Voynich XV e ultimo

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Sei mesi dopo

Non appena l’aereo atterrò all’Aeropuerto Internacional Jorge Chavez, Ross guardò Zeb e sorrise. Erano cambiate tante cose dalla prima volta che erano volati fin lì con suor Chantal.
Era stata dura lasciare Lauren e la bambina a casa, ma stavolta si trattava di un paio di notti al massimo ed era smanioso di rivedere Hackett, anche se non quanto Zeb.
Negli ultimi sei mesi, mentre lui era stato completamente assorbito da Lauren e Chantal, Zeb e Hackett erano rimasti in Perú a lavorare in modo instancabile al progetto; di quando in quando, però, Zeb aveva fatto ritorno negli Stati Uniti in compagnia di Hackett per parlare con le banche di New York, vedere Lauren e fare da madrina a Chantal. La settimana prima, Zeb si era unita a Lauren alla Beinecke Library a Yale per la presentazione solenne della traduzione ufficiale di gran parte del codice Voynich. Era ormai conclamato nei circoli intellettuali che l’ultima sezione, scritta in una lingua artificiale a priori totalmente inventata, non sarebbe mai stata tradotta senza le note originali dell’autore. Nella loro argomentazione, Lauren e Zeb non avevano rivelato il nome dell’autore né suggerito che il documento fosse qualcosa di diverso da un’allegoria.
Hackett li aspettava all’aeroporto. Aveva un bell’aspetto abbronzato: un
uomo nuovo rispetto al pallido asmatico che li aveva abbordati a Cajamarca. Zeb gli si gettò tra le braccia con un tale entusiasmo da fugare qualsiasi dubbio di Ross sulla natura della loro relazione.
Hackett gli strinse la mano e lo abbracciò. “Come stanno Lauren e la piccola?”
“Mai state meglio.” Era proprio così. Lauren si era ripresa completamente e Chantal era un amore. Nonostante le sue dimensioni al momento della nascita, ormai aveva raggiunto un peso nella media e prometteva di diventare bella alta. “Che si dice da queste parti?”
“È tutto pronto. Vieni. Ti faccio vedere.”

Hackett lo accompagnò negli uffici che lui e Zeb avevano affittato a Lima. Nella stanza principale, attaccato a una lavagna di sughero dietro la scrivania, c’era un planisfero. Su di esso, un’ampia sezione dell’Amazzonia peruviana era stata delimitata con delle puntine rosse unite da un nastro.
Ross sorrise al pensiero che l’area designata si trovasse esattamente sulla traiettoria dell’oleodotto progettato dalla Alascon. Alla compagnia petrolifera non restava che aggirarla o abbandonare il progetto. Sulla scrivania c’era una gran quantità di cancelleria che riportava il logo di una piramide a gradoni, una ziggurat fatta di mattoni d’oro. Hackett aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse un assegno, che consegnò a Ross.
Lui guardò la cifra e fischiò. Era intestato al governo peruviano e riportava una cifra spropositata. “Mai visti tanti zeri.” Vi comparivano le firme di Hackett e Zeb e c’era spazio per una terza. Hackett gli porse una penna.
“Dev’essere siglato da tutti e tre gli amministratori.”

Ross appose la sua firma.
“E adesso?”
Hackett controllò l’ora. “Ti porto in albergo dove potrai darti una rinfrescata. Alle sei incontreremo il ministro dell’Interno per consegnare l’assegno e seguirà una breve conferenza stampa. Anche se li stiamo letteralmente ricoprendo di soldi, il governo vuole lo zuccherino per aver consentito la protezione in perpetuo di un’ampia porzione di foresta vergine.”
Ross esaminò l’assegno, meravigliandosi dell’importo, poi lo restituì a Hackett. Tornò col pensiero all’oro della città perduta e al fatto che venisse finalmente impiegato come avrebbero voluto i suoi antichi proprietari quando lo avevano accumulato nella ziggurat: per proteggere la loro città e la fonte che un tempo aveva alimentato la loro sorgente. “Quante ‘lacrime di sole’ si è bevuto quell’assegno?”
Hackett sorrise e lo accompagnò alla porta. “Ho appena intaccato la piramide, Ross. Ne rimangono decine. E abbiamo trovato altro oro. Non so
come faremo a spenderlo tutto.”
Lanciando uno sguardo indietro verso il planisfero, Ross rifletté su tutte le aree a rischio della Terra e sorrise. “Sono sicuro che qualcosa ci verrà in mente.”

