L’Antica Dama: i Diari

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“Una tragedia spaventosa” ella diceva.
“Tutti i giornali ne erano pieni, naturalmente.
Dicono che lui non ne parli mai,
che non faccia mai il nome di lei.
È morta, capite, …”
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1È un bene che non si ripeta due volte, la febbre del primo amore. Poiché è una febbre, e anche un fardello, checché ne dicano i poeti. Non si è molto coraggiosi, quando si ha ventun’anni. Sono tempi pieni di piccole viltà, di minime paure senza fondamento, e ci si sente così presto vinti, ci vuol tanto poco a esser feriti; e si cede alla prima parola pungente. Oggi, avvolta nella comoda armatura della maturità che s’avvicina, le innumeri piccole punture della vita quotidiana non mi sfiorano che lievemente e sono presto obliate, ma allora – oh, allora, una parola detta a caso sostava a lungo, diventava un marchio rovente; e uno sguardo, un’occhiata di sopra una spalla s’imprimeva per l’eternità. Un rifiuto annunciava un triplice canto di gallo, e una mancanza di sincerità era simile al bacio di Giuda. La mente matura può mentire con la coscienza netta, con un viso ridente, ma in quei giorni, anche il più lieve inganno bruciava sulla lingua, legandoci al palo del supplizio da noi stessi innalzato.
“Che cosa avete fatto, questa mattina?”
Mi par di sentirla, alzata a sedere sul letto, sostenuta dai guanciali, con tutta la meschina irritabilità del paziente che non è veramente malato, che è stufo di stare a letto; e io, cercando il mazzo di carte nel cassetto del comodino, sentivo che il rimorso mi macchiava di rosso il collo.
“Ho giocato al tennis con l’allenatore” le dicevo, e le menzognere parole mi riempivano di panico. Che sarebbe mai accaduto, se nel pomeriggio l’allenatore si fosse presentato a lamentarsi che da tanti giorni ormai io saltavo la mia lezione?
“Il brutto è che, adesso che io sono a letto, voi non avete abbastanza da fare.”
Ella schiacciò la sigaretta entro il vasetto della crema per la faccia; e, prese le carte, le mescolò con quel gesto isterico del giocatore inveterato, a tre colpi per volta, con uno schioccar secco.
“Io non so come trovate il modo di passar la giornata, così sola” ella continuava “non avete mai nemmeno uno schizzo da farmi vedere, e se vi prego di farmi qualche commissione dimenticate di comperarmi il Dormol. Che volete che vi dica? Speriamo almeno che facciate progressi nel tennis, chissà che più tardi non debba riuscirvi utile. Un cattivo giocatore è una noia per tutti. Il vostro “servizio” è sempre così cattivo?”
“Sì” risposi, colpita da quella domanda, pensando quanto giusta e appropriata fosse. Mi descriveva a puntino. Avevo un “cattivo servizio”. Non avevo mai più giocato con l’allenatore; non una sola volta avevo giocato da quando s’era ammalata, ed erano passati più di quindici giorni. Perché poi tanti misteri? Perché non dirle che ogni mattina uscivo con de Raymond in automobile, e pranzavo al suo tavolo, al ristorante?
“Dovete accostarvi di più alla rete, altrimenti non avrete mai un buon gioco” ella riprese; e le diedi ragione, inorridita della mia stessa ipocrisia, mentre rispondevo alla sua regina con un fante di cuori dal mento a pesce. Quanto ho dimenticato di Monte Carlo, di quelle passeggiate mattinati, dei luoghi dove andavamo; financo di quel che dicevamo…
Ma non ho dimenticato il tremore delle mie dita rinserrate sulla falda del cappello; né le folli corse in corridoio, giù per le scale, troppo impaziente per aspettare l’ascensore che veniva su lento e cigolante. E spalancavo da me la porta, prima ancora che il valletto avesse potuto venirmi in aiuto.
Egli era là, seduto al volante, e leggeva un giornale mentre aspettava, e al vedermi sorrideva, e lo gettava dietro di sé, sul sedile posteriore.
“Dunque, come sta l’amica del cuore stamattina, e dov’è che desidera andare?” diceva, aprendomi lo sportello. Mi avesse anche condotto in giro come in giostra, poco m’avrebbe importato; mi trovavo in quel primo stadio d’esaltazione in cui salire accanto a lui, e curvarmi in avanti verso il parabrezza stringendomi le ginocchia, era già troppo per me. Ero come un pavido scolaretto, il quale coltivasse una segreta passione per un camerata d’una classe superiore reso vieppiù inaccessibile dalla sua stessa gentilezza.
“Il vento è freddo stamane, fareste bene a coprirvi col mio soprabito.”

