Una storia 26

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2Per due o tre interminabili giorni George aspettò. Jassy lo guardava con dolcissimi occhi pieni di devozione, ma non pareva affatto disposta a figliare il suo puledrino.
— Non può mancare molto, signore — era l’opinione di Hedges. — Vi chiamerò quando comincia.
George vagava per la casa, seguito dal fedele ma perplesso Brandy, secondo cui era il parco il posto più adatto alle passeggiate. La casa gli sembrava vuota, molto più vuota di quando era abbandonata e trascurata. Non si era mai reso conto di quanto Sophie l’avesse riempita della sua presenza, del suo gusto, delle sue idee e del suo entusiasmo. La sua scatola da lavoro e lo scrittoietto olandese erano chiusi, adesso, nessuno sedeva sulla sua poltroncina, e il letto che dividevano era vuoto. Fu qui che sedette, sfiorando con le dita le frange del copriletto. Era andata via solo per poco tempo, si disse, a quella dannatissima Esposizione, dove lui l’avrebbe raggiunta quanto prima, per riportarla a casa. Ma dopo quella lite, come potevano fare la pace, cancellare il ricordo delle cose che si erano detti? E la felicità pareva ancora più impensabile! Aveva rovinato tutto, mandato a monte qualsiasi possibilità di felicità. Per ora non c’era segno di bambini, ma un figlio avrebbe forse ricomposto le loro vite spezzate. Era tutta colpa sua: Sophie aveva ragione a dire che lui anteponeva persino i suoi cavalli a lei… e lo stava facendo anche adesso.
Doveva abbandonare Jassy, partire immediatamente per Londra, chiederle perdono, dirle che Emily non contava più niente per lui? Ma era vero? Tirò un profondo respiro e capì che lo era. Cercò di immaginarsi Emily a Plummers e non ci riuscì. Se Sophie si lamentava che c’erano cose che lui non voleva condividere con lei, adesso per la prima volta si rendeva conto che c’erano molte più cose che non avrebbe potuto condividere con Emily. Sotto quella sua grande bellezza, il suo sorriso, il suo fascino, c’era qualcosa di freddo, superficiale, calcolatore. Com’era possibile che Jack se ne fosse accorto tanti anni prima e lui no? Ma lui ne era innamorato, un tempo. Oppure era stata solo una tempesta dei sensi, una passione fisica che si era esaurita? E adesso, come per miracolo, era stata Emily stessa che, ripudiando il loro passato, gli aveva mostrato a chi veramente lui tenesse. Persino suo padre aveva visto in Sophie quello che era sfuggito a lui. Come aveva potuto essere così cieco, si chiese?
Si alzò di colpo dal letto, facendo sobbalzare Brandy, e scese di corsa le scale, chiamando ad alta voce Morgan. — Parto immediatamente per Londra — disse al suo domestico. — Preparami una valigia per la notte. Sarò pronto tra un quarto d’ora. Poi mi preparerai il bagaglio con il necessario per una settimana o giù di lì e mi seguirai con il prossimo treno.
Fuori nella stalla Jassy aspettava paziente mentre lo stalliere la strigliava. — Ancora niente, signore, ma..
— Temo che dovrai occupartene tu — lo interruppe George. — Parto subito per la città. Sellami Esmeralda.
— Siete sicuro, signore? — chiese lo stalliere, sorpreso. — È con noi da poco e non è ancora stata addomesticata come si deve. È troppo bizzosa.
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2— È molto veloce, è per quello che la voglio — rispose George, e avendo messo in moto tutti i suoi servitori, in meno di un quarto d’ora era già partito. Mentre galoppava lungo il viale con Esmeralda, che mostrava un caratterino più che semplicemente bizzoso, pensò che Hedges non aveva tutti i torti. Imprecando contro la giumenta diede uno strappo alle redini, ma lei galoppava imperterrita a perdifiato tra i filari di tigli. — Sei proprio la più selvatica di tutte — borbottò Hedges osservandola dalla soglia della stalla.
Stava per voltarsi e andarsene quando d’improvviso vide qualcosa di grigio-bruno che sfrecciava sul viale, una volpe forse, o una lepre, quasi sotto gli zoccoli di Esmeralda. La giumenta scartò, impennandosi. Per un secondo George cercò di tenerla a freno, ma l’animale lo disarcionò e lui cadde sull’erba, rotolò sul fianco e picchiò la testa contro il tronco di un tiglio.
Con un urlo Hedges chiamò il mozzo di stalla e, afferrata una coperta, si precipitò lungo il viale. Il suo padrone era svenuto. Servendosi della coperta lo riportarono a casa, con molta cautela e non senza difficoltà. Esmeralda, che probabilmente aveva deciso che per quella mattina aveva lavorato anche troppo, trotterellò tranquilla verso la sua stalla.
Fu mandato a chiamare il dottor Gradely, e quando George riaprì gli occhi, un’ora dopo, si trovò coricato nel suo letto con il dottore chino su di lui.
— Che diavolo… — cominciò a dire, cercando di alzarsi, ma una mano ferma lo trattenne.
— Non muovetevi, signor Randolph. Avete fatto una brutta caduta da cavallo.
— Buon Dio! Adesso ricordo, una maledetta lepre. Ma io devo andare a Londra.
— Non certo oggi, dovete riposare. Non credo che abbiate ossa rotte, ma…
