U-Boot XVIII

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7U-HAH – Sud Ovest di Capo Verde – 8 giugno 1945 ore 11.30
Manfred stava controllando ansiosamente l’orizzonte, con il periscopio, dopo che poche ore prima si erano dovuti immergere repentinamente per un allarme aereo.
Il loro radar aveva avvistato il velivolo e loro, come prassi, si erano immersi velocemente per evitare di essere rilevati, poi, sempre come da procedura, avevano atteso un paio di ore. Adesso stavano pensando di riemergere per permettere all’equipaggio di avere aria fresca e ricaricare un po’ le batterie, che ultimamente avevano usato intensamente.
La partenza dall’isola di Brava era stata più penosa di quanto avesse pensato, in fondo là, su quella spiaggia, avevano avuto un po’ di tranquillità e riposo, ma soprattutto a Brava non c’erano piani di fuga, guerra o altri pensieri che contassero.
Avrebbe desiderato di restare su quell’isola, da solo, per perdersi nell’ozio, nel non pensare a niente: in una parola per abbandonarsi al nulla; ma aveva una responsabilità: comandava un sommergibile da guerra e aveva giurato di combattere per la sua patria, anche se questa gli stava chiedendo di far fuggire un suo generale.
“Emersione” fu il suo comando quando, finalmente, ebbe la certezza che non c’era nessuno nei dintorni, si diresse subito verso la scaletta della plancia per uscire non appena fosse stato possibile.
In realtà stava cercando di fuggire dal Generale Stahlecker che, da quando erano ripartiti da Brava, aveva assunto un’espressione soddisfatta che irritava Manfred.
Temeva che il suo volto o le sue parole avrebbero tradito quel sentimento, quindi per non aggiungere tensione a quella missione sciagurata, preferiva evitarlo il più possibile.
Infine si era dedicato alla stesura del diario, con molta passione, annotando sia tutti gli eventi che aveva vissuto direttamente, sia tutte le elucubrazioni che aveva avuto modo e tempo di fare sull’argomento.
Una volta in plancia Manfred cominciò a guardare l’orizzonte con il suo binocolo, più per passatempo che per reale esigenza, visto che il sommergibile era dotato di strumentazione sofisticata che gli permetteva di ‘vedere’ eventuali nemici ben prima che potesse farlo lui con il suo binocolo
“Mantenere rotta 186, velocità cinque nodi” ordinò tramite il passa-voce
Navigare in emersione di giorno era sicuramente molto più pericoloso che di notte, ma dopo Brava il generale si sentiva molto fiducioso e aveva ordinato, per il morale della ciurma, di fare alcune ore di navigazione in emersione per permettere di cambiare l’aria viziata dei generatori con quella più fresca dell’Oceano.
In linea di principio Manfred non aveva nulla da obbiettare, anche se immaginava che questa scelta, più che demagogica, fosse per alleviare l’evidente claustrofobia di cui soffriva: in questa parte dell’Atlantico difficilmente si sarebbero concentrate delle ricerche e in ogni caso la loro tecnologia li avrebbe avvisati per tempo.
Manfred guardò dritto alla prua del suo vascello: era bellissimo e l’idea di non poterlo usare per affondare navi nemiche lo frustrava moltissimo, poi guardò più avanti e pensò che si stavano dirigendo in Argentina, l’ultimo paese ancora in buoni rapporti con il Reich e in cui il Generale avrebbe potuto trovare rifugio, con la complicità di molti compatrioti già emigrati in quel paese.