2M’è rimasta in mente, quella frase, poiché ero tanto giovane, che indossar qualcosa di suo mi riempiva di felicità. Quel soprabito buttato attorno alle mie spalle, anche solo per breve tempo, era già una beatitudine in sé, e irradiava su tutta la mattinata un riflesso gioioso. Dov’erano i languori, le sottigliezze di cui avevo letto nei romanzi? E le provocazioni reciproche, la caccia… La perigliosa danza dei coltelli, le occhiate di sfuggita, gli allettanti sorrisi…
Le arti dell’amore m’erano sconosciute; e me ne stavo seduta lì con la carta stradale in grembo, i capelli scuri e lisci al vento, godendo del suo silenzio eppur avida delle sue parole. Poco variava il mio umore, ch’egli parlasse o no. Unico nemico mio era l’orologio sul cruscotto, le cui lancette movevano implacabili verso l’una. Viaggiavamo in un senso, viaggiavamo nell’altro, tra la miriade dei paeselli che come molluschi allo scoglio si aggrappano alle coste del Mediterraneo; e oggi io non ne ricordo più alcuno. Tutto quanto ricordo è la mollezza di quei cuscini di cuoio, e la carta stradale dai bordi sfrangiati, dalle costure usate, che reggevo sulle ginocchia; e ricordo come un giorno, guardando all’orologio, tra me pensavo: “Questo momento – adesso, alle undici e venti – non deve andar perduto”. E chiusi gli occhi perché l’istante durasse di più. Quando li riaprii eravamo a una curva della strada, e una contadinella avvolta in uno scialle nero ci salutava con la mano. La rivedo oggi ancora, con la gonna polverosa, e i denti che luccicavano in un sorriso buono; in meno d’un secondo avevamo oltrepassato la curva e non la vidi più. Già ella apparteneva al passato, già era diventata ricordo.
Avrei voluto ritornare indietro, riafferrare l’istante fuggito, e poi mi sorse alla mente che, se anche l’avessimo fatto, non sarebbe stato più lo stesso istante: anche il sole sarebbe mutato, e avrebbe gettato un’altra ombra, e la contadinella che dianzi se ne andava con passo stanco sarebbe stata diversa, forse non ci avrebbe salutato, forse non si sarebbe neppure accorta di noi. Quel pensiero mi diede freddo al cuore, m’ispirò una malinconia lieve; guardando l’ora vidi che erano passati altri cinque minuti. Presto avremmo raggiunto il limite del tempo che avevamo per noi, e sarebbe stata ora di ritornare all’albergo.
“Se ci fosse mai qualcuno che scoprisse il modo di imbottigliare le memorie, come un profumo…” dissi. “Che non svanissero mai, non perdessero mai la freschezza. E quando si volesse, si potrebbe aprir la boccetta, e rivedere il momento…” Lo guardai, per vedere che cosa avrebbe detto.
Egli non si voltò verso di me.
“E quale particolare momento della vostra giovine vita vorreste stappare?” domandò, senza toglier lo sguardo dalla strada diritta. Non avrei saputo dire se mi prendesse in giro o no.
“Non saprei, proprio…” cominciai; e poi, un po’ stordita, senza riflettere a quel che dicevo: “Vorrei conservare questo momento e non perderlo mai più”.
“Questo vorrebbe essere un complimento alla giornata, o alle mie abilità di guidatore?”
Ed egli scoppiò a ridere, come un fratello burlone. Sopraffatta dal grande abisso che si apriva tra di noi, e che la stessa sua cortesia non faceva che allargare, io m’ero fatta silenziosa. Sapevo che mai avrei osato rivelare quelle scorribande mattutine alla signora Haricot; il sorriso di lei m’avrebbe urtato quanto m’aveva ferito quella risata. Ella non si sarebbe inquietata né scandalizzata; si sarebbe limitata a sollevare appena le sopracciglia, come se la mia storiella non le sembrasse troppo degna di fede, e poi, con una longanime scrollatina di spalle avrebbe detto: “Mia cara bambina, lui è certo estremamente cortese e simpatico, a condurvi in automobile; però, però siete sicura che non sia anche una grande seccatura per lui?”
E poi, picchiandomi sulla spalla mi avrebbe mandata fuori a comperarle il Dormol. Quale umiliazione la gioventù! pensavo. E mi misi a mordicchiarmi le unghie. Quando parlai, memore ancora della sua risata, buttai al vento ogni riserbo; e il mio tono era acre.
“Vorrei essere una donna di trentasei anni, vestita di raso nero, e con un filo di perle al collo.”
“Se foste così, non sareste qui con me in automobile” egli replicò. “E smettetela di mordervi le unghie, le avete già brutte abbastanza.”
“Troverete che sono sgarbata e impertinente” ripresi “però, vorrei sapere perché continuate a invitarmi a uscire ogni giorno con voi. Siete cortese, questo è vero, ma perché avete scelto proprio me per oggetto della vostra carità?”

