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Seduto nello studio di Lauren, Ross studiò la busta di plastica opaca che aveva sottratto a suor Chantal mentre dormiva e si mise a meditare sulla paura negli occhi sbarrati della religiosa quando Torino, un alto funzionario della Chiesa cattolica, era apparso in cucina. Era chiaro che, qualsiasi fosse l’opinione di Ross, entrambi credevano che il Voynich fosse più di una semplice storiella.
Dischiuse la busta. A eccezione di qualche pagina danneggiata, l’antico libretto era in condizioni straordinarie. Recuperò un dizionario di spagnolo dalla libreria di Lauren, aprì il libro ed esaminò il testo. Per alcuni minuti si concentrò sulle ultime pagine sfalsate, affascinato dai vaghi riferimenti alla origen, la Fonte. Anche il padre generale aveva citato quel termine,
usando la parola latina radix.
Poi rivolse l’attenzione alla parte centrale del libretto. Conteneva una serie di indicazioni, inclusi coordinate geografiche, rilevamenti bussola e dati astronomici, tra cui carte che indicavano quali stelle seguire a seconda del periodo dell’anno. C’erano pagine e pagine di istruzioni dettagliate su come trovare il giardino del manoscritto. Non c’era una mappa vera e propria, però, né la possibilità di tracciarne una dalle informazioni contenute.
C’era solo il nome di un luogo: la città da cui era partita la ricerca. Tutte le indicazioni successive erano in relazione a quel punto e dipendevano dalla collocazione della bussola, dalla posizione degli astri e dai punti di riferimento. Era come se padre Orlando Falcon avesse concepito la sua ricerca nella foresta come la traversata di un oceano verde inesplorato e avesse indicato la rotta. Per seguire le istruzioni ci si doveva trovare sul punto di partenza e procedere fisicamente nella direzione indicata, ovunque portasse. Sebbene le indicazioni fossero accurate, i rari punti guida avevano nomi vaghi, poetici, compresa la meta che Falcon aveva battezzato el Jardín de Dios, il Giardino di Dio. Anche se quelle indicazioni – vecchie di quattrocentocinquanta anni – fossero state genuine e il giardino fosse davvero esistito, le probabilità di trovarlo erano scoraggianti.
Ross tornò a consultare la traduzione del Voynich tra gli appunti sul computer di Lauren e raffrontò l’incipit della storia che descriveva il viaggio verso il giardino col libretto di Falcon: le due versioni combaciavano quasi in tutto.
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Poi si collegò a internet e cercò Santa Inquisizione.
Tre Grandi Inquisitori erano diventati pontefici alla fine del XVI secolo e il secondo era stato in effetti Pio V, proprio come gli aveva raccontato suor Chantal. Cercò Orlando Falcon. Non trovò nulla, ma, quando controllò i dettagli storici della conquista del Nuovo Mondo da parte di Pizarro, la cronologia concordava col periodo in cui Falcon aveva intrapreso la ricerca, secondo le parole di suor Chantal.
Eppure, per quanto lo desiderasse, Ross non riusciva a credere nel Giardino di Dio di Orlando Falcon. Era uno scienziato, un geologo. Come poteva esistere un posto del genere? Era troppo fantasioso per essere credibile. Gli faceva male la testa. Era troppo coinvolto. Aveva bisogno di guardare le cose da una certa distanza. Doveva parlare con qualcuno di cui si fidava e che fosse al corrente di tutto. Guardò di nuovo il libretto. Cosa aveva detto suor Chantal? È la dimostrazione delle mie parole. Se sua moglie potesse leggerlo, non avrebbe dubbi. Lauren non poteva leggerlo. Ma qualcuno di sua conoscenza sì.
Alzò la cornetta e compose un numero.
Molta gente fraintendeva Elizabeth Quinn. Qualcuno la considerava lesbica solo perché non aveva un compagno. Lei, però, non era omosessuale; provava semplicemente poco interesse per gli uomini. A dire la verità, sebbene professasse l’amore per l’umanità, spesso trovava poco interessanti le persone in genere. Le sue lenti sul mondo avevano due regolazioni: grandangolo e primo piano, senza mezze misure. Si dedicava a problematiche urgenti come il destino del pianeta e adorava la genuinità e la purezza dei problemi matematici particolareggiati, ma per essere un’esperta di linguistica e la figlia di un ambasciatore che aveva viaggiato per tutto il mondo si curava sorprendentemente poco delle chiacchiere da salotto.
Magra e statuaria, coi lunghi ricci colorati all’henné, aveva l’aspetto di una principessa guerriera del mondo accademico. Specialmente considerando gli occhiali spessi, i jeans di seconda mano, la giacca di canapa e le magliette che sbandieravano le sue esplicite opinioni su come salvare la Terra, o Gaia, come seguitava a chiamarla. Sotto i ricci rossi, tuttavia, c’era un cervello analitico di prima classe. E dietro quelle magliette SALVIAMO GAIA! batteva un cuore appassionato. In conformità all’insofferenza che provava nei confronti della gente, c’era una sola persona che Zeb apprezzava: la bella, brillante, generosa e grande oratrice Lauren Kelly, cui perdonava persino di aver sposato un petroliere.