George si alzò a sedere, portandosi la mano alla testa e ritirandola con le dita sporche di sangue.
— Vedete? Avete un taglio sulla cute — gli spiegò il dottor Gradely, col tono soddisfatto di chi ha ragione.
George tornò ad appoggiarsi sui cuscini. La testa gli doleva in maniera abominevole e, pur fremendo d’impazienza, si lasciò fasciare la ferita. Era il colmo che quando finalmente aveva capito che cosa doveva fare, i suoi piani fossero stati mandati all’aria da una cavalla ribelle e da una lepre. Ma l’indomani sarebbe partito per Londra, qualsiasi cosa avesse detto il dottore.
La mattinata passò lentamente. George dormì per la maggior parte del pomeriggio, consumò una cena decente ed era già svestito e stava coricandosi quando bussarono alla porta. Era James che gli comunicava che Hedges avrebbe voluto parlargli. Lo stalliere comparve dopo pochi secondi, ma George era già fuori del letto e aveva la camicia in mano.
— Che c’è? Jassy ha cominciato? Sarò pronto in un attimo.
— Non occorre, signore. Ha figliato una bella puledrina.
— E perché diavolo non mi hai chiamato? Volevo esserci anch’io. Sei sicuro che sia andato tutto bene?
— Lo sapete che potete fidarvi di me, signore. — Hedges aveva l’aria un po’ offesa. — E, quanto a chiamarvi, il dottore ha detto che dovevate riposare, e aiutare una giumenta in travaglio non è un’attività che chiamerei riposante. Adesso almeno potete dormire tranquillo.
Dopo che fu di nuovo solo, si lasciò cadere sui cuscini. Che sollievo! Era un successo su cui aveva contato molto: la prima cavallina araba che nasceva nella sua stalla. Ma a quale prezzo? Oh, Dio, a quale prezzo, si chiese con un gemito.
— Che piacere averti qui di nuovo! — esclamò Lord Randolph, guardando con profonda soddisfazione sua nuora.
— Ma ti vedo un po’ sciupata.
Sophie gli sorrise. — Probabilmente sono solo stanca. Ho avuto tanto da fare con i miei preparativi per gli ospiti che speriamo di avere quest’estate, e poi con la scuola. A proposito, te ne ho parlato nelle mie lettere?
— Sì, credo di sì.
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2— Be’, il paese ha bisogno di una scuola e George ha ceduto un appezzamento di terreno… sai, quel campo vicino al cimitero. Abbiamo fatto disegnare il progetto a un imprenditore edile di Oxford. I muri sono già alti quasi un metro e il pastore non sta più in sé dalla contentezza!
E Sophie continuò il suo resoconto, sperando di avere l’aria di una persona felice, a cui tutto andava nel migliore dei modi. Ma la verità era che tutto era andato male, molto peggio di quello che si sarebbe potuta immaginare quando aveva iniziato la sua vita coniugale, così piena di grandi aspettative. Avendo scoperto in George un uomo che nascondeva segreti del suo passato e che era invischiato in una storia di cui non riusciva a liberarsi, aveva dovuto affrontare il fatto di contare molto poco per suo marito. Plummers li aveva uniti, dando loro uno scopo comune, ma poteva bastare questo, adesso, oppure la loro unione era ormai irreparabilmente rovinata?
Se la signora Horton non fosse ricomparsa, Sophie era certa che col tempo tutto si sarebbe aggiustato. Ma adesso quella notizia sul giornale aveva sconvolto suo marito. Sentiva di essergli molto vicina, anche se ribolliva di rabbia, più che altro diretta contro la donna che stava creando un tale sfacelo nella sua vita. Ma ricordando quello che gli aveva detto due giorni prima, cose molto dure, che avevano lo scopo di scioccarlo e metterlo davanti alla realtà di quello che stava facendo, Sophie temeva di essersi alienata suo marito per sempre. Lo amava ancora? Eccome! Lo amava disperatamente, molto più che quando lo aveva conosciuto, anche se non riusciva a spiegarsene il motivo. Ed era tanto presa dalla propria angoscia da non avere colto nelle parole di lui l’indizio del cambiamento dei suoi sentimenti.
Così doveva fare ancora uno sforzo, lottare un’ultima volta per lui, per se stessa, per Plummers. Ma come? Che cosa doveva fare? Persino il segreto che custodiva gelosamente non poteva certo essere usato per questo scopo: sapeva troppo di ricatto!
Mentre si chiedeva che cosa fosse successo dall’ultima volta che aveva visto suo marito, ebbe come unica risposta l’osservazione casuale di Lord Randolph che George sembrava proprio essere uscito di senno per precipitarsi in città un giorno e ritornare in campagna il giorno seguente. — Così non sappiamo niente di lui — 3concluse borbottando. — Ma sono sicuro che non ti dispiacerà troppo andare all’inaugurazione con Amabel ed Henry e il fratello minore di Henry, Nigel.
— Ma certo che non mi dispiace — mormorò lei. — Anche se spero che George tornerà in tempo. Se… se la giumenta avrà figliato…
— Quei dannati cavalli! — sbuffò suo suocero.
Non ci fu segno di George il giorno seguente e, dopo pranzo, mentre Lord Randolph riposava, Sophie si fece portare da Verity a Kensington. Fortunatamente la sua amica era a casa e felicissima di vederla.