2L’Argentina era la logica conseguenza della rotta 186: del resto non aveva mai creduto alla missione in Giappone. Restava solo da capire dove esattamente in Argentina sarebbero sbarcati.
Manfred percepì un rallentamento del vascello e un concomitante silenzio a poppa: uno dei generatori diesel era stato fermato
“Sala macchine chiama plancia, sala macchine chiama plancia” la voce era quella di Hans Weiss e tradiva ansia
“Parla Hans”
“Comandante venga giù subito in sala macchine, siamo fermi” fu la risposta lapidaria del direttore di macchina
Manfred si precipitò giù dalla scaletta, entrò in sala di manovra che attraversò con pochi lunghi passi, passò la mensa e le brande dell’equipaggio e infine aprì il boccaporto di poppa che dava accesso alla sala macchine, dove trovò Hans ad attenderlo, sporco di grasso e con le mani che puzzavano di gasolio, con il volto teso, ma ciò che fece rabbrividire Manfred fu il silenzio della sala macchine: i due generatori diesel, unica fonte di propulsione e ricarica delle batterie, erano fermi.
“Hans che diavolo succede?”
“Comandante i generatori sono fottuti, il diesel è fottuto, noi siamo fottuti!”
“Calmati Hans e spiegami cosa sta succedendo, dall’inizio” Manfred era molto calmo, come sempre nelle situazioni di emergenza il suo lato più pragmatico e calmo prendeva il sopravvento e gli concedeva di agire lucido e distaccato
“Allora pochi minuti fa, quando hai dato l’ordine di metterci a cinque nodi il generatore numero uno si è messo a vibrare, poi è andato a singhiozzo e infine si è spento.
L’altro l’abbiamo spento noi in emergenza” Hans era passato involontariamente al ‘tu’, ma Manfred non disse nulla perché capiva che l’amico era in ansia
“Continuo a non capire: cosa ha causato l’arresto del generatore numero 1?” Manfred cominciò a sentire l’apprensione dell’amico che lo contagiava
“Comandante può essere qualunque cosa, dalla pompa che è partita agli iniettori: ho bisogno di 6-8 ore per smontare tutto e poi potrò fare una diagnosi”
Manfred restò in silenzio qualche secondo, il suo sguardo si fermò sulla scritta M.A.N. che capeggiava sui generatori, poi sorrise
“Hans mi stai dicendo che per 6-8 ore siamo fermi?”
“Temo di si Capitano, ma abbiamo sempre le batterie”
“Resteremo in superficie: le batterie mi servono per immersione rapida in caso di guai” commentò Manfred “Vado a comunicarlo al Generale” aggiunse, più per se stesso che per gli astanti e la sua faccia non sembrava molto felice.

4Walter Stahlecker capì che qualcosa non andava più dal trambusto fuori della sua porta che per acquisite doti marinaresche, che in realtà non aveva.
Questi ultimi giorni li aveva passati praticamente sempre in camera cercando di concentrarsi sullo studio dello spagnolo perché la breve parentesi di Capo Verde aveva riacutizzato la sua claustrofobia e i pochi momenti passati in plancia a respirare aria fresca duravano sempre troppo poco.
Infine c’era sempre il rischio di essere avvistati e le repentine immersioni non facevano che peggiorare il suo disagio, per cui aveva deciso di concentrarsi sullo studio e non pensare allo spazio angusto in cui viveva.
In effetti qualcosa non andava: il rumore di fondo e le vibrazioni che aveva imparato essere dei due generatori MAN a poppa, non si sentivano più. Erano fermi.
Uscì dalla sua stanza e si diresse in sala manovra per cercare il comandante che si materializzò poco dopo, provenendo, notò subito, dalla sala macchine, con il volto torvo.
Walter portava ancora i bendaggi, che erano fondamentali per la riuscita del suo piano, anche se adesso erano un po’ logori ed ingialliti, nonostante le sue cure nel lavarli periodicamente e cambiarli con quelli di scorta che si era portato dietro.
“Generale i diesel sono fermi, stiamo investigando il motivo ma ci vorranno almeno sei o otto ore per sapere cosa è successo. Abbiamo ancora le batterie, quasi completamente cariche, il che corrisponde a circa 300 miglia di autonomia a bassa velocità che purtroppo non ci porta da nessuna parte, visto che siamo al centro dell’Atlantico, e la costa più vicina è probabilmente l’arcipelago da cui siamo partiti a più di 430 miglia.
Considerata la nostra posizione io suggerirei di risparmiare le batterie per le emergenze e tenere accesi solo i sistemi vitali, come sonar, radar e Kurier e i sistemi nave minimi.
Tutto il resto sarà spento e ovviamente resteremo in superficie per non consumare energia con i compressori d’aria.” Il comandante restò in attesa, Walter avrebbe voluto dire qualcosa, ma la notizia lo aveva paralizzato: sarebbero rimasti li fermi per ore in balia del mare e del nemico. Poi cominciò a ragionare e tornò freddo e lucido
“Molto bene comandante, vediamo di scoprire cosa è successo ai diesel e vediamo di ripartire al più presto. Telegrafista devo mandare un messaggio urgente”
Walter passò dalla sua stanza per prendere il codice che usava per trasmettere tramite Kurier e velocemente codificò un messaggio per l’Organizzazione che controllava la nuovissima rete di comunicazioni segreta, che aveva stazioni riceventi un po’ ovunque, visto che il sistema si appoggiava ad una radio per le trasmissioni.
Il messaggio era semplicemente la loro posizione e la dicitura ‘diesel fermi’.
Il messaggio, ne era certo, avrebbe scatenato una serie di verifiche, in primis avrebbero controllato a che distanza era il prossimo U-Boot e se c’erano speranze che arrivasse da loro in un tempo breve, infine gli avrebbero risposto con gli ordini sul da farsi.
Due ore più tardi il generale fu convocato in sala di manovra dal comandante, che era accompagnato dal direttore di macchine di cui Walter non ricordava mai il nome.