“Straordinario. È sicuramente autentico”, dichiarò, dopo aver sfogliato qualche pagina del libretto di Orlando Falcon. Era arrivata non appena Ross l’aveva chiamata e aveva ascoltato avidamente il racconto su Torino e suor Chantal.
“Ne sei sicura?” chiese Ross, camminando su e giù per l’ufficio di Lauren, mentre Zeb sedeva alla scrivania a esaminare il libretto. “Non hai bisogno di più tempo per studiarlo?”
“No, questo è indubbiamente della stessa persona che ha scritto il Voynich.”
“Come lo sai?”
“Senti, potrò aver aiutato Lauren nelle faccende informatiche e matematiche, ma sono anche una specialista in linguistica e filologia e ho trascorso un sacco di tempo sul Voynich. È stato scritto dalla stessa mano. Ne sono più che certa. Guarda le ‘i’ e il gambo delle ‘g’.” Scosse la testa per lo stupore. “Lauren e io ci siamo chieste spesso se il giardino esistesse davvero.”
Ross si fermò. “Anche se è assolutamente impossibile?”
“Perché dici così? Intendi dire che voi geologi avete scoperto tutto quello che c’era da scoprire? La gente trova cose nuove di continuo. Ricordi, un paio di anni fa, quando in Congo hanno individuato una nuova specie di gorilla? Per non parlare di quella nuova razza di pigmei in Indonesia ribattezzati hobbit e delle innumerevoli nuove specie di piante e animali che vengono rinvenute continuamente nelle foreste vergini. Perché mai non potrebbe esistere un giardino così, nascosto da qualche parte?”
“Un giardino miracoloso? Non pensi che qualcuno avrebbe già dovuto trovarlo a questo punto?”
Zeb diede un colpetto sul manoscritto. “Evidentemente qualcuno l’ha trovato: Orlando Falcon, quattro secoli e mezzo fa.”
“Ma io sono uno scienziato.”
“Perché, io no? Ma il nostro lavoro è risolvere i misteri, non archiviarli. Applica il metodo scientifico, Ross. Sviluppa un’ipotesi. Ecco una bella sfida. Poniamo che il giardino esista. Puoi, come geologo, cercare d’ipotizzare la natura della sua esistenza?”
“In parte sì.”
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“D’accordo, diamoci sotto.” Zeb afferrò il mouse e, mentre scorreva la traduzione di Lauren, Ross andò a sedersi accanto a lei.
La nostra ricerca nacque sotto una cattiva stella. Partimmo dalla foresta tropicale sulle montagne. La bruma era così densa da impedirci di vedere persino i nostri piedi. Nella prima settimana, sette soldati caddero morti, scomparendo nel bianco vuoto spettrale. Quando alla fine scendemmo in pianura, ci attendeva una foresta impenetrabile, solcata soltanto da un fiume impetuoso. Costruimmo delle zattere e lasciammo che la corrente ci trascinasse nelle ignote profondità verdeggianti.
Per giorni interi fummo in balia del fiume, tra rocce e rapide turbinose, sinché alla fine non arrivammo a una cascata. Due delle zattere finirono frantumate, risucchiate dalle acque tumultuose, e tutto l’equipaggio a bordo annegò. Le imbarcazioni rimaste sopravvissero puntando dritte verso la cascata. Dopo aver contato le perdite, proseguimmo per uno stretto corso d’acqua, popolato da creature simili a draghi, dove più della metà di noi incontrò la morte. Abbandonammo le zattere per aprirci un varco nella giungla impenetrabile. Ormai i conquistadores avevano preso il posto dei conquistati. La giungla, infestata da animali e malattie, era così densa che il tempo perse ogni significato. Il giorno e la notte divennero una cosa sola. Durante la marcia, i serpenti velenosi mordevano i piedi e le gambe dei soldati, per poi svanire nel groviglio del sottobosco, mentre altre creature invisibili ci braccavano dagli abissi smeraldini della foresta. Persi subito la speranza di trovare la mitica città dell’oro. La morte era l’unica cosa che avremmo scoperto.
Sperduti, decimati di numero, mostrai al capitano il diario su cui avevo annotato i punti di riferimento, i rilevamenti bussola e la posizione delle stelle. Ci avrebbe riportati a casa, gli dissi. Ma le sue istruzioni erano esplicite: non potevamo tornare senza l’oro.
Zeb guardò Ross. “Fin qui, niente di strano.”
“D’accordo, va’ avanti.”
Zeb fece scorrere il testo fino al punto in cui Falcon e i soldati seguivano quella che credevano una vena aurifera e s’imbattevano nel Giardino di Dio.