3E con tutta la povera boria della gioventù m’ero drizzata a sedere impettita.
“Vi invito perché non siete vestita di raso nero, con un filo di perle al collo, e perché non avete trentasei anni” egli rispose gravemente.
Dal suo volto impassibile non indovinavo se entro di sé ridesse o no.
“Sì, è vero, voi sapete di me tutto quel che c’è da sapere” dissi, “Non è gran che, lo riconosco, perché non ho ancora vissuto molto e non mi sono accadute molte cose, se non la perdita di qualche persona cara. Ma voi… di voi io non so più di quanto ne sapessi il primo giorno che vi ho incontrato.”
“E che cosa ne sapevate, allora?”
“Oh che abitate a Milordia e… e che avete perduto vostra moglie.”
Ecco, l’avevo detta finalmente, la parola che da tanti giorni mi bruciava sulla lingua.
Vostra moglie.
E m’era uscita di bocca facilmente, senza riluttanze: quel semplice accenno poteva ben essere la cosa più naturale che ci fosse al mondo. Vostra moglie. Una volta pronunciata, la parola aleggiò come sospesa in aria, mi danzò davanti agli occhi, e poiché egli l’accolse in silenzio e senza far commenti, ingrandì, divenne qualcosa di nefando e spaventevole: una parola proibita, che in bocca mia non sonava naturale. E non potevo riprenderla, non potevo più ingoiarla. Rividi la dedica sul volumetto di versi, e quella lettera G obliqua. Mi sentii stringere il cuore, con un senso di gelo.
Egli non m’avrebbe mai perdonato; questa era la fine della nostra amicizia.
Fissai lo sguardo avanti a me, attraverso il vetro dello schermo, senza nulla vedere della strada che fuggiva in un lampo; e mi tinniva tuttora negli orecchi quella parola.
Il silenzio si prolungava di minuto in minuto, e i minuti si cambiavano in miglia; e tutto è finito ormai, pensavo, non mi prenderà mai più con sé. Domani egli partirà. E la signora Haricot si alzerà. Io e lei passeggeremo come abbiamo fatto sempre, su e giù per la terrazza davanti all’albergo.
Il facchino porterà i suoi bagagli, io li vedrò di sfuggita nell’ascensore di servizio, le etichette nuove fiammanti appiccicate di fresco. Il trambusto della partenza. Lo scatto secco del cambio di velocità alla svolta della strada; e poi, anche quel rumore si confonderà agli altri del traffico, e andrà perduto, e assorbito per sempre.
Tanto m’ero immedesimata in quel quadro, che mi pareva di vedere il facchino intascare la mancia e rientrare per la porta girevole, voltandosi a gridar qualche cosa al portiere; e non m’ero accorta che la macchina rallentava. Soltanto allorché ci fermammo sul ciglio della strada tornai alla realtà. Egli sedeva immobile; e senza cappello, la sciarpa bianca attorno al collo, pareva più che mai una creatura medioevale, che avesse vita entro l’ambito d’una cornice. Non aveva nulla a che fare con quel paesaggio colorito; lo vedevo fermo davanti alla gradinata d’una severa cattedrale, il mantello al vento; e un pezzente raccattava monete d’oro ai suoi piedi. Sparito era l’amico, con tutta la sua bontà, la facile camerateria; sparito anche il fratello che m’aveva deriso perché mi mordevo le unghie. Quell’uomo era uno straniero Che cosa facevo io, accanto a lui? E poi, si volse e mi parlò.
“Poco fa, avete parlato di una invenzione; di un sistema per conservare le memorie. Vi piacerebbe rievocare il passato a un dato momento, avete detto. Purtroppo io non la penso come voi. Tutte le memorie sono amare, e io preferisco ignorarle. Un anno fa è accaduto qualche cosa che ha mutato il corso della mia vita intera, e io desidero dimenticare ogni fase della mia esistenza fino a quel momento. Quei giorni sono finiti. Cancellati. Io debbo ricominciare a vivere. Il primo giorno che ci siamo incontrati, la vostra signora Haricot mi ha domandato perché fossi venuto a Monte Carlo. La mia venuta qui aveva posto un freno a quelle memorie che voi vorreste risuscitare. Non sempre agisce, naturalmente, a volte il profumo è troppo forte per la boccetta, e anche per me. Altre volte c’è un diavolino, che come un fantoccio a molla tenta di cacciar via il tappo. Così è stato in quella prima gita che abbiamo fatto insieme. Quando salimmo in cima al monte, e guardammo giù, nel precipizio.
Ero stato lassù qualche anno fa, con mia moglie.

4Mi avete domandato se era sempre il medesimo luogo, se non era mutato. Era sempre il medesimo, sì, ma – e ho ringraziato il Cielo constatandolo – stranamente impersonale. Non c’era nessuna analogia con l’altra volta. Lei e io non avevamo lasciato traccia di noi. Può darsi fosse perché c’eravate voi… Voi avete cancellato il passato per me, assai più efficacemente che non le mille luci di Monte Carlo. Se non fosse stato per voi, sarei già partito da parecchio tempo, me ne sarei andato in Italia, in Grecia, forse ancor più lontano. Voi m’avete risparmiato tutte quelle peregrinazioni. Al diavolo il vostro discorsetto puritano a labbra strette! Al diavolo le vostre idee di bontà e carità da parte mia! Se v’invito a venire con me, è perché mi piacete, voi e la vostra compagnia; e se non mi credete potete scendere e tornarvene a casa da sola. Su, avanti! Aprite lo sportello e scendete.”
Rimasi immobile, le mani in grembo. Ancora una volta non sapevo se facesse sul serio o no.
“Ebbene?” egli domandava. “Quali intenzioni avete?”
Avessi avuto un anno o due di meno, avrei forse pianto. I fanciulli hanno le lacrime a fior di pelle, che sgorgano alla prima crisi. Intanto me le sentivo bruciare negli occhi, sentivo il sangue pronto ad affluirmi al volto; un’occhiata di sfuggita nello specchietto sopra allo schermo di vetro mi rivelò in pieno il miserando spettacolo ch’io davo, con quegli occhi offuscati e quelle gote in fiamme, e le ciocche lisce che mi sfuggivano di sotto al cappellone di feltro…
“Voglio tornare a casa” dissi, la voce perigliosamente vicina al tremito. Senza una parola egli rimise in moto il motore, e lentamente voltò la macchina, verso la direzione per la quale eravamo venuti.
Velocemente andavamo; troppo velocemente, a parer mio, con troppa facilità; e il paesaggio vecchio quanto il mare ci guardava con indifferenza. Fummo così alla svolta della via che avrei voluto imprigionare nella mia memoria: la contadina era sparita, ogni colore mi pareva dileguato, e non era, dopo tutto, che una delle tante svolte, che ci sono in infinite strade, e dove passano migliaia di automobilisti. Svanito era ogni incanto, in uno con la mia gioiosità; ma bastò quell’idea perché il mio volto raggelato si animasse in un brivido: il mio orgoglio di donna si mitigò, e quelle tanto deprecate lagrime mi sgorgarono finalmente dagli occhi, fiere d’aver vinto, e mi inondarono le guance.
Tanto inattese erano venute, che non potei frenarle; e se mi fossi messa la mano in tasca in cerca d’un fazzoletto, egli se ne sarebbe accorto. Dovetti dunque lasciarle cadere liberamente, e patir l’amara salsedine sulle labbra, suggello, ahimè, alla mia profonda umiliazione. Se egli volgesse il capo a guardarmi non so, ché non distoglievo più dalla strada uno sguardo fisso e annebbiato; ma tutt’a un tratto sentii la sua mano cercare la mia, prenderla e baciarla, sempre senza dir una parola. Poi egli mi buttò in grembo un fazzoletto che nella mia immensa vergogna non toccai.