3“Generale il problema è dovuto ad acqua nel gasolio” disse il comandante, come se stesse tagliando un tessuto con un pugnale
“E come diavolo c’è finita dell’acqua nel gasolio” chiese Walter ingenuamente e subito si pentì quando vide il sorriso comparire sul volto del comandante
“All’ultimo rifornimento, la nave cisterna a Capo Verde, molto probabilmente le cisterne non erano chiuse bene o le intemperie avevano corroso la copertura e così la pioggia si è infiltrata nelle cisterne del gasolio e noi l’abbiamo aspirata insieme al gasolio” Walter finì da solo la frase che il comandante non ebbe il coraggio di dire ad alta voce ‘glielo avevo detto che non era necessario fare rifornimento’, ma il cui sorrisetto gridava a gran voce.
“Il risultato è che i filtri sono da buttare, le pompe dei diesel sono partite così come i polverizzatori e gli iniettori” s’intromise il direttore di macchine che aveva segni di grasso su tutto il viso, chiaro segno che aveva partecipato attivamente allo smontaggio dei generatori
“Abbiamo parti di ricambio per questi macchinari?”
“Si generale, ma solo per un set completo, cioè avremo un solo generatore funzionante e quindi metà della velocità disponibile in superficie e il doppio del tempo per ricaricare le batterie, senza contare che dovremo scaricare tutta l’acqua attualmente nei serbatoi e perderemo anche parecchia nafta, oltre al tempo” rispose calmo il comandante
“Quanto tempo ci vorrà?”
“6 ore per montare i ricambi nuovi, una giornata fermi per far decantare l’acqua e un paio di ore per pomparla fuori. Infine un paio di ore per lavare tutto il generatore con gasolio e metterlo alla via” il direttore di macchine sembrava aver già previsto tutto
“E quanto gasolio ci resterà? Che autonomia avremo?” chiese il generale la cui mente stava già proiettandosi nel futuro
“Difficile dire Generale, immagino che dovremo scaricare almeno metà delle casse gasolio, forse anche il 60% per essere sicuri di non lasciare acqua. Fossimo in bacino o in porto potrei essere chirurgico ed asportare solo l’acqua, ma qui in queste condizioni non possiamo permetterci di rischiare.” Nuovamente il direttore di macchine, Hans finalmente gli venne in mente il nome, fu molto preciso nella sua risposta
“Generale, forse è il caso che mi dica la nostra destinazione così che possa cominciare a pensare una rotta ottimizzata e una velocità adeguata per raggiungerla” il comandante era pensoso, Walter non sapeva dire se fosse per questo problema, o per altri che non aveva ancora esposto.
Walter non rispose subito, era evidente che prima o poi avrebbe dovuto comunicare al comandante la destinazione finale del sommergibile, ma per un qualche motivo era sempre stato diffidente dal farlo, non perché non si fidasse del comandante che anzi stimava, malgrado i piccoli, naturali scontri della convivenza forzata, ma perché quell’informazione la sapeva solo lui e forse un paio di altre persone dell’Organizzazione e condividerla con il comandante e l’equipaggio poi, lo metteva a disagio.
“Quando sarà il momento le farò sapere. Adesso dobbiamo ripristinare almeno un generatore e non abbiamo molto tempo. Comandante predisponga il mezzo perché l’acqua possa decantare e lei Hans si metta subito al lavoro per organizzare il pompaggio dell’acqua fuori delle casse combustibile”
“Si Generale, ma c’è un altro problema da non sottovalutare: dovendo scaricare nafta in mare ed essendo questa più leggera dell’acqua finiremo di creare una macchia ben visibile dall’alto” ancora una volta il direttore di macchine era preciso e tagliente, sfortunatamente la questione che presentava era seria e concreta. Una macchia di carburante in mare poteva segnalare la loro posizione a molti chilometri di distanza e un ricognitore avrebbe potuto vedere la macchia e quindi individuare loro.
“E quindi?” rispose pieno di frustrazione Walter
“Possiamo pensare di stoccare acqua e nafta nelle casse zavorra ed eliminarli poi con calma quando saremo in grado di navigare, ma ci lasceremmo ugualmente una scia” rispose cauto Manfred
“Bene avete un giorno per pensare a una soluzione accettabile, nel frattempo procediamo con l’approntamento di almeno un generatore”