Ci addentrammo nella giungla infernale. Esausti e disperati, superammo numerosi ostacoli prima di entrare in una grande caverna, una cattedrale di pietra. Seguimmo il filone scendendo verso una cavità svettante, calda come un forno, illuminata da una sola apertura nella volta rocciosa.
La vena d’oro ci condusse ancora più in basso, presso un fiume di lava attraversato da un ponte di pietra nera. Lo percorremmo e ci spingemmo in altre cavità dove l’aria era venefica, satura di zolfo, e le pareti trasudavano una pioggia corrosiva. Ci coprimmo la bocca, ci proteggemmo gli occhi e andammo oltre, ma allora mi feci prendere dal terrore perché temetti di essere sul punto di entrare all’inferno vero e proprio. Finalmente scorsi un filo di luce. Poi un suono dolce e soprannaturale mi risuonò nelle orecchie. Mi precipitai verso la luce e fui quasi accecato dalla bellezza di ciò che mi si presentò alla vista. Non era l’inferno, ma il paradiso terrestre, il giardino dell’Eden…
“Tutto chiaro?” chiese Zeb.
“Penso di sì. La vena potrebbe essere d’oro o di pirite. Il fiume di lava sotterraneo e le caverne sulfuree stillanti acido solforico sono entrambi fenomeni geologici possibili e spesso concomitanti.”
“Bene. Una luce li guida all’esterno in un giardino pieno di strane piante mai viste al mondo e cinto da tutti i lati da una parete rocciosa strapiombante. Che mi dici di questa strana flora?”
Nonostante il suo scetticismo, Ross iniziò a rispondere a Zeb con entusiasmo. “Se il giardino è circondato da lava, potrebbe aver sviluppato un ecosistema unico e irripetibile, completamente indipendente dalla giungla limitrofa. Non molto tempo fa un ragazzino ha scoperto un ecosistema preistorico in Israele, rimasto sigillato per milioni di anni. La caverna di Ayalon è nera come la pece, lunga due chilometri e mezzo, comprende un lago che giace sotto strati di gesso impermeabile. Il suo ecosistema non è alimentato dal sole, ma dalle creature che ossidano lo zolfo come fonte di energia. Sono già state trovate almeno otto nuove specie che risalgono a milioni di anni fa.”
“Hai visto? Non è poi così difficile.” Zeb scorse ulteriormente il testo.
“E che ne pensi di un lago perfettamente circolare al centro, alimentato da un ruscello di acqua luminescente che proviene dalle grotte al lato opposto del giardino?”
“Laghi circolari non sono una rarità: c’è un lago perfettamente rotondo nel mezzo della foresta pluviale congolese. Persino l’acqua luminosa potrebbe essere l’effetto di qualche fosforescenza.” Poggiando una mano sulla spalla di Zeb, indicò un’immagine sulla scrivania di Lauren. “Cosa sono queste donne nude col ventre rigonfio che vivono in caverne proibite e sono dotate di una voce cristallina? Come si chiamano?”
“Gli studiosi le hanno sempre chiamate ninfe, ma nel Voynich sono chiamate Eva.”
“D’accordo, e cosa ci fanno lì? E le altre creature che compaiono nel manoscritto?”
“Hai detto che il giardino potrebbe avere un proprio ecosistema indipendente in cui piante e animali si sono evoluti a prescindere dal mondo esterno. Le ninfe e le altre creature potrebbero essere come quegli hobbit trovati su una sperduta isola indonesiana, o le nuove specie fossili rinvenute in quella caverna in Israele.”
“Suppongo sia plausibile.”
Zeb scrollò le spalle.
“È così che deve essere un’ipotesi per chiamarsi tale: plausibile.”
Ross picchiettò sullo schermo del computer.
“Va bene, ma qui cominciano a sorgere i problemi.” Recitò il testo a voce alta: “ Quando i soldati feriti si nutrirono delle piante e bevvero l’acqua del lago, le loro ferite e le loro ossa rotte guarirono come per miracolo. Persino quelli in punto di morte si ripresero e tornarono in piena salute” .
Zeb si passò le dita tra i boccoli rossi.
Quello era un punto critico.
Lei voleva credere nel giardino.
Amava l’idea che fosse l’essenza nutritiva di Gaia: il cuore di Madre Terra entro il quale tutto era possibile.
Ma la parte rigorosa, matematica della sua mente sapeva che quel desiderio non bastava a tramutare i sogni in realtà. Aveva bisogno di un motivo per credere.
(segue)
Le difficoltà rafforzano la mente, come la fatica rafforza il corpo: Ci sono due modi di affrontare le difficoltà. Modificare le difficoltà o modificare te stesso in modo da affrontarle.
Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce.
Per quanto la vita possa sembrare difficile, c’è sempre qualcosa che si può fare per vivere. Infatti, Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia.
Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.
La vita è infinitamente più strana di qualsiasi cosa la mente dell’uomo possa inventare.
Grazie per aver letto.
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