusero con la rabbia e qualcosa di simile all’affetto. Benché fosse più robusto e potente del fratello maggiore, aveva sempre vissuto nella sua ombra. Mai bravo abbastanza. Mai degno. Lanciò un’occhiata al rosario sul letto, poi tornò a guardare il fratello. «Voglio il perdono. Ho bisogno dell’assoluzione prima di morire.» Stavolta fu suo fratello a mostrare sconcerto. Quegli occhi scuri, intelligenti, si socchiusero. «Dici sul serio?» «Da morire.» «Allora va’ a confessarti.» «Un paio di Ave Maria non basteranno. Ci vuole di più, molto di più.» . Raimo gli raccontò in che modo avesse condotto la sua esistenza. Come fosse diventato La mano sinistra del diavolo. «Devo mettermi al servizio della Chiesa, espiare le mie colpe. Dimmi cosa devo fare.» Gli scuri occhi incavati penetrarono nei suoi per indagare, per sondare. «Non mi sorprendo più di quanti peccatori si rivolgano alla Chiesa nei momenti di crisi. Ma tu, Nick?» Sospirò. «Dio non abbandona mai una pecorella smarrita, purché il suo pentimento sia sincero.» «Lo è», supplicò Raimo.
«Obbedirò alla Chiesa, farò qualsiasi cosa sia in mio potere.»

Di nuovo gli occhi scuri penetrarono nei suoi, per scandagliare la sua anima.
«Qualsiasi?»
«Sì», rispose Raimo, crollando in ginocchio.
«Qualsiasi.»
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Capitolo primo
Il nuovo romanzo del Milord

39 pensieri su “Voynich 1° Capitolo

  1. Sto leggendo piena di interesse e già sento quel bisogno impellente di capire e comprendere.
    Voynich, non conoscevo
    E se avessi conosciuto, avrei scelto l’oblio.
    Grazie Milord.
    Voi siete immaginifico nelle vostre espressioni

    Grazie davvero.
    Ho fatto leggere a Deva e mi ha risposto: Mamma, ma dal Milord cosa ti aspettavi?
    Buon pomeriggio mio signore
    Un pomeriggio pieno di bellezza…

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  2. Già per l’ anticipazione che il misterioso manoscritto di Voynich sarà nel tema di questo romanzo, sono impaziente di leggere.
    Come pure dall’ incipit, Antonmaria, c’ è tutta la Vostra straordinaria genialità nel creare suspense ed imprevedibilità, ben combinata all’ illuminata arte scrittoria che ci immedesima e ci affascina.

    Siete, mio Caro Kren, l’ espressione di quei valori e sentimenti con cui la Bellezza opera le sue rivoluzioni per migliorare il mondo.
    Grazie

    Maria Silvia
    Vostra Sil

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    • Lady Maria Silvia,

      le vostre parole colpiscono anche la mente dell’ultimo utilizzatore degli scritti di questo umilissimo blog.
      Siete riuscita, con molta sintesi e tanta volontà, a descriverne i punti salienti.
      Vi esortammo a seguirci: chissà che i vostri dubbi non vengano sciolti.

      Grazie mia signora e cordialità

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  3. Quando si parla di scrivere di un libro, alcune persone potrebbero pensare che scriverne uno significhi solo leggere un paio di libri e poi dire se li hanno graditi.

    In realtà, le cose non stanno così.
    Una rassegna della letteratura è una revisione di vari libri, articoli e saggi riguardanti un certo argomento, passando dalle serie di libri ai pezzi più brevi, quali i pamphlet.
    A volte, questo tipo di testo appartiene a un progetto di ricerca più ampio.
    Il suo scopo è prevenire la duplicazione degli sforzi, risolvere i conflitti e offrire un punto di vista per le ricerche future.

    Il vostro capitolo, Milord, lascia presagire dell’altro che, cripticamente parlando, ci da la misura e quell’attenzione che merita un vostro scritto.
    Era da molto che non ne leggevamo in questo luogo di cultira e Vi assicuro di averlo letto più di una volta e di averlo trovato “molto interessante” al punt giusto.