4Manfred, Hans e la sua squadra avevano lavorato tutta la notte e buona parte della mattinata successiva.
Dapprima il sommergibile era stato livellato e tutto il personale non adibito alle operazioni in corso era stato confinato sulle brande, con divieto di spostarsi, il tutto nel tentativo di mantenere le casse carburante il più fermo possibile, per favorire la separazione tra nafta e acqua.
Infine avevano studiato un metodo per pescare l’acqua separata, dal fondo dei serbatoi carburante, e trasferirla nelle casse zavorra.
Manfred si era poi ritirato per rifare alcuni conti sulla loro reale autonomia a batterie e aveva trovato che, muovendosi a due nodi, avrebbero potuto anche raggiungere l’isola di Brava, sfruttando anche le correnti che li aiutavano.
L’indomani mattina di buon’ora, senza aver chiuso occhio se non un paio di ore, Manfred si recò dal generale per cercare di convincerlo a tornare indietro: avrebbero avuto un approdo relativamente sicuro, avrebbero potuto fare rifornimento pescando dalla superficie, questa volta, e se, come immaginava, erano parte di un convoglio, avrebbero potuto ricevere parti di ricambio e assistenza.
Poco prima di bussare alla sua porta Manfred ricevette l’informazione, dal telegrafista, che il loro passeggero aveva fatto inviare un altro messaggio in cui avvertiva che il gasolio della nave cisterna conteneva acqua, questo confortò Manfred perché avvalorava ancor di più la sua teoria del convoglio di U-Boot.
“Mi sembra una buona idea Comandante, spero solo che i suoi calcoli siano precisi, altrimenti saremo tutti morti” fu la risposta che ricevette alla sua proposta
“Generale, i miei calcoli si basano sul manuale operativo del mezzo che asserisce che l’autonomia delle batterie completamente cariche è di 340 miglia nautiche a cinque nodi. Questo ovviamente in immersione.
Noi viaggeremmo in emersione e quindi possiamo risparmiare la corrente dei compressori per la ventilazione, in più potremmo economizzare sul radar che potremmo tenere spento di notte e sul GHG che potremmo tener spento di giorno. In più muovendoci a due nodi il consumo di energia è minore e avremo le correnti che giocano a nostro favore. Dovremmo quindi raggiungere un’autonomia di 440 miglia che ci riporta a Brava”
“Sempre meglio che marcire in mezzo al mare aspettando che un intercettore ci trovi ed affondi. Comandante proceda come da lei suggerito: sono fiero di averla scelta per questa missione”