5Pensavo a tutte quelle eroine di romanzo, tanto graziose quando si scioglievano in lagrime: quale contrasto dovevo offrire io, con la mia faccia gonfia, chiazzata, con gli occhi orlati di rosso! Triste fine di quella mattinata; e la giornata che avevo dinanzi a me era lunga. Avrei fatto colazione con la signora Haricot nella sua stanza, perché l’infermiera aveva la sua giornata libera; e dopo, con tutta l’instancabile energia dei convalescenti, ella m’avrebbe fatto giocare a Canasta con lei. Già mi pareva di respirar l’aria soffocante di quella stanza; vedevo quel certo che di sordido delle lenzuola spiegazzate, delle coperte scomposte e dei guanciali non sprimacciati; e quel tavolino accanto al capezzale, imbrattato di cipria, di profumo versato, e di rossetto che si discioglieva al caldo. E il letto era ingombro delle pagine sparse del giornale quotidiano, mentre romanzi francesi dai margini sciupati e dalla copertina strappata tenevano compagnia a riviste americane… E i mozziconi schiacciati insudiciavano tutto: il vasetto della crema, un piatto con dell’uva, e il pavimento vicino al letto. Gli amici della signora Haricot si prodigavano in doni di fiori, e i vasi erano ovunque, alla rinfusa: fiori esotici, fiori di serra erano ficcati entro un mazzo di mimosa e un gran cestello dall’alto ciuffo di nastro, colmo a strati digradanti di frutta candite, troneggiava su tutto.
Un poco più avanti nel pomeriggio sarebbero venuti gli amici, per l’aperitivo che io manipolavo per loro – odioso lavoro che compivo con mani timide e maldestre silenziosa tra un chiacchiericcio di pappagalli; e di nuovo sentivo vergogna per quella donna quando, eccitata dalla piccola folla, alzata a sedere sul letto elevava sempre più la voce stridente, e rideva troppo forte, e al fruscio d’un disco sul grammofono portatile moveva in ritmo con la melodia le sue grosse spalle. La preferivo irritabile e stizzosa, i capelli pieni di mollette, arrabbiata perché avevo dimenticato il suo Dormol. Tutto questo mi aspettava, mentre lui, dopo avermi lasciata all’albergo, se ne sarebbe andato solo per conto suo, chissà dove, forse verso il mare, e avrebbe sentito il vento sulle guance, e seguito il sole; e forse si sarebbe smarrito in quelle memorie di cui io nulla sapevo, che non potevo condividere, e avrebbe risalito il corso degli anni perduti…
La voragine tra di noi era più vasta che mai. Discosto da me, il più lontano possibile, egli mi voltava quasi il dorso. Mi sentii giovane e piccina e molto, oh, molto sola, e a dispetto del mio orgoglio cercai il suo fazzoletto e mi soffiai il naso, noncurante del mio aspetto poco civettuolo. Ma che cosa importava ormai?
“Al diavolo!” egli esclamò d’un tratto, tra iroso e seccato, e traendomi vicina a sé mi pose un braccio attorno alla spalla, sempre guardando avanti a sé, la destra sul volante. Se non sbaglio, accelerò ancora la marcia. “Mi figuro che siate abbastanza giovane da essere mia figlia, e non so davvero come devo trattarvi” disse.
La strada si assottigliava a una svolta, ed egli dovette deviare un poco per evitare un cane. Credetti che mi avrebbe lasciata invece seguitò a tenermi stretta a sé, anche quando, passata la curva, la strada tornò diritta come prima.
“Dimenticate tutto quel che vi ho detto stamane. È tutta acqua passata, che non ritorna più. Il mio nome è Antoine, e vorrei che mi chiamaste così anche voi. Siete stata cerimoniosa anche troppo con me, finora.”
Prese il mio cappello per la falda, e oltre le sue spalle lo buttò sul sedile posteriore, poi si curvò e mi baciò sui capelli.
“Promettetemi che non vestirete mai di raso nero” disse.
Sorrisi, ed egli mi rispose con una risata, e il mattino tornò gioioso, tornò a essere una cosa piena di fulgore. Che cosa me ne importava della signora Haricot, e del pomeriggio? Sarebbe passato in un lampo, e sarebbe venuta la sera, e domani era un’altra giornata. Mi sentivo spavalda, giubilante in cuor mio, tanto che in quel momento avevo quasi il coraggio di affermare la mia indipendenza: già mi vedevo entrare lemme lemme dalla signora Haricot, in ritardo per la partita a Canasta, e mentre sbadigliando noncurante ella m’interrogava, ribattevo: “Non ho badato affatto all’ora. Ho fatto colazione con Antoine”.
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Dédié à Jacqueline …
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56 pensieri su “L’Antica Dama: i Diari

