Voynich VI

.
.

.

Torino lesse di nuovo le ultime righe: Nella sua cella fu ritrovato un manoscritto, redatto nella lingua di Satana, che conteneva immagini di un Eden perverso. Le attuali autorità ecclesiastiche avevano dimenticato da tempo il volume proibito di Falcon, ma meno di un secolo prima la Curia aveva espresso il sospetto che si trattasse del documento noto al mondo come il manoscritto Voynich.
Il giorno precedente, a New York, era entrato di soppiatto nella Beinecke Library per vedere il tomo originale e ascoltare il discorso di Lauren Kelly. La pubblicità e il titolo della conferenza – La varia ricerca di Eldorado? – erano bastati a stuzzicare il suo interesse e, dopo averla ascoltata, a convincerlo che il Libro di Satana di Falcon fosse in effetti il Voynich.
Allungando la mano per prendere gli appunti, riuscì ancora a sentire il sapore amaro della frustrazione del momento in cui la dottoressa Lauren Kelly si era rifiutata di collaborare al completamento della traduzione. A quanto pareva, la dottoressa stava per partire per una vacanza di tre settimane e intendeva finire il lavoro in seguito, da sola. Accese il portatile.
Internet era infestata da individui e comunità ossessionati dal desiderio di dipanare i misteri del manoscritto. Lanciando su Google la parola Voynich,
si aprivano migliaia di siti, forum e chat dedicati al documento misterioso.

Gran parte dei quali ospitata da pazzoidi, investigatori improvvisati, scrittori e ricercatori che esprimevano teorie personali sul manoscritto. Quando sullo schermo apparve la pagina principale della Beinecke, cliccò su Sinossi, affiancò il documento degli Archivi allo schermo e confrontò di nuovo la storia dei due scritti. I paralleli erano stupefacenti. A onta della sezione astrologica non ancora decifrata, la traduzione era un trionfo.
Sebbene ci fossero stati dei giornalisti alla Beinecke, si era stupito e si era sentito sollevato per il fatto che la dottoressa avesse scelto di rivelare la sua scoperta nel corso di un dimesso congresso inaugurale di linguistica, piuttosto che dare fiato alle trombe in una conferenza stampa vera e propria.
Poi gli tornò in mente che Lauren Kelly non aveva ancora dimostrato i suoi risultati. In senso accademico, finché non avesse portato a compimento la traduzione e pubblicato le sue scoperte, il tutto sarebbe rimasto solo una teoria, una tra tante. Eppure Torino non nutriva dubbi sul fatto che quella traduzione fosse corretta.
Comprensibilmente, la dottoressa Kelly presumeva che quella storia inverosimile fosse un’allegoria. Ma le autorità ecclesiastiche un tempo avevano guardato a quel Libro di Satana con estrema preoccupazione. Lo avevano considerato nientemeno che un tentativo blasfemo di riscrivere il libro della Genesi e una minaccia per tutto ciò che esso rappresentava.
Il loro responso inesorabile non era servito a provare nulla, ma aveva sollevato un quesito: perché padre Orlando Falcon aveva non solo creato l’elaborato volume, ma anche affrontato la tortura e una morte orribile piuttosto che rinnegare la propria storia, se era solo frutto della sua fantasia?
Che il suo giardino miracoloso esistesse davvero?