Il Vaticano, il giorno seguente
Il cardinale prefetto Guido Vasari percorse di volata i lunghi, ampi corridoi del palazzo apostolico verso l’ufficio del Santo Padre. Ignorando le guardie, spalancò la porta e irruppe nella stanza.
Il papa alzò lo sguardo dalla scrivania, la penna sollevata su una pila di documenti da firmare, e si accigliò. “Cardinale prefetto, cosa volete?”
Vasari poggiò una copia aperta del Time sulla scrivania. “Riguarda il padre generale.”
“L’hanno ritrovato?”
“No.”
“E allora? Pensavo che questa faccenda incresciosa fosse chiusa e che avessimo scaricato la responsabilità su un eccesso di zelo da parte del padre generale.”
“Guardate l’articolo.”
Il papa diede una veloce scorsa. “E allora? Il Voynich è stato tradotto.
Ma non si accenna a un coinvolgimento della Chiesa. Non si suggerisce che il giardino esista davvero. Dov’è il problema?”

“La persona che lo ha tradotto, quella nella foto con la bambina, è la moglie del geologo: la donna in stato di coma, quella che stava per morire, la donna per cui il geologo si era messo in cerca del giardino.”
Il papa socchiuse i lacrimosi occhi azzurri. “È guarita. Succede. Non vorrete mica insinuare…”
Vasari estrasse una copia dell’ International Herald Tribune, lo aprì sulla scrivania a pagina quattro. Sopra un articolo che il cardinale aveva cerchiato di blu c’era una foto di due uomini e una donna dai capelli rossi a fianco del ministro dell’Interno peruviano. Il papa iniziò a leggere l’articolo.
“L’uomo sulla sinistra è il geologo, il dottor Kelly”, spiegò Vasari. “Lui e i suoi colleghi hanno realizzato quello che progettava di fare il padre generale: comprare un tratto di foresta vergine. La terra che hanno acquistato è protetta in perpetuo e vi si può entrare solo col permesso degli amministratori.” Rimase in silenzio. “Temo che l’ossessione del padre generale riguardo al Giardino di Dio potesse avere delle giustificazioni.”
Il papa non rispose né reagì subito, continuando solo a leggere l’articolo.
Poi il suo viso cambiò espressione e Vasari capì al volo cosa aveva visto il Santo Padre: il nome dell’ente che aveva acquistato la terra. Un nome che –
tranne lo scomparso padre generale – solo loro dovevano conoscere.
Era il nome di un uomo che i loro predecessori avevano messo al rogo quattro secoli e mezzo prima perché aveva sostenuto di aver scoperto un giardino miracoloso nella foresta amazzonica, l’autore del Libro di Satana, universalmente noto come manoscritto Voynich: Orlando Falcon.

EPILOGO
La foresta che circonda il cratere a forma di occhio è un lussureggiante, vivace mare di verde spruzzato di colori primari. Il cratere, però, è una macchia di deserto nella foresta, un’oasi al negativo priva di vita e colori, tranne il grigio e il nero.
Quando il sole penetra nelle sue cavità nascoste, i raggi ne rivelano la desolazione: cenere bianca e carbone nero. Si dice che il potere purificatore del fuoco possa rinvigorire la vita, favorire forme viventi nuove, più resistenti. Tuttavia, lo strato di cenere è così spesso da far sembrare impossibile che possa ricrescervi qualcosa. E il lago circolare al centro, l’iride dell’occhio, è una pozza stagnante, cieca.
Ma non tutto è come sembra in quel cratere. Alcune porzioni del terreno fuligginoso sono più nere delle altre, in particolare nelle vicinanze delle rocce che bloccano l’ingresso alle caverne a un’estremità del cratere. Strano a dirsi, è proprio in queste porzioni scure, dove si è infiltrato un rivolo d’acqua verde fosforescente, che si vedono i primi segni di vita.
Dalla cenere nera emerge un fiorellino dai petali unici. È diverso da ogni altra pianta della foresta circostante, diverso da tutti gli altri fiori del mondo.