  1. Me lo sentivo. Giuro che me lo sentivo.
    Lo sapevo che avresti pubblicato questa notte.
    Ecco un brano di rara bravura.
    E’ scritto con quello stile gotico/romatico che quando si legge porta la firma.
    Mi hai emozionata,. Ma come fai? Hai il potere di prostrarmi o di farmi arrivare in cima alle montagne. Una bellezza rara, rarissima. Sono proprio contenta, anzi felice che ti sei convinto a scrivere un altro po’ dell’Antica Dama … e vedi cosa ne è uscito.
    Soprattutto mi ha affascinata con la genialità dell’idea: I diari!
    Nessuno ci aveva pensato.
    I diari, si!

    Dormirò con le parole di Antoine ne cuore.
    Buona notte milord … e grazie.
    Bosoussss

    a Paris, …

    Annelise pour toi

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    • Madame Annelise Baum

      Proverò a non scriverti più quelle parole d’amore.
      Proverò, mentre fuori piove a non pensarti e far scendere gocce dal mio viso.
      L’ultima volta che ti scrivo,
      o almeno è così che mi prometto.
      Mi ero anche ripromesso di pensare un po’ a me;
      Proverò a sorridere e render tutto più felice attorno a me…
      Magari poterti avere…
      Sarà il mio ultimo pensiero quello.

      Grazie per esserci mia signora.
      Bisous

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  2. Oh Ninni.
    Mi hai trepidata. Mi trema la voce e il fiato.
    Un’emozione grande. Mi ricordo che mi iscrissi a Splinder perchè avevi pubblicato L’Antica Dama. Una forza e una bellezza molto forti.
    Mi hai fatto sognare accarezzandomi delicatamente.
    Già, non m’interessa se “la signora si lamenterà che sono tornata tardi: eravamo, nel romanzo, insieme”. E il mondo si può arrestare.
    Non m’interessa più.
    Che bello …
    Sono senza parole …
    Sei un mito, il mio Dio.
    Buona notte Milord …

    Questa notte è per te.

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  3. Mi sono soffermato e mi è passato il tempo. Trascorso, svanito. Immerso nelle immagini e nei pensieri di questo mondo che ci parla da lontano.
    D i queste ombre che, dal passato, ci avvolgono dense di silenzi, antiche speranze e pensieri fantasiosi.
    Ha scritto qualcosa di memorabile, come lo è l’Antica Dama.
    Buona serata

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    • Furio C.

      E di notte, poste le nostre anime
      nel centro
      con luminose stelle, fiaccole accese
      a delinear il contorno
      riti magici in alchimia d’amore
      allontanavan da noi lo spirito d’infelicità
      a turbar la nostra serenità.

      Grazie, mio signore, per il vostro apprezzatissimo apporto.
      Cordialità

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  4. L’ho letto seguendo le parole e i passi di lei, innamorata, gioiosa e forse prossima vittima sacrificale sull’altare degli occhi distratti e cattivi della gente.
    Ecco il milord al meglio.
    Lo sapevo quando peroravo la causa per l’Antica Dama.
    Il silenzio e l’amore su carta.
    Una bellezza fuori sistema.
    Mio signnore, mi stampo anche questa. La tentazione è proprio forte.
    Un bacio e buona giornata

    Eleonora.

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    • Eleonora Bisi

      Or che vivo isolato
      nella mia solitaria prigione
      e l’anima in un nuovo amore
      desiderio ha d’esser rincuorato
      titubo e pavento
      pensando che l’amor
      è sì un cerchio
      come lo è la bolla di sapone…
      sospinta in aria dal vento dl’illusione.

