Voynich V

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Mentre Knight accompagnava Lauren in fondo alla sala, al riparo da orecchie indiscrete, il prete li seguì con lo sguardo. Nonostante i capelli corvini striati di grigio e la pelle del viso liscia, salvo per le rughe di espressione tra le sopracciglia, era più vecchio di quanto non sembrasse a una prima occhiata. Si voltò all’improvviso e i suoi intensi occhi scuri incontrarono quelli di Ross. Quest’ultimo si accorse che, nonostante l’atteggiamento accomodante nei confronti di Lauren, l’uomo era furibondo, fremente di rabbia e frustrazione. Poi i suoi occhi si volsero altrove e quell’impressione sfumò.
Quando Lauren fece ritorno, raggiante per l’emozione, Ross la cinse col braccio e la scortò verso l’uscita. “Congratulazioni. Hai dato a questa gente qualcosa di cui parlare. Il prete, però, sembrava alquanto infervorato.”
Lauren fece una smorfia. “Ha detto che il Vaticano ha dei documenti che potrebbero interessarmi. Ma voleva mettermi la museruola, perciò ho rifiutato l’offerta.”

“E Knight? Sembrava piuttosto su di giri.”
“Hai ragione. Proprio su di giri…” Finalmente fuori, nella frescura della sera, Lauren guardò Ross e gli rivolse uno strano sorriso supplichevole.
“Vuoi la buona o la cattiva notizia?”

Ross non era mai andato matto per le cattive notizie.

“La buona.”
“Knight ha promesso di darmi tutto ciò che desidero. Diventerò professore ordinario e avrò un considerevole aumento di stipendio. Tutto quello che voglio.”
“È magnifico.”
“Vuole che traduca l’ultima sezione al più presto. Dice che sono in molti a interessarsi al progetto.”

Ross s’incupì.
Sapeva dove voleva andare a parare.
“Ma stiamo per partire per una vacanza di tre settimane.”
Ancora quel sorriso implorante.

“Lo so. Questa è la cattiva notizia.”

Roma, il giorno seguente
In base ai loro poteri, si dice che la Chiesa cattolica abbia tre pontefici: il papa bianco, il vescovo di Roma; il papa rosso, il Grande Inquisitore, oggi noto come il cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; e il papa nero, il capo dei gesuiti, il preposito generale della Compagnia di Gesù.
Quella sera, il giorno dopo il seminario della dottoressa Lauren Kelly a Yale, tutto era tranquillo all’interno delle mura dello Stato Vaticano e persino il circostante traffico cittadino sembrava essersi ammutolito. Ciononostante, mentre il papa nero si addentrava nel labirinto di sale e corridoi adiacenti la Biblioteca Apostolica, la sua mente era frastornata dal rumore dei pensieri. Sull’ultimo volo dal JFK a Fiumicino, il padre generale Leonardo Torino non era riuscito a chiudere occhio, preso a riflettere sui risvolti del seminario. Per quanto esausto, si era precipitato disperatamente agli Archivi dell’Inquisizione a riconfrontare il documento originale con la fotocopia nella valigia, ma prima aveva dovuto fare rapporto alla sua confraternita della visita alla Compagnia di Gesù della provincia di New York e della conferenza all’Università di Fordham. In seguito aveva dovuto assistere a interminabili incontri con la Curia, che stava discutendo la proposta di costituire un secondo Stato Vaticano nei Paesi in via di sviluppo. Infine aveva aggiornato il Santo Padre sull’opera dell’Istituto dei miracoli, il cui nome si stava dimostrando quanto di più sbagliato, visto che la sua occupazione principale era dimostrare la totale assenza dell’intervento divino nel mondo moderno.
Torino aveva semplicemente convinto il nuovo pontefice a ridare lustro all’antico Istituto dei miracoli, perché l’ultimo papa ne aveva screditato il valore, approvando più miracoli e canonizzando più santi in tutta la storia della Chiesa. Quale ordine più diffuso e intellettualmente rigoroso della Santa Romana Chiesa, quello gesuita era l’unico qualificato a convalidare i miracoli, sia per la causa della canonizzazione dei santi sia per rivelare al mondo la prova incontrovertibile dell’intervento divino. Dalla sua reintegrazione, tuttavia, l’Istituto non aveva riconosciuto un solo miracolo. Anzi
Torino era stato direttamente responsabile della revoca di almeno sei miracoli approvati in precedenza.
Ma tutto ciò sarebbe cambiato se quanto aveva sentito a Yale era autentico.

Quando raggiunse il secretum secretorum, l’archivio dei documenti ecclesiastici più delicati, il sovrintendente stava chiudendo la porta per la notte.
“Aspetti”, ordinò Torino.
“Devo entrare.”