— Le stanze sul retro sono le uniche tranquille in questi giorni — le spiegò quando si furono sistemate in un tinello al piano di sopra. — Con l’Esposizione il rumore e il gran viavai cominciano alla mattina per finire dopo il tramonto, e una volta che verrà aperta al pubblico sarà anche peggio. Io non ci posso andare, naturalmente, nelle mie condizioni, ma Jack ha promesso che mi ci porterà prima che chiuda, in autunno. Lui ci vuole andare subito, però, non appena sarà ammesso il pubblico, dopo la cerimonia di inaugurazione. Immagino che tu sia tanto fortunata da presenziare a questo avvenimento, vero?
— Lord Randolph ci ha procurato i biglietti. — Per un momento Sophie contemplò l’amica, al suo sesto mese di gravidanza. — È bello vederti così in forma.
— Mi sento proprio bene, anche se sono un po’ ingombrante — rispose sorridendo Verity. — E Jack è così emozionato… Vuole un maschio, naturalmente, ma per me non fa differenza. Vorrei tanto che tu…
— Non dire niente, ti prego — la interruppe Sophie. — Oh, be’… potrei anche… ma non sono sicura. E non poteva capitare in un momento peggiore.
Verity notò la sua angoscia e venne a sedersi accanto a lei sul sofà, mettendole un braccio intorno alle spalle. — Carissima Sophie, che strana cosa da dire. Sono felice per te, e lo stesso sarà Jack, per tutti e due voi. E perché mai dovrebbe essere un brutto momento?
Sophie le prese le mani. — Non dire niente a nessuno, per ora. Non ne sono del tutto sicura.
— No, se non vuoi. Ma immagino che l’avrai detto a George.
— No… non ancora.
— Ma dovrai pur farlo, presto. Perché non lo porti qui a cena? Stasera, magari?
Sophie abbassò gli occhi sulle sue mani, che ancora stringevano quelle dell’amica. — Lui… lui non è qui.
— Oh, pensavo che foste venuti insieme qui da Plummers. Ma vedo che c’è davvero qualcosa che non va, mia cara. Di che cosa si tratta?
Nonostante la sua decisione di non parlare a nessuno dei problemi, Sophie non resistette davanti all’aria preoccupata di Verity e, scossa dai singhiozzi, si buttò tra le sue braccia accoglienti.
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5Verity lasciò che si sfogasse e aspettò che finisse di piangere. — Su — le disse poi dolcemente, quando Sophie esausta tacque, senza staccarsi dal suo abbraccio. — Non faresti meglio a raccontarmi tutto?
Dopo un ultimo singhiozzo Sophie tirò fuori tutta la triste storia, dalla luna di miele fino all’ultima disastrosa scenata nel salotto a Plummers. Poi, quando cominciò ad affastellare le frasi e a perdere il filo del discorso, Verity raddrizzò la schiena, gli occhi scintillanti di indignazione.
— Povera cara! Ma come ha potuto comportarsi in quel modo? Io non ho visto l’annuncio del giornale, ma Jack sì. E ha detto che era sicuro che questo non avrebbe cambiato minimamente la situazione, né in un senso né nell’altro.
Sophie rabbrividì. — Temo invece che importi fin troppo a George. Oh, Verity, che cosa devo fare?
— Jack deve parlargli e fargli entrare un po’ di buon senso nella testa.
— Oh no, no! — esclamò Sophie, con grande angoscia. George sarebbe così arrabbiato se sapesse che ti ho parlato della situazione. Ti prego, ti supplico, promettimi che non ne parlerai a nessuno. Per favore!
— Calmati, non agitarti più — la tranquillizzò Verity. Se non vuoi che ne parli a Jack, non lo farò. Ma se guardo la tua povera mano…
— Quella è stata colpa mia.
— Non è detto. Ma forse hai ragione tu. Jack è troppo affezionato a tutti e due, e potrebbe agire d’impulso, rischiando di peggiorare le cose. La signora Horton non gli è mai piaciuta e se penso che ha combinato di nuovo un mucchio di guai, non so che cosa le farei. Certo non si può darle colpa se si vuole risposare, ma immagino che la cosa che ha addolorato più di tutto George è stata che la sua scelta cadesse proprio su quell’uomo.
Sophie tirò un lungo sospiro. — Forse quando saranno sposati la cosa finalmente avrà termine. Comunque sono contenta di aver parlato con te.
— Direi! — Verity le baciò la guancia. — Non abbiamo mai avuto segreti l’una per l’altra noi due, vero? E se davvero sei in stato interessante, vedrai che cambierà tutto.
— Ma non posso dirlo a George, non ancora.
— Perché no? Certo questo fatto aggiusterebbe tutto tra voi, ne sono convinta.
— Oh, non capisci? Penserà che io me ne servo per farlo sentire colpevole e, se per caso mi fossi sbagliata, si crederà imbrogliato due volte. Devo aspettare almeno che siamo arrivati a una specie di intesa tra noi.
— Ma dico io! — sbottò Verity. — Mi sembra così illogico.
— Può darsi, ma io non posso usare la mia condizione come arma. Mi capisci, non è vero? E non so che cosa dire o fare quando George arriverà qui.
— Lascia che sia lui a fare la prima mossa e poi vedrai. Forse hai ragione tu. Occorre un momento migliore per dargli la buona notizia.
Quando Sophie tornò a Mount Street si sentiva più sollevata: era stato un grande conforto potersi sfogare e avere il sostegno del solido buon senso di Verity.