      Grazie mia signora per le espressioni gentilissime.
      Cordialità

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  5. Così possiamo dire che amare significa non solo agire con amore, ma soprattutto scegliere di farlo.
    E sì, l’amore è una scelta, perché significa fare, dire, pensare cose che dipendono da te.
    Non si tratta di un concetto, l’amore non è teoria ma azioni concrete che, ovviamente, cambiano la tua vita.
    Stiamo parlando di un modo di agre e vivere. Siamo tutti convinti che l’amore, come sentimento o emozione, arrivi per caso e non dipenda da noi.
    Milord che bella lezione. Pulita e splendida.
    L’Antica Dama io l’ho letta e l’ho cercata a fondo in queste pagine e l’ho trovata dietro ogni parola, ogni sospiro.
    L’ho trovata dietro gli occhi di una bambina e dietro la gioia di una donna.
    L’ho trovata dietro un racconto e dentro il tuo cuore.
    E’ diventato un obbligo, per me farti visita al mattino e alla sera.
    Mi fa stare bene.
    Buona giornata

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    • Giorgia Mattei

      Come le nuvole s’inseguono nel cielo
      così fugge la vita, il tempo

      In fretta tutto muta
      e poi svanisce

      Giocare
      crescere
      ed amare
      tutto s’evolve
      tutto si trasforma
      ogni emozione
      com’onda s’allontana
      poi torna sulla riva
      a trascinarti

      -Tienimi ancora
      in braccio ad un ricordo
      a un’emozione-

      Ma il vento fra i capelli scompigliati
      ignaro
      strappa via l’ultima goccia
      lacrima dolce
      che a Te
      mi riportava…

      Grazie mia signora

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  6. Un capitolo, se mi consente, che esprime tutta quella passione che la letteratura gotica esprime.
    Lei è riuscito a farla propria con quella maestria che la contraddistingue.
    Un pezzo letterario di bravura indiscussa.
    Le auguro una buona giornata

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    • Amedeo d’A.
      Eppure sei qui
      in un dove nascosto
      tra tempo e spazio
      senza respiro
      ad intuire parole
      sospese sul battito
      di labbra ……

      Grazie, don Amedeo, per le sue espressioni gentilissime.
      Cordialità anche a voi

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  7. Mi piace tanto, ma tanto, questo tuo modo di porti elegante, compito e perfetto. Una scrittura bella che soddisfa, mai fuori posto, ma forte.
    Noi abbiamo tanti esempi e questo tuo è veramente grandioso e forte.
    Riesci a prendermi il cuore e l’anima.
    Bravo milord.
    Un bacio … ovunque tu sia.

    lamanumoltococcastamattina

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    • Manuela Rovati

      Nel mio giardino
      la luna si specchia
      dentro il pozzo
      mentre il giorno muore.

      Il vento non trascina
      le rime inondate
      di memoria,
      e le ceneri delle mie
      parole spente.

      Nessuno mi ha aperto
      il cancello d’oro
      e le cicale, non mi fanno
      più sognare.

      Non acclamano
      lo stile orfano
      delle mie proteste
      intrecciato al rumore
      degli ideali svaniti.

      Ho reso l’anima al vento
      che non comprende
      e si sente ospite
      tra fasci di mimose.

      Ma voglio seppellire
      pianti e lamenti
      perché non sono i rombi
      dei tamburi in festa
      né le lacrime
      a consegnarmi
      il mio diritto di esistere.

      Ringraziandovi, lasciammo le nostre cordialità

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      • Mio signore, mi confondi.
        Sembra di essere tornati, proprio, su Splinder quando rispondevi con la poesia e la scelta di immagini”parlanti”.
        Grazie per avermi regalato questa qualità che è vita!
        Grazie proprio.
        Stai ricreando l’isola felice di Splinder Splendor?
        Una mossa vincente. Questa sì che è qualità.
        Ti voglio bene.
        Grazie proprio

        Manuela
        (Visto? Firma leggibile solo per le grandi occasioni. Grazie per la tua Splinder/finestra)

        🙂

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  8. se anche l’avessimo fatto, non sarebbe stato più lo stesso istante: anche il sole sarebbe mutato, e avrebbe gettato un’altra ombra, e la contadinella che dianzi se ne andava con passo stanco sarebbe stata diversa, forse non ci avrebbe salutato, forse non si sarebbe neppure accorta di noi.

    Questa la frase che mi ha sgranato gli occhi in tanta tanta bellezza e delicatezza di questo pezzo.

    Nessuno può dire come andrà a finire ma le sensazioni dei protagonisti le ha descritte così bene, forti e vive, da arrivare fin qui. L’amore agli albori è fatto di sensazioni e di emozioni così belle… Un pezzo strepitoso Milord, una scrittura d’altri tempi, pregiata e fine. Un vento fortissimo!😊

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    • lady Nadia

      Cercami nei giorni a non finire che forse scriverai
      negli abbracci distesi incantati ad ascoltare la voce delle favole
      nei ricordi sciupati di un estate che non scorderai
      negli sguardi che si cercano nel bagliore delle stelle
      nei sospiri da colmare che s’addentrano
      nei sogni ancora appesi alla pelle
      dove restano a guardare
      quei battiti impauriti che salgono dal cuore
      per poi morire tra le fiamme e soffocare nella cenere di un tempo
      lontano
      .