Senza sollevare la testa, il vecchio continuò a girare la grossa chiave nella serratura.

“È tardi. Non può tornare domani?”
Alzò lo sguardo, riconobbe l’abito scuro di Torino e sul suo volto baluginò una scintilla di terrore.
“Padre generale, perdonatemi. Non mi ero accorto che eravate voi.”
Torino entrò a grandi passi nel dedalo di sale polverose e poco accoglienti e si diresse verso quella in fondo. Da quando il Vaticano aveva aperto le porte degli Archivi dell’Inquisizione nel 1998, gran parte degli studiosi si era concentrata sui processi più celebri, in particolare su quello a Galileo Galilei. A ogni modo, l’oscuro caso che Torino stava studiando si era rivelato potenzialmente altrettanto controverso.

A distanza di un anno dalla reintegrazione dell’Istituto dei miracoli, Torino aveva perduto la speranza di trovare un vero miracolo. In un’epoca in cui i media la facevano da padrone, chi inoltrava un’istanza non aveva nulla da perdere e tutto da guadagnare falsificando le prove. Così aveva dato istruzioni agli esperti incaricati di gestire l’Istituto di guardare al passato, negli Archivi dell’Inquisizione, e individuare coloro che avevano affrontato la tortura e la morte per proclamare i propri miracoli. Uno dei casi rinvenuti aveva colpito l’immaginazione di Torino: la testimonianza e la sentenza di padre Orlando Falcon, un fratello gesuita che non solo aveva compiuto un miracolo, ma aveva scoperto un luogo meraviglioso e terribile colmo di prodigi. Dopo aver deciso di indagare personalmente sul caso, Torino ne era rimasto ossessionato.
Il fascicolo era riposto in un angolo. Fino ad alcuni mesi prima, quando i suoi ricercatori l’avevano trovato e fotocopiato, erano probabilmente secoli che nessuno leggeva quel documento. Ignorando il sovrintendente che lo vigilava e il grande cartello che proibiva di rimuovere i documenti originali dall’archivio, il Preposito generale mise quel manoscritto vecchio di quattro secoli e mezzo nella valigetta, uscì dalla sala e si recò nelle sue stanze presso la Curia generalizia, il quartier generale internazionale della Compagnia di Gesù.

L’alto soffitto, l’arredamento di antiquariato e i tappeti orientali conferivano alla residenza ufficiale del Preposito generale gesuita un fasto sbiadito. Sfinito, Torino congedò i servitori, si ritirò in camera e spalancò le finestre.
Sul comodino c’erano due fotografie incorniciate. La prima gli ricordava le sue origini: Torino da piccolo a fianco di un ragazzino più grande all’orfanotrofio gesuita di Napoli. La seconda dov’era arrivato: Torino, non ancora cinquantenne, nella tonaca nera del suo ordine, vicino al Santo Padre in persona. Sopra il letto era appeso un crocifisso e di fianco alla scrivania c’erano due diplomi con la cornice dorata: una laurea in medicina all’Università di Milano e un dottorato in teologia. Dopo aver poggiato il computer sul letto e svuotato la valigetta, le carte, i libri e il documento dell’Inquisizione formavano un solitario mucchio caotico in quella camera ordinata fino all’eccesso.
Mentre si versava un bicchiere d’acqua fresca dalla brocca sul tavolo, Torino si accorse che gli tremavano le mani. Si sedette alla scrivania e aprì l’antico documento, assediato d’un tratto dal timore irrazionale che il testo originale differisse in qualche modo dalle fotocopie che aveva letto.

Non c’era niente di diverso.
Voltando la pergamena ingiallita, il testo latino sembrò salutarlo come un vecchio amico.
Nel giorno giovedì 8 del mese di luglio 1560 al cospetto di Sua Eminenza il Grande Inquisitore, il cardinale prefetto Michele Ghislieri, si presentò padre Orlando Falcon, un gesuita accusato di eresia convocato dalla Santa Inquisizione.
Gli fu chiesto: “Padre Orlando, qual era la missione di quei mille conquistadores?”