    Grazie questa Viistra fatica saremo un po’ migliori e comprenderemo un po’ di più.
    Vi auguro, Milord, una serena domenica.
    Con stima,

    Anna

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  4. Caro Milord,
    il vostro scritto è come sempre una meraviglia.
    Vi prego, non essendo a conoscenza di questo manoscritto sono andata a cercare notizie nel web.
    Su Wikipedia ho trovato una lunga e approfondita descrizione.
    Qui ho bisogno del Vostro aiuto: mi potete spiegare una cosa che proprio non comprendo. Riporto pari pari ciò che ho trovato scritto su Wikipedia:
    L’alfabeto non è stato ancora decifrato ed è unico. Sono però state riconosciute 19-28 probabili lettere, che non hanno nessun legame con gli alfabeti conosciuti. Si sospetta inoltre che siano stati usati due alfabeti complementari ma non uguali, e che il manoscritto sia stato redatto da più persone. Significativa in tal senso è poi l’assoluta mancanza di errori ortografici, cancellature o esitazioni, elementi costanti di qualunque manoscritto.[29][18]
    Qui ho bisogno della vostra cultura: se scrivono: L’alfabeto non è stato ancora decifrato come è possibile asserire che non ci sono errori ortografici?
    Gli errori si rilevano dove esiste un significato.
    Vi prego, spiegatemi…veramente non capisco l’asserzione di Wikipedia
    Con tutto il cuore grazie. Attendo il continuo
    Vi auguro ogni cosa bella

    Vostra Giovanna orofiorentino

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    • Eccovi Contessa Lady Orofiorentino,
      Poneste una bella domanda.
      Una domanda che mise a nudo la realtà Wikipedia (che risulta essere con una affidabilità del 98%, altissima in verità).
      Il manocritto di Voynich, vero enigma dela civiltà occidentale, di volta in volt vene studiato, risolto, per poi essere nuovamente relegato nei più profondi enigmi della storia.
      Ultimamente si sostenne che si era pervenuti alla sua “decifrazione, ma …

      Molti giornali hanno pubblicato la notizia dell’avvenuta decifrazione del manoscritto Voynich, un misterioso codice illustrato che si ritiene risalga al Quindicesimo secolo, compilato con un sistema di scrittura che da decenni tiene impegnati storici, linguisti e semplici appassionati.

      Anche i media italiani hanno ripreso la notizia, dandole ampio spazio con titoli categorici come: “Decifrato il manoscritto Voynich” (Repubblica),
      “Decifrato ‘Voynich’, il manoscritto più misterioso” (HuffPost),
      “Manoscritto Voynich: svelato il codice più misterioso della storia scritto da 400 monache” (Fanpage) e “Craccato il codice più misterioso dei manoscritti” (ANSA).

      Il problema è che Gerard Cheshire – l’autore della ricerche che sostiene di avere decifrato il manoscritto – è già stato ampiamente criticato, con grandi dubbi circa le sue dichiarazioni e il metodo stesso con cui ha svolto i suoi studi. Il codice, insomma, non è stato “craccato” come si è letto in giro.

      Si aggrappano al nulla milady
      Grazie per averci letto e per esserci

      Cordialità

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  5. Capita, quando si legge un romanzo, di innamorarsi delle parole che vestono immagini di ricercata, spontanea bellezza.
    Gli occhi corrono a inseguire pensieri perché in ognuno la bravura dello scrittore tesse la trama di un tessuto che prende forma e svela i suoi colori sul percorso di una storia.

    Di prosa poetica, tradotta nel linguaggio delle metafore, di parole colte sussurrate, di voci urlanti in un dialetto che si impone nell’immediatezza del suo significato, si inchiostrano le pagine di “Voynich”.
    Un romanzo di intense emozioni, un romanzo d’ambiente.

    La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
    Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte.
    Le auguro, preg.mo Dott. Raimondi una giornata bella e splendida e grazie davvero.

    Amedeo

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