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45 pensieri su “U-Boot XVIII

    • Gentile Milord…
      La lettura non poteva essere rinviata. Nonostante la mia situazione, quelle prime righe…hanno cristallizzato ciò che ero intenta a fare, per soddisfare la mia curiosità riguardo il seguito del racconto. Avvincente oltre le aspettative, già notevoli trattandosi di Voi. Da rileggere…in attesa del seguito.
      Con Stima illimitata
      Maria Silvia

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  1. Un chapitre que je l’ai aimé pour son poids léger.
    Pas lourd, mais belle.
    Ninni, comment vous faites?

    Je suivais ces développements très, très soigneusement, voir les événements défilent avec la beauté qui sied à une histoire fascinante.

    Vous et bon dimanche Merci
    Je suis en attente pendant des heures ce chapitre.
    bonjour

    Annelise pour vous

    bisousss

    Anch’io mi adeguo milord..
    🙂

    faccio un tuffo

    🙂

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    • lady Annelise Baum

      Avete passato un bel po’ di tempo a leggere. la cosa che più ci colpì fu il vostro impegno ne cercare e ricercare il nesso tra soddisfazione e ricercatezza.
      A questo punto con cordammo con il vostro pensiero:
      “vous faites?”

      Rimane l’oblio
      Grazie a voi, mia signora

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  2. Ninni, excuse me.
    Mi sono attardata a leggere il tuo capitolo che è pieno di tante cose che mi hanno piaciuto.
    Purtroppo ho dovuto perdere molto tempo perché ho inserito il link nel traduttorte Google.
    Bello. Una penna bella è quella che ha scritto questo capitolo pieno di significati.
    Come hai fatto a descrivere le situazione. Manfred, oh, Manfred…

    Vado a prepararmi per la cena, tra due ore.
    Amo fare i regali, soprattutto se non attesi.

    Oggi ho imparato che, anticamente, tra le persone di un certo tono, in Europa, si dava l’uso del Voi.
    Affascinata di tanto, Vi saluto Milord

    kate

    😀

    Timely in silence, ready to be joyful

    Bye

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    • Kate

      Vi ringraziammo per l’impegno che dimostraste nel pareggiare (almeno in linee generali) la scarsa conoscenza del racconto. Ovviamente non per colpa vostra, ma per il fatto che veniste, in qualità di piacevole ospite dopo l’avvio alla pubblicazione stessa.
      Il gior di boa c’é stato per cui ci si avvicina, inesorabilmente alla sua fine.
      Grazie per aver letto e scritto.
      Cordialità

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  3. Profondamente importante come capitolo.
    I dialoghi milord.
    Sono i dialoghi la parte importante di quello che ho letto, con un restringimento dei tempi che va dallo svolgimento dell’azione, allo sviluppo del dialogo.
    Interessante e preciso nell’evoluzione.
    Molto, molto accattivante e soprattutto mi metto in silenzio, perché le situazioni si stanno sviluppando a regime di mille all’ora.
    Ottimo milord.

    Grazie per la tua professionalità e perizia.

    Un abbraccio, amico mio e buona domenica

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  4. Un capitolo bello.
    L’ho stampato milord e nella mia raccolta di pagine (non di fogli) siamo a pagina 543.
    Viene un bel libro che farò rilegare e andrà nella mia biblioteca personale.
    Che sofferenza però, devo attendere il prossimo…
    I fatti raccontati avvincono per bellezza.
    Ma ritornerò ancora sull’argomento che mi piace ed è interessante.