“Occupare nuove terre, Vostra Eminenza, e scoprire Eldorado per re Carlo di Spagna.”
“E il vostro apostolato nell’accompagnarli?”
“Salvare le anime dei conquistati e rivendicare una parte dell’oro per la Santa Madre Chiesa.”
“Ma non fu trovata nessuna città dell’oro, non è vero? Trovaste qualcos’altro?”
“Sì, Vostra Eminenza.”
“Raccontatemi di nuovo cosa avevate scoperto, così che possiamo verbalizzarlo…”

La trepidazione di Torino aumentò nel leggere di nuovo la descrizione di Falcon della scoperta di un giardino magico, dei miracoli e delle creature che vi aveva incontrato. Quando Torino giunse al macabro finale in cui i conquistadores sopravvissuti incorrevano in una morte terribile e solo il religioso rimaneva in vita per raccontare l’accaduto, riuscì a malapena a contenersi. La storia di un prete che accompagna un plotone di soldati alla ricerca di Eldorado, per poi scoprire qualcosa di ancor più fantastico e pericoloso, era praticamente identica alla sinossi del Voynich a opera di Lauren Kelly. L’unica differenza significativa era che la deposizione di Falcon agli inquisitori conteneva un riferimento ulteriore a qualcosa che aveva definito radix, che in latino significava “radice” o “fonte”. Per quanto nebuloso riguardo alla radix, Falcon la considerava persino più potente del giardino miracoloso. Magari compare nella traduzione letterale del Voynich di Lauren Kelly, o nella sezione non ancora tradotta, ipotizzò Torino.

Diede una scorsa alla parte conclusiva del documento: Dopo che padre Orlando ebbe descritto l’esatta natura della sua scoperta, gli fu chiesto: “Perché perseverate nella vostra eresia? Un Eden miracoloso come quello non può esistere nel Nuovo Mondo tra infedeli e selvaggi. Dovete essere in errore, bugiardo o posseduto”.
Padre Orlando replicò: “Sto dicendo la verità. Desidero solo rivendicarlo per la Santa Madre Chiesa”.
“Voi siete un prete rispettato, uno dei favoriti del fondatore del vostro ordine, Ignazio di Loyola. Dovete rendervi conto che la vostra eresia è una minaccia per la Chiesa.”
“Come può la verità minacciare la Santa Madre Chiesa?”
“Se insistete, non mi rimane che esprimere il rammarico per il fatto che Satana esiga un uomo di tale valore. Eppure giuro di fare tutto ciò che è in mio potere per reclamare la vostra anima.” Sua Eminenza ordinò ai sacerdoti di presentare una confessione scritta all’eretico e disse: “Abiurate, padre Orlando. Sconfessate le vostre dichiarazioni. Firmate la confessione”.

L’eretico si rifiutò e fu condotto nelle segrete dove gli vennero bruciati i piedi sui carboni ardenti. Non abiurò. Fu lasciato alle cure di una suora incaricata di lenire le sue ferite e incoraggiarlo a scegliere il cammino della rettitudine. Il mattino seguente la suora riferì che i piedi dell’eretico erano guariti come per miracolo.
Sua Eminenza chiese all’eretico:
“Come spiegate questo maleficio?”
L’uomo rispose:
“È la prova che le mie affermazioni sono vere”.
“Questo prova soltanto che Satana ha preso possesso del vostro corpo e della vostra anima.”

Padre Orlando fu ricondotto nella cella dove gli furono messi ai piedi due stivali di legno che vennero stretti finché non gli spappolarono le ossa. Anche allora non abiurò.
Il mattino successivo la suora riferì che i piedi dell’eretico non erano guariti e che le ossa di padre Orlando erano ancora spezzate. La stregoneria era finita. Dopo aver esaminato il prete, Sua Eminenza concluse che il demonio era stato esorcizzato. All’eretico fu presentata di nuovo la confessione e Sua Eminenza gli chiese: “Ora, padre Orlando, volete firmare questa confessione e abiurare la vostra eresia?”
Padre Orlando rifiutò di nuovo e rimase in prigione per molti mesi.

In seguito nella sua cella fu ritrovato un manoscritto, redatto nella lingua di Satana, che conteneva immagini di un Eden perverso. L’eretico fu condannato a morte. Perfino sul punto di essere giustiziato, si rifiutò di abiurare.
Fu ordinato di bruciare il Libro di Satana …

Segue

(I commenti e le commentazioni furono sospese, per leggere più agevolmente. Ma sono graditi i Vostri passaggi, grazie!)
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Un pensiero su “Voynich V

  1. Quando rimane escluso dalle normali possibilità intuitive o conoscitive dell’intelletto umano o ne preclude un orientamento ragionevole, provoca una reazione di incertezza e non necessariamente ansiosa né penosa e talvolta non priva di fascino.

    Questo è il mistero.

    Una verità che la ragione non può di per sé attingere né può, se rivelata, comprendere o dimostrare intrinsecamente, e che per il credente è materia di fede.

    Ecco.
    Leggiamo insieme, dunque.
    Buona lettura di questo Capitolo 5

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