U-Boot V

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1Mürwik – Quartier Generale di Dönitz – 30 aprile 1945 ore 22.45
Il volo era stato tutto sommato tranquillo, era durato circa un’ora e mezza e non avevano avuto sorprese.
Walter aveva mantenuto un minimo di conversazione con il suo amico Axmann, giusto per sincerarsi che non gli svenisse, bloccato nella stiva del piccolo idrovolante.
Tutta un’altra storia era stata il comandante Hanna Reitsch, con la quale non era riuscito a scambiare più di un paio di parole: lei era evidentemente scocciata di dovergli fare da autista e non dava alcuna confidenza. Walter era molto curioso e si era ripromesso di approfondire questo atteggiamento della Reitsch durante il prossimo volo, dopo il suo colloquio con il vecchio Grand Ammiraglio.
Sicuramente il comandante era un ottimo pilota, infatti oltre ad aver volato rapidi e sicuri, l’ammaraggio si era svolto in maniera molto fluida e dolce planando sul fiordo di Flensburgo, per andare poi ad arrestare la corsa proprio al porticciolo dell’Accademia Navale, ormai quartier generale della Kriegsmarine e del Grand Ammiraglio Dönitz.
Il vecchio edificio di mattoni rossi e finestre bianche, aveva le tipiche linee di una scuola con le sue grandi scalinate e il bellissimo parco antistante, Walter se lo ricordava da prima della guerra quando la scuola era piena di cadetti che seguivano le lezioni per conseguire il diploma; poi con l’avvento della guerra tutto si era ingrigito e tutto era stato ingoiato da quello stato di paura e insicurezza che aveva perfino trasformato i colori adeguandoli al contesto bellico.
Lontani erano i tempi in cui la facciata, rossa splendente, era adornata da una moltitudine di bandiere della Kriegsmarine e dello stato nazista mentre i cadetti si sfidavano in regate, singole o a squadre, nel fiordo antistante. La guerra aveva trasformato tutto, la scuola era ingrigita e trasandata martoriata dai bombardamenti, seppur ancora fiera e danneggiata marginalmente; molti dei cadetti erano morti, i pochi superstiti erano diventati degli uomini e degli ufficiali; le barche a vela erano scomparse sostituite da navi da guerra che proteggevano il fiordo dagli Alleati.
La guerra era stata persa perché era mancata la fortuna, ora toccava a lui far sopravvivere i loro ideali, la loro cultura e il loro stile di vita, oltre la tragedia della guerra e preparare un nuovo Stato, più forte e più solido per far trionfare il Nazismo.
Walter ponderò tutto questo mentre a grandi passi copriva il pontile che lo avrebbe portato al giardino della scuola, tallonato da Axmann e da due guardie che li avevano accolti sul pontile e avevano aiutato Axmann a uscire dalla stiva.
La Reitsch era rimasta al suo idrovolante e avrebbe supervisionato le operazioni di rifornimento dell’aereo.
Alla fine del pontile c’era una strada che costeggiava il fiordo e l’ingresso della scuola, presidiato da un castelletto e dalla statua del principe Adalberto di Baviera.
Una doppia scalinata avvolgeva la nicchia in cui era posta la statua bronzea e ciascuna scala saliva fino all’ingresso di una delle due torri che componevano questo romantico ingresso.
“Noi ci salutiamo qui, amico mio” Axmann attirò l’attenzione di Walter che stava già pensando al suo colloquio con Dönitz.
Walter si fermò e si voltò di scatto, poi allargò le braccia e abbracciò il suo amico.
“Mi raccomando fai attenzione” gli disse Walter mentre erano abbracciati
“Non mancherò” gli rispose l’amico che si girò e si allontanò lungo la strada in direzione di Mürwik.

2Walter lo fissò qualche secondo mentre Axmann si allontanava, sperava di riuscire a rivederlo, anche il suo amico aveva di fronte un lungo percorso, irto di difficoltà, infatti, come aveva appreso mentre volavano via da Berlino, Axmann sarebbe stato il capocellula del loro Quarto Reich a Berlino.
Il compito sarebbe stato durissimo, in un paese occupato e in una città in mano ai russi. Il suo piano, gli aveva raccontato sempre mentre si trovava nella stiva dell’idrovolante, sarebbe stato quello di attendere la fine della guerra in un posto tranquillo e defilato per poi rientrare a Berlino con documenti falsi e cominciare la sua attività.
Insomma Axmann sarebbe stato uno dei tanti fedelissimi con cui lui avrebbe lavorato poi, per il futuro del nazismo.
Walter dentro di sé gli augurò buona fortuna e si incamminò sulla scala più vicina.
Dieci minuti dopo era già accomodato in una lussuosa sala della scuola, a capo di un lungo tavolo di rovere circondato da bandiere delle varie scuole di marina battute in tornei ufficiali, e da qualche armatura che evidentemente non aveva trovato spazio in altre sale. Dal soffitto ampio e a volte, pendevano le bandiere della Kriegsmarine alternate a quelle del Reich, infine sulla parete opposta a quella dove era stato fatto entrare Walter c’era un ritratto di Hitler a grandezza naturale.
Walter tamburellava sul tavolo infastidito dall’attesa, sicuramente voluta, visto che solo poche ore fa aveva chiamato Dönitz direttamente al telefono per avvertirlo del suo arrivo.
“Heil Hitler!”
“Heil!” rispose Walter lentamente e muovendo il braccio in maniera annoiata, poi mise la mano dentro la sua valigetta e ne estrasse una busta marcata “GE.STA.DO.” e la lanciò sul tavolo in direzione del nuovo arrivato: il Grand Ammiraglio Karl Dönitz.
“Hitler è morto” aggiunse Walter come giustificazione del suo saluto tronco.
Dönitz annuì stancamente, prese la busta, si sedette a poche sedie di distanza, la aprì e cominciò a leggere i documenti che vi erano contenuti.
Il Grand Ammiraglio era un uomo ancora molto vitale: fisico asciutto, alto, bel portamento, capelli brizzolati ai lati della testa, ma soprattutto occhi vivi.
Walter sapeva che Karl era molto ambizioso, ma sapeva anche che era molto fedele al Führer e per questo motivo gli aveva buttato gli ordini firmati da Hitler, prima di cominciare qualunque discussione.
“Walter Stahlecker, è questa dunque l’identità che hai scelto per scappare?
Non farti illusioni: i tuoi occhi, la tua voce, ti riconoscerei sempre e indipendentemente dalle maschere che porti”. Karl non era persona da usare mezzi termini, specie con Walter, i loro rapporti sebbene formalmente impeccabili e molto amichevoli, erano tuttavia minati dall’ambizione di Karl e dalla sua gelosia nei confronti della persona che era stato Walter.
Walter non rispose alla provocazione, del resto in un certo senso capiva il risentimento di Karl: Walter stava scappando sotto mentite spoglie, mentre lui doveva restare a difendere quel che restava del loro glorioso impero.
“Mio Dio! Tu eri presente quando è successo?” Karl era arrivato a leggere il testamento di Hitler
“Sì, mio presidente” Walter gli rispose utilizzando il nuovo titolo che Dönitz aveva ricevuto con il testamento di Hitler:

3Karl era ufficialmente il nuovo presidente del Reich nonché la carica più alta dello Stato Tedesco.
Gli occhi del Grand Ammiraglio si illuminarono, evidentemente l’adulazione gli faceva ancora piacere.
“È stato lui a scegliere me? È stata la sua prima scelta?” chiese incuriosito Karl
“Sì presidente, Hitler stesso ha dettato il suo testamento e noi abbiamo fatto da testimoni. Mi sembrava doveroso portartelo di persona e raccontarti questo triste epilogo” ribatté Walter, mantenendo un tono normale, non troppo deferente per non innervosire Dönitz.
Karl rilesse il testamento e poi passo agli ordini firmati da Hitler, in cui gli si chiedeva massima disponibilità affinché Walter raggiungesse la sua destinazione sano e salvo oltre, ovviamente, alla totale segretezza di tutta l’operazione.
“Invierò un messaggio personalmente al comandante dell’U-Boot a Kristiansand e gli dirò che stai arrivando: sarà a tua completa disposizione.” Disse Dönitz dopo un breve silenzio in cui aveva riflettuto sui suoi ordini.
“L’U-234 è già partito e sta rispettando la tabella di marcia: dovrebbe essere in posizione come concordato alla data prestabilita” Proseguì
“Eccellente!” esclamò Walter
“D’ora in avanti tutta l’operazione sarà gestita dall’Organizzazione, comprese le comunicazioni, e non più dalla Kriegsmarine, come era stato concordato” aggiunse Walter
“E ovviamente tutto ciò non è mai successo” sorrise Dönitz. Era forse la prima volta che Walter vedeva Karl sorridere a qualcosa che non fosse una battuta del Führer, in effetti, i più maligni dell’entourage di Hitler, reputavano il Grand Ammiraglio una specie di cane ammaestrato del Führer.
“Grazie presidente”
“Buona fortuna Generale Stahlecker” mentre pronunciava le parole Dönitz aveva estratto un accendino e stava accendendo un lembo del foglio con gli ordini appena ricevuti. Poi, quando il fuoco ebbe preso bene, buttò il foglio infuocato nel grande camino ornamentale che occupava parte di una parete.
I due si guardarono lungamente, il Grand Ammiraglio cercava di capire se sotto le bende ci fossero state anche delle ferite reali, Walter invece dal canto suo si stava chiedendo se si sarebbero mai più rivisti e se i primi ad arrivare a Mürwik sarebbero stati i Russi o gli Alleati: in ogni caso il tanto agognato potere che Dönitz aveva lungamente cercato, e ora finalmente ottenuto, sarebbe durato poco e Walter si chiese chi dei due fosse ora nella posizione migliore.

4Aberdeen – Scozia – 1 Maggio 1945 ore 02.10
William era sicuro di essersi addormentato da non più di qualche minuto, quando il suo sogno cominciò a contemplare il suo assistente che bussava violentemente alla porta della sua baracca, chiamandolo.
Il suo subconscio lo tranquillizzò facendogli comprendere che si trattava solo di un sogno, dovuto allo stress e alle lunghe giornate di lavoro, il suo addestramento militare, al contrario, cominciò a far rilasciare adrenalina e William si svegliò di soprassalto.
Effettivamente qualcuno lo stava chiamando e bussando energicamente alla porta della sua baracca, ciò che lo aveva messo in allerta era che lo stavano chiamando per nome e non per cognome, come avevano fatto fino ad ora.
Si mise le scarpe e una giacca, era andato a dormire vestito, come ormai aveva preso come abitudine, essendo addestrato a essere svegliato nel cuore della notte ed essere subito operativo, e aprì la porta.
Ad attenderlo c’era il ragazzo che gli avevano assegnato, che trascurando ogni etichetta e saluto gli porse un dispaccio.
“L’abbiamo intercettato non più di dieci minuti fa: è un messaggio dal quartier generale della Kriegsmarine a tutti i comandi delle basi operative.” Il ragazzo era così eccitato che se avesse osato avrebbe abbracciato William
Il cuore di William si fermò lasciando un fragoroso silenzio in tutto il suo petto, e per un lungo momento tutto il suo corpo restò concentrato sul segnale che proveniva dal nervo ottico.
“Hitler è morto. Tutti gli ordini firmati dal Führer sono da ritenersi validi fino al completamento degli stessi. Il nuovo Presidente del Reich è il Grande Ammiraglio Karl Dönitz” recitava il messaggio intercettato.
“Abbiamo riscontri o conferme? Sappiamo come è successo?” chiese William al ragazzo.
“No signore, l’abbiamo appena intercettato e tradotto e il messaggio non dice nulla in più”
“Ho bisogno di un telefono subito!”
“Sì signore, mi segua” rispose pronto il ragazzo e aggiunse:
“Vuol dire che la guerra è finita?”

5William sorrise in maniera paterna
“No non ancora figliolo” poi, notando il disappunto sulla faccia del ragazzo, aggiunse
“Ma vuol dire che manca poco, pochissimo e per voi in Europa tutto sarà finito” William era ben conscio che la morte del dittatore nazista avrebbe significato la fine della guerra in brevissimo tempo, ma non si faceva illusioni per quanto riguardava il fronte del Pacifico: i Giapponesi avrebbero continuato a combattere fino all’ultimo uomo, casa per casa, isola per isola.
Roosevelt gli aveva accennato, tempo addietro, che degli scienziati stavano lavorando alla realizzazione di una super arma che avrebbe piegato l’Imperatore del Giappone, ma purtroppo l’ultimo aggiornamento che aveva avuto in tal merito era che ci sarebbero voluti ancora parecchi mesi per metterla a punto, soprattutto per la mancanza di un componente che andava raffinato e di cui riuscivano a produrne scarsi quantitativi.
Salirono nella solita stanza che era diventata il suo ufficio, notò che negli altri uffici non c’era grande fermento; William pensò che evidentemente la notizia della morte di Hitler era stata accolta con freddezza, circospezione e il solito entusiasmo britannico, oppure, più probabilmente, erano ancora in pochissimi a saperla.
Il ragazzo gli aprì la porta e William entrò nel suo ufficio dove c’era un telefono. Dopo pochi minuti era riuscito a prendere la linea e lo stavano mettendo in comunicazione con Washington, Casa Bianca, infine dopo essersi identificato, fu messo in attesa mentre chiamavano il Presidente Truman.
“Pronto Presidente, sono William Donovan” esordì quando finalmente sentì la voce del presidente all’altro capo del telefono.
“William dove sei? Mi hanno detto che eri a casa malato”
“Sì signor Presidente, è che ho appena appreso una notizia importantissima, volevo metterla al corrente subito: Hitler è morto”
Ci fu una pausa, probabilmente Truman stava riflettendo
“Come è successo? Sono stati i russi?” chiese il Presidente degli Stati Uniti.
“Non ho i particolari signore, ma non credo che siano stati i Russi, altrimenti l’informazione l’avremmo avuta da loro, invece l’abbiamo intercettata dai Tedeschi”
“Molto bene Donovan, mi aspetto un tuo rapporto al più presto”
“Certamente signore, per la settimana prossima l’avrà e così l’aggiornerò anche su un’altra situazione che credo la interesserà” William sperò che il presidente non chiedesse particolari per telefono.
“Molto bene. Anch’io ho alcune cose da domandarti, ho trovato qualche appunto di Franklin su una missione di un sommergibile tedesco: sono certo che saprai spiegarmi cosa voleva fare il povero Roosevelt.
Ottime notizie William, ti aspetto per settimana prossima allora, rimettiti”
“Certamente signore, grazie”
William pensò che la conversazione era andata piuttosto bene, solo lo preoccupava un po’ la storia degli appunti di Roosevelt: sicuramente si riferivano al U-234, ma lui non era assolutamente aggiornato su cosa stesse succedendo. Sperò di avere la possibilità di guardare quegli appunti e di riuscire a comporre tutti i pezzi del puzzle.
“Ragazzo” si rivolse al suo attendente “prepara il mio volo di rientro a New York, immediatamente”
“Sissignore” scattò il ragazzo che si precipitò fuori del suo ufficio lasciandolo da solo a meditare sul futuro.

U-HAH – Kristiansand – Norvegia – 1 Maggio 1945 ore 00.45
Manfred aveva finito di non dormire per nulla. Dapprima aveva spostato le sue ultime cose, dalla sua cabina a quella degli ufficiali, infatti nella conversazione telefonica con il Grand Ammiraglio era venuto fuori che l’emissario sarebbe stato di alto rango, così Manfred aveva preferito rinunciare alla sua stanza piuttosto che inventarsi qualcosa di strano, per fornire un po’ di agio all’illustre passeggero. Manfred si trovava a suo agio con i suoi ufficiali e dividere la stanza con loro non sarebbe stato un problema.
Infine si era messo a pensare alla missione che lo attendeva e a tutte le incognite che questa si portava dietro, aveva concluso che era inutile preoccuparsi anzi tempo, che comunque essendo privo di affetti familiari stretti, il suo destino lo preoccupava meno.
Pensandoci bene non era l’unico in quella situazione anche molti dei suoi ufficiali erano ‘non sposati’ e con pochi parenti in vita, degli altri sapeva poco perché erano stati messi insieme solo da poche settimane.
Il primo ufficiale lo trovò disteso sul suo letto mentre stava pensando queste cose.
“Comandante, il comando di Kristiansand ci informa che è appena ammarato un idrovolante con a bordo un generale delle SS che ha chiesto di parlare con lei”
“Grazie Hermann. Faccia schierare l’equipaggio in coperta, abbiamo un generale in visita: il nostro ospite è arrivato” rispose stancamente Manfred
“Subito comandante” Hermann Sachs, l’ufficiale in seconda, salutò e si dileguò verso il ponte di comando per impartire gli ordini appena ricevuti.
Manfred si abbottonò la giacca della divisa, si diede una sistemata ai capelli, prese con sé il cappello, e si preparò ad accogliere l’ospite importante sulla prua del suo sottomarino, come si usava con le personalità.

6Walter aveva lasciato Mürwik, subito dopo il suo colloquio con Dönitz, a bordo dell’idrovolante che lo aveva portato fin lì.
A condurlo, come prima, c’era la comandante Hanna Reitsch ma questa volta erano solo loro due, senza nessun passeggero nella stiva. Durante la loro trasvolata la conversazione era stata languida. Walter era riuscito a sapere lo stesso che il risentimento della Reitsch era dovuto al fatto che il suo passeggero era lui, non il suo Führer.
Lei era perfino arrivata, un paio di giorni prima alla Cancelleria con uno Storch – ‘cicogna’, atterrando nei pressi del giardino in una strada ingombra di calcinacci e rottami, nel vano tentativo di convincere Hitler a fuggire prima della caduta di Berlino.
Il tentativo l’aveva frustrata e questa missione in cui faceva fuggire qualcun altro la mandava in bestia.
Walter fu tentato di rivelarle chi fosse, forse si sarebbe addolcita un po’, poi pensò che il rischio non valesse la soddisfazione e quindi se ne restò zitto.
Il volo era stato alquanto noioso senza alcun evento, la Reitsch aveva volato impeccabilmente tenendosi all’interno della linea immaginaria formata dalle fortezze, che tenevano lo stretto Skagerrak tra Norvegia e Danimarca.
Infine erano atterrati nel fiordo di Kristiansand e Walter si era congedato dal suo pilota con un sospiro di sollievo.
Si diresse verso la prima pattuglia per chiedere di essere scortato al suo sommergibile: Dönitz di certo aveva già avvertito del suo arrivo e Walter era praticamente sicuro che non arrivassero generali delle SS, tutti i giorni, a Kristiansand.
E infatti, alla base del molo, dove avevano attraccato con l’idrovolante, Walter trovò ad attenderlo la versione locale del comitato d’accoglienza che era formato da due soldati e un tenente che scattarono immediatamente sull’attenti alla vista del generale facendo il saluto nazista.
Walter ricambiò il saluto e rifiutò cortesemente l’invito del tenente a prendergli la valigetta.
“Generale la stavamo aspettando, ho avuto ordine di scortarla al comando per farla riposare” pronunciò in maniera decisa il tenente
“Grazie tenente, ma la mia missione mi impone di imbarcarmi immediatamente e la pregherei di scortarmi subito al mio sottomarino” fu la risposta di Walter pronunciata con tono secco e, che sperò, non desse adito a ulteriori repliche.
In effetti, il tenente rimase interdetto dalla risposta, probabilmente era combattuto tra gli ordini che aveva ricevuto e quelli che gli erano stati appena impartiti da Walter, o meglio dal Generale Stahlecker.
Walter, notando il dilemma dipinto sul volto dell’ufficiale della Wehrmacht, decise di intervenire per stroncare una situazione che gli avrebbe fatto solo perdere tempo.

7“Sono sicuro che il Grand Ammiraglio Dönitz ha avvertito il suo comando dell’urgenza della mia missione, il suo capo capirà” ribadì Walter
“Certamente Generale, se vuole seguirmi la scortiamo al suo sottomarino” questa volta il tono del tenente era molto più conciliante.
Probabilmente il comandante della base di Kristiansand voleva intervistarlo per sapere cosa stava succedendo e se e quando la Germania si sarebbe arresa, ma Walter non aveva voglia né tempo per rispondere a queste o altre domande.
Inoltre era un po’ infastidito da questa attitudine all’inevitabile disfatta: era vero, la Germania sarebbe capitolata, ma i suoi ideali, se tutto fosse andato bene, sarebbero sopravvissuti e lui ne sarebbe stato il custode, senza contare che ogni singolo soldato del terzo Reich aveva giurato di difendere la sua nazione e i suoi ideali, ma questo era stato dimenticato con troppa fretta.
Walter si accorse che faceva freddo, si vedeva il fiato nella notte scarsamente illuminata di Kristiansand e sperò che la camminata non fosse troppo lunga, non aveva pensato a portarsi un cappotto visto che la sua permanenza si sarebbe limitata a quei pochi minuti necessari a imbarcarsi, e dopo di freddo non avrebbe più dovuto patirne per un po’.
Il tenente si accorse di questo, ma non osò proporre al generale così vistosamente di fretta, misterioso e con il volto bendato, che incuteva ancora più timore, alcuna soluzione alternativa per paura di una sua reazione negativa.
Walter con la sua scorta entrò nel bunker sotto la montagna senza che se ne accorgesse realmente, troppo preso dai suoi pensieri su cosa stava succedendo e sulla fase successiva della sua missione, si accorse che la temperatura era salita: non faceva più così freddo e la notte si era illuminata con decine di lampadine che rischiaravano la volta della caverna naturale in cui era ormeggiato un sommergibile.
L’equipaggio era schierato a prua, in attesa evidentemente dell’illustre ospite e il vascello era stato tirato a lucido per l’occasione, ma ciò che colpì di più Walter fu la sigla del sommergibile che era stata coperta con tre bandiere della marina del Reich e formavano la sigla U-HAH.
Sorrise compiaciuto, la Storia avrebbe potuto dire ciò che voleva, ma la Germania era un’invincibile macchina organizzativa: la disciplina era sicuramente il collante che li aveva tenuti vivi fino ad ora e pensare di organizzare un sommergibile nuovo di ultimissima generazione quando ormai la nazione era evidentemente sconfitta e sull’orlo del tracollo aveva dell’incredibile.
Il pensiero gli diede un po’ di speranza sul suo futuro, in fondo, pensò, la parte facile del viaggio si è appena conclusa.
Quando Walter si presentò alla passerella per l’imbarco, sul sommergibile ad attenderlo all’altro capo trovò il comandante, un ragazzo, pensò con un po’ di preoccupazione, certamente avrebbe preferito un comandante più anziano e più esperto, ma evidentemente l’Organizzazione non ne aveva trovati altri con le specifiche richieste, provò a consolarsi, a questo punto della guerra il comandante più anziano avrà meno di trenta anni.
“Benvenuto a bordo Generale, sono il comandante di questo battello, Manfred Dorf, il battello e l’equipaggio sono ai suoi ordini” si affrettò a stringergli la mano dopo essersi scambiati i saluti di ordinanza e mentre l’equipaggio era sull’attenti perfettamente allineato.
“Grazie Comandante, sono il generale Walter Stahlecker. Siamo pronti a salpare? Avete caricato la mia roba?”
“Sì Generale, i camion sono stati caricati e il sommergibile è stato rifornito secondo gli ordini ricevuti dal comando”
“Eccellente comandante, allora salpiamo.”
“Agli ordini Generale” il comandante batté i tacchi, fece il saluto nazista e si girò verso il suo equipaggio per impartire gli ordini.

8L’addestramento che avevano seguito era sicuramente servito, pensò Walter, perché l’equipaggio scattò all’unisono come una molla e cominciò immediatamente tutte le operazioni come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Generale mi segua, le mostro i suoi alloggi” doveva essere l’ufficiale in seconda giudicò Walter dalle mostrine, un altro ragazzo molto giovane che non sembrava per niente intimidito dal suo grado. In effetti, l’ufficiale in seconda non aspettò nemmeno un cenno di Walter e cominciò ad arrampicarsi sulla torretta.
Fu così che Walter si ritrovò a salire i ripidi gradini della scaletta con una mano sola, visto che l’altra era impegnata con la valigetta con dentro i suoi effetti personali e l’ultima busta “riservata” con gli ordini per il comandante.
Non fu facile, sebbene i gradini fossero pochi, e Walter ebbe la netta impressione che l’ufficiale in seconda avesse voluto metterlo in imbarazzo, cosa che per fortuna non gli riuscì, Walter pensò con un po’ di ironia che probabilmente qualcuno stava pensando che i gradi di generale in fondo se li era meritati.
Ad attenderli in cima alla torretta c’era la sentinella delle SS, che Walter stesso aveva voluto a presidiare il numero di serie dell’U-Boot, per evitare che diventasse di dominio pubblico: attorno a quel numero si giocava tutta la riuscita della sua missione.
La sentinella scattò immediatamente sull’attenti e Walter si finse interessato alle bandiere che coprivano il numero di serie del battello.
“Soldato ci sono stati problemi?”
“No signor Generale. Solo molti curiosi, ma nessuno è riuscito a leggere sotto le bandiere”
“Eccellente soldato, ottimo lavoro sia il tuo che i tuoi cambi turno”
Walter rifletté che quel maledetto numero lo sapevano solo lui, che l’aveva deciso, un paio di alti gerarchi dell’Organizzazione e quei due poveri operai che avevano eliminato le cifre precedenti e istallato i nuovi numeri, in gran segreto, la prima notte che il battello era ormeggiato nella caverna.
Ovviamente i due operai era stato necessario eliminarli per le stesse ragioni di sicurezza, era stato un prezzo molto alto da pagare ma Walter e il suo staff nell’Organizzazione non avevano saputo trovare un’altra soluzione che consentisse l’assoluta segretezza sul lungo periodo.
2L’ufficiale in seconda, finita la conversazione tra Walter e la sentinella, si infilò nel portello che portava al ponte di comando, sempre senza alcun cenno di aiuto a Walter che si trovò a scendere una scaletta molto simile a quella di prima sempre con la sua valigetta in mano.
Il ponte di comando era molto congestionato constatò Walter, ogni parete era piena di manopole, valvole, comandi vari e manometri, inoltre i pochissimi piani di appoggio erano pieni di carte nautiche e libri tra cui spiccava un vocabolario inglese – tedesco, infine l’aria era un po’ viziata, calda e umida.
“Generale, il comandante le ha lasciato la sua cabina, si trova a prua, se mi vuole seguire attraverso il portello di prua ci sono anche gli alloggi ufficiali e la mensa, oltre che alla sala radio. Invece a poppa ci sono la cucina, gli alloggi dell’equipaggio e la sala macchine.” Disse l’ufficiale in seconda mente si dirigeva verso il portello di prua.
Walter lo seguì senza dire nulla, in realtà non aveva affatto pensato a quale cabina gli sarebbe toccata, forse perché si era immaginato che tutte fossero singole un po’ come in un albergo o sulle navi da crociera, ma la realtà della ristrettezza degli spazi a bordo di un sommergibile gli fece capire che il capitano gli aveva fatto un’immensa gentilezza, alla quale non era tenuto, essendo il comandante formalmente la persona “in comando” del battello, seppure lui avesse un grado superiore.
Sorrise al pensiero che forse Dönitz si era raccomandato di trattarlo con i guanti di velluto, ma accantonò immediatamente l’idea: non era nell’animo del vecchio Grand Ammiraglio tanta gentilezza.
No, molto probabilmente il comandante di U-HAH, sebbene molto giovane, era cresciuto nell’educazione e nel rispetto dei valori germanici e ciò gli fece ben sperare per l’imminente colloquio e per le settimane future in cui avrebbero dovuto convivere forzatamente.
Dopo aver passato il portello di prua, Walter notò che l’ufficiale in seconda si era fermato subito alla prima porta, quando fu abbastanza vicino gli aprì la porta e gli fece cenno di entrare, dopodiché scattò sugli attenti per essere congedato.
“Ringrazi molto il comandante e gli dica che ho urgenza di parlare con lui” disse Walter mentre entrava nella sua cabina
“Certamente signor Generale” e l’ufficiale in seconda sparì attraverso il portello da cui erano arrivati.
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56 pensieri su “U-Boot V

  1. Sì, caro Ninni, sei entrato nel vivo della storia e con una competenza non comune.
    Per due ordini di motivi.
    Il primo, con una analisi superiore, ci hai portato nell’intero della seconda guerra mondiale dove, i fatti, indotti alla semplicissima vita per la sopravvivenza al quotidiano, si susseguivano a ritmo incalzante,
    Con i quesiti sul tipo e sulla forza bruta della disfatta.
    Il secondo, con una acuta analisi antropologica, ci hai frazionato alcune personalità, sicuramente frutto di studi approfonditi, per offrircele nei frangenti e nelle situazioni più “improbabili” e scabrose.
    E mi riferisco a “Walter”, il male impersonifiato ma, e giova ricordarlo fermamente, che era un uomo, un semplicissimo uomo da non divinizzare, ma da sfatare.
    Se gli avessi dato un ceffone, l’avrebbe sentito tutto.
    Il tuo grandissimo pregio, in questo romanzo, è l’aver riportato “Walter” nell’ambito delle miserie umane, tirandolo fuori da quel mito divinizzato da chi si è sentito defraudato.
    Ovviamente mi riferisco al fanatismo nazista, ma anche ai gravissimi errori fatti dagli alleati, russi in particolar modo.
    Agli americani imputo una evoluzione “barbara” della guerra e come te, da loro, non accetto alcuna lezione da una nazione che, volontariamente, ha usato due bombe atomiche, napalm, cobalto novanta, uranio impoverito, arma batteriorogica, sarin, (da allora ad oggi e sto andando per difetto) su popolazioni inermi, ovvero civili.
    Non parlino di pace, i detentori di Guantanamo (con filiali sparse dapperutto).

    Molto bello, con una esposizione naturalissima, ma inesorabile sulle persone.
    Buona domenica … con un sorriso.

    L.

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    • Meine Dame Hilde Strauß

      Una storia che sta regalando, a quanto pare, una nuova opportunità agli storici e storiografi. Una nuova opportunità al male, ma anche al bene!
      Convenimmo, meine dame, che purtroppo l’insana usanza di mitizzare qualsivoglia ha creato dei profili a cui, le menti più deboli e culturalmente impreparate, aspirano in un impeto di superiorità riflessa.
      Il cancelliere Adolf Hitler, dura meteora di una Germania disperata e aggrappata a qualsiasi cosa, era un uomo, sicuramente estremamente intelligente, ma proprio per questa caratteristica e soprattutto senza alcun contraddittorio, perse la misura di contatto con la realtà umana (in primis) e umana!
      Nello sperimentare una politica progressista (esclusivamente tedesca) si spinse oltre affid ando a dei sociopatici il bene della cosa pubblica.
      A ciò ci riferimmo a Himmler, Heydrich, Goebbels, Eichmann, Axmann e compagnia cantante.
      Questo isolazionismo al vertice, oltre che farlo precipitare nella più assoluta fobia sociale, lo precipitò nella più acuta misantropia (ma noi, meine Dame, siamo misantropi all’ultimo stadio: senza speranza proprio)

      Grazie, ein kuss und auf wiedersehen.

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  2. Un capitolo molto scorrevole e soprattutto molto preciso. Non certo di passaggio. Mi creda, con un tempaccio così, potersi soffermare su un romanz9o che regala tanto e molto a chi come noi siamo innamorati degli eventi letterari, è una manna.

    Buona giornata

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  3. Una bella domenica, malgrado il tempo uggioso.,
    Adesso sappiamo quel signore di Walter, come se la sta filando.
    La cosa bella è che ci sei riuscito (e per una scommessa) a scriverlo.-
    Quella brutta è che è molto, anzi moltissimo, anzi terribilmente credibile quello che ha scritto.
    Ciao, ci medito su

    G.

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    • Lord Grande Flagello

      Già, non si sarebbe detto vero? Uno degli Dei del Walhalla, invitto e invincibile, che fugge come un mariuolo, nascosto da bende, con una uniforme che, comunque, non si è sudata e con la voce in falsetto.
      Chi l’avrebbe detto, vero?
      Chissà perché i libri di storia non ne hanno parlato.
      Ma, in nostre mani mio signore, lo faremo ballare.
      Fidatevi: oh se ballerà. Già sembra stia trotterellando.

      Abbiate le nostre cordialità

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  4. Un incanto poterti leggere milord mio signore.
    La forza e la potenza delle parole, parole che non ci fai mancare nella loro forma e soprattutto nel loro significato, è molto forte.
    L’ho letto con l’interesse di una bambina davanti una vetrina di dolciumi, lungo il corso, mentre nevica e dentro ci sono altri bambini, più fortunati, che con le loro mamme e papà mangiano quelle leccornie.
    Ecco, io sono al freddo e con le mani appoggiate al freddo vetro di una vetrina illusoria, mentre con l’alito appanno quel mondo.
    Mi hai rapita, milord.

    In questi giorni di solitudine e tristezza (mi sono separata da mio marito. Era nell’aria) mi sto riforgiando fra le tue braccia che mi cullano con dolcezza.
    Finalmente sono guarita, dopo anni di immobilità devastante.
    Qualche giorno fa, in gonna (si, dopo tanti anni l’ho indossata) sono uscita da casa. Non mi sembrava vero.
    Eppure, eppure, questo rifiorire (ho quarantatre anni) mi ha portato alla completa guarigione, ma alla perdita dell’unico amore della mia vita.
    Mio marito.

    Ho letto un intervento sul Mondo Parallelo, dove ti chiedevano “qualcosa” sull’Antica Dama.
    La tua risposta mi ha gelata!
    Può esistere un dolore così grande che fa morire una tua BELLISSIMA eroina con un Milord che mi ha fatta sognare?
    Possibile?
    Tu che mi hai sostenuta, tante volte, facendomi dimenticare il mio dolore?
    Come non ingraziarti?
    Come dimenticare la cara Eleonora, Donna Emilia di Roccabruna, la brava Nighail, la signora Hilde, Il signor Valerio, il signor Dudù e altri che non ricordo …
    Ho ravviato i capelli e indossato un vestitino niente male.
    Ho cambiato anche la mia foto (l’ho fatta giovedì) e oggi, almeno qua a Belluno, con un freddo che mi entra nelle ossa e una pioggerellina insistente, ti prego, scrivi qualcosina sull’Antica Dama.
    Un po’ mi sento io come un’Antica Dama che rinasce dal passato.
    Scusami il divagare, se preferisci te lo scrivo sulle “chiacchiere”.
    Ti lascio un bacio e l’augurio per una buona domenica mio signore.
    Oggi rimarrò a leggerti accucciata nella mia poltrona, di fronte la finestra, di un quinto piano qualunque con il portatile sulle ginocchia e la mia piccola che gioca.
    Un bacio e un caro saluto a tutti.

    Elena

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    • Elena, cara amica, mi hai frullato il cuore.
      Sul serio, come quando ti lessi per la prima volta qualche anno fa.
      Ti abbraccio con gioia per la tua guarigione e ti sono vicina per la separazione.
      Se il “nostro” milord dovesse riscrivere qualcosina sull’Antica Dama, vorrei che te la dedicasse. (e anche a me).
      Ti abbraccio ciao

      Silvia

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    • Lady Elena Simonin ( interrompiamo, momentaneamente il Voi)

      Amica mia, non puoi immaginare la gioia di leggerti così in forma e con una forma invidiabile diremmo. Il passato è passato e la soluzione è là, oltre quella finestra, oltre quelle nuvole che ti osservano e che non chiedono altro di essere cavalcate dai tuoi occhi e dal tuo sorriso.
      Mi dispiace aver letto di quanto ti è accaduto, ma il fatto di averlo pubblicizzato in rete è già un sintomo di superamento.
      Tendiamo a mitizzare tutto quello che ci fece soffrire, sottacendo il bene ricevuto.
      Per questo ti ammiro e tanto!
      Un’ammirazione piena di stima, carissima amica mia.
      Il tuo rifugio, tra le braccia, mi riempie di orgoglio e di gioia, dandomi ulteriormente coraggio e forza nel descrivere il mondo.
      Oggi, Elena, ogni parola avrà un significato in più, solo per te.

      Il Luogo delle chiacchiere, amica mia, è demandato quando ci si esprime soltanto su argomenti che esulano dal tema imposto del post. Non tanto per noi (siamo abituati ad essere attaccati, schiaffeggiati, derisi, ecc.), ma per il lettori tutti che si affidano l’uno con l’altro.
      Per cui rispetto massimo alla volenterosa volontarietà del singolo.

      L’Antica Dama …
      Ecco …
      Chi vivrà vedrà
      (Ringrazio per tanta gentilezza Te, Nadia, Silvia, …).

      Ti abbraccio fortemente e in bocca al lupo!
      (Riprendemmo il Voi)

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  5. Una bella lettura.
    Una grande lettura che mi ha tenuta con il fiato sospeso fino all’ultimo.
    Signore Dio benedetto, cosa succede? Walter, il MAle, è fuggito?
    Mi sembra come fosse successo sul serio.
    Fallo morire d’un colpo milord.
    Quell’essere infame!!!

    Sei divino mio signore.
    Un bacio con sincero affetto.

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    • Lady Silvia

      Grazie per esserci. nel secondo caso, far morire – “schiattando” – il male mi farebbe terminare, imediatamente, il romanzo.
      Poi come facciamo?
      Con chi potremmo prendercela?

      Merci

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  6. Molto bello e pieno di riferimenti storico geografici perfettamente intersecati e credibili. O almeno io credo si tratti di un romanzo.
    Se poi stai scrivendo la cronaca di una “verità”, la cosa mi preoccupa un tantinello.
    Ma sai che è allucinante il fatto di come scrivi?
    Ciao Nì.
    Buona giornata ovunque tu sia, amico mio!!!

    Vale

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    • Sir Valerio B.

      I riferimenti geografici, storici e di nomenclatura, sono reali, mio signore.
      Riferimenti che sono sotto gli occhi di tutti.
      Riferimenti che esistono e persistono nella collettività. Basta, semplicemente., aprire gli occhi.

      Un esempio per tutti: I grandi e immarcescibili States, sperimentarono e uccisero migliaia e migliaia di innocenti, grazie all’arma atomica (maledetta) grazie e soltanto grazie alla scienza tedesca, la sua acqua pesante, il suo plutonio arricchito, i suoi missili, i propellenti propellenti solidi e tutta la tecnologia che vi è dietro.
      Dobbiamo aggiungere altro?
      La nazione statunitense, nel suo proprio agglomerato formato da cinquantatre stati, è la più infame espressione del parassitismo mondiale e sociale.
      Meglio fermarsi qua, che è meglio.

      Cordialitazioni

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  7. Mi sono letta i capitoli precedenti e sono arrivata, finalmente, a questo presente di U-Boot.
    Bellissimo Lord Ninni.
    Una passione proprio

    Faccia come se venissi, da abbonata, a leggerla.
    Buona domenica

    Sono incantata

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    • Lady Anna Blu

      Benvenuta presso queste umili stanze, mia signora. Non sappiamo se tutto quello che state sperimentando venne dettato da buona o mala ventura.
      Sperando che possiate trovarbi bene e fra amici, vi augurammo una buona permanenza.

      Cordalità

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  8. Una realtà che nessuno vuole affrontare, né di petto, né sul serio.
    Una realtà che affascina e che è naturale se ci pensiamo bene. La fine teutonica del Fhurer? Mah, sicuramente è andata così. Ma siamo sicuri.
    Quanto ci stai scrivendo e descrivendo, milord, non sembra relegato alla semplice forma.
    Non direi almeno.
    Tutto bello e tutto perfetto e con dovizia di particolari.
    NINNI cosa sai che noi, qua dentro, non sappiamo?
    Ti riferisci, quando scrivi ‘organizzazione’ a ODESSA oppure alla RACHE?
    Io lo so che lo sai, te lo voglio far dire.
    Ciao milord

    Buona domenica da qualunque parte tu sia

    Bye

    Manu

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    • Lady Manuela Rovati

      Vi vedemmo in formissima mia signora.
      Già, come più su indicato, la fine “teutonica” di quel signore, in ogni caso non fu proprio proprio teutonica.
      Un Umarell (come si dice a Bologna) come tanti altri, ma con più possibilità fra le mani …
      Va ridimensionato, mia signora. Moilti ragazzotti sono affascinati dal delirio di potenza che promana quel periodo. Se lo spunto (non l’idea) di un Socialismo Nazionale, l’asservimento al bieco razzismo con la messa in pratica di farneticanti teorie, è da condannare.
      Un Fureher nato dal popolo, ma peggio del nonnino di quartiere che si arrabbia con il tempo e che maledice i governanti auspicandosi che possano essere impiccati. peccato che il vecchietto, in questione, statisticamente, ha circa ottantacinque anni ed è assolutamente inoffensivo. Il teutonico, in parola, no.

      ODESSA e RACHE (informata la milady)
      Voi sapete che io so? E che volete farci dire ciò che sapete, che noi sappiamo e che voi sapete?
      (Ci ricordò un piacevole giochetto con una brava scrittrice presso le pagine di un’altra scrittrice che si riferiva alla prima scrittrice, che rispondeva a noi, che avevamo risposto alla precedente … troppo complicato 😦 )

      Grazie e cordialità

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  9. E l’U.BOOT sta per prendere il largo. Una missione forte quella di Walter che, poniamo per un attimo sia stata realtà e non fantasia, non portò ai risultati sperati. Per fortuna. L’orrore del fanatismo nazista fu (ed è) troppo grande.
    Ma ora non ci resta che seguire il viaggio dell’ U.HAH tramite questa vostra eccellente scrittura.
    Cordialità,
    Marirò

    “Ovviamente i due operai era stato necessario eliminarli per le stesse ragioni di sicurezza, era stato un prezzo molto alto da pagare ma…” …ma non si versarono lacrime :Heil!
    Questo solo contava.- brr…

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    • Lady Marirò Ili the six

      E così l’U-Boot parte e Walter è contento.
      Lo sarà a lungo così felice? Alcune volte rimanere nella Tana del Lupo (Das Wolfschanze) sarebbe stato auspicabile.
      Vi ringraziammo per aver definito la nostra scrittura, come la vostra, eccellente appunto. Siete generosissima.
      … non si versarono lacrime … .
      Già, ma noi, mia signora, che siamo uomini di mondo, di lacrime per quel signore non ne verseremo neanche una, ve lo garantimmo.
      Né per il dispiacere, né per le risate.
      Un impegno personale.

      Abbiate le nostre riconoscenti cordialità

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  10. Un capitolo che senga l’inizio, quello vero, di tutta la storia che fin qui è stata imbastita. Credimi Ninni, ho letto tantissime congetture sul vero o falso, sul sapere se fosse stata possibile una cosa del genere. Ti giuro che, a poarte questo romanzo che la Capitolo n. 5 ci da tantissime soddisfazioni sia per la storia in se stessa, sia per la bellezza di come la racconti, io sonop convinta che possa essere una delle tante verità.
    la morte del triste figuro, in quel modo e reso irriconoscibile mi sembrò, da subito,. una specie di messaq in scena.
    Si doveva avere il trofeo in mano, Walter lo capì, e la scena venne servita.

    Il tuo grandissimo merito, oltre che avere scritto il romanzo ” A comando” e secondo indicazioni precise che avrebbero sfiduciatyo chiunque, è quello di aver colto l’occasione di raccontarci una delle tue verità.
    Corroborata da “prove” che, credimi (sto controllando con l’altante alla mano e dai storici) sono al momento inoppugnabili,
    Ma che testa hai? Certe volte mi fai paura: sembri il Juke Box della scrittura: lo vorrei così e così, e lui ti sforna un romanzo che, ma porca miseria, è scritto bene, fatto bene e credibilissimo.

    Ho letto di ritorni alla Antica Dama e il tuo negarti!
    E se ti dessi un bacino? Magari due?

    🙂

    Eddaiiii

    Oltre ad avere letto la buona Elena, l’altro ieri avevo letto, nel post precedente, anche un’altra lettrice che ti aveva chiesto una cosa simile e tu sei sceso con una filippica sulla morte dell’Antica Dama e bla bla bla.
    Ma se non ricordo male l’Antica dama era già morta.
    Era uno spettro, o mi sbaglio?
    Dunque, che problema c’é?

    Un bacino speranzoso, mio signore.
    Ciao

    🙂

    PS: sei divino!

    🙂

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    • Lady Lilly Simoncelli

      Le congetture, mia signora, furono , sono e saranno tante.
      Il principio di tali pensieri, è dovuto alla precipitevolezza degli eventi.
      L’Impero del terzo Reich, il glorioso, l’immane, il granitico, il millenario crollò in tre mesi!
      Ecco che, la coscienza universale fatica moltissimo a crederci.
      Il piano B?
      Il piano C?
      No, mia signora, semplicemente un Piano — forte per suonar loro l’immeritato Requiem.
      (credibile cosa riesce a fare l’ottusità umana … )

      Il romanzo a comando fu una sfida a noi stessi, mia signora.
      Una sfida che raccogliemmo volentieri.
      Perdonateci: Juke Box della scrittura è bellissima.
      50 cent.: un racconto
      1€ : Una novella
      5€ : un romanzo!
      Riusciste nell’impossibile, ci faceste sorridere.

      Antica Dama
      Come detto e ringraziando la brava lady Elena, voi, e la lettrice in parola (quella della filippica) ce la state strappando.
      Vedremo.
      Per noi divenne un capitolo chiuso, ma a quanto pare, l’Antica Dama visse di vita propria e decise il ritorno.
      L’Antica Dama uno spettro? Ditelo a bassa voce, se mai dovesse sentirvi vi darebbe della …. #OMISSIS#.

      Grazie e cordialità

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  11. Incredibile. Siamo nel vivo della situazione.
    E adesso?
    Ecco, per una volta che uno si interessa e con tantissima foga a tutto, lui che fa? Spara la fine del capitolo.
    Nì, per quanto ci lascerai così?
    Bello proprio. Mi chiedo cosa staranno facendo i due, in America, negli anni 2000.
    Vedremo.
    Ho letto che è richiesta, al banco accettazione, l’Antica Dama.
    Lo so che “quella” è difficile da convincere. Prova a prometterle qualcosa e chissà …
    Ciaoooo

    🙂

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    • Lady Sonia Liverani

      Mia signora, parliamone…
      Quando un capitolo termina ecco, anche tenendo conto del vostro dispiacere, termina e basta.

      🙂

      Anche voi con l’Antica Dama?
      Deve avervi pagato bene.
      Vedremo …

      Buona giornata nostra rossa milady

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  12. Ripasso e scrivo nuovamente con un intento ben preciso. Ho trascorso le ultime due ore a leggere tanto, tantissimo dentro queste pagine splendide di cultura e di passione per la scrittura.
    E non avevo letto a fondo la sua biografia.
    Le chiedo scusa. Ho notato come i suoi lettori e lettrici le diano il lei e in alcuni casi il voi.
    Rimarrò sicuramente una sua lettrice.
    Complimenti sul serio
    Buona sera
    Anna

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    • lady Anna Blu

      Mia signora ci confondeste con la vostra gentilezza e pervicacia.
      Volete farvi tutto questo male?
      No milady, a piccole dosi anche il veleno più pestifero diviene una cura.
      Vi ringraziammo sul serio

      Abbiate le nostre più arrossite cordialità
      ( Iniziammo l’aggiornamento delle nostre note biografiche, mia signora, grazie a voi).

      Cordialità

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  13. Un bel pezzo dove si delineano alla perfezione personaggi e strategie. Comincio ad avere simpatie ed antipatie.
    Credo che il giovane comandante possa rivelarsi più scaltro delle apparenze e comincio a nutrire il dubbio che lei, Milord, fosse stato presente, lì in quel contesto. Non mi dica che è davvero un viaggiatore temporale…
    la invidio per la sua cultura storica spesso personalizzata e resa al romanzo in modo perfetto, tanto da far sorgere il dubbio che si tratti di saggistica pura. Bravo come sempre, i suoi personaggi escono dal racconto e si materializzano. A volte commuovono, altre, come questa, fanno paura.
    Buona notte.

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    • Lady Nadia

      Un buon sintomo che la lettura, in qualche modo, inizia ad affascinare è dato proprio dall’inizio di simpatie e antipatie.
      Il giovane comandante (Quando uno dice i “casi della vita”: il suo nome e cognome, in qualche modo, è a noi legato) temiamo che ci riserverà qualche sorpresina.
      No, mia signora, smentimmo assolutamente i nostri viaggi temporali. Si trattò, invece, di una continuità temporale.
      Eravamo, già in età molto matura, quando ci trovammo già presenti agli eventi napoleonici. La seconda guerra mondiale ci sorprese, poi, tra una chiacchierata con il Maresciallo Petain e una partita a polo con Porfirio Rubirosa (Che eravamo noi, ma sotto mentite spoglie. Riuscimmo, comunque, nell’impresa di giocare contro noi stessi e vincere, battendoci a Polo. Incredibile! 😉 )
      Grazie per la generosità dimostrataci.
      Buona giornata e cordialità

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  14. Ho appena terminato il suo romanzo Cuba.
    Mi reputo grandemente fortunata di aver trovato un uomo, un bravissimo scrittore come lei.
    Lei esiste veramente?
    Ho letto, nuovamente, la sua biografia.
    I suoi lettori sono molto fortunati a relazionarsi con lei.
    Mi creda.
    Buon giorno

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    • Lady Anna Blu

      Leggeste tutto Cuba?
      Ecco qualcosa che ci stupì sul serio. Cuba è un coacervo di situazioni reali e fantasticate che sfiorano, però, l’evento biografico.
      Un romanzo biografico, scritto in modi, tempi e situazioni differenti. Ma un romanzo lungo (Sono circa 480/540 pagg standard).
      Un plauso per la vostra lettura veloce, anzi velocissima, anzi speedy.

      Abbiate una serena giornata

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      • Si milord, l’abbiamo divorato in una sequenza di avvenimenti realmente affascinante e travolgente.
        Dire che è scritto bene sarebbe superfluo. E’ stato profondo, vero e sentito.
        Grazie a voi.

        Anna

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  15. Interessante, ho scoperto che i sottomarini U-HAH sono esistiti per davvero.
    Erano tre: due sono stati trovati intatti e mai utilizzati.
    Uno, che era alla fonda in Norvegia, non è stato mai più ritrovato!
    U-HAH – U-Boot “Heil Adolf Hitler- Non avevano numerazione se non coperta da tre bandierine del Reich ed erano intitolati al Fuhrer che avrebbe dovuto usarli personalmente (il secondo era per il Capo del Reighstag e il terzo per Himmler, capo delle SS).

    NINNI cosa vuoi dirci?
    La news sugli U-Boot HAH èp sempre stata tenuta “riservata”: avevano un allestimento speciale e con strumentazioni fantascientifiche, quasi “aliene”.
    mah.
    Mi hai entusiasmato e non poco.

    Bye from Capital’s Partenop.

    😀

    Dudù

    🙂

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    • Don Dudù, al secolo Diadumeno,

      Gli U-Boot U-HAH, che come ben diceste, avevano il nome derivato da un’espressione compiuta:
      U-HAH, ovvero, Unterseeboot (battello sottomarino), Heil Adolf Hitler), venero varati con lo scopo di porre al servizio diretto del Fuher i “rappresentanti” tecnologici delle Armi che formavano l’Esercito tedesco.
      Giova ricordare che, nella Germania del Terzo Reich, L’Esercito (Le Forze Armate) era costituito da varie Armi, assolutamente slegate tra di loro. Non erano, assolutamente, inquadrate come l’Esercito italiano.
      Erano indipendenti.
      L’esercito del Reich millenario, in pratica, aveva un Esercito per ognoi specializzazione e queste specializzazioni non dialogavano tra di loro ( Uno dei motivi delle prime vittorie sul campo e una delle ragioni della sconfitta più atroce!).
      La Wehrmacht o Heer era l’Esercito di Terra (Forze di difesa).
      La Kriegsmarine esercito del mare (Marina militare)
      La Luftwaffe Esercito dell’Aria (Aeronautica Militare)
      La Waffen SS Esercito delle SS per la difesa del Reich
      (Ovvero ufficiali e soldati delle Shutz Staffeln esclusivamente combattenti e con la funzione degli odierni corpi speciali incursori).

      L’errata interpretazione dell’OKW- Oberkommando der Wehrmacht, un presunto Ufficio di collegamento tra Armi, ha fatto sì che si credesse in una forza armata unica.
      (La nostra fonte è stata un ufficiale allora giovanissimo e decoratissimo delle Waffen SS, ora defunto e di assoluta attendibilità. Riempimmo pagine e pagine della sua testimonianza).

      Cordialità milord con un saluto speciale alla vostra partenope Capitale

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