    Un bacio mio signore.
    Con tutto l’affetto che vi ho sempre espresso

    Eleonora

    PS: non potreste crearmela voi una copertina … con dedica?
    ahahahahhahah

    😀

    Grazie

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    • lady Eleonora Bisi

      Indiscutibilmente sarà un bel libro, corposo, anche se ormai ci si avvicina alla fine.
      E’ da dire che la vostra pervicacia ci portò a rimanere ammirati della ferrea volontà che vi portò alla raccolta.
      Vi siamo immensamente riconoscenti.
      Grazie e cordialità milady

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  5. Mi farete impazzire milord mio signore.
    A quando il prossimo capitolo? Avete una scrittura irresistibile tante che non mi sono accorta che avevo terminato di leggere.
    Quello che mi ha colpito è su come siete riuscito a costruire la drammaticità del momento, nell’atto drammatico stesso della fuga.
    Come se su quel sommergibile ci fossimo noi, in prima persona, o addirittura Voi al posto del comandante, Manfred appunto.

    Quanto manca al prossimo appuntamento?
    Speranzosa, milord Vi salutiamo

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    • lady Giorgia Mattei

      Intanto vi ringraziammo per la presenza, assidua, presso queste umili pagine.
      La fine è vicina, mia signora.
      E Vi assicurammo che non intervenne (unica volta in quest’ultimo anno), alcuna volontà nel terminarlo con maggiore fretta .
      Vi ricordate, vero. la nostra pubblicazione rapida e assidua, per i pregressi?

      Grazie per avere scritto.
      Abbiate la nostra cordialità.

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  6. Caro dott, Raimondi,
    questo capitolo non è una sottotraccia.
    Molto bello e professionale. Ci si potrebbe scrivere un soggetto cinematografico d’ispirazione.
    Buona domenica e grazie per la bellisima lettura

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  7. Purtroppo manco da molto tempo, caro Ninni e ho dovuto rileggere gli ultimi tre capitoli. Una prima fila e seduta in silenzio. Ho rivissuto alcuni passaggi che una storia, avara di notizie, ma anche di emozioni, non ci dà.
    Mi sono persa tra gli angusti corridoi di un sottomarino che nasce con un carico di morte e si trasforma in un carico di vita che porta, nelle viscere, uno dei decisori di morte.
    La morte stessa.
    Una creazione invincibile, caro.
    Una creazione che va sottoposta ad una attenta revisione storica.
    Infatti, mentre ti leggevo, mi è balenata con orrore, l”opportunità che tu potessi avere ragione sui fatti e fatalmente sui modi.
    Affascinante.

    Un po’ come …
    Un abbraccio…
    Ciao

    L.

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    • Hilde Strauß

      L’avarizia storica, nel merito, è perfettamente voluta.
      Ritenemmo che le verità storiche non possano essere palesate per due ordini di motivi:
      -La prima in quanto poco diplomatiche nei confronti degli alleati.
      -La seconda perché la verità sovvertirebbe quanto scritto dai vincitori.

      Grazie per esserci mia signora

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  8. C’é che non smetterei mai di leggerti. C’é che mi dai quella sensazione di esserci, nei luoghi da te descritti e da te enfatizzati. C’é che mi riesce sempre più difficile non credere che tu, come macchina da guerra nella scrittura, insuperabile, non abbia occhi se non , appunto, per la scrittura.
    Dopo quel “cataclisma” che ha visto soccombere “quell’Ameba di bianco vestita”, viviamo il nostro oggi e il nostro domani in funzione di un racconto, o poesia o sorriso.

    Manfred.
    Oh Manfred. Quanto ti somiglia quel Manfred pieno di professione e dignità e forza. Quel manfred che, onor di comandante, non riesce a vedere proprio quella mancanza di dignità che pervade il pianeta uomo.

    Stai surclassando la tua stessa bravura, caro Ninni. Una bravura incredibile e bellissima. Una bravura che, chi tisegue da anni, ha imparato a rispettare e perché no, ad amare.
    Si dovrebbero leggere le biografie di un autore.
    Si dovrebbe poter scavare a fondo nell’animo di chi scrive per capire e capire e capire.
    Il mondo, forse, sarebbe migliore.