RINGRAZIAMENTI
Ho consultato molti libri e riviste per approfondire gli aspetti scientifici e storici di questo romanzo, ma ho trovato grande ispirazione proprio tra le pagine del manoscritto Voynich, che si possono consultare nel sito internet della Beinecke Rare Books and Manuscripts Library di Boston (Usa).

Grazie per aver letto questa storia

17 pensieri su “Voynich XV e ultimo

  1. Dare un senso alla nostra esistenza, come a tutto quello che ci circonda, è quasi una necessità umana che ci spinge ad andare avanti e a far progredire la nostra società.
    La più grande lezione nella vita è sapere che anche i pazzi, alle volte, hanno ragione.

    La vita è, forse, una lunga lezione di umiltà?
    Cordialità

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  2. Caro Ninni
    Creare vuol dire realizzare cose che prima non c’erano.
    Quindi chi è crea, non utilizza l’esperienza.
    Quella la utilizzano coloro che riproducono cose già esistenti.

    Chi crea ha bisogno solo del proprio genio ed il genio è slegato dal meccanismo dell’apprendimento, del provare e riprovare, dello studiare, del perfezionare.
    Caro Ninni, praticamente sei perfetto.
    Tu sai bene che io non capisco, o almeno non afferro molto l‘arte della scrittura. Oggi, però, ho toccato con mano.

    Una sensibilità che tocca gli alti confini dell’essere e si rivela come la bellezza umana del vivere.
    Grazie

    Anna

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  3. La straordinaria bellezza della vostra poetica, mio signore, si aggiunge a quella meraviglia che solo la musica sa suscitare.
    Un’affinità di linguaggio, fra voce ed aspetto in grazia ed armonia.
    Una fra le poetiche più belle che siano mai state scritte e che io abbia letto.

    … tanto da farmi venire il sospetto che dio esiste.
    Grazie milord

    Loredana

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  4. Nella vita, in genere, non si procede in linea retta.
    Normalmente si avanza “ondeggiando”.
    Come si dire: or sul pero or sul melo, ora su e ora giù, più o meno bene, più o meno male.

    E le cause sono molte, fra di esse la propria quota di sensibilità.
    Più ce ne sarà toccata in sorte, e più la sorte ci “toccherà”.

    Ninni hai colpito nel cuore, nel segno e hai maturato una presenza poetica.
    Grazie grazie grazie

    Maria Luisa

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  5. Sono a ringraziarti, di cuuire, per tutto questo.
    Un libro la cui bellezza è piena di gioia per il mondo e per quel senso dell’umanità che ti è proprio e che ti appartiene.
    Ho riletto, come se fosse stata la prima volta, questo tuo capitolo..
    Il tratto è lirica e soavità.
    Sei un genio, un notevole genio.
    Ieri sera parlavo di te e ho, piacevolmente, scoperto che i miei interlocutori ti leggono, apprezzandoti come me.
    Come molti della tua prossima pubblicazione.
    Grazie e un grazie sentito per farti vivere e respirare tutta questa bellezza e pulizia.
    Grazie davvero.

    Alba

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  6. Tenere il lettore in costante stato di meraviglia è un Talento tutto Vostro, mio Caro Antonmaria e, ciò che di Vostro si legge, è Esperienza, ‘sempre sempre’, di quelle che impreziosiscono. Dunque, per quel che mi riguarda, anche in questo romanzo, assolutamente originale, la lettura è stata di grande soddisfazione per i diversi avvicendamenti, il centellinare della suspense, il mistero proprio del manoscritto di Voynich, la cui interpretazione è ancora insoluta e nella quale io stessa, senza velleità, in passato mi sono persa nelle più goffe fantasticazioni.