Arrivò il gran giorno dell’inaugurazione e nessun segno di George. Gli Storrington vennero a prendere Sophie, portando il fratello minore di Henry. Nigel aveva diciotto anni ed era il prototipo del dandy. — Vorrei che tu non facessi sempre il pavone — gli disse il fratello, al che l’altro si offese.
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5— È molto elegante e sono orgogliosa di essere accompagnata da lui — intervenne Sophie, prendendo il braccio del pavone, cosa che lo ringalluzzì e lo fece arrossire di piacere. Henry assunse il comando della piccola comitiva e poco dopo le nove si unirono alla folla che convergeva sul Palazzo di Cristallo. Sembrava che il mondo intero avesse aspettato con ansia quel giorno. E il cielo era azzurro, il sole splendeva e il tempo rendeva perfetta la giornata. Migliaia di spettatori privi di biglietto erano in attesa lungo il percorso del corteo reale. C’era un’atmosfera allegra e rilassata e i venditori di pasticci caldi, patate arrosto e mele candite facevano affari d’oro.
Lord Storrington alla guida del piccolo gruppo fece il suo ingresso dall’entrata principale a sud. Qui si fermarono per un momento, senza fiato per lo stupore: dall’alto salone centrale il transetto, circondato da balconate, si irradiavano numerosi corridoi; i raggi del sole illuminavano la fontana di cristallo che mandava alti zampilli nell’aria, facendola scintillare come miriadi di diamanti. All’estremità della sala si ergeva un olmo pieno di passeri cinguettanti, che svolazzavano tra i rami e su fino alle travature, da dove evidentemente speravano di potere sfuggire, vedendo il cielo in alto, ma poi si trovavano davanti l’inesorabile barriera del vetro.
— Bisognerà fare qualcosa, accidenti a loro! — esclamò disgustato Nigel. — Guardate la mia giacca, maledizione!
Amabel scoppiò a ridere. — Che sfortuna. Ma non preoccuparti mio caro, provvederà Jenks a pulirtela quando saremo a casa.
Erano comunque tutti allegri mentre Henry li accompagnava su per una scala di ferro fino ai loro posti su una balconata.
Poi ci fu quella che parve a tutti un’interminabile attesa. Amabel si appoggiò alla balaustrata e guardò in basso il pubblico dei privilegiati. — Ecco la mamma! Guarda, Sophie, è tra Lord Grenville e il colonnello Reid, e là c’è Lady Grenville con uno dei giovani Devonshire. Vedo tua sorella con un accompagnatore, chissà chi è? Ah, è Lord Bentley… è vecchio, deve avere almeno quarant’anni, ma è favolosamente ricco.
Sophie guardò in basso, vide Althea che sorrideva vezzosa al suo compagno, e sospirò. — Ecco che ci risiamo! — disse. — Chissà quanti ammiratori collezionerà questa stagione? Tua madre è proprio gentile con lei.
— È così bella — fece in tono invidioso Amabel. — E in quel vestito rosa… — Quando Henry si chinò su di lei, dicendole in tono galante: — Amore mio, anche tu… — lei lo interruppe rassegnata. — Non dirmi che sono bella come Althea, perché so di non esserlo.
— Io preferisco avere te — ribatté suo marito con un’aria così franca e decisa che tutti gli altri scoppiarono a ridere.
Mentre guardavano le file di cuffie da donna e gli alti cappelli degli uomini, molti dei quali in uniforme, per far passare il tempo Henry indicò loro le celebrità. A sentire quei nomi sembrava che tutti quelli che contavano fossero là, compresi i denigratori dell’evento, ansiosi di assistere al disastro che avevano profetizzato.
Ma niente andò storto: la costruzione non crollò, nessuno cadde per essere poi travolto e calpestato dalla folla inarrestabile, né cedettero le balconate, che l’esercito aveva provveduto a mettere alla prova spingendo pesanti cesti pieni di munizioni per tutta la loro lunghezza. E tanto meno il rimbombo dell’organo scosse le fondamenta della costruzione. Sophie si unì alle chiacchiere e alle risate degli altri, pensando nel frattempo a come sarebbe stato tutto diverso con George accanto a lei, invece di quel ragazzino eccitato. Ma doveva cercare di non pensare a lui e godersi quella giornata.
Mentre ammirava le due file di splendide statue, alcune classiche, altre ispirate alle sacre scritture, altre equestri, che fiancheggiavano il percorso fino al palco reale sovrastato da un grande baldacchino di tessuto scarlatto con frange d’oro, Sophie pensò che quel posto era pieno di colori: c’erano fiori dappertutto, palme, arbusti e sempreverdi, e poi i corridoi pieni di trofei e manufatti di tutti i tipi, che si perdevano a vista d’occhio in attesa di rivelare altre meraviglie.
Finalmente apparvero le guardie del corpo della Regina, poi i Beefeaters, i guardiani della Torre di Londra, nelle loro giacche rosse ricamate con le insegne reali, quindi i trombettieri nelle loro giacche d’oro e i berretti di velluto nero da fantino. Era uno spettacolo così brillante e suggestivo che Sophie non avrebbe voluto perderlo per nulla al mondo.
Poco prima di mezzogiorno un’enorme salva di applausi giunse dall’esterno, segnalando al pubblico in attesa che stava arrivando il corteo reale. I trombettieri salutarono l’avvenimento con la fanfara e allungando il collo Sophie e Amabel riuscirono a scorgere la Regina, una minuscola figura in seta rosa che teneva per mano il giovane principe di Galles. Era accompagnata dal principe consorte che teneva per mano la loro piccola principessa. Gli applausi nel Palazzo crebbero a dismisura, soffocando quasi il suono della musica. Sophie cercò di imprimersi tutto nella memoria per poterlo raccontare al suocero e magari anche a George, se fossero riusciti a parlarsi di nuovo, ma nella grande eccitazione dell’avvenimento, tutto si fuse nella sua testa.