Torino si alzò, stirò i muscoli indolenziti e zoppicò fino alla finestra aperta. Il claudicamento era un retaggio dell’orfanotrofio. Mingherlino di costituzione, coscienzioso e intelligente, era sempre stato il preferito dei sacerdoti e un bersaglio facile per gli altri ragazzi. In seguito a un pestaggio particolarmente violento aveva riportato un’ernia del disco nella zona sacrale che era andata a schiacciare il nervo sciatico.
Sebbene il dolore fosse cessato, il nervo era stato danneggiato in modo permanente, privandolo della capacità di sollevare il piede destro.
Mentre respirava a pieni polmoni l’aria della sera e guardava oltre la magnifica basilica di San Pietro, si convinse che Dio gli avesse affidato il compito di risolvere l’enigma del prodigioso giardino di Falcon. Ripensò alla dottoressa Lauren Kelly e s’incupì. Non accettando di collaborare, aveva dimostrato di non essere un’amica della Chiesa.
Un pensiero fulmineo lo fece rabbrividire, come se l’aria mite si fosse improvvisamente raggelata: E se avesse già decifrato l’ultima sezione e se questa non solo spiegasse la misteriosa radix , ma fosse anche una mappa?
E se avesse programmato di pubblicare l’intera traduzione e dimostrare l’esistenza del giardino di Falcon rivelandone l’esatta posizione?
Quel pensiero suscitò in lui un repentino attacco di panico.

Le ripercussioni sulla Santa Madre Chiesa, alla quale doveva tutto, erano inimmaginabili. Altro che Galileo. Altro che Darwin. Se quel giardino esisteva, avrebbe potuto conferire poteri supremi alla sua beneamata Chiesa, o distruggerla in un istante, a seconda di chi ne avesse avuto il controllo.
Prese in considerazione l’eventualità di confidare i propri timori al Santo Padre, o al cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma erano entrambi uomini anziani privi di immaginazione. Avrebbero deriso la sua teoria, o non l’avrebbero capita; in un modo o nell’altro, non avrebbero mosso un dito.
Il pontefice, oltre al progetto di fondare un secondo Stato Vaticano nell’emisfero meridionale, non stava facendo grandi passi avanti per promuovere e proteggere l’autorevolezza della Chiesa da un declino inesorabile. Avrebbe avuto bisogno di prove prima di chiamarli in causa. Doveva mettersi al corrente di quello che sapeva Lauren Kelly e di quali fossero le sue intenzioni. Ma come poteva affrontarla di nuovo senza mettere le carte in tavola e destare la sua inopportuna curiosità?
Mentre tornava zoppicando alla scrivania, il suo sguardo fu attratto dalla foto da bambino a fianco di un ragazzino più grande all’orfanotrofio gesuita di Napoli. Controllò l’ora. Il fuso orario giocava a suo favore. Frugò tra le carte finché non trovò un biglietto da visita anonimo con un numero telefonico. Esitò un attimo, guardando quel numero, consapevole di essere sul punto di passare ogni limite.
Poi si ricordò che erano tempi bui e che, per servire e proteggere la Chiesa di Dio, doveva ricorrere a qualsiasi espediente. In verità, forse era stato proprio il Signore a metterlo di fronte a un’opportunità così poco ortodossa. Alzò la cornetta sul comodino e digitò il numero.
Al terzo squillo rispose una voce. “Sì?”

Fissò il ragazzino più grande nella foto.
“Nick, sono io.”
“Leo, grazie a Dio. Ti aspettavo.”
“Ascolta.” Lo sguardo di Torino si spostò sui documenti sul letto. “Hai finito con la cura?”
“Certo.”
“Desideri ancora l’assoluzione?”
Un brusco sospiro. “Sì.”
“Sei pronto a scontare qualsiasi penitenza per la Chiesa?”
“Qualsiasi.”
“Bene.” Torino annuì lentamente, ripetendosi ancora che quella fosse la giusta linea d’azione. “Allora penso sia giunto il momento che La mano sinistra del diavolo diventi la mano destra di Dio.”

Sei giorni dopo
Ross Kelly si sentiva esausto dopo il viaggio in auto ed era quasi mezzanotte quando parcheggiò la Mercedes nel vialetto di casa, a Darien. Trascorrere il weekend nel Vermont era stato un’idea di Lauren, un piccolo diversivo per aver rimandato la vacanza e un modo per festeggiare sia la gravidanza sia la traduzione del Voynich.
Ross era stato molto bene con lei, ma avendo soprattutto bisogno di staccare la spina, specialmente dopo il licenziamento dalla Xplore, il weekend gli era sembrato più che altro una soluzione di ripiego dell’ultimo momento rispetto alle tre settimane in Estremo Oriente.
Mentre la Mercedes rallentava, Lauren si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. “Grazie, mi sono divertita un sacco.”
“Anch’io. Sarebbe potuta durare di più, però.” Le lanciò un sorriso ironico. “Diciamo tre settimane.”