    Ti bacio milord. Ti bacio e ti leggo con quell’istinto che là, oltre i monti e soprattutto gli oceani, ti pssa arrivare una carezza e un bacetto sulla guancia, rubato mentre sei distratto.
    Ciao milord del mio cuore,
    Riguardati.

    lamanuchequestaseraèmalinconicaeincazzataconilmondo

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  9. E qua, caro milord, la pecca è grave.
    Si dovrebbe andare a oltranza perché un capitolo non basta più. Suamo in ballo, si balla, balliamo pa sto capitolo dovrebbe durare il doppio…
    E io come faccio? Ti sto seguendo da diciotto Capitoli e ora non mi vasta più.
    E Fred che fà?

    Ciao al prossimo
    (Anche questo capitolo è scritto divinamente sai? Bravo.

    Dalla partenope Capitale Dudù

    🙂

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  10. Toc toc …
    Posso?
    Entro in punta di pedi per non disturbare il brusio ammirato che ho trovato all’ingresso di Lord Ninni. E mi guardo uin giro. E vedo volti seriosi osservare il sottomarinop e il generale. Qualche signora, sussurra all’orecchi di qualcun altra qualche parolina, sommessa, indicando l’autore. E poi? Già, poi ci sono io. Borsetta di poco prezzo e capelli raccolti sulla nuca. Un abito stinto color verde acqua e due ballerine rosse ai piedi.
    Sì, ma cosa ci faccio qui? Sono ntimorita e allo stesso tempo orgogliosa del Milord.
    Sì, del Milord.
    Come sarebbe? Quelle dacce? Massì, lui, proprio lui, il milord è mio amico.
    Sapete, ogni volta che ci vediamo mi porta le caramelle e io gli scodinzolo attorno come un cagnolino…

    😀

    Ovviamente sto scherzando, caro Ninni.
    Tutto questo per significarti che io ci sono e che ti leggo, molto ma molto profondamente.
    Qualsiasi cosa tu possa scrivere.
    E ogni tanto sento un vuoto dentro e mi sento un po’ così …
    Tanto tempo, tanta distanza, tanto e tanto da sembrare quasi troppo.
    Un mare di bellezza dentro un ditale di bontà.
    Ecco, questo è il tuo romanzo, mio signore e nello specifico questo capitolo.
    E sospiro e sospiro e vorrei darti tutta la mia comprensione e attenzione.

    Ciao Milord, non importa se buona notte o buongiorno.
    Ti giunga il mio bacio e sentilo: è proprio sincero.

    Tua Lilly

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    • Ciao cara,
      ti vedo problematicamente dentro a un problema. Che cara. Ci sono qua io a risolverteli i problemi:basta chiedere.
      E’ molto bello quello che ho letto sai?
      Molto sentito sul serio. Milord sicuramente apprezzerà. Come apprezzerà Vasco, TUO MARITO, il padre delle tue DUE bambine.
      Ne sono sicura, tesoro.
      Concordo perfettamente con quanto hai scritto: è vero, scodinzoli.
      Come un CANE!
      Una sola frase posso prendere da te.
      Una l’hai scritta perfetta:

      “Un mare di bellezza dentro un ditale di bontà”.

      Per il resto, sei passabile, ma mica tanto eh?
      Ti abbraccio amica mia.
      E soprattutto ti bacio.
      Io vado a dormire, IO, perchè domani IO, devo andare a lavorare IO! Mentre quella squinquaqquera della scrivania di fronte, cioé TU, ancora si fa i cazzi di tutti e non, invece, quelli suoi!

      Ciao, dolce amica. Buona notte
      Ah dimenticavo: un caro abbraccio a Vasco e alle due bambine.