      Grazie per le vostre espressioni gentili e generose.
      Cordialità

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  9. La bellezza, dentro una parola sussurrata, che forma ha?
    Lo sguardo diretto al cuore di un uomo amato da una donna che senso ha?
    Caro Ninni, sei riuscito a tenermi con il cuore in mano mentre scorrevo, con lo sguardo, l’inizio timido di questo amore che sboccia tra un desiderio e un’intesa. Certo, descrivere una situazione, mantenendo un linguaggio letterario un po’ retrò non è facile. Anzi, è difficilissimo. Si può cadere e scadere nell’errore, e nel ridicolo.
    Ho letto un lavoro di composizione fatto con il cuore, quello che sempre metti e che tu neghi di avere (bruttone che non sei altro).
    Analisi, verifica, pulizia e ri-pulizia ci regala un brano di una bellezza incomparabile, dolce, descritto, sentimentale, anche gotico (ho paura che tu stia preparando qualche cosa di brutto).
    Anzi è soprattutto gotico: è l’aria che sento incombere sopra le loro e le nostre teste.
    Un’aria pesante …
    Visto che avevo fatto bene a insistere sull’Antica Dama?
    E come poteva non essere?
    Il personaggio che nacque su Splinder e che aveva attirato un mare di commenti e persone.
    Già, con lei, il Mondo Parallelo e i tuoi romanzi, WordPress sta salendo verso confini ben più alti e rarefatti di bellezza …

    Divino, mi hai emozionata.
    Ti abbraccio.

    Lilly

    Che persona fortunata Jacqueline!

    🙂

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    • Lilly Simoncelli

      Non ingelosire
      se tocco un altro fiore
      custodirò il tuo profumo
      come la terra con una rosa
      spietato amante
      diretto verso il sole
      a cercare l’abbaglio…

      Non appassire
      se non ti bacio più
      sarà istante perso
      in cui non ……

      Siete molto gentile milady.
      Grazie

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      • Grazie grazie grazie, mio signore.
        Grazieeee

        Che gentleman.
        Mi hai aperto il cuore, sul serio e devo dire che, una volta tanto, Manu ha ragione. Sì, mi sono sentita proiettata su Splinder ai bei tempi delle 23.30 quando, in penombra, leggevo tutte quelle meraviglie e la tua risposta arrivava con una poesia e un’immagine bellissima.
        Grazie, ma sai che per un attimo mi hai fatto accapponare la pelle?
        Grazie milord, grazie grazie.
        Al bello non ci si deve arrendere, ma abbracciarlo.
        Grazie un bacio ovunque tu sia e che non ti manchi il mio sorriso.
        Grazie

        Loredana
        (Anch’io per esteso per ringraziarti. Un bacio)

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  10. Eccomi, in questa tarda mattinata milanese, seduta in Brera a prendere un aperitivo con due amiche e con un Ipad a leggervi milord. Abbiamo fatto a turno a leggervi in una piacevole corsa, tra noi, avvicendandoci fra le righe e i ritmi incalzanti sulla delicatezza che avete descritto.
    Una bellezza leggera e profonda. Una bella letteratura. Brani che entrano nel cuore e che danno bellezza e forza.
    Poi sono arrivati i commenti.
    Qui, tra una considerazione e l’altra, sono finite le risate e fatteci serie stiamo vedendo, con la profonda consapevolezza che gli uomini non sono tutti uguali perché poi ci sono uomini come voi (che sapete, giustamente, pizzicare le migliori corde del cuore).
    Uomini che, nella loro bavura, gentilezza e savoir-faire, che prendono e conquistano il cuore di una donna.
    Con gentilezza e con passione.
    Sono, siamo, incantate.
    Grazie milord

    Anna

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  11. Sono emozionata come il primo giorno di scuola.
    Sono l’amica di Anna Blu e siamo sedute a leggere il suo splendido capitolo. Ho aderito di buon grado all’invito che ho letto di iscrivermi e che dire? Volevo, anch’io lasciarle la mia ammirazione per le pagine belle e profonde che scrive.
    Un inno al bello che trasforma in persone migliori.
    Buongiorno dottore.

    Rossana Zorzi

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    • Elena Stiglio

      parte di quelle albe
      che si esaltano
      nei colori di sempre
      dopo le notti d’amore
      quando le ombre
      danno corpo al nostro
      infinito tattile

      senza parole
      per non turbare il silenzio
      che ci riconsegna
      sempre a noi stessi

      Ringraziammo anche voli, milady, per la preferenza.
      Cordialità

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      • Grazie “Milord”.
        Non mi era capitato mai di ricevere una risposta così bella, appropriata e edificante.
        Sono proprio emozionata.
        Tutto questo mi convince, sempre di più, della bontà della mia scelta di scrivere qui da lei.
        Sono veramente felice.
        Abbia un sereno sabato.

        Elena.

        Se non sono indiscreta, ho letto di un giornale che si chiamava Splinder o Splendor.
        Si può trovare da qualche parte?
        Mi piacerebbe tanto poterne leggere qualche copia.
        Grazie e buona giornata

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    • Alessandra Bianchi

      Ti cerco nelle stelle
      Ti vedo nell’isola di fronte
      La tua assenza compone la notte
      Il desiderio la completa

      Le navi passano
      attraversano il mare
      che con la sua distesa
      ci divide
      senza trovare nutrimento

      Il cielo è nero
      d’incanto si accende
      lontano da noi
      padrone della memoria

      Grande è la rinuncia
      perché il tuo profumo
      è nelle narici della conoscenza
      e distrae il mio pensiero

      Vi ringraziammo, mia signora, per le espressioni sempre generose.
      Abbiate le nostre cordialità.
      (il n’y a pas de quoi)

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  12. E io sono la quarta e ultima.
    Questa mattina siamo rimaste affascinate dalla lettura di quanto ha scritto e adesso sto leggendo un po’ di racconti.
    Tornerò sicuramente.
    Buon pomeriggio

    Lou

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    • Alessandra Bianchi

      Mi perdo nel lieto fine
      non afferrando la sorte
      di questa commedia
      perché nessuna folla è mai esistita