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2Soltanto le parole della Regina le rimasero stampate nella mente con estrema vivezza: — Che Dio benedica il mio carissimo Albert, che Dio benedica il mio amatissimo paese che si è dimostrato tanto grande, oggi! — E lei fu una delle tante persone che non riuscì a trattenere qualche lacrima di amore e di patriottismo.
Dopo che l’arcivescovo di Canterbury ebbe invocato la benedizione divina su questa Esposizione Universale che si prevedeva fonte di nuova linfa vitale e di scambi, la processione reale fece una visita di quasi un’ora al transetto e poi a uno dei corridoi.
— C’è talmente tanto da vedere — disse Sophie ad Amabel — che penso dovremo venire più volte.
— Qualche mattacchione ha calcolato che se uno passasse tre minuti a guardare ciascun oggetto esposto, ci vorrebbero trentasei ore a vedere tutto — precisò Henry, sporgendosi per farsi sentire dal gruppo da dove sedeva al fianco di sua moglie.
Il corteo intanto procedeva; interminabile era la sfilata dei personaggi importanti: re stranieri, potenti capi di stato, l’esercito in splendide uniformi, rappresentanti del governo turco in costumi sgargianti e altrettanto colorati i cinesi nei loro lunghi abiti di seta. E Sophie fu molto sorpresa di scoprire dal grande orologio elettrico sopra l’entrata sud che erano quasi le due.
Adesso anche il pubblico cominciava a girare per il Palazzo ed Henry accompagnò la sua famiglia al piano terreno, dove si unirono alla ressa generale nella Corte della Fontana prima di addentrarsi in uno dei corridoi.
— Capisco perché ci vorrà tanto per vedere tutto — fece Sophie. — Oh, mi piace questo pezzo del Canada.
L’accento qui era sul legno: attirava l’attenzione soprattutto una capanna di tronchi con un tagliaboschi di grandezza naturale, e c’erano dei bellissimi mobili di legno canadese. Amabel fu colpita da una doppia poltrona per tête-à-tête. — Sarebbe perfetta per Althea e i suoi corteggiatori — aggiunse, facendo ridere Sophie.
I due uomini vollero vedere qualche strumento: macchine a vapore, stampatrici, una macchina per fare buste e un’altra per le nuove penne d’acciaio. Tutti furono impressionati dalla grande ruota che girava maestosa producendo vapore.
— È una cosa terrificante — fu il commento di Amabel. — Su, muoviamoci, Sophie, andiamo a vedere i pizzi di Nottingham. Mi piacciono questi disegni per il bordo delle maniche.
Passarono parecchio tempo al padiglione delle porcellane Minton, dove Henry Minton e suo nipote avevano allestito un’Esposizione notevole. — Oh — sospirò Sophie — è tutto così bello. E adesso andiamo nella sala medievale. Guardate quella statua di cavaliere… e che splendidi arazzi!
C’era una grande folla che voleva vedere il diamante Koh-i-noor sotto la sua cupola di protezione. La presenza della polizia e dei soldati era una garanzia in caso di incidenti, ma secondo Sophie il famoso gioiello era superato dal diamante Hope, che appariva ancora più luminoso e meglio esposto. Fu là che incontrarono Lady Louisa e Althea.
— Che ressa! — esclamò l’anziana signora. — Sono stordita da tutto questo. Sophie, tesoro, hai visto gli scialli di cashmere? Non devi farteli scappare, sono bellissimi. Dovrò fare un ordine.
— Non si sa quasi da dove cominciare — osservò Sophie. — Devo vedere anche l’argento indiano.
— E i tappeti cinesi — intervenne Amabel. — È da quando ho visto il tuo nel tuo salotto che ne desidero uno, ma sono così costosi… — E lanciò un’occhiata a Henry, che mandò un gemito.
— Ho capito che questa Esposizione servirà a svuotarmi le tasche, le mie e quelle di molti altri, direi!
Althea, entusiasta di tutto e ansiosa di farle un resoconto particolareggiato degli impegni mondani che Lady Louisa aveva organizzato per lei, prese sottobraccio la sorella.
— Se non sarò morta alla fine della stagione sarà una sorpresa per me — esclamò Lady Louisa, anche se si stava divertendo enormemente e avrebbe considerato una giornata priva di impegni tempo sprecato.
Quando finalmente alle sei il Palazzo di Cristallo chiuse, Sophie ammise di essere molto stanca mentre la riaccompagnavano a Mount Street.
— Però ne è valsa la pena — disse a Lord Randolph. — Non hanno mai esibito prima d’ora una così vasta quantità di prodotti dell’arte, dell’ingegno e del lavoro umano di tutto il mondo!
— Te la sentiresti di tornarci per un’altra visita domani? — le chiese lui. — Ho una mezza intenzione di andarci anch’io, prima che abbassino il prezzo del biglietto per il grande pubblico.
— Ne siete sicuro, signore? Lady Louisa ha trovato l’Esposizione molto stancante ed è tornata a casa prima di noi.
Lui le sorrise con affetto. — Cosa? L’Esposizione è riuscita a battere persino la mia instancabile sorella? Be’, so che sono troppo vecchio per fare molto, ma forse potremmo scegliere uno o due padiglioni dal tuo catalogo, se hai voglia di studiarlo insieme a me, dopo cena.
Decisero che avrebbero visto gli ultimi modelli inglesi di lampade, di telescopi e di orologi, e il padiglione francese con i suoi bei bronzi e le statue, tra le quali ce n’era una equestre di Napoleone a cui Lord Randolph era particolarmente interessato.
Sembrava particolarmente in forma quella sera e pieno di aneddoti, ma Sophie fu lieta quando poté rifugiarsi a letto. Si era divertita molto quel giorno, ma nulla le pareva contasse realmente fino al ritorno di George, anche se non aveva idea di quello che sarebbe successo quando fosse finalmente arrivato.
La mattina seguente Lord Randolph pareva ansioso come un ragazzino di fare la sua scampagnata e annunciò che stava benissimo. — Ho dato ordine che il calesse ci porti là e ci riporti a casa dopo due ore. Non è molto, certo, ma…
— Sarà abbastanza per voi — terminò Sophie per lui. — È meglio fare più visite ma brevi, non siete d’accordo?
Stavano terminando la prima colazione quando fu portato un messaggio. Era molto conciso.