Lauren scoppiò a ridere e scosse il capo.
“Piantala di farmi sentire in colpa. Lo so che ci sei rimasto male per la vacanza, ma l’assicurazione ha coperto le spese. Non abbiamo perso un centesimo.”
“Lo sai che non è una questione di soldi”, protestò prontamente Ross.
“È solo che l’avevamo programmata mesi fa. E non andiamo in vacanza insieme da anni.”
Lauren sollevò un sopracciglio. “Perché tu sei sempre stato troppo impegnato col tuo lavoro.”
“ Touché. “ L’ironia della sorte aveva voluto che, quando lui era stato libero, Lauren avesse sempre avuto qualche scadenza da rispettare. “Ma lavori al manoscritto da più di sette anni. Che differenza possono fare tre settimane in più o in meno?”
“La differenza abissale tra essere la prima a completare la traduzione e buttare via quei sette anni di lavoro perché qualcun altro ci riesce prima di me. Ci sono vicina, ma l’ultima sezione non è come le altre. È diversa, più difficile.” Mentre Ross parcheggiava, Lauren gli posò la mano sulla sua.
“Facciamo un patto. Tra due mesi sarò ancora in grado di prendere l’aereo.
A quel punto partiremo per la vacanza, che abbia o no decifrato il manoscritto. D’accordo?”
Lui le sorrise per un attimo, pensando a quanto l’amava. “Ci sto. Ma per allora potrei essere impegnato fino al collo con un nuovo lavoro.”
“Per me va bene.” Si portò la sua mano sulla pancia. “Presto avremo un’altra bocca da sfamare.”
Ross rise, sollevò i borsoni da viaggio dal sedile posteriore e uscì dall’auto. Dopo aver aperto la porta, accese le luci e seguì Lauren nell’ingresso. “Mi dispiace di aver fatto storie. Magari è perché mi sento…”

Ma Lauren non stava più ascoltando. Il suo sguardo era diretto al pianerottolo di sopra. “Hai sentito?”
“Cosa?” Si trovò a sussurrare anche lui. Poggiò i borsoni sul lucido parquet di cedro. “Dove?”
“Nel mio studio, al piano di sopra. Penso di aver sentito dei rumori.”
Ross non aveva sentito niente. Salì silenziosamente i gradini.
Lauren gli andò dietro e gli posò una mano sul braccio. “Perché non chiamiamo la polizia?”

“Perché potrebbe essere una sciocchezza. Aspetta qui. Vado a controllare.”
Oltrepassò il pianerottolo fino alla prima porta sulla sinistra: la stanza più piccola. La casa aveva cinque camere da letto e uno studio che Ross usava per lavoro. Lauren aveva scelto come ufficio la più piccola delle camere. Si fermò davanti alla porta chiusa e ascoltò per un attimo, ma non udì niente.
Tirò un respiro di sollievo, si voltò verso Lauren e scosse la testa.

“Fa’ attenzione”, gli disse lei muovendo solo le labbra.
Si scambiarono un sorriso.
(segue)

Commenti chiusi

Un pensiero su “Voynich VI

  1. Un uomo che osa sprecare anche solo un’ora del suo tempo non ha scoperto il valore della vita.
    Quando ti alzi il mattino, dunque, pensa quale prezioso privilegio è essere vivi: respirare, pensare, provare gioia e amare.

    Grazie per aver letto fin qua.
    Molti auguri per delle serene festività

    Ninni

    Piace a 15 people

I commenti sono chiusi.