      Eppure vorrei sentirti nella mia pelle,
      nella mia testa,
      nella radice che da la vita

      Accettare lo sbaglio di un bacio
      che impone forza nel soffrire
      nella commozione più posata

      Grazie per l’emozione riflessa milady
      Cordialità

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  13. Sono tornata per leggere con più calma.
    La sua conoscenza e approfondimento di una donna sono incredibili. Ha fatto delle descrizioni di coscienza e intime che difficilmente una donna riuscirebbe a mettere nero su bianco.
    Incredibile.
    Sono felicissima di essere giunta qui.
    Buon pomeriggio

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    • Elena Stiglio

      Sospirate parole
      ti sussurro all’orecchio
      ti prendo la mano
      l’appoggio alle mie labbra
      riscoprendo la meraviglia dei sogni

      E se cerchi un po’ di realtà
      affidati con viso sincero
      alla melodia delle onde
      e gioisci della mia tristezza.

      Fummo felici quanto voi, mia signora.
      Grazie per la gentilezza e cordialità

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  14. Voglio l’Essenziale rifiorire
    d’un Tormento.
    Un Ricordo
    così lontano;
    da parér di Vetro all’Anima Fragile.
    Nell’Ora delle segrete voci
    in uno Specchio profondo,
    la Ferita si quieta sul cuscino
    e nel Sonno senza Desiderio.

    Nulla
    più d’una Lacrima al Tramonto.

    Quella Solitudine appare come in Sogno
    e le mani lievi
    a ritornare dal Passato
    come in un canto
    di Nebbia velata d’Acqua.
    Inaspettata è la Bellezza dei giorni dischiusi al vento …
    … arresa alla figura perduta nel piccolo Mondo
    e di poco scivola,
    oltre le Porte del Cammino.

    Improvviso sta il Silenzio
    e l’altro Nome
    lo giudica
    dall’alto di un Illusione;
    Cauto ed inconsapevole
    nel raccogliersi
    alla Fiamma che lascia sussultare
    ogni nota di Fuoco,
    in ogni Grazia.

    Non un grido melodioso,
    né una splendida Ferita nascosta,
    o una traccia di Viaggio dentro il cuore, da conservare come una lacrima … come una Via da seguire; fino al giorno.

    Solo Istanti
    e Pietre a ricoprire la scia dei Voli.

    Ovunque appaiono fotografie e sorrisi nascosti ed anni sulle spalle … in quel gesto fatto di Ricordi, con il capo chino ad ascoltare l’Assenza del Mondo, nei Sogni di altre Vite.
    ___
    Un Brano che parla all’Anima, Milord

    I Miei Rispetti
    Ni’Ghail

    Slàn

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  15. Il gusto di una gioia che, quando si pensava perduta, la si trova fra le mani.
    Incombono minacciose delle nubi lontane.
    L’Antica Dama ha sempre e da sempre richiesto un sacrificio che non è mai stato innocuo.
    Grazie per certi brani che fermano il cuore dall’emozione.
    Un grazie proprio dal cuore mio signore.

    Vostra Susanna

    🙂

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  16. Caro Ninni, dopo circa un anno di assenza eccomi tornata qua. Logicamente sto leggendo dalla tua ultima fatica.
    E trovo l’Antica Dama, bella e emozionante come non mai.
    Fatto un buon viaggio, grazie.
    Mi metto in pari.
    Ciao ti abbraccio

    Melissa

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  17. Leggere l’Antica Dama, o almeno un suo ritorno tramite una lettura particolare dei suoi Diari (mi sembra chiaro che sia proprio lei a scrivere) è una bellezza mai assopita.
    Una purezza di stile, caro milord, che è affiancata da una soddisfazione non comune: poter leggere la bellezza sotto tantissime forme.

    Credo che in questo “Speciale dell’Antica Dama” tu abbia iniziato proprio alle fonti (ricordavo, infatti che lei se n’era andata).

    Molto bello.
    Ciao milord.

    Un saluto dalla partenope Capitale

    Dudù

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  18. L’ho letta con tantissima attenzione e non puoi immaginare quanta predisposizione.
    Un brano talmente bello che stento a credere possa essere uscito da un’unica mano.

    Aspetto domani perché sono impaziente per U-Boot.
    Ciao ti abbraccio

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  19. Guardi, mi piacerebbe poterle dire che mi sono sorbettata tutto il suo post, l’ho trovato straordinario e profondermi in deliqui anche solo lontanamente simili a quelli demenziali che ho intravisto nei commenti precedenti, ma … non lo farò. La prego, più banalmente, di far sapere alla signorina Suzie che le battute che le piace attribuirmi non sarebbero mai le mie. Grazie. Ah, scrive benissimo, l’ho letta con tantissima attenzione, sono impaziente e non vedo l’ora di dargliela anche se non ho letto oltre le prime dieci righe., non l’ho mai vista e manco ci tengo: ma se non mi accodo agli scodinzolamenti mi danno subito del troll e non voglio spaventarla.

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  20. Splendido, splendido tutto, post e vostri commenti.
    La voglia, la forza, il coraggio dell’innamoramento :quando il giorno diventa più bello dei sogni della notte. Significa Vita, semplicemente vivere. E rivivere nel suo ricordo.

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