Cara Sophie,
ho fatto una stupida caduta dal mio cavallo. Niente ossa rotte, ma ho battuto la testa. Il dottor G. vuole che riposi per un po’. Non occorre che tu ritorni a casa, intendo essere a Londra tra un paio di giorni al massimo.
G.J.R

3Sophie non si sarebbe aspettata di più, data la situazione, ma quando lesse il biglietto a suo suocero, questi inarcò un sopracciglio.
— È molto stringato. Non ci dice nulla, ma probabilmente se ha visto Gradely e fa quello che gli è stato detto, una volta tanto, non c’è da preoccuparsi. Vuoi tornare a casa? — aggiunse, dopo averle dato un’occhiata. Non gli era sfuggita la sua espressione preoccupata, anche se non poteva sapere che il motivo non era quello che lui pensava. — Ma se intende raggiungerci tra qualche giorno…
— No — rispose lei, infilandosi in tasca il biglietto. — Dice che non ce n’è bisogno.
— Sì, pare anche a me. Bene, mi fa piacere. Sono tanto egoista da godermi troppo la tua compagnia per volerci rinunciare. Ma dimmi se non è tipico di George cadere da cavallo.
Sophie riuscì a tirare fuori un sorriso. Ma in camera sua, mentre prendeva lo scialle e la cuffia, si sentiva il cuore pesante. Non una parola di scuse o di rincrescimento, nessun messaggio che le comunicasse, anche vagamente, che voleva rappacificarsi dopo quella lite. E nemmeno un saluto affettuoso.
Il bel tempo teneva quando lei e suo suocero si accodarono alla fila di carrozze che si dirigeva all’entrata principale. C’erano già molte persone là e Sophie pensò che Lord Randolph aveva ragione e che la folla sarebbe stata ancora più numerosa quando il prezzo dell’ingresso sarebbe sceso da cinque scellini a uno.
Una volta entrati il vecchio si fermò, appoggiato al suo bastone, sbigottito dalla bellezza della corte centrale con il sole che entrava dal vetro. — Sorprendente — esclamò. — Proprio sorprendente! Sono contento di averlo visto.
Visitarono i padiglioni che avevano scelto e lui, che aveva sempre avuto la mania degli orologi, fu affascinato in particolare da uno, che consisteva solo del puro macchinario, con elaborate lancette decorate in oro.
Le due ore passarono rapidamente e si stavano dirigendo verso l’uscita quando sentirono una voce chiamare: — Signora Randolph! — Sophie si voltò e vide il maggiore Bryce. Gli rivolse un freddo saluto e avrebbe voluto continuare per la sua strada, ma lui le aveva teso la mano e lei non poté ignorare quel gesto.
— Spero che vi stiate godendo questa cosa incredibile — le disse. — Non è con voi il signor Randolph?
— In questo momento no, ma mi raggiungerà a Londra al più presto — rispose lei. — Come vedete mi sta scortando mio suocero. Signore, posso presentarvi il maggiore Bryce? L’ho conosciuto quando…
— Grazie, ma so perfettamente chi è il maggiore Bryce — fece con voce di ghiaccio Lord Randolph. Vogliamo andare? — E ignorando la mano tesa dell’altro si voltò e Sophie fu costretta a seguirlo.
Nonostante quello sgarbo, il maggiore scoppiò a ridere. — Arrivederci, allora, signora Randolph, spero che ci vedremo all’Esposizione dei miei palloni.
Sophie fu lieta che suo suocero soffrisse di una leggera sordità, perché la voce di Bryce li seguì con un pacato sorriso: — A proposito, vostro marito ha fatto a pezzi altre porcellane ultimamente?

19 pensieri su “Una storia 26

  1. Caro Antonmaria

    Questo, a mio avviso, è tra i più toccanti capitoli sinora letti.
    L’ immagine che rendete dì George, che si esamina dentro, è capolavoro, qualcosa di raffinato e preciso.
    La rappresentazione di George, che si sta svegliando dall’ illusione, mi è piaciuta molto. Si sta accorgendo che l’ Amore, unilaterale, per Emily è come quelle cose che, incompiute, si fissano ossessivamente in mente, le si idealizzano, ma spesso sono fuochi fatui. Crollata, dunque, la fissazione per Emily, ha ora l’ obiettività di valutare Sophie, che davvero è un tesoro prezioso come persona, come donna, come moglie.
    Per avvincerci, Antonmaria, non era possibile che le cose andassero lisce e che George, pentito, rimediasse correndo dalla moglie, che, dal canto suo, non ha mai smesso di amarlo e di comportarsi onestamente e con coerenza, persino la gravidanza non vuole che sia di condizionamento.
    Anche in questo capitolo, Antonmaria, è evidente l’ impegno ed il consistente lavoro di ricerca e documentazione dietro questo romanzo, i dettagli dell’ Esposizione lo dimostrano.

    In dirittura della fine, la curiosità per il prosieguo è impaziente.
    Sempre grazie, Antonmaria
    Con Stima e Affetto,

    Maria Silvia

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    • Maria Silvia

      condivido, molto, questo tuo commento.
      Un uomo dovrebbe potere avere una nuova chance verso la propria donne e viceversa.
      Hai ragione: Emily fa parte di quelle cose incompiute che, non realizzate, vengono enfatizzate.
      Buona giornata

      Annalise

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      • Gentile Annelise

        Ti ringrazio per aver condiviso il mio commento.
        La seconda possibilità, a mio avviso, andrebbe data solamente a chi, coi fatti, dimostri le buone intenzioni.
        Buon pomeriggio,

        Maria Silvia

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    • Maria Silvia,

      sembra quasi che siamo diventate una bellissima usanza d’incontro, qua dentro.
      Non sto facendo stalcking, ma una bella condivisione emozionale con quanto ho letto sul Capitolo e quanto, le persone pulite e pronte, sanno scrivere.
      Ho letto il Suo commento a questo capitolo e mi sono ripromessa, immediatamente, di scriverLe per significarLe l’apprezzamento per le sue parole.

      Vede, è difficile, se npn quasi impossibile, trovare persone fidate e affidatarie il comune senso responsabile in un contesto quale quello di un sito letterario (seguitissimo tra l’altro) come è questo.
      Se poi Lei, che è persona che riscuote la massima fiducia sia dal padrone di casa, sia dai lettori) riesce a focalizzare quell’attenzione “letteraria che le è dovuta”, allora il passo è breve.
      (Mi riferisco ai fatti di ieri e di come, la Sua eleganza, ha saputo gestire tutto, abbinandosi all’intervento di Ninni. Semplicemente fantastica la Sua condotta).

      Questo mio, che è comunque un apprezzamento per quello che Lei ha scritto, vuole essere una precisa considerazione, anche, per ieri.
      Le auguro un sereno pomeriggio.

      Maria Luisa Ranieri

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      • Gentile Maria Luisa Ranieri

        Ho letto le parole che mi ha rivolto col sorriso ed anche con un po’ di commozione.
        Ogni tanto, in questo lussuosissimo spazio di cultura creato da Ninni, tenta di introdursi qualcuno che non è degno di stare per come vi si approccia (in ogni caso, con lo stile di schiettezza ed eleganza che gli è esclusivo, Ninni non indugia a redaguirlo) ma le persone che scrivono puntualmente, sono persone come Lei che vengono mosse da Passione per la Cultura e Stima per Milord. Quando le stesse, come Lei ora, mi esprimono simpatia e apprezzamento, sono davvero contenta.
        La mia estrema riservatezza non mi fa essere troppo loquace, ma consideri che io, col Suo permesso, La abbracci.
        Il fatto di ieri, che Lei ha ricordato, ha isolato qualcuno che non rappresenta, per fortuna, tutto il genere femminile. Una reazione scalmanata da parte mia, oltre a non essere MAI nel mio stile, non era necessaria: il commento, esso stesso, ha qualificato in difetto chi lo ha postato. Infatti, Tutti i lettori, ne hanno avuta subito percezione prima dell’ intervento di Ninni, che è stato drastico a difesa di sé, di me, dei Suoi Lettori e di questo elegante spazio che, con tanta cura e passione, ha reso di Bellezza impareggiabile.
        Le auguro una bella serata.

        Maria Silvia

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  2. Finalmente Sophie mette le carte in tavola, tira fuori il suo carattere forte che deve affrontare una difficile situazione, ovviamente molto molto dolorosa per lei.
    Uhhh che pathos .
    Bravissimo!!
    Questo Capitolo è un portento

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  3. Che è bellezza che è significati.
    Un Capitolo che si legge senza fiatare e con dialoghi importanti.
    George e Sophie, viaggio nel mondo dell’equivoco.
    le parti sono iniziate con la loro profondità.
    Caro Ninni, avete iniziato una china dove tutto inizia a convergere sui principali protagonisti.

    Bryce e la sua spavalderia che si basa su una performance disgraziata.
    Geroge si scontra con il destino che, quando è beffardo, fa cadere da cavallo nei momenti più impensati.
    Io stessa sono testimone di “storie d’amore” belle, oneste e pulite, ma che non sono mai sbocciate per l’onestà di entrambi e la fermezza di uno.
    Dove quel destin beffardo e crudele si è fatto sentire all’ultimo, opponendo situazioni che non hanno permesso la spiegazione, la giustificazione.
    Ci si abitua e poi, capita, si vive di ricordi e di rimpianti.
    Tifo per Sophie.
    Amo Sophie.

    Una donna gentile e offesa.
    Una donna, figlia del suo tempo, che ci illumina per bellezza e per pulizia.
    Una donna che, della sofferenza e dell’innocente educazione, ne ha fatto una bandiera.
    (Mi rifaccio a uno splendido commento che ho letto dalla bravissima Maria Silvia che apprezzo e che saluto:
    ” Crollata, dunque, la fissazione per Emily, ha ora l’ obiettività di valutare Sophie, che davvero è un tesoro prezioso come persona, come donna, come moglie.”.

    Mai frase fu più perfetta.
    Sì, amo Sophie e la sua sofferenza di donna.
    Una donna che ama e continua ad amare malgrado tutto e malgrado le situazioni, all’apparenza, nei suoi confronti sfuggano.
    George ha una nuova opportunità per ricominciare, per riscoprire la bellezza di Sophie.
    Per amare con semplicità e amore quella donna che malgrado tutto è dedicata nel cuore.
    Le apparenze ingannano Milord, alcune volte.
    Sono apparenze terribili che spingono determinate situazioni a divenire insormontabili.
    Storie d’amore che potrebbero essere verissime e perfette.
    Storie d’amore nate e morte.
    Storie d’amore ineffabili e che per uno scherzo del destino, non sono esplose quasi a non volere offendere il male che, ogni tanto, la fa da padrone.
    Che tristezza.

    La storia va avanti con bellezza e con forza.
    E allora, fatemi mettere comoda in poltrona milord.
    Si spengano le luci e si faccia silenzio. La lezione della vita si sta esprimendo al meglio.
    Sipario.

    Grazie, sempre, per le belle emozioni che respiro e nelle quali mi perdo.
    Bonjour

    Annelise
    a Paris

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  4. Certo è importante che George possa avere un’altra chance.
    Ma è importante che conservi la propria dignità, cosa che mi sembra stia difettando.
    Quanto vale l’amore di una donna come Sophie?
    E’ un tesoro io penso.
    Bravo Ninni che riesci ad accendere le discussioni su dei personaggi inventati.
    O si ha la stoffa o non si ha.
    Ciao

    Vale

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  5. Ecco che leggo un nuovo capitolo.
    Uno di quei capitoli che tu, Ninni, ci hai abituati a sublimare e assimilare.
    C’è un po’ di tutto: dalla suspance, al pathos. Dall’emozione alla sorpresa all’informazione (Expo di Londra).
    Certo per poterlo capire si dovrebbe poter fare un excursus lungo quei corridoi della memoria che portano a questo racconto di periodo.

    Sophie è sempre più una donna.
    La donna in cui Voi uomini, (almeno quelli seri come te e al momento ne ho incontrato soltanto due, tu e Ninni Raimondi 🙂 ) credete e per la quale potreste dedicare una vita intera.
    Prendi la vita e fuggi sembra essere il motto di Bryce.
    Ma non ha fatto i conti con Sophie e con George.
    E’ da rimarcare, Milorderrimo, che sembra tu abbia riprodotto il fato alla perfezione.
    Infatti, secondo la notissima legge di Murphy, se una cosa può andare a male, lo farà sicuramente.
    George che si prepara a rincorrere Sophie … cade da cavallo e non può essere presente.
    Ultimi aliti di vita che si consumano nel qui pro quo del destino.
    Mai disdetta poteva essere più presente.

    ma ho vito la tua mano dal maestro quando, grazie alla tua fecondissima descrittività, ci hai parlato di Londra (i Beefeaters, ecc. ecc. ).
    Cosa dire?
    Una preziosità della natura che si impone all’occhio vigile e attento di chi ti segue.
    Un capitolo talmente bello, ma talmente bello, che non fa sentire la nostalgia dei precedenti, ma da la necessità di andare avanti, al più presto, per mettere in pace l’attenzione e il sentimento scaturito dai tuoi personaggi.
    Divino come sempre.

    Questa bellezza è per pochi.
    Questo Romanzo/Capitolo non è per tutti.

    L’ho gustato proprio.
    Buona serata a te e un saluto alle lettrici e lettori.

    Maria Luisa

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