    LeggendoVi, non si leggono parole, si vedono immagini, si vivono situazioni, si provano sentimenti ed emozioni.
    Meravigliosi momenti di vita. Anche per questo, mio Caro Kren, vi ringrazio.

    Maria Silvia
    Vostra Sil

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  7. Questa si che è letteratura.
    E che letteratura.
    Milord, io me la stampo e sarà in bella mostra nella mia piccola biblioteca come il passaggio più prezioso che abbia letto.

    Sinceramente incantata

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  8. Una pagina di rara, anzi, rarissima bellezza.
    Una pagina che si commenta da sola e che riempie il cuore di tanta speranza.
    Anche il principio clonistico è raffigurato con quella perfezione stilistica che soltanto la tua impronta poteva dare.
    Viviamo tempi bui nella rappresentazione del sentimento
    Grazie per queste perle bellissime.

    Grazie voi Milord

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  9. E’ da un po’ che mi aspettavo un capolavoro nuovo.
    Ed eccolo in tutta la sua prorompente narrazione, la Vostra penna eclettica.
    Si, condivido con una lettrice:
    Voynich si insinua, egregiamente, nella sfera delle emozioni e assieme agli altri capitoli, ci porta in una dimensione tutta nuova.
    Una dimensione inesplorata e da esplorare.
    Il desiderio dell’uomo di crescere.

    Ma crescere con felicità o almeno, preservandosi dal dolore. Sono piacevolmente colpita di come, in poche battute (non è un racconto/immagine/emozione particolarmente lungo) mettete a nudo, Milord, la vera indole dell’uomo e le sue catarsi. Mi ricorda profumi di silenzio.
    Mi ricorda pomeriggi assolati alla ricerca del prorpio scopo della vita che, in apparenza, sembra quasi scontato nella sua inutilità.
    C’è altro, caro Milord.

    Molto altro e ce lo mettete, mio Signore, all’attenzione con quella brutalità psicologia che soltanto un pensiero può fare.
    Come un Pontefice ci guidate attraverso i viali dei nostri bisogni incogniti e alcune volte, sconvolgenti.
    Come psichiatra mettete a nudo le nostre coscienze regalandoci, o evidenziando, la via per la risluzione emozionale e di passione da ricostruire.
    La ricostruzione?
    Forse, ma, molto meglio di tale forma, ci regalate, Milord, addirittura la Creazione.
    Noi creiamo e veniamo creati.
    Triste quell’uomo che non comprende quanto Dio abbia creato se stesso.
    Grazie caro lord Ninni

    Grazie e buona serata a Voi

    a Paris

    Annelise

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  10. Vivere.
    Già.
    Vivere cosa e di cosa?
    Ogni giorno la nostra ripetitività assassina ci fa precipitare negli abissi dell’indifferenza e allora ti chiedi: c’é forse altro davanti a noi?
    E quell’altro ci appartiene o no.

    La catarsi è dietro l’angolo, anche se non sappiamo di quale angolo si parli.
    Eppure la fuga è ammessa, quamdo si è costretti dal bisogno. la vita, però, può riservare altro.
    La vita può regalarti, per esempio, di tramutare quel bisogno/necessità, in qualcosa d’altro.
    Quel qualcoosa d’altro che, a sua volta, si tramuta in una rinascita creatrice.
    Avrei da parlare e scriverne per ore e ore, senza peraltro giungere ad una qualche conclusione accettabile.
    Già, ma quali potrebbero essere le conclusioni “più” accettabili rispetta ad altre?

    L’encomio della bellezza letteraria, nell’incanto della introspezion più acuta.
    Permettetemi, caro Lord Ninni (so che non lo gradireste) di applaudirvi a scena aperta.
    Questa è musica letteraria.
    Grazie a voi, mio signore.

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  11. Un capitolo, mio Signore, che è una premonizione.
    Un dolce incanto che prende il cuore e parla all’anima.
    Il vostro capitolo milord, sa prendere la parte più importante di noi stessi.
    La coscienza.
    Grazie per quello che ci donate.
    Grazie davvero.
    Buona sera.

    Un pensiero per voi

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