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      • Guarda, non immagini quanto tu sia spiritosa. Veramente.
        Mi hai fatto ridere dall’inizio delle tue frasi, fino alla fine, finquando non ti si è chiusa la trachea (inutie sperare per sempre, perché la malerba non secca mai).
        A Vasco salutatelo da sola che io mi saluto le bambine e non vedo che accidente c’entrano con il capitolo di stasera.
        Vai pure a sfogare i tuoi istinti da qualche altra parte che qua ne siamo pieni.
        Ciao cara amica e mi raccomando, prenditi la tisna per dormire.
        Riposa, sì in pace.

        🙂

        (Lasciala perdere Nì)

        Lilly

        😀

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  11. Carissimo Milord, leggere questo capitolo è come essere sul sottomarino, viverne la tensione spasmodica. E’ come essere il comandante che deve decidere ed essere l’equipaggio che può solo attendere cercando di tenere a bada la paura. Si può dire: sono allenati, preparati a tutte le situazioni ma è ben diverso trovarsi bloccati. Durante l’azione l’adrenalina può superare la paura ( Siamo tutti umani ). Ma fermi, bloccati, fermi è spaventoso. Certo può usare i motori per immergersi e navigare ma senza i diesel è tutto un altro discorso.
    Avete creato un capitolo splendido nella sua realtà del tutto possibile e certamente accaduta a qualche unità e forse anche più di una volta. Credo sia veramente il momento in cui ci si rende conto di quanto , pur essendo uno strumento di morte efficientissimo, in un attimo si possa diventare quasi un giocattolo nelle mani del destino.
    Grazie Milord per far rivivere ciò che ben pochi conoscono, siete sempre unico nel descrivere e mettere l’anima nello scrivere.

    Un Abbraccio sincero

    Giovanna

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    • lady Giovanna Orofiorentino

      Siamo senza parole mia signora.
      Descriveste, in due battuto, il nostro personale stato d’animo durante la composizione del presente.
      Grazie mia signora.
      Cordialità

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  12. Caro Milord, mi permetto di chiedervi una delucidazione. Se non ricordo male all’epoca l’uso del radar su i sommergibili era ancora agli albori, quindi non perfezionati al meglio. Perchè navigare di notte con il radar spento? Serviva solo per poter contrastare eventuali attacchi aerei? Questo spiegherebbe perchè tenerlo spento di notte. Per le unità di superficie sarebbe stato comunque utile.
    Scusate la domanda ma amo capire a fondo le cose.
    Carissimi saluti

    Giovanna

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    • Lady Giovanna Orofiorentino

      Bella osservazione la vostra, mia signora.
      Effettivamente in una navigazione a vista e razionata, il Radar e altri rilevatori di sorta (esempio il Sonar, o eco-scandaglio) vengono disattivati per risparmiare le batterie accumulatrici di elettricità, che forniscono energia alle elettro-eliche per la navigazione silenziosa, come già accennato…
      Grazie per il vostro acuto interesse e cordialità

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  13. Gran bel capitolo, drammatico e carico di adrenalina che avete saputo sapientemente trasmettere a noi lettori con quei colloqui serrati, le descrizioni brevi ed efficaci, le azioni calibrate e decise. Bravissimo, Milord: restare fermi in mezzo all’oceano deve essere tremendo e cercare un approdo è un imperativo, pur dovendo fare retromarcia.
    In attesa del prossimo, invio cordiali saluti
    Marirò

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    • lady Marirò

      Mia signora ci colpiste con una disamina netta, pulita ed essenziale, degna di una recensione letteraria d’alto livello. Come non sottolineare la vostra presenza, presso queste pagine, della bellezza e della forza espressiva da voi elargita, sempre, a piene mani?
      Viviamo in un angusto momento storico dove, l’immediatezza umana e la sofferenza esistenziale la fanno da padroni.
      In un contesto storico poco chiaro, come i risvolti e le pieghe della seconda guerra mondiale, è difficle muoversi se non si hanno, a disposizione, armi sull’adduttivo.
      Attenta cronachista, avete portato, decisamente, una bella qualità a questo umile spazio web.

      Abbiate, lady Marirò, la nostra più grande considerazione e le più profonde cordialità

      